lunedì 16 dicembre 2013

Una persona mediocre per una Italia mediocre



 Una persona mediocre per una Italia mediocre

  Abbiamo tutti sentito il mediocrissimo discorso pronunziato da Renzi a Milano. Discorso che inaugura la sua segreteria politica, una segreteria che segna una rottura con il gruppo dirigente oramai scompaginato e sconfitto forse per sempre,  ottenuta con la violenza delle  primarie che hanno dato un ruolo fondamentale alla piazza sconosciuta e massmedializzata.  Il discorso di Renzi è fuori dalla tradizione dal linguaggio dai valori non solo del socialismo italiano ma anche della sinistra democratica. Non propone nessun obiettivo di miglioramento della condizione dei lavoratori italiani e dell'Italia e rinunzia a qualsiasi idea o progetto di politica estera. Renzi ha trattato da bottegaio la questione del governo e dei suoi rapporti con Letta.
 Riflettiamo. Dal momento che Matteo Renzi ha avuto l'abilità di sconfiggere un gruppo dirigente importante della politica italiana praticamente senza sbagliare una mossa dallo annuncio della rottamazione ad oggi in un processo politico durato mesi e mesi  debbo desumere che sia manovrato da menti raffinatissime capaci di far fuori personaggi come D'Alema, Veltroni, Bersani e di rivoluzionare completamente la dirigenza del Partito. Menti raffinatissime che restano ignote e che forse fanno capo al gruppo di banchieri e di industriali che sempre a Milano mesi orsono hanno deciso di sponsorizzarlo.  Ma quando Renzi deve mostrare che cosa è e quali sono le sue qualità politiche come è successo a Milano e come succederà ancora nei prossimi giorni  viene fuori la sua vera "sostanza" che è quella rappresentata  dalla pochezza della proposta dello scambio stupido e sconcertante  con 5 Stelle della rinunzia ai finanziamenti in cambio di una legge elettorale, una cosa che ha suscitato perplessità e che, come abbiamo visto dai talk show è stata bocciata dalla maggioranza degli elettori del PD. Insomma  l'incantesimo che aveva creato attorno a sè si è rotto non appena ha fatto un passo da solo.
Il   personaggio ha una grande parlantina, è un politico politicante, ma  non è animato dal progetto di grande respiro di cui abbisogna l'Italia non è in grado di ergersi di un solo centimetro al disopra della rissa di potere tra i partiti che si contendono l'elettorato italiano. I grandi temi del risanamento della società italiana nel tempo della globalizzazione e della dittatura europea restano fuori dal suo orizzonte. Dubito molto che gli interessino. Sembrerà paradossale quello che scrivo ma dubito molto che la politica che non sia  quella della gestione bottegaia del potere gli interessi. Non penso proprio che abbia interessi politici profondi.
  Per questo è il prodotto di una lunga fase di crisi della politica italiana ritiratasi nel fortino della gestione delle istituzioni come massaria. lL'Italia non è una massaria e non ha bisogno di un soprastante  ma di una dirigenza capace di comprendere la complessità dei problemi e di assicurarle una prospettiva di recupero e di rilancio.
  Ma la cosa che mi ha davvero disturbato della riunione di Milano non è stato il discorso di Renzi quanto gli applausi che ne  sottolineavano i passaggi più banali e le sparate demagogiche e davvero populistiche. Il PD è il primo partito italiano, ha oltre il trenta per cento dei voti e si trova nella felice posizione di non avere nessuna concorrenza da sinistra e nessun partito presente in Parlamento che incarni gli ideali del socialismo. La destra italiana si è spaccata in tre o quattro pezzi. Insomma il PD ha una responsabilità che nessun partito ha mai avuto nel corso della storia d'Italia. E' praticamente solo. Ma non riesce ad essere diverso dai suoi competitori ed ad innalzarsi dal livello di mediocrità in cui stagna la politica italiana politica che si è ridotta alla guerra tra due galli in un pollaio popolato da altri volatili. L'assemblea di Milano rappresenta  una discontinuità con la storia e la cultura dalle quali viene il PD e questo non è per niente un fatto positivo. Fare tabula rasa della propria identità e de proprio passato non è sicuramente la scelta migliore anche se l'ansia di farsi perdonare il comunismo ha preso il sopravvento su ogni altra cosa. Non è vero che il Novecento è tutto da cancellare ed anche se lo volessimo resta li. Il Novecento era un PCI grande motore culturale che aveva fatto di dieci milioni di elettori una forza culturalmente consapevole ed impegnata, una cosa che non si era mai vista in quella dimensione nella storia d'Italia. Il PCI aveva fatto assieme al PSI la più grande opera di acculturazione delle masse operaie e contadine. Aveva fatto della politica qualcosa di veramente grande, alto e sublime illuminata dalle grandi figure dei suoi dirigenti e dei suoi intellettuali a cominciare da Gramsci.

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