sabato 28 febbraio 2009

ancora su sciopero e sinistra

Il ddl delega sullo sciopero dopo l'estromissione della sinistra dal Parlamento
================================================================
Aggiungo altre considerazioni a proposito del disegno di legge delega presentato dal Ministro Sacconi sull'esercizio dello sciopero nel settore dei trasporti (per ora). Questa iniziativa non è stata tirata fuori dal cappello dell'illusionista all'improvviso ma è il prodotto di una solida alleanza contro i diritti sindacali
che si è creata attorno al Ministero del Lavoro (dobbiamo continuare a chiamarlo tale? Dobbiamo ritenere Sacconi epigone di Donat Cattin e di Brodolini?) che comprende la Confindustria, la Cisl, Uil e l'Ugl, molti esponenti della Voce, Cazzola,
Ichino, i "politici"del PD Letta,Treu,Damiano e che, sebbene ci siano stati momenti
di collaborazione (welfare,Alitalia), non ha potuto inglobare la CGIL dal momento che questa, portatrice di una cultura spesso antagonista come quella dei metalmeccanici, sebbene in certi momenti abbia ceduto e dato il proprio apporto, non può proprio cedere su questioni vitali come il modello contrattuale ed ora, il diritto di sciopero.
Quando Sacconi dice che la CGIL è isolata vuole esercitare una pressione che riguarda in primo luogo il PD. Non a caso Letta si è pronunziato a favore del ddl delega con qualche virgola in meno e lo stesso Damiano con qualche piccola variante dà il suo benestare.
E' vero che la CGIL è isolata e che ha dentro di se molti del suo gruppo dirigente che non hanno alcuna voglia di fare la guerra su nessuna questione e che di fatto hanno accettato la visione collaborazionista della Cisl e della UIL e sono ansiosi di recuperare riconoscimenti ministeriali e "potere", un potere che l'opposizione non concede.
Ma l'isolamento della CGIL è un dato relativo al quadro politico-sindacale. Sul piano sociale, la posizione della CGIL viene apprezzata dall'immensa galassia del sindacalismo di base che oggi costituisce la parte più combattiva delle classi lavoratrici. Il sindacalismo di base, dalla scuola agli ospedali, ha dato vita recentemente a manifestazioni di lotta nazionale che hanno impressionato per l'ampiezza e la vivacità della partecipazione.
La mossa di Sacconi è diretta certamente a disarticolare la CGIL con l'appoggio di alcuni esponenti del PD da Treu a Damiano, ma il suo obiettivo centrale è la sconfitta del sindacalismo di base che verrebbe privato della sua arma naturale: lo sciopero. Con le norme del ddl delega difficilmente un sindacato di base potrà organizzare uno sciopero a menochè non diventi maggioritario nell'azienda. Il governo tenterà anche di giocarsi una carta per truccare la questione rappresentatività. Quale sarà la base di riferimento? Si tratterà dell'unità aziendale e di altro. Non sappiamo che cosa altro nascondono nella manica i proponenti.
Non è azzardato paragonare l'operazione sul diritto di sciopero alla estromissione della sinistra radicale e dei socialisti dal Parlamento e, speriamo di no, anche dal Parlamento europeo. Sul piano della logica della lotta di classe, del lavoro per una "pacificazione" sociale in vista dei tempi duri che si sono aperti, si tratta del risvolto sociale di un evento politico. Il sindacalismo di base è il corrispettivo nella società della sinistra radicale. Moltissimi tra gli attivisti dei Cobas, dei Cub sono militanti del PRC, dei comunisti italiani. Lo smottamento a destra del PD e lo sconcerto che crea nel suo elettorato proveniente dal PCI e dal cattolicesimo sociale aumenta ogni giorno la fascia del dissenso anche verso la stessa CGIL che spesso è costretta a subirne il condizionamento negativo.
Privando il sindacalismo di base della sua unica arma con la quale è cresciuto nella stima dei lavoratori si vuole realizzare una "normalizzazione". Non è casuale il fatto che licenziamenti e punizioni sono diventati quasi una esclusiva dei lavoratori e degli attivisti non confederali. E' anche significativo notare come difficilmente nel caso della persecuzione di un attivista dei Cobas si registri un intervento a suo favore della CGIL. Delle altre Confederazioni neanche a parlarne!!!
Che il ddl delega come tutte le altre cose escogitate per terremotare il diritto del lavoro e mettere in soffitta per sempre lo Statuto dei Lavoratori abbia finalità meramente di parte e repressive basti pensare un momento ai suoi obiettivi di soppressione della conflittualità e della microconflittualità a vantaggio del padronato.
Se analizziano una per una le cause dei tanti scioperi che ha registrato il settore dei trasporti e che quasi mai sono andate fuori dalla normativa prevista dalla legge del 1990 aggiornata nel 2000, constatiamo che quasi sempre esse riguardano l'organizzazione del lavoro, la gestione dei contratti spesso rimasti inapplicati per anni. C'è stato un periodo in cui il trasporto urbano fu costretto a durissime lotte da inadempienze delle aziende che soltanto a seguito delle gravi situazioni di disagio createsi nelle città furono parzialmente rimosse.
Il ddl delega non prevede sanzioni per atteggiamenti omissivi, provocatori o vessatori delle aziende. Si limita ad usare un nodoso bastone per i lavoratori che vengono additati alla opinione pubblica come causa unica del disagio degli sciopero. Lo sciopero è quasi sempre responsabilità del datore del lavoro. Con i tempi che corrono i lavoratori che spesso sono anche padri di famiglia non hanno il gusto ed il piacere di perdere una parte del loro magrissimo salario con scioperi che non siano più che giustificati ed imposti spesso da una classe imprenditoriale sempre più tracotante da quanto ha l'appoggio della maggioranza delle Confederazioni.
Pietro Ancona
già membro dell'esecutivo CGIL
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

venerdì 27 febbraio 2009

l'italia è nazista ....e non esagero

COMUNICATO STAMPA
27 febbraio 2009

DISTRUTTA LA COMUNITA’ ROM DI PESARO

LE AUTORITA’ AVEVANO L’ORDINE DI SGOMBERARE E DI SMEMBRARE LE FAMIGLIE

FOTO: http://www.everyonegroup.com/downloads/pesaro25.zip

Gruppo EveryOne: “Abbiamo vissuto momenti tragici. Una donna è caduta a terra. Madri e padri di famiglia in lacrime volevano darsi fuoco se avessero tolto loro i bambini. Proibita la mediazione umanitaria ai nostri attivisti e nessuna assistenza ai malati”. Inatteso il raid della forza pubblica, perché Sindaco e autorità si erano impegnati formalmente ad attuare un programma di integrazione casa-lavoro

Nella mattina del 25 febbraio, a Pesaro, circa 20 tra agenti della Polizia di Stato e della Polizia Locale sono intervenuti intorno alle 7.00 in via Fermo 49, all’altezza della fabbrica dismessa dove da quasi un anno si erano rifugiati 30 Rom romeni – tra cui pazienti cardiopatici e oncologici dell’ospedale San Salvatore, molte donne e 9 minori, compreso un bimbo di pochi mesi – con l’obiettivo di sgomberare lo stabile e sottrarre tutti i minori ai genitori. “Siamo accorsi sul posto e abbiamo assistito a scene strazianti” riferiscono gli attivisti del Gruppo EveryOne. “Madri e padri erano in lacrime e i bambini terrorizzati. Gli agenti avevano annunciato che i bambini sarebbero stati affidati ai Servizi Sociali e quindi sistemati in una comunità. Solo le mamme, però, avrebbero potuto restare con loro, mentre i padri sarebbero stati messi in mezzo alla strada”. Nico Grancea, uno dei più noti attivisti Rom in campo internazionale, faceva parte della comunità “nomade” che viveva a Pesaro. “I poliziotti ci hanno detto che il proprietario della fabbrica aveva denunciato l’occupazione dello stabile, ma sapevano che il Sindaco e tutte le Istituzioni pesaresi erano al corrente della nostra presenza nell’edificio, dove ci siamo rifugiati per sfuggire povertà e intolleranza in Romania. Molte delle persone sgomberate si trovavano sotto la tutela del Parlamento europeo, perché avevano denunciato di aver subito gravi aggressioni, pestaggi e intimidazioni in Italia, sia da parte della Forza Pubblica che di razzisti”. Le autorità, però, non hanno ascoltato alcuna ragione, nonostante Roberto Malini e Dario Picciau di EveryOne spiegassero loro la delicata condizione di testimoni per l’Unione europea della comunità Rom che veniva invece smembrata e sgomberata. “Il nostro Gruppo aveva ottenuto un impegno formale da parte del Comune di Pesaro” proseguono gli attivisti, “che garantiva un programma casa-lavoro. Il programma avrebbe dovuto iniziare all’inizio di settembre 2008, ma è stato sempre rimandato. Il Messaggero e altri quotidiani locali riportano le dichiarazioni del Sindaco e di alcuni Assessori, riguardo all’impegno assunto dal Comune”. Il Gruppo EveryOne aveva già segnalato nomi, cognomi e caratteristiche della comunità Rom sia ai Servizi Sociali che alle Autorità. Il locale Ospedale San Salvatore, quando è stato informato della presenza di bambini, donne incinte e malati gravi, ha intrapreso un programma di assistenza che ha assicurato cure mediche alle famiglie. Disattesi i tempi in cui era previsto il progetto di inclusione e stremata dalla povertà e dall’inverno, la comunità si trovava ora di fronte al dramma umanitario contro cui si battono la Commissione europea, il CERD delle Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali per i diritti dei Rom: la sottrazione di minori da parte delle autorità. “Le famiglie Rom fanno dell’unione la loro stessa ragione di vita,” spiegano gli esperti EveryOne, “e in molti casi lo smembramento provoca tentativi di suicidio da parte dei genitori. Negli anni dell’Olocausto, i nazisti conoscevano questo aspetto della cultura Rom e infatti ad Auschwitz, a differenza delle famiglie ebree, quelle ‘zingare’ venivano tenute unite nello ‘Zigeunerlager’. Quando padre, madre e figli vengono separati, si creano situazioni di dolore e panico incontrollabili. Durante l’operazione di polizia, una giovane donna è stramazzata a terra, altre si lamentavano disperate, mentre una mamma nascondeva un coltello da cucina in una piega della gonna e sussurrava che si sarebbe sgozzata se l’avessero divisa dal marito. Nonostante il cordone di poliziotti, siamo riusciti a comunicare con la comunità Rom, evitando il peggio”. Non veniva garantita libertà di movimento e comunicazione con gli altri attivisti neanche a Nico Grancea, il giovane attivista protagonista di tante azioni a tutela dei diritti dei Rom perseguitati, testimone e consulente per il Parlamento europeo e organizzazioni internazionali per i diritti umani. “Mia moglie aveva in braccio il nostro bimbo di quattro mesi,” racconta Nico, “mentre le altre madri erano terrorizzate da ciò che si stava prospettando. Gli agenti non ci ascoltavano, non vedevano famiglie davanti a loro, ma una pratica da sbrigare. Non conoscono lo spirito di sacrificio dei Rom. Non sanno che tanti di noi erano vicini a compiere atti di autolesionismo irreparabili. Alcuni meditavano di darsi fuoco se avessero diviso le famiglie. Non ci avrebbero separati, avremmo protestato sacrificando le nostre vite. I miei amici di EveryOne hanno capito perfettamente la gravità della situazione e ci hanno aiutato con la loro esperienza di fronte a situazioni estreme, mentre gli agenti non volevano riconoscere il loro ruolo di mediatori incaricati dal Parlamento europeo”. Per fortuna le madri Rom si organizzavano e riuscivano coraggiosamente a sottrarsi alle forze dell’ordine, fuggendo con i loro piccoli. “Studio l’Olocausto e le dinamiche delle persecuzioni da trent’anni,” dice Roberto Malini, “ho pubblicato libri e tenuto conferenze sull’argomento. E’ innegabile che vi sono precise attinenze fra gli anni delle leggi razziali e il presente. La fuga delle madri Rom di Pesaro mi ricorda la famosa operazione del Gruppo Westerweel, in Olanda, condotta da Mirjam Pinkhof – mia cara amica, sopravvissuta alla Shoah – e altri attivisti, che misero in salvo numerosi bambini ebrei”. Alcuni membri della Commissione Ue e del Parlamento europeo seguivano con ansia le vicende di Pesaro, in contatto con EveryOne. “Mentre si svolgevano i fatti, abbiamo tenuto un canale di comunicazione aperto anche con alcuni deputati e senatori italiani, oltre che con la Procura della Repubblica di Pesaro e Urbino” prosegue Matteo Pegoraro. “Il timore di tutti era che l’operazione di polizia degenerasse in tragedia. Malini, Picciau e Grancea, però, hanno esperienza da vendere e non è certo la prima volta che EveryOne si trova in situazioni tanto difficili. Ora che però l’azione è compiuta, sono necessarie prese di posizione anche da parte del mondo politico, e alcuni deputati radicali mi hanno confermato la volontà di presentare un’interrogazione parlamentare sull’intera vicenda”.
“Non capisco perché le Istituzioni e le Autorità non ci abbiano contattati, prima di attuare un’azione del genere” si chiede Dario Picciau. “Mentre si svolgevano i fatti, ero in contatto telefonico con la parlamentare europea Viktoria Mohacsi, mentre le principali ONG europee si prodigavano per organizzare una task-force a sostegno della comunità Rom. Non possiamo criticare gli agenti, che hanno obbedito agli ordini e non hanno considerato, poiché non vi erano tenuti, la vulnerabilità delle famiglie nonché le loro condizioni di salute fortemente precarie e la paura di ognuno, dettata da tanti episodi di intolleranza. Non riusciamo a capire, però, che bisogno c’era di inviare 20 agenti armati con volanti e un furgone anziché risolvere la contingenza intorno a un tavolo, con politici, autorità e attivisti. Viktoria Mohacsi, altri europarlamentari e alcuni dei principali esperti europei di cultura e vita del popolo Rom erano pronti a partecipare personalmente all’eventuale tavola rotonda”.
Domenica 22 febbraio Canale 5 aveva inviato alla fabbrica di via Fermo a Pesaro una troupe, condotta dal giornalista Mimmo Lombezzi, per un servizio sulla condizione dei Rom in Italia da mandare in onda nella puntata di martedì 24 febbraio: Grancea e diversi Rom hanno raccontato alle telecamere il grado di persecuzione che sono costretti a subire quotidianamente, l’atteggiamento delle forze dell’ordine nei loro confronti, la segregazione in cui sono tenuti, l’azione delle ronde di pulizia etnica, che commettono gravi abusi sui Rom profittando del clima di intolleranza. Un uomo aveva mostrato alle telecamere di Canale 5 i lividi ancora evidenti sul corpo per un pestaggio subito ad Ancona il 15 febbraio, il giorno dopo l’offensiva di violenza xenofoba scoppiata in Italia in seguito allo stupro al parco romano della Caffarella.
Un dossier sui fatti di Pesaro è stato consegnato al Parlamento europeo, alla Commissione e al Consiglio Ue, alla Corte Internazionale dell’Aja, al CERD (Comitato anti-discriminazione delle Nazioni Unite) e all’Ufficio Legale Europeo per i Diritti dei Rom, in relazione ai gravissimi danni che hanno cagionato alla comunità Rom i mancati interventi di assistenza e la mancata realizzazione del programma di integrazione garantito dal Comune di Pesaro.

Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
www.everyonegroup.com :: info@everyonegroup.com
Mobile: +39 334 8429527 - +39 331 3585406

ATTACCO AL DIRITTO DI SCIOPERO ED AL SINDACALISMO DI BASE

attacco al diritto di sciopero ed al sindacalismo di base
==========================================


Nessuno si faccia illusione sulla limitazione dei progetti della destra italiana (e non solo) riguardanti il diritto di sciopero al settore dei trasporti. Sui punti cruciali di attacco alla libertà ed alla democrazia come la istituzione delle ronde,il prelievo delle impronte digitali ai bambini rom, le leggi di detenzione dei clandestini e di maggiorazione delle loro pene in caso di reato ed ora del diritto di sciopero la destra italiana ripercorre la strada già attraversata da Hitler e da Mussolini negli anni trenta.
La scelta è stata fatta dal momento che l'opinione pubblica è stata esasperata contro gli scioperi dei lavoratori del settore.Spesso si tratta di lavoratori pendolari o di fruitori dei servizi urbani di fascia medio-povera.
Lo sciopero nei servizi pubblici ha già una regolamentazione che risale al 1990, aggiornata nel 2000. Un esame obiettivo dei comportamenti delle categorie da allora ad oggi non evidenzia un cattivo funzionamento della legge. La legge ha garantito gli utenti dei trasporti e lo sciopero selvaggio è una leggenda metropolitana ingigantita ad arte per mettere la gente contro i sindacati ed i lavoratori.
Oggi la scelta del governo di stringere e di molto il cappio del divieto risulta particolarmente odiosa e di parte per il fatto che le ferrovie dello Stato sono state privatizzate ed anche l'Alitalia, mentre le aziende municipalizzate hanno già un regime privatistico e molte sono state privatizzate.
Ieri una spocchiosa dichiarazione di Mauro Moretti amministratore delegato delle Ferrovie (con stipendio milionario) resa al Senato annunziava la scelta del "macchinista unico", scelta che sarà realizzata anche senza l'accordo dei lavoratori e del sindacato. Non dimentichiamo che è in corso una profonda ristrutturazione dei servizi riguardante la gestione del trasporto ferroviario che renderanno assai più oneroso e difficile il trasporto ai pendolari ed agli stessi ferrovieri. Con i nuovi orari molte persone che viaggiano per raggiungere il posto di lavoro dovranno alzarsi nel cuore della notte dal momento che in nome dell'efficienza e del risparmio si fanno saltare tratte essenziali.
L'Alitalia è stata privatizzata e difatto quasi regalata ad una cordata di imprenditori. Non si sa più niente di cosa sta succedendo ai cassaintegrati (diecimila?) ed agli assunti dalla Cai.Si è molto speculato sui "privilegi" dei dipendenti Alitalia per ridurli in uno stato di vero e proprio terrore. Debbono stare molto attenti
nel loro rapporto con l'impresa che è pronta ad usare la frusta o la mannaia a seconda del caso. Il lavoratore dovrà vivere la vita dell'azienda con il cuore sempre in trepidazione e l'occhio supplice rivolto al suo capo perchè sia sempre benevolo verso di lui.
La presentazione del disegno di legge delega da parte di Sacconi non coglie di sorpresa nè la Confindustria nè la Cisl, l'Uil e l'UGL. La CGIL è l'organizzazione che ha fatto le dichiarazioni più critiche. Ho sentito stamane la Camussi a tg3. Non si è spinta molto avanti nelle critiche.
Le norme vietano manifestazioni di protesta come l'occupazione di strade o autostrade che sono state usate anche dai metalmeccanici per richiamare l'attenzione della gente sulla loro protesta. Introduce il referendum preventivo e lo sciopero virtuale.
E' un disegno di legge pensato sopratutto contro i sindacati di base la cui crescita preoccupa quanti ritengono di avere raggiunto con le quattro confederazioni "riconosciute" un punto di equilibrio assai soddisfacente per la Confindustria ed il Governo.
E' veramente strabiliante che subito dopo l'annunzio fatto da Sacconi, il Senatore Ichino del PD, esperto giuslavorista della stessa scuola alla quale si richiama Sacconi, abbia invitato il PD ad approvare la proposta del Governo. Insomma, l'accordo nelle grandi linee c'è già e si tratta di precisare i dettagli.
Chissà se le ronde saranno chiamate ad intervenire a difesa degli interessi dei cittadini contro eventuali scioperi contestati dal Governo.....
Nessuno si aspetti che la destra al potere si accontenti del settore dei trasporti e delle norme che ieri il Senato ha approvato sul pubblico impiego. Andrà avanti in una situazione in cui l'opposizione politica è stata estromessa dal Parlamento, l'opposizione sociale viene criminalizzata, il lavoro non è più un diritto ma una
elargizione che ti devi conquistare leccando la mano a qualcuno....come un cagnolino.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Norme%20e%20Tributi/2009/02/diritto-sciopero-nuove-regole.shtml?uuid=2ae8cc8a-03ee-11de-b262-02b204b540f4&DocRulesView=Libero


http://www.cubscuolatorino.netfirms.com/NonSoloScuola/DirittiSindacali/04_04_xx_SulDirittoDiSciopero.htm

giovedì 26 febbraio 2009

il diritto di sciopero ad oggi

DIRITTO DI SCIOPERO

Lo sciopero è essenzialmente una forma di autotutela, costituisce una delle manifestazioni essenziali della coalizione sindacale. L’autotutela può esprimersi in una serie di comportamenti che hanno come obiettivo quello di esercitare pressione nei confronti della controparte (datore di lavoro, governo) per indurla a fare o non fare qualcosa e per determinare in tale modo un differente equilibrio tra i fattori della produzione.

EXCURSUS STORICO

Lo sciopero era considerato un reato fino al 1889 dal codice penale sardo che poi fu esteso a tutta l’Italia.

Nel 1889 con l’emanazione del cod. Zanardelli, se non violento, lo sciopero non poteva essere considerato come reato anche se nel tempo la giurisprudenza ha continuato a esercitare una funzione volta alla repressione dello sciopero, che se non più gli estremi di reato integrava sicuramente quelli dell’inadempimento contrattuale.

Con il fascismo e l’emanazione del cod. Rocco si ritornò alla repressione dello sciopero artt. 502-508 c.p. e gli artt. 330 e 333 c.p. che consideravano reato contro la pubblica amministrazione l’interruzione di un pubblico servizio.

Con la Carta Costituzionale:
Art.40: il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano..
L’art.40 conferisce al diritto di libertà sindacale un mezzo di effettività, l’art.40 svolge il ruolo di garanzia della libertà sindacale.
In seguito una sentenza la n. 29 /1960 dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 502 c.p. per il netto contrasto fra questo art. e gli artt. 39 e 40 Cost.

Nella costituzione non viene nominata la serrata, è garantito solo lo sciopero come diritto al conflitto.

L’art. 40 non era valido sia nei rapporti di diritto pubblico che nei rapporti interprivati ciò venne sancito dall’art. 4 della l. n. 604/1966 che dichiarò nullo il licenziamento determinato dalla partecipazione ad attività sindacali come lo sciopero. Tutela che venne ampliata negli artt. 15 e 16 e anche il 28 dello statuto dei lavoratori l. n. 300/1970.

La titolarità dello sciopero non è esclusiva dei sindacati, può essere anche di un gruppo non organizzato in sindacato. Possono scioperare i lavoratori pubblici e privati, subordinati e autonomi.

Lo sciopero può essere definito:
Diritto individuale ad esercizio collettivo, la sua titolarità spetta ad ogni singolo lavoratore ma il suo esercizio si esplica collettivamente.

Natura giuridica del diritto di sciopero:
La teoria della disponibilità della pretesa: alcuni autori hanno definito lo sciopero come diritto potestativo del lavoratore. Con l’esercizio di questo diritto si costituirebbe un negozio giuridico che farebbe venir meno il diritto del datore di lavoro alla prestazione lavorativa. Secondo questa premessa il diritto di sciopero non potrebbe che esercitarsi se non in funzione di una pretesa diretta contro il datore di lavoro. Secondo questa costruzione denominata disponibilità della pretesa lo sciopero è legittimo solo se concerne rivendicazioni la cui soddisfazione sia nelle mani del datore di lavoro. Tale teoria fu molto criticata perché lascerebbe fuori una vasta fenomenologia dello sciopero (quello nei confronti della pubblica autorità, quello di solidarietà ecc…)

Sciopero come diritto assoluto della persona:
se guardiamo allo sciopero come diritto assoluto della persona (condizionato all’esistenza di un contratto di lavoro, ma non necessariamente inerente il datore di lavoro) possiamo giungere ad una definizione più comprensiva, più adeguata dello sciopero e solo così si può ammettere la sua legittimità sia sotto il profilo penale che privatistico dell’ipotesi di sciopero di solidarietà e di sciopero diretto ad esercitare una pressione sulla pubblica autorità per influenzare i provvedimenti che riguardano le condizioni di lavoro il (c.d. sciopero economico-politico.)

Inoltre lo sciopero non va considerato come negozio giuridico, ma come fatto giuridico: astensione dei lavoratori per la difesa di interessi collettivi a cui l’ordinamento ricollega l’effetto giuridico della sospensione del rapporto individuale.

In forza del principio sinallagmatico l’effettuazione di uno sciopero sospende il diritto alla retribuzione per il lavoratore che vi abbia partecipato.
Anche la tredicesima o altre mensilità aggiuntive vanno diminuite in proporzione alla durata dello sciopero (ferie, festività…)

Il riconoscimento del diritto di sciopero implica il riconoscimento di tutti quei comportamenti strumentali per far aderire tutti i componenti del gruppo professionale coinvolto nell’azione sindacale come: Propaganda; Manifestazioni previste per indurre l’opinione pubblica a solidarizzare con gli scioperanti; Cortei Interni (se non fatti per commettere fatti di per sé illeciti).
Quanto al Picchettaggio è considerato lecito. Diviene illegittimo se si trasforma in una condotta diretta ad impedire con violenza o minaccia l’esecuzione della prestazione da parte dei lavoratori non scioperanti.

I LIMITI AL DIRITTO DI SCIOPERO

Sciopero come diritto e sciopero come reato Antinomia dell’ordinamento?????????????????????

Lo sciopero politico: in un primo momento l’astensione dal lavoro per fini politici fu considerata illegittima. Per questo è utile distinguere tra sciopero politico in senso stretto cioè volto al prevalere di questa o di quella determinata decisione politica; e lo sciopero economico-politico diretto ad ottenere o contrastare interventi della pubblica autorità che riguardano le condizioni socio-economico dei lavoratori (quest’ultimo considerato assolutamente legittimo).
Lo sciopero politico configura un’ ipotesi di reato solo in due casi:
• Quando lo sciopero e diretto a sovvertire l’ordinamento costituzionale.
• Quando oltrepassando i limiti di una legittima forma di pressione si converta in uno strumento atto ad impedire a ostacolare l’esercizio libero di quei diritti con cui si esprime la sovranità popolare.

Lo sciopero di solidarietà:
La corte costituzionale, in linea di continuità con la ratio che lo sciopero è legittimo per soli fini contrattuali, con la sentenza 123/1962 ha sancito la legittimità del c.d. sciopero di solidarietà ipotesi che si verifica quando un gruppo di lavoratori si astengono dalla prestazione non per avanzare una pretesa che influisca sul loro rapporto di lavoro ma per solidarizzare con le rivendicazione di altri gruppi oppure contro la lesione degli interessi di un singolo lavoratore. Quindi questa ipotesi che era prevista come reato dall’art. 505 c.p. è stata legittimata dalla sentenza n. 123/1962 a patto che il giudice di merito accertasse una comunanza di interessi fra i due gruppi di lavoratori (tale clausola limita la libera valutazione dell’esistenza di un interesse del gruppo sindacale).

Forme anomale di sciopero:
un’altra vicenda giurisprudenziale riguarda il problema dei danni che lo sciopero produce all’attività produttiva dell’imprenditore. In un primo periodo fino agli anni ’80 con la sentenza 711/1980 la giurisprudenza ha affermato l’illegittimità dello sciopero articolato cioè:
• Sciopero a singhiozzo: astensione dal lavoro frazionata nel tempo in periodi brevi.
• Sciopero a scacchiera: astensione dal lavoro effettuato in tempi diversi da differenti gruppi
di lavoratori le cui attività siano interdipendenti nell’organizzazione del lavoro.

Queste tipologie erano adattate per produrre il massimo danno per datore di lavoro e la minima perdita di retribuzione per gli scioperanti. Quindi la giurisprudenza elaborò c.d. teoria del danno ingiusto e della corrispettività dei sacrifici, secondo cui al danno subito dall’imprenditore corrisponde la perdita della retribuzione da parte dei lavoratori; tale corrispettività viene meno nello sciopero articolato. Tale teoria andava incontro a diverse critiche: intanto a quella di voler definire aprioristicamente la nozione di sciopero… e poi che lo sciopero riconosciuto come diritto presuppone la volontà di infliggere un danno e quindi non si può rimproverare a chi adopera tale mezzo se tenta di rendere l'azione di lotta più efficace possibile. Un passo in avanti è stato compiuto dalla dottrina quando sulla base dei principi della responsabilità aquiliana (art. 2043 c.c.) ha stabilito che danno ingiusto sarebbe quello che lede l'interesse del datore di lavoro alla conservazione dell'organizzazione aziendale (non certo lo svolgimento della attività produttiva). Si possono riscontrare in questo modo limiti esterni che si manifestano dal raffronto tra l'interesse tutelato dall'articolo 40 Cost e gli altri interessi costituzionalmente protetti. Se gli ultimi appaiono di rango superiore o almeno paritario vi dovrà essere un contemperamento tra il diritto di sciopero e l'altro coinvolto.
Quindi la sentenza 711/1980 stabilisce che lo sciopero non deve ledere la libertà di iniziativa economica tutelata all’art. 4 Cost.
Lo sciopero non deve causare danno alla produttività  non può pregiudicare la possibilità per l’imprenditore di continuare a svolgere l’iniziativa economica dell’azienda. È invece ammesso il danno alla produzione perché coperto dal legittimo diritto di sciopero.
Per evitare il danno alla produttività in speciali aziende a ciclo continuo nella siderurgia o nell’industria chimica si ricorre alle c.d. comandate cioè accordi tra imprenditore e sindacati in forza dei quali alcuni lavoratori continuano a lavorare. In questo modo si effettua comunque lo sciopero provocando danni alla produzione e allo stesso tempo non si incorre in responsabilità aquiliana visto che non si arrecano danni alla produttività.

SCIOPERO E SERVIZI ESSENZIALI

Quando lo sciopero concerne servizi erogati dalle amministrazioni pubbliche il danno ricade sia sulla finanza pubblica che sulla generalità dei cittadini (utenti).
Per la particolarità e la delicatezza del tema il legislatore emanò la l.n. 146/1990 intitolata “Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati.
Prima di questa disciplina la materia era affidata agli artt. 330 e 333 c.p. che prevedevano i reati di abbandono collettivo ed individuale di un pubblico servizio.
Inoltre una disciplina speciale che limitava lo sciopero era stata introdotta per particolari categorie di lavoratori in particolari settori come gli addetti agli impianti nucleari; i controllori di volo; i nucleari e per il personale della polizia di Stato.
La l.n. 146/1990 ha quindi introdotto limiti al diritto di sciopero nei servizi essenziali per contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. L’uso dell’espressione “diritti della persona” esclude che possono essere considerati come limiti i diritto economico-patrimoniale.
Diritti della persona sono: il diritto alla vita, alla salute, alla libertà, alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e prevenzione sociale, all’istruzione e alla libertà di comunicazione.
La legge in seguito, per definire i servizi essenziali utilizza un criterio teleologico nel senso che qualifica servizi essenziali quelli finalizzati a garantire certi diritto costituzionalmente garantiti.
La legge 146/1990 però non colpiva le astensioni dei lavoratori autonomi, professionisti o piccoli imprenditori che comunque incidono sulla funzionalità di servizi pubblici essenziali per cui a colmare questa grave lacuna fu la legge 11 aprile 2000 n.83. L’ambito di applicazione della legge 146/1990 è così esteso a tutte le forme di astensione dal lavoro, a prescindere dalla natura subordinata o autonoma del lavoro.
In caso di astensione (o di sciopero) dal lavoro nei servizi pubblici essenziali la l.146/1990 nel suo assetto originario prevedeva:
• Obbligo di preavviso;
• Necessaria indicazione preventiva della durata delle singole astensioni dal lavoro;
• Rispetto di misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili.
La l. 146/1990 fu poi modificata e venne integrata con una previsione, per i settori disciplinati dalla legge, che i contratti collettivi contenessero procedure di raffreddamento e di conciliazione delle controversia da esperire prima della proclamazione dello sciopero.

Il primo limite: l’obbligo di dare preavviso che deve essere di almeno 10 giorni (anche se questo termine può essere superiore se stabilito dai contratti collettivi).
Il preavviso deve essere scritto e deve contenere durata e modalità dello sciopero ma anche le sue motivazioni per provare una conciliazione. Destinataria è l’azienda che a sua volta dovrà comunicare agli utenti.
Un altro limite è rappresentato dal fatto che la l. 146/1990 garantisce i diritti della persona costituzionalmente tutelati e a tal fine dovranno essere assicurate alcune prestazioni indispensabili, cioè un livello minimo di prestazioni costituzionalmente garantite. Tali previsioni sono individuate dalla contrattazione collettiva perché solo lei e non la legge può contenere quella esperienza tecnica che tiene conto delle varie peculiarità del servizio e del settore che è necessaria per individuare tali prestazioni indispensabili.

LA COMMISSIONE DI GARANZIA
Al fine di valutare l’idoneità delle misure volte ad assicurare il contemperamento del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati, è stata istituita la commissione di garanzia.
Questa è composta da 9 membri scelti dai presidenti delle camere e nominati dal presidente della repubblica.
La commissione ha il potere di valutare il comportamento delle parti in conflitto. Tale poterer è sottoposto a vincoli procedurali: l’apertura del procedimento può avvenire d’ufficio o su istanza delle parti che hanno trenta giorni per presentare osservazioni e chiedere di essere sentite.
Sanzioni per i lavoratori: per i lavoratori che partecipano ad uno sciopero illegittimo possono essere comminate sanzioni disciplinari che devono essere irrogate dal datore di lavoro. Tra le sanzioni non rientra il licenziamento.
Per le organizzazioni dei lavoratori: per i sindacati che non rispettano le disposizioni previste dalla legge 146/1990 sono previste: la sospensione dei permessi sindacali retribuiti, la mancata percezione dei contributi sindacali trattenuti sulla retribuzione, l’esclusione dalle trattative.
Per i datori di lavoro: se non erogano le prestazioni indispensabili sono previste sanzioni pecuniarie.

mercoledì 25 febbraio 2009

nel salotto di Ballarò

Nel salotto di Ballarò
=====================
Il dibattito politico televisivo italiano è oramai circoscritto a esponenti dei partiti che stanno in Parlamento. A me non sembra un criterio giusto dal momento che mancano espressioni assolutamente insopprimibili della realtà italiana come tutta la galassia della sinistra che va dalla sinistra democratica ai comunisti di Ferrando.Questa galassia è espressiva di una realtà che esiste nel paese, nelle fabbriche, nei quartieri e che non può essere cancellata con l'esclusione.Colpisce anche il fatto che i Sindacati siano rappresentati sempre dalle stesse persone designate dalle Confederazioni, dalla Cisl all'UGL. La segretaria della UGL ha assommato un bel mucchietto di presenze tv e lo stesso dicasi di una esponente della CGIL. I Cobas ed i sindacati di base vengono ignorati. E' come se non esistessero. Eppure sono una presenza grande nel mondo del lavoro, forse più grande di un paio di sindacati confederali e sono stati capaci di
organizzare grandi manifestazioni. Le loro rivendicazioni sono assai diverse da quelle delle Confederazioni e si rifanno subito al salario, al lavoro, al precariato, alla pensione. Gli italiani che oramai riconoscono dal suono della voce la Polverini non sanno che aspetto abbiano i dirigenti dei Cobas e dei Sindacati di Base, persone che sono in grado di raccontare con ben diverso approccio la realtà del lavoro italiano.
Ieri sera mi ha impressionato il tentativo balordo ed ipocrita di Luciano Cazzola di tranquilizzare l'opimione pubblica a proposito delle ronde. Ricordando i suoi trascorsi nella CGIL le ha paragonate al volontariato degli anziani davanti le scuole per proteggere i piccini dal traffico e dagli spacciatori. Questo tentativo di minimizzazione è assai sospetto e mi conferma nella opinione che le ronde diventeranno milizie del regime così come le Steifeindeist naziste e quelle di Mussolini del 1923. Non si capisce perchè in una situazione di generale miglioramento di tutti gli indici della sicurezza ( i rapporti parlano tutti di crimini in decremento) si dovrebbero creare le milizie private. Dobbiamo aspettarci una nuova ondata di "cattiveria" e di violenza che
il governo non può fare gestire ai corpi di polizia e di carabinieri esistenti ma che sub specie di collaborazione per l'ordine pubblico può delegare ad associazioni che ha provveduto a far nascere e registrare. E' molto sospetto il fatto che il governo si avvarrà della collaborazione di associazioni le quali naturalmente avranno un costo per la fornitura degli strumenti necessari alla realizzazione dei pattugliamenti ed al pronto intervento. Se un barbone dorme su una panchina può darsi che sarà bruscamente svegliato ed accompagnato magari a calci e strattoni fuori città. Le ronde proibiranno alle prostitute di strada di esercitare? Scioglieranno tutti i gruppi di persone composte da più di tre persone come era durante il fascismo? Obbligheranno, magari nel cuore della notte, allo sgombero famiglie di rom o di sinti? Interveranno nei centri sociali per limitarne le attività, intimidire, etcc..? Se una fabbrica è presidiata dai lavoratori interverranno? E' veramente deplorevole che il Partito Democratico si presti e dia legittimità ed anche soldi come ha fatto Penati (subito difeso ieri sera dall'ineffabile direttore del Corriere della Sera). Ma forse sbaglio io che continuo a stupirmi dopo l'accordo Berlusconi-Veltroni per estromettere la sinistra prima dal Parlamento Italiano e poi (ci provano) dal Parlamento europeo.
Il centro-destra italiano senza la collaborazione del PD mai sarebbe riuscito a cancellare dal Parlamento italiano il PSI e la sinistra comunista e verde. La complicità del PD al delitto resterà come una macchia sull'onore di quelli che furono il PCI e la DC italiani. Veltroni, prima di ritirarsi e mettersi in pantofole, ha fatto in tempo a fare approvare l'accordo Alitalia che ha aperto una ferita enorme nella società e nel diritto del lavoro e preme perchè la CGIL approvi il nuovo modello contrattuale elaborato dalla Confindustria.
Per fortuna il Professor Spaventa e l'On.Le Baccini hanno impedito che la trasmissione di ieri sera si tramutasse in un comizio elettorale del centro destra. Nota non so se comica o squallida: a un certo punto ha telefonato l'On.le Calderoli crisi di astinenza televisiva ma è stato subito tranquillizzato da Floris con la promessa che martedì prossimo sarà a Ballarò e potrà magari recuperare anche l'assenza di oggi.

martedì 24 febbraio 2009

No al delitto di opinione.

Non condivido affatto che per un convincimento storiografico, politico o filosofico, si possa e si debba essere espulsi da un Paese. E' un grande crimine contro i diritti dell'uomo che vanno tutelati specialmente quando non si condividono le idee di colui che viene discriminato.
Non approvo il negazionismo ma neppure il paranoico assedio che i sionisti fanno dell'Olocausto mortificando il sacrificio di milioni di vittime non ebrei a cominciare dai comunisti tedeschi trucidati a centinaia di migliaia.
Penso che Israele non abbia le carte in regole per rivendicare la custodia dell'Olocausto dal momento che da mezzo secolo sparge sangue innocente per il proprio Stato razzista.
Pietro Ancona

ritiro dalla politica

Rai.it Notizie Tv Radio Guida programmi Rai.tv Junior Community Teche I siti Rai






24 Febbraio 2009




Sei connesso come: pietro ancona ( Disconnettiti ) Opzioni Profilo · 3 Nuovi MP · Visualizza Nuovi Messaggi · Agenda personale


-> Società -> Copertina -> Report




ritiro dalla politica, veltroni e le nuove steinfendeist
Iscriviti a questa discussione | Invia disc. tramite email | Stampa Discussione
pietro ancona Messaggio Oggi, 16:07












VELTRONI E LE NUOVE STEINFENDIEST
============================================
Le dimissioni di Veltroni da Segretario del PD vanno viste come un "ritiro dalla politica". E' vero: Veltroni è stato capace di atti di inaudita audacia.Ha dichiarato di voler stare da solo, ha escluso ogni alleanza elettorale con il PSI e con i partiti della sinistra radicale con i quali aveva debiti di riconoscenza (il psi lo ha sdoganato ed introdotto nell'internazionale socialista che ora., a quanto pare,non serve più e diventa un punto di rottura del PD) ed i partiti della sinistra radicale avevano servito fedelmente, per me troppo fedelmente, il governo Prodi nella sua incredibile azione di
cancellazione degli accordi elettorali e delle garanzie date ai lavoratori.
Veltroni, per tagliare fuori la sinistra anche dal Parlamento Europeo, si è servito di un accordo con Berlusconi, cioè ha usato la forza di una maggioranza parlamentare per cambiare una norma. La concellazione della sinistra dal Parlamento Europeo produrrà un impoverimento della democrazia dal momento che il PD non solo dichiara di non essere un partito di sinistra ma si ostina ad essere quasi il clone del PdL.

Veltroni si è ritirato perchè spaventato dallo scenario che si va aprendo davanti a noi: una crisi mondiale che il padronato italiano vuole gestire e gestirà in termini di annientamento di quanto resta dei diritti dei lavoratori; una crescita della militarizzazione della politica attraverso le ronde che sono la ripetizione a quasi un secolo di distanza delle Steinfendienst NJ che mano a mano diventeranno orribili strumenti di intimidazione dei partiti del centro-destra e del governo sui partiti della opposizione e sulla popolazione. Sulle ronde c'è stata e c'è molta ambiguità se è vero che il Presidente della Provincia di Milano, un tizio che ha fatto il funzionario del PCI per tutta la vita e che ora sembra convertito ai canoni del peggiore securitismo, ha stanziato un quarto di milione di euro a vantaggio di quelle esistenti. Si, è vero, si tratta di volontariato ma che a quanto pare costa, non è del tutto disinteressato e gratuito. Le guardie padane che esistono da anni sono certamente costate ai contribuenti, forse parte di loro sono transitate nei corpi dei vigili urbani ed ora si aspetta il federalismo per farne in blocco polizie regionali.
Il Paese è avvolto in una atmosfera di odio. Il governo proclama il canone della cattiveria. Bisogna essere cattivi con tutti coloro che in qualche modo osteggiano la politica xenofoba e carceraria del centro-destra.Andiamo verso non solo la dittatura della maggioranza in Parlamento che già abbiamo registrato con
lo svuotamento del ruolo del Parlamento ma verso la violenza legalizzata della maggioranza sulla opposizione e sul Paese. Gli obiettivi delle ronde diventaranno molteplici ed includeranno i centri sociali, i sindacati di base, i movimenti della galassia comunista libertaria ed anarchica. L'ordine pubblico diventerà ordine politico.
A fronte di questa situazione tutti i compagni che provengono dal PCI e si trovano nel PD e non ne condividono l'immobilismo e la postura riverenziale verso il PD farebbero bene ad unirsi ed a lasciare come terreno che scotta il PD per aiutare un processo di ricostituzione in Italia di un partito socialdemocratico come fu il PCI prima dello sciagurato karakiri della Bolognini.
IL PD non è in grado di frenare, di bloccare ed ancora meno di invertire lo smottamento verso il neonazismo
italiano. Il PD era nato per governare in alternanza a Berlusconi ma con il suo stesso progetto politico liberista. Ora, nonostante il giuramento di Franceschini sulla Costituzione, è diventato del tutto inerte ed inefficace. Il PD non è in grado di fare niente che possa in qualche modo contenere l'espansionismo della destra. Veltroni si è ritirato da una politica che per lui come per tanti altri non è più il giardino incantato delle opportunità della democrazia, ma un tetro campo ingombro di rovine, sul quale incombe la violenza del regime prossimo venturo.
Veltroni si è guardato attorno e si è impaurito.

Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it




--------------------------------------------------------------------------------






--------------------------------------------------------------------------------






--------------------------------------------------------------------------------






--------------------------------------------------------------------------------

sabato 21 febbraio 2009

risposta all'appello del Riformista per salvare il PD

salvare il PD, allo stato delle cose, sarebbe negativo per la democrazia italiana. E' composto da nomenclature troppo diverse che, tuttavia, tendono a farne un clone del PDL su questioni fondamentali come i diritti dei lavoratori, la laicità, la politica internazionale.
Rispetto l'Ulivo è un aborto. L'Ulivo aveva una piattaforma politica e progrfammatica che entusiasmava la sua base e la spingeva a lottare per una Italia migliore. Il PD ha seppellito quanto c'era non solo di sinistra ma soltanto democratico in questo Paese. Mi dispiace per Polito e quanti come lui vivono la politica nel salotti romani e considerano l'elettorato come un gregge
da guidare magari con l'ausilio di alcuni cani pastore.
Dal momento che è impossibile avere un PD che non sia un clone della destra tanto vale che si sfasci !
Gran parte dell'elettorato ex PCI e poi ex DS è disponibile ed ansioso di riavere un partito legato agli interessi della classe lavoratrice che faccia fuori Colannno, Ichino e Calearo dal suo gruppo parlamentare, che riprenda la lotta per restituire dignità al lavoro, quella dignitìà che giuslavorista al servizio del peggiore padronato hanno tolto con la precarietà, i bassi salari etc..
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

venerdì 20 febbraio 2009

Le ronde come i contractors

RONDE COME CONTRACTORS in una logica di assedio della cittadinanza
==========================================================

Il decreto legge -legge che istituisce le ronde fa compiere un passo avanti verso il regime. I Partiti al Governo si creano una loro milizia privata che affiancherà le forze dell'ordine esistenti. Inizialmente le ronde avranno compiti limitati ma, con il passar del tempo, avranno sempre maggiori poteri di intervento. Intanto, in una comunità, il Partito che disponde di un corpo paramilitare acquisisce di colpo un vantaggio ingiusto nei confronti di tutti gli altri partiti e si propone alla popolazione come garante del "suo" ordine, del suo modo di vedere e gestire i rapporti con la cittadinanza e con gli immigrati. Lo Stato moderno ha il monopolio della violenza e questo lo distingue dalle situazione di anarchia sanguinosa come la Somalia o l'Afghanistan dove il monopolio della violenza non esiste ma esistono vari poteri tribali e territoriali. L'Italia sarà l'unico paese europeo in cui il monopolio della violenza comincia ad essere intaccato e integrato dalla "violenza" espressa da gruppi di contractors che, con il federalismo fiscale, diventeranno polizie regionali dipendenti dalle Regioni ma con uno statuto che proviene dalle esperienze fin qui fatte. Non ho dubbi che la guardia verde padana confluirà tutta nella polizia regionale a parte quanti si sono già imboscati tra le guardie municipali.
L'azione di contrasto svolto dall'opposizione parlamentare è stata insufficiente e ambigua dal momento che ronde sono state istituite da comuni di centro-sinistra. Non so se ancora sono in funzione.
In ogni caso, ammesso che non si volesse bocciare drasticamente le ronde si sarebbe potuto intervenire in una ottica di riduzione di danno, proponendo la selezione dei rondisti da un elenco aperto alla iscrizione di tutti i cittadini come avviene per la nomina degli scrutatori e dei presidenti dei seggi elettorali.
Questa apertura avrebbe tolto di mezzo il sospetto molto pesante per il quale le ronde saranno emanazione della Lega o del PDL e quindi risponderanno ad una logica di occupazione militare del territorio da parte di
queste forze oggi governative.
Ma non è accettabile in sè l'idea delle ronde.Spero che il Capo dello Stato richiamandosi alla difesa della Costituzione bocci il progetto. Sarè bene che i cittadini organizzino la resistenza nel territorio,nei quartieri, dappertutto. Impedire alle ronde di andare in giro. L'Italia non ha un livello di criminalità da un lato e di crisi della sicurezza dall'altro da imporre l'intervento stesso dei cittadini. In Sicilia sono state fatte delle ronde dei commercianti per la difesa dei loro esercizi commerciali dalla mafia. Non sono servite a niente. E' servito e molto la costituzione delle associazioni antiracket e la denunzia degli estortori.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

giovedì 19 febbraio 2009

veltroni ed il fallimento della finta democrazia

--Fallimento della democrazia plebiscitaria
================================

Una riflessione può farsi a partire dalle dimissioni di Veltroni ma che riguarda la cosidetta "modernizzazione"della democrazia così come l'abbiamo conosciuta e praticata nel corso di tutti gli anni a partire dalla Costituzione. Credo che tirate le somme, per quanto le regole della democrazia prima delle recenti riforme fossero a volte macchinose e rallentassero il processo decisionale, tutt'ora sono preferibili a quelle innestate dal populismo e dal plebiscitarismo attuale.
Prendiamo ad esempio le primarie e l'elezione di Veltroni con conseguente formazione di un organismo di circa tremila persone (nessuno sa chi siano e probabilmente non si conoscono tra di loro e molti sono sconosciuti al Partito). Alle primarie per l'elezione di Veltroni hanno partecipato (si dice) tremilioni e mezzo e persone. Se la democrazia è numero non c'è dubbio che l'investitura di tremilioni e mezzo di persone sia più suggestiva della elezione di uno dei vecchi Comitati Centrali del PCI e del Consiglio Nazionale della DC. C'è da osservare che tremilioni e mezzo di persone hanno votato in un'ottica truccata dalla assenza di reali contendenti se consideriamo che la Rosy Bindi partecipava per sua stessa ammissione per una propria scelta personale di identificazione nel nuovo gruppo dirigente del PD. La nomina dei tremila è stata una conta nel territorio, il prodotto dei rapporti di forza tra i seguaci di alcuni leader nazionali, personaggi della provincia che si sono piazzati al seguito o addirittura in rappresentanza di un potente oligarca. Ci sono eletti fedeli o fedelissimi di Veltroni, altri di Fassino, altri di D'Alema, Rutelli e cosi via. La politica non c'entra quasi niente! C'entra la benevolenza del leader nazionale verso il suo protetto che diventa per via di questa investitura un "potente", un capo bastone, una persona di quelle che contano specialmente quando si debbono scegliere i candidati che poi sono gli "eletti" per elezioni politiche prive del voto di preferenza, quando si debbono scegliere tutti gli uomini per le cariche nella amministrazione locale rigidamente lottizzata non solo tra i partiti ma anche dalle fazioni dei partiti.
Le dimissioni di Veltroni hanno messo a nudo l'inganno della neodemocrazia praticata a sinistra (cosa assai grave) in un Paese in cui il Presidente del Consiglio ha creato un suo Partito-azienda ove naturalmente non c'è mai stato nè mai ci sarà un congresso dal momento che non si saprebbe come fare, in cui c'è in corso una crisi della sinistra comunista, dei socialisti, dei verdi. Quale sarà il procedimento che porterà alla elezione del nuovo segretario e degli organismi dirigenti? Non sappiamo neppure se i tremila delle primarie siano ancora tutti nel PD e naturalmente le decisioni saranno prese dai capibastone nazionali delle varie fazioni dell'ex DS e dell'ex Margherita.
La neodemocrazia leaderistica ha prodotto danni enormi anche nella pubblica amministrazione. Viene arrestato il Presidente della regione Abruzzo e l'intero Consiglio Regionale viene sciolto e si indicano nuove elezione per eleggere il nuovo Presidente e tutto il Consiglio.. Lo steso dicasi per la Sardegna. Si tratta di una norma che paralizza il ruolo delle assemblee generali elettive che vengono legate alla sorte del Presidente. Perchè un Consiglio regionale si deve dimettere se muore, si dimette, succede qualcosa al Presidente della regione? Si annulla la distinzione tra potere di controllo, potere legislativo e potere esecutivo. La carica di consigliere regionale o comunale diventa in qualche modo una emanazione del Presidente della regione o del Sindaco. Un capovolgimento della democrazia in cui il controllato (presidente) diventa controllore e dante causa.
Erano molto ma molto più serie le norme che presiedevano alla formazione degli organismi dei partiti e delle pubbliche amministrazioni prima della ubriacatura generale di modernismo, di innovazione, di plebescitarismo. Un iscritto al PCI o al PSI che votava in Sezione valeva molto di più, era assai più importante, di un anonimo partecipante ad una primaria fasulla di tre o quattro milioni di persone. Il suo voto contava e si discuteva a fondo sulle qualità della persona da eleggere sia per il Comitato Direttivo della Sezione, sia per altre cariche. Il Partito era una cosa seria specialmente nel suo Comitato Centrale che era capace di discutere per giorni e giorni scelte politiche che oggi vengono assunte velocemente ma anche spesso con leggerezza. Tutto è cominciato dallo scioglimento del Comitato Centrale del PSI e della sua sostituzione con quello che Rino Formica definì una "corte di ballerini e nani". La qualità del dibattito e della democrazia italiana sono peggiorati. Le riforme della pubblica amministrazione hanno diffuso il virus dello oligarchismo nel vasto corpo dello Stato. Si è invertito il rapporto tra elettori ed eletto. L'Oligarca è diventato talmente potente da essere addirittura temuto da coloro che gli stanno vicini.
La riforma politica e la riforma amministrativa hanno degradato la qualità della democrazia italiana. Molte norme introdotte dalla riforma Bassanini si sono rivelate veri e propri cavalli di troia ed hanno fatto degenerare una pubblica amministrazione magari vecchiotta ma certamente assai più accettabile di quella odierna fatta di distanze siderali tra managers e comuni funzionari. I due processi di volatilizzazione dei partiti a vantaggio degli oligarchi e di riforma delle leggi elettorali e della struttura delle amministrazioni hanno fatto degenerare la democrazia italiana che è diventata quasi virtuale ed ha invertito il rapporto tra base e vertice. La base intesa come comunità di elettori o di cittadini non conta più niente. Tutto si consuma nelle stanze frequentate dagli oligarchi che sono privi di qualsiasi controllo, si stabiliscono gli stipendi che più aggradano,
insomma fanno quello che vogliono.
Non propongo il ritorno al Partito "pesante" ma credo che si debba trovare modo di restituire alle comunità di base il potere di scelta. Primarie di migliaia o milioni di persone sono il contrario della democrazia. Si svolgono in silenzio precedute da comizi dei candidati. La democrazia è discussione delle situazioni, scelta,
valorizzazione del bene comune. Insomma, è il contrario del punto in cui siamo giunti dopo venti anni di riforme demolitrici di un sistema vecchio ma rispettoso della libertà e del diritto di partecipazione dei cittadini.
La democrazia è la capillare partecipazione di quanti vogliono partecipare al processo decisionale, elettivo,
politico.
Pietro Ancona

mercoledì 18 febbraio 2009

allergia fatale

-----







allergia fatale
==========

Ora tutta l'area che va dal PD a tutta la sinistra è devastata.. E' come la striscia di Gaza bombardata dagli israeliani solo che la destra non può dire di averne il merito. La causa, anzi le cause, sono tutte interne al PD ed alla sinistra malati per la degenerazione patologica di quel progetto politico che si diparte dalla Bolognina e per la perdità di identità subita dai socialisti dopo il terremoto giudiziario craxiano.
Il PD era diventato un partito allergico, fortemente allergico a quanto di progressista ci fosse non solo nella storia del PCI dal quale viene e della sinistra DC ma anche dello stesso Ulivo che non era contraddittorio ed eterogeneo così come è diventato il PD. L'Ulivo è stato un serio, importante tentativo di unificare il PC e la DC in un partito, in una piattaforma rivolta al miglioramento delle condizioni sociali e all'avanzamento della democrazia italiana. L'Ulivo stava con i lavoratori, appoggiò il grande sciopero per la difesa delle pensioni e gli alleati dell'Ulivo come Dini accettavano di stare in un percorso politico, in un progetto se non di sinistra almeno democratico.
Il PD invece è nato dalla rincorsa a destra di due gruppi dirigenti ex Margherita ed ex DS ed è diventato nel tempo un informe clone del PDL senza esserlo nella sua base elettorale.
Quando i due gruppi dirigenti hanno smesso di rincorrersi a destra hanno cominciato a rincorrere a destra il PdL: siamo al punto in cui su alcune cose le posizioni di Fini risultano più accettabili alla sensibilità democratica di quelle espresse da tanti esponenti del PD.
Ieri Rutelli ed un altro gruppo di fedelissimi del Vaticano hanno votato la norma che limita la libertà personale garantita da oltre duecento anni di rivoluzioni liberali. Il testamento biologico diventa il contrario di quello che è in tutto il mondo: l'alimentazione e l'idritazione forzata cozzano con la ratio che ne fa una manifestazione di volontà da rispettare.
I lavoratori italiani manifestano contro il continuo degrado delle loro condizioni materiali e delle normative che presiedono il rapporto di lavoro e tre quarti del PD fanno sapere di non condividere e coloro che vanno in piazza si guardano bene dal compromettersi con dichiarazioni troppo "radicali" di appoggio.
Il PD di Veltroni ha proseguito la corsa suicida iniziata da Fassino: prima dalla parte dei lavoratori, poi in posizioni di terzietà tra capitale e lavoro ed infine dalla parte della confindustria con un pegno importante dentro la elezione di Calearo e Colaninno (cosa ben diversa degli industriali progressisti di stampo olivettiano del vecchio PCI) e l'adesione alle scellerate scelte relative all'Alitalia, al precariato, all'abolizione del contratto nazionale. Ichino, deputato del PD, sostiene apertamente l'abolizione dell'art.18.
Nella terribile vicenda dei bombardamenti israeliani alla striscia di Gaza non solo si sono abbandonati i palestinesi ed i pacifisti, ma si partecipa a manifestazioni di sostegno degli aggressori.
Ognuno può ripercorrere per conto suo le scelte compiute in questi anni dalla Margherita e dai DS prima e poi dal PD: una corsa affannosa e sempre più accelerata verso l'asocialità della destra italiana e verso un neoconfessionalismo che desta perplessità e a volte anche rabbia negli stessi ambienti cattolici progressisti.
Il PD ha inseguito la destra sul piano più repellente della xenofobia e lo ha fatto con ordinanze dei suoi sindaci odiose ed apertamente ostili verso i poveri. Il Sindaco di Padova si è spinto a rimuovere le panchine ed abolire i semafori per cacciare i lavavetri. Ha assediato con un muro allucinante un quartiere costringendo alla evacuazione i suoi abitanti in gran parte immigrati.
Nella sua deriva a destra fino alla xenofobia è accaduto un fatto che riguarda lo stesso Veltroni: subito dopo l'aggressione della povera signora Giovanna Reggiani ha preteso la convocazione del Consiglio dei Ministri, allora presieduto da Prodi, rivendicando con acuti strilli immediati provvedimenti restrittivi dei diritti dei migranti. Il governo si è riunito ed ha fatto quanto chiesto dall'allora Sindaco di Roma. Questo fatto ha ben impresso nell'opinione pubblica l'idea e la necessità di una politica securitaria che ora con il governo Berlusconi già raggiungendo livelli maniacali e limiti alle libertà non solo degli stranieri ma anche degli italiani.
Con la decisione di rompere con la sinistra che si era dissanguata per tenere in vita il governo Prodi chiudendosi alle legittime aspettative e richieste della sua base espresse con la manifestazioni del venti ottobre 2007, il PD ha voluto stabilire un confine nettissimo con tutto ciò che in parte era stato in passato e che è ancora il sentire comune dei partiti socialisti europei. Si è voluto proporre come partito di centro moderato non rendendosi conto che in Italia il centro non esiste e che la stessa congiuntura economico-sociale spinge verso posizioni di netta radicalizzazione: o stai con la Marcegaglia o stai coi lavoratori. Non dico con i Sindacati dal momento che questi dal patto per l'Italia in poi sono coinvolti ed in parte hanno coinvolto la stessa CGIL in una politica di progressiva inesorabile riduzione dei diritti dei lavoratori.
Purtroppo non esistono punti di riferimento validi dai quali ripartire per ricondurre a "normalità" la dialettica politica del Paese: un partito di destra o moderato ed un grande partito di ispirazione socialdemocratica che si contendono il potere. Le cose non stanno così e la crisi di identità dei PD risoltasi in una adesione ai principi della destra ha contagiato aree della sinistra radicale. Credo che la scissione del gruppo di Vendola, il PSI, la sinistra democratica aspirano ad allearsi con il PD senza fare tante storie sulla sua vocazione centrista o di centro-destra. Il resto della sinistra, dai comunisti italiani al Prc, ha grossi problemi nella sua nomenclatura fatta da tante persone che stanno vivendo una dolorosa "sindrome occhettiana" e sono ancora in fase di elaborazione del lutto per la perdita delle proprie posizioni di prestigio
che non consente loro una analisi della realtà.
Il Partito di Di Pietro ha tratto vantaggio da questo enorme casino appropriandosi di posizioni di "sinistra" che pur non gli sono congeniali, ma comunque capendo che doveva stare vicino ai lavoratori. Di Pietro si è speso nella vicenda Alitalia e questo è stato notato ed ha dato speranza a tanti. Qualcuno mi dice: e se votassimo per Di Pietro?
Ma Di Pietro non può coprire il vuoto oggi ingombro dalla rovine della sinistra.
Allo stato delle cose c'è una destra che ha fatto diventare sentire comune il suo odio per i poveri e per la giustizia e restano poche testimonianze di un'Italia diversa rappresentate da persone come Gad Lerner che sta conducendo una appassionata lotta contro i pregiudizi razziali, come Santoro, come Pietro Marcenaro che ha scritto una bella pagine di passione civile su Lampedusa, il Prof. Marino con la sua proposta di referendum, il gruppo del Manifesto, tutto il popolo disperso della sinistra comunista e laica. Ma come dicevo si tratta di testimonianze e ci vuole ben altro. Temo che una parte dell'elettorato del PD convertito da Treu, Letta, Rutelli e tanti altri "modernisti" alla causa della destra italiana confluirà del PDL di Berlusconi che diventerà un Partito-Regime.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

martedì 17 febbraio 2009

bel giorno di Giordano Bruno, Tosti assolto

Nell' Italia c he degrada verso la barbarie oscurantista, un raggio di luce
per merito del la battaglia solitaria di un magistrato coraggioso
Pietro Ancona
http://urlin.it/14c83

lunedì 16 febbraio 2009

Soru: una anomalia da eliminare

Un marziano che doveva essere eliminato
===============
Non conosco bene la realtà dei partiti sardi ma non ci vuole molto a capire che Soru è stato "posato" dalla nomenclatura del PD che, o non è andata a votare, oppure ha votato Cappellacci. La realtà della regione sarda diretta da Renato Soru era una anomalia: niente legislazione ad personam per gli amici, niente privatizzazioni fatte per creare consigli di amministrazioni e stipendi da nababbi ai "managers", maniacale tutela dell'interesse pubblico (tasse aggiuntive per i miliardari della sardegna usa e getta). Insomma sono stati anni di assoluto digiuno per coloro che vedono nella regione il mezzo di rapidi arricchimenti attraverso stravolgimenti disinvolti di principi essenziali del diritto.Il modello giusto è quello della Calabria di Lojero o al massimo della Toscana di Martini stretta in un reticolo di società figlie di un stagione di privatizzazione. Per capire quanto Soru fosse una sorta di marziano dentro gruppi dirigenti della politica sostanzialmente portatori degli stessi interessi basti pensare allo scontro sul piano regolatore. Con Soru viene sconfitta la speranza di un rinnovamento radicale delle Regioni che costeranno sempre di più e saranno i fortilizi di oligarchi di destra o del PD. Per avere idea di quello che ci aspetta vi consiglio di esaminare le leggi approvate dall'assemblea regionale calabrese o di quella campana.
Il federalismo che ci aspetta sarà quello degli epigoni di Bassolino, di Lojero, di Cuffaro....... nuove tasse, niente servizi, un esercito di supermanagers, spese sempre più folli per il personale politico.

stupri e strategia della tensione

una politica di odio


L'Italia è diventato un brutto posto per tutti. E' , credo, l'unico paese europeo in cui il Governo produce odio in quantità industriali contro tutti: contro i clandestini che arrivano a Lampedusa, contro i rom ai quali saranno prese le impronte dal momento che Maroni è rimasto insoddisfatto del rilevamento fatto dalla Croce Rossa,
contro gli statali definiti fannulloni da un Ministro demagogo .Un governo che predica la cattiveria,che decide di schedare gli barboni, autorizza le ronde per legge magari pensando di darne il monopolio alla Lega, diffonde un clima di insicurezza, di odio profondo, di caccia al diverso. Questo comportamento irresponsabile e demagogico viene esaltato da una situazione di crisi economica e sociale che determina uno stato di disagio diffuso, spinge la gente a chiudersi, ad essere intollerante. Campagne periodiche di diffamazione e di odio vengono fatte dai giornali contro gli anziani che si fanno mantenere dai giovani, contro i lavoratori a tempo indeterminato che sono privilegiati rispetto i precari, contro i meridionali che vivono di espedienti e cosi via. I lavoratori Alitalia che sono stati dimezzati di diecimila persone ora in cassa integrazione sono stati lungamente e velenosamente attaccati per i "privilegi" della loro professione. I licenziati oggi cassaintegrati vengono considerati con astio parassiti....Quasi tutti i giornali si sono prestati
a questa rappresentazione della realtà aiutati spesso di economisti e politologi di grido del tipo Ichino, Monti,
Boeri. La Bocconi di Milano è diventata la centrale della demolizione dei diritti del lavoro.
Gli stupri commessi in questi giorni e sui quali i massmedia hanno organizzato una campagna assordante
contro gli emigrati in Italia e contro i clandestini sono maturati in una realtà sempre più disgregata ed in un clima di crescente criminalizzazione dei poveri. C'è una scelta politica alla base dell'enorme risalto che è stato dato a episodi certamente di intollerabile violenza, risalto che non è stato dato e non viene dato in casi altrettanto gravi di delitti compiuti da italiani. Aldo Cazzullo, una delle penne più usate dal Corriere della Sera, si è spinto stamane a "prima pagina"ad affermare che lo stupro ad opera di un clandestino è "politicamente" p'iù grave dello stupro del vicino di casa o dell'amico di famiglia!
Ha sbagliato ieri la destra ad attribuire al centro-sinistra la violenza che cresce nelle città. Sbaglia oggi il PD ad accusare Alemanno di lassismo. La violenza nasce nel territorio incontrollato ed abbandonato. Non esiste una politica per il recupero delle periferie sempre più fatiscenti, prive di verde e di servizi, spesso al buio e non esiste sopratutto una politica di buon rapporto e di responsabilizzazione delle comunità di immigrati. Se i consigli circoscrizionali aprissero un rapporto con le comunità di stranieri che si sono insediate nel loro territorio assieme a queste potrebbero gestire al meglio i problemi della sicurezza. Quando il Governo incoraggia la formazione di ronde naturalmente fatte da soli italiani e l'uso dell'esercito innanzitutto dichiara di non essere in grado di usare il monopolio del potere repressivo, compie una scelta che fa regredire l'Italia ed ottiene il risultato di rinfocolare soltanto l'odio. L'Odio sta diventando il tratto più significativo della politica del governo e della destra. C'è una deformazione della realtà per avallare la xenofobia. I dati testimoniano di una violenza contro le donne che è assai più grave e diffusa di quanto si creda.
"In particolare, nel 2007, sono state uccise 126 donne: 44 dai mariti, 11 dai fidanzati o dai conviventi, nove dagli ex mariti e dagli ex fidanzati, dieci dai figli e 14 da sconosciuti. Dati che si aggiungono a quelli di un'indagine Istat dello scorso anno, secondo la quale quasi sette milioni di donne sono state vittime di violenza. La maggior parte (oltre sei milioni) sono state aggredite dal partner."
Gli stupri vengono strumentalizzati a favore di un governo sempre più autoritario, sempre meno soggetto al controllo del Parlamento, proteso ad eliminare l'autonomia della Magistratura. L'obiettivo è ricondurre i tre poteri fondamentali legislativo, esecutivo e giudiziario in una mano sola: quella del Governo. L'obiettivo è anche una progressione erosione del potere attribuito alla Costituzione al Presidente della Repubblica è magari giungere ad una soppressione di una delle due figure di Capo dello Stato e Capo del Governo. Forse la destra e tutta la borghesia che la sostiene con i suoi giornali vogliono appunto giungere al più presto ad un risultato di "semplificazione" del governo del Paese. La democrazia ha una complessità che la destra vuole abolire a vantaggio di un regime in cui tutto il potere è nelle sue mani.La violenza dei criminali stranieri viene usata come una clava per bastonare tutti.Per giustificare i lagers dove imprigioniamo i clandestini, lo sfascio della scuola e della sanità, la riduzione del welfare e delle libertà. Lo scrittore Erri De Luca diceva ieri sera a Fabio Fazio: clandestino o autorizzato sono termini inaccettabili: gli uomini non si debbono distinguere in queste categorie. Come in un treno a vapore si dà velocità alla locomotiva introducendo sempre più palate di carbone a ritmo sempre più frenetico, cosi in vista del varo della vergognosa legge razzista sulla sicurezza aumentano le campagne di stampe per convincerci tutti che viviamo in una giungla, che non dobbiamo essere "buonisti", che bisogna usa il bastone ed una sana cattiveria.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

domenica 15 febbraio 2009

i liberatori a stelle e strisce

Riconoscenza agli Usa per nostra Libertà
================================

Ogni volta che si criticano gli Usa qualcuno ricorda che dobbiamo a loro la nostra liberazione dal nazifascismo. Siamo debitori della nostra libertà. E' una affermazione che testimonia una riconoscenza non del tutto ben riposta. La guerra scoppiò nel settembre del 1939 e gli americani vi parteciparono soltanto dalla fine del 1941. Lo sforzo fu sostenuto da subito soltanto dall'Inghilterra e del giugno del 41 anche dalla Russia invasa dalle armate tedesche. Ho letto nella storia della seconda guerra mondiale di Winston Churchill (che raccomando a tutti anche se si tratta di dodici volumi che però si leggono come un romanzo) che lo stesso Churchill implorò
tantissime volte il Presidente Roosevelt per avere cinquanta navi da guerra a protezione dei convogli britannici che venivano affondati in grande quantità dai tedeschi. Le ottenne dopo avere ceduto agli Usa
i possedimenti in Asia e nel Pacifico. Inoltre l'apertura del secondo fronte con lo sbarco in Normandia fu ritardato al massimo consentendo quindi a Stalin di occupare metà europa e quindi di alzare la cortina di ferro. Sono dell'opinione che i veri sconfitti della seconda guerra mondiale, oltre naturalmente i nazifascisti, furono gli inglesi che ne uscirono enormemente ridimensionati dagli USA e l'Europa che ne usci spaccata in due e ridotta in rovine da bombardamenti . L'Europa è uscita in condizioni di minorità . La "liberazione" dell'Europa dal nazismo è stato un capitolo della guerra imperialistica degli Usa. Da allora ad oggi gli Usa hanno molestato e distrutto diecine di Nazioni come scrive Gore Vidal. A proposito di crimini di guerra sono curioso di sapere qualcosa dei tre milioni di soldati tedeschi fatti prigionieri dagli Alleati.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

sabato 14 febbraio 2009

amarezze

Il professore Ignazio Marino, insigne chirurgo (a Palermo ha creato l'Ismett centro trapianti), presidente della Commissione Sanità del Senato , ha proposto, stasera, il referendum nel caso in cui la legge sul testamento biologico sarà fatta nel modo voluto dalla destra e dal Vaticano cioè con l'alimentazione forzata e l'idratazione.
Proposta certamente importante e di grande capacità mobilitativa. Proposta che poteva anche spingere la destra a più miti consigli.
Non erano trascorsi che pochi minuti dall'annunzio del Prof Marino che il PD smentiva a gran voce attraverso interventi di Letta ed altri l'ipotesi del ricorso al referendum.
Il PD non intende promuovere un confronto popolare sul testamento biologico.
Già all'indomani delle grandi manifestazioni di lotta di ieri Veltroni, che ha disertato lo sciopero, ha riunito Confindustria e Sindacato e lanciato una ipotesi collaborazionista e corporativista per affrontare la crisi e superarla. Neppure una parola sul malessere dei lavoratori, sulle loro rivendicazioni, niente di niente.
Naturalmente i lavoratori vi concorreranno accettando tutte le controriforme proposte dalla Confindustria e dal Governo e già accettate da Cisl e Uil.
Infine, qualcuno si chiede che fine ha fatto la proposta di un referendum sulle leggi Gelmini.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

lo sciopero svuotato dal pd e dalla CGIL

-----


----- Original Message -----
From: pietroancona@tin.it
To: segreteria@cgil.it
Sent: Saturday, February 14, 2009 12:49 PM
Subject: Una generosa manifestazione dei lavoratori minimizzata.


lo sciopero tradito dal PD e dalla CGIL




Una situazione surreale
====================


Massimo D'Alema ha definito entro questo spazio lo sciopero di ieri: ". E' urgente garantire chi perde il posto di lavoro e quindi occorre una riforma degli ammortizzatori sociali che sia in grado di proteggere anche i lavoratori precari e a tempo determinato".In piazza, sotto il palco, tremano soprattutto loro." L'ex Ministro del Lavoro ed ex segretario della Fiom è stato ancora più soft: lo sciopero è una testimonianza del malessere dei lavoratori". Un aggettivo può definire la condizione dei lavoratori nello sciopero di ieri: surreale! Una massa immensa di lavoratori di studenti e di migranti quale maggiore non poteva essere ha compiuto ieri uno sforzo di mobilitazione eccezionale, confrontabile al grande sciopero per le pensioni del primo governo Berlusconi, alla mobilitazione della CGIL in difesa dell'art.18, dello sciopero del 20 ottobre 2007 contro il governo Prodi. Per quanto i pennivendoli della destra e della Confindustria si affannino a minimizzare ieri l'Italia che lavora e che studia ha fatto sentire alta, altissima la sua voce, ma...... cosi' come i promotori dello sciopero del venti ottobre si preoccuparono di rassicurare Prodi che lo sciopero non era contro il Governo fino a fare diventare questa affermazione la cifra, la nota dominante, l'esegesi politica dell'iniziativa, lo sciopero di ieri è stato ingabbiato dalla CGIL e dal PD nei limiti della richiesta di una diversa politica economica del governo, della doverosa protesta contro le modifiche alla legge sulla sicurezza del lavoro, ai contratti separati, alla legge antisciopero predisposta da Sacconi, insomma in un alveo assai limitato di riduzione del danno, di reazione agli attacchi sempre più virulenti alla libertà ed all'autonomia del Sindacato, senza alcun riferimento, alcuna proposta che possa caratterizzare un miglioramento delle condizioni dei lavoratori oggi ricattati dalla grande crisi provocata non solo dalla truffa finanziaria planetaria fatta dagli americani ma dai bassi salari che in tutto l'Occidente hanno degradato i consumi e la produzione. Preso atto degli otto miliardi per gli ammortizzatori sociali stanziati dal governo con l'accordo delle Regioni ci si limita a chiederne l'estensione ai precari. Una sorta di social card umiliante che si calcolerà in spiccioli. Manca la richiesta di una coraggiosa svolta che può avvenire soltanto con un aumento generalizzato dei salari e delle pensioni e l'abrogazione della legge Biagi.Ha pesato sullo sciopero la pesante ipoteca del PD alla quale la CGIL è sottoposta che vorrebbe la firma sulla riforma dei contratti e la ripresa dell'unità con CISL ed UIL che naturalmente avverrebbe alle condizioni collaborazionistiche con Confindustria e Governo di queste. Ha pesato la comunanza spirituale del gruppo dei giuslavoristi Treu,Letta, Ichino ncon i giuslavoristi del Pdl. La posizione di Ichino che appoggia Boeri per il contratto unico che liquida l'art.18, la posizione di Bersani che è stato allo sciopero ma non si è sbilanciato su niente di quanto chiede oggi la gente: più salario, più difesa del suo potere di acquisto oggi in balia ai venti del mercato e ai gravami delle privatizzazioni sui servizi, una riforma delle pensioni che ritorni ai criteri precedenti la riforma Dini o che comunque rimetta in discussione una "riforma" che di fatto riduce le prestazioni pensionistiche ad elemosine. E' davvero surreale che le proposte della CGIL siano una specie di collo di bottiglia dal quale non passano le spinte poderose che ieri la sua stessa gente ha dato. Epifani è ansioso di sedersi al tavolo della trattative per discutere di tutto, sapendo fin d'ora che
non chiederà altro che correggere, attenuare, ridurre il danno che questa destra ha prodotto e continua a produrre. Ma, a mio parere, questo senso di responsabilità non solo è mal riposto ma non regge. Non regge ad una condizione di generale immiserimento dei lavoratori, ad un uso criminale del precariato, a pensioni sempre più leggere, a servizi sempre più cari a causa degli stipendi dei managers. Non regge difronte ad una offensiva del Governo che attacca assieme alla Confindustria alla Cisl ed UIL. Il PD non difende i lavoratori rispetto i quali non ha più neppure una posizione di terzietà: è con la confindustria. I deputati PD ieri presenti hanno voluto in quale modo testimoniare un loro legame storico con il movimento operaio italiano ma si sono ben guardati dal dichiarsi "con" i lavoratori in lotta.In queste condizioni, lo sciopero del quattro aprile e quello dei pensionati del cinque marzo serviranno a fare sapere quanto è forte la CGIL e come deve essere tenuta dentro "il tavolo" delle trattative con il governo. Ma niente cambierà in meglio per i lavoratori ed i precari.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

venerdì 13 febbraio 2009

l'Europa impestata dagli Usa

usa hanno impestato l'europa con diciotto trilioni di dollari di titoli fasulli o tossici come si chiamano. E' una voragine infinita scavata per fare fallire il mondo da parte di delinquenti che hanno in mano l'impero e temevano di perdere la primazia notando la prosperità della Russia, la crescita vertiginosa della Cina, lo sviluppo dell'India e del Brasile. Ora hanno rotto le ossa a tutti. La crisi al loro interno la risolveranno ed intanto si sono rimessi al piano più alto delle potenze. E' stata una manovra ben organizzata. Se non temessi che qualcuno mi dia subito dell'antisemita direi che c'è il genio della finanza ebrea. Genio malvagio che ci sta trascinando all'inferno.
Pietro Ancona

http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=12342#comments

ritrovato dopo 26 anni un vecchio amico e compagno

Caro Valeriano,
mi hai fatto battere il cuore per l'emozione. Ti ricordo perfettamente animoso segretario degli edili erede di
brodolini che l'aveva fatto prima di te ed il tempo che abbiamo vissuto insieme a difendere dai comunisti la componente socialista della CGIL. Dai comunisti e dagli autonomisti del PSI che volevano il sindacato di colore che non hanno mai avuto. La CGIL si può salvare soltanto nella scissione,. Allora avevano torto ma oggi la pressione del PD, partito confindustriale sulla CGIL è diventata troppo pesante. Epifani (che credevo più intelligente) punta su Bersani non sapendo che è peggiore di Veltroni. Sono liberisti dell'ultima ora e come spesso capita in Italia in ritardo assolutamente anacronistico. Ora che il liberismo comincia a scricchiolare, anzi va in rovina, Fassino DAlema e altri lo adottano. Ricordo che sei diventato direttore generale di non ricordo quale
ente che aveva a che fare con il porto o con il mare non ricordo bene.Spero che tutti gli anni che sono da allora trascorsi siano stati benigni con te. Vedo che le categorie filosofiche dellla grande formazione socialista che abbiamo ricevuto ti sono rimaste tutte dal momento che neppure a farlo apposta potresti confonderti con l'arrogante suburra che investe tutti i partiti. Sono iscritto ancora al PSI dal quale uscii nell'87 per colpa di Ottaviano Del Turco e perchè detestavo il craxismo. Ho detto a Nencini che non condivido niente della sua linea e di quella della direzione. Sto nel PSI perchè è la mia famiglia allargata.
Ti auguro di conservarti sempre in buona salute ( sei più giovane di me, ma anche alla tua età è la cosa più importante.....
Pietro
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

lettera a Giusto Catania (che se la merita)

Caro Giusto,

seguo con viva partecipazione le tue lotte per difendere i migranti, i rom, i senza tetto, gli ultimi.
Tutte persone che i "politici" considerano a scarso rendimento elettorale.
Tu non hai mai pensato a questo! Sei una persona speciale e spero di poterti dare il voto mio e della mia famiglia e di farti la campagna elettorale attraverso i miei blog ed il mio sito. Come sai sono socialista e vedo in te i socialisti della mia generazione, i socialisti che si occupavano dei braccianti e dei poveri-.
Ti ho appena sentito in TV a Lampedusa.
a Lampedusa deve intervenire la Magistratura Italiana e se c'è quella europea. La cattiveria di Maroni produce tragedie.
Pietro Ancona
già segretario generale cgil sicilia
già membro del CNeL

la murdacchia

Caro Dott.Augias,

Subject: sadismo clericale




la mordacchia

--------------------------------------------------------------------------------

Un particolare orrendo che non conoscevo del supplizio di Giordano Bruno: fu portato al rogo con una mordacchia che il dizionario dice;
2 Arnese con cui si torturavano i condannati al supplizio o i bestemmiatori immobilizzando loro la lingua || fig. mettere la m. a qlcu., costringerlo a tacere, fare in modo che non parli

• sec. XVII

I sadici inquisitori gli applicarono l'arnese sulla lingua e lo tirarono per questa..

La madre chiesa!!!

giovedì 12 febbraio 2009

sugli scioperi cgil del 13 febbraio e del 4 aprile

Parteciperò allo sciopero di oggi ed a quello del quattro aprile per stare insieme ai lavoratori ai miei compagni di sempre.
Tuttavia protesto fortemente per l'assenza di richieste che non risponde al grande spirito di lotta e di protesta che viene dai lavoratori. Gli scioperi non chiedono praticamente niente tranne una socialcard per i precari. Gli ammortizzatori per i precari saranno più o meno una socialcard.
Non si chiedono aumenti salariali necessari per un uso più produttivo dei soldi che si vogliono regalare alle imprese. Non si chiedono miglioramenti dellelle pensioni ferme da molti anni. Non si chiede l'abrogazione della legge trenta.
Insomma, fatto lo sciopero di oggi e quello del quattro aprile non cambierà niente.
E' falso dire che il PD ha una posizione di terzietà tra capitale e lavoro. E' con la Confindustria. Ichino,Colannino e Galeari sono nel gruppo a dimostrarlo. Letta,Treu,Damiani sono il corrispettivo di Sacconi,Cazzola ed altri. La stessa scuola di pensiero. Il monetarismo applicato al giuslavorismo. Sempre meno diritti, meno soldi, meno welfare.Andate a leggervi la 133 scivolata nel silenzio generale.
Gli scioperi sono cannonate a salve. Il sindacato va riformato. Sta perdendo la sua parte più cosciente con una silenziosa scissione che è solo un dissanguamento. Bisogna che
ci sia una profonda, radicale svolta. La CGIL non farà questa svolta.

lo sciopero del 13 febbraio 2009

Guglielmo Epifani,
"il mio futuro è nella Cgil"«E' uno sciopero molto importante in difesa dei diritti dei lavoratori, dei precari e degli anziani. Ma anche a sostegno della Costituzione e delle regole democratiche che il governo tenta di stracciare». Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha rilasciato un'impegnativa intervista al manifesto che sarà pubblicata sul giornale di domani. Sostenendo lo sciopero generale e la manifestazione nazionale a Roma della Fiom e della Funzione pubblica di venerdì, Epifani denuncia le politiche del governo e avverte: attenzione, c'è un'emergenza sociale provocata dalla crisi industriale. Non si risponde alle sacrosante proteste dei lavoratori con la polizia: «il malessere sociale può esplodere».
Infine, il segretario della Cgil mette fine alle indiscrezione sulla sua possibile uscita dal sindacato per candidarsi con il Pd alle europee: «Non ci sono le condizioni. Sotto l'incalzare della crisi, in conseguenza dell'accordo separato sui contratti, resto al mio posto per proseguire la mobilitazione contro la politica di Berlusconi. Sono al servizio dei lavoratori, dei precari e degli anziani. Cioè della parte migliore del paese». Due giorni fa, i segretari della Fiom Gianni Rinaldini e della Fp Carlo Podda avevano scritto sul manifesto che la giornata di lotta di venerdì è un appuntamento per chiunque abbia a cuore i diritti e la democrazia. Ci sarete anche voi?

Mio amaro commento
====================

Questi scioperi sono destinati ad aumentare il malessere dei lavoratori perchè sono cannonate a salve. Non c'è una sola richiesta che abbia la consistenza di modificare in senso favorevole ai lavoratori la tristissima realtà che vivono spesso in una miseria a mala pena mascherata. Non c'è una rivendicazione di miglioramento dei salari e delle pensioni indispensabili per alleviare lo stato dei lavoratori e rilanciare i consumi.,si danno soldi alla fiat ed agli altri industriali che finiranno nei loro portafogli.
Per il precariato non si dice una sola parola nonostante cinque milioni di ragazzi hanno già fatto i primi capelli bianchi a pochi spiccioli al mese.
Tutto quello che Epifani chiede è una socialcard per loro.
Salari, pensioni, precariato restano come sono in aggiunta sono partite le privatizzazioni dei servizi locali che hanno reso le bollette pesantissime per il peso degli speculatori che si sono insediati nei consigli di amministrazioni pagati a fior di milioni di euro.
Lo sciopero del 13 è come quello del 20 ottobre. Una esercitazione. Mostrare quanto seguito ha la CGIL tra i lavoratori. Ma è del tutto privo di forza, di proposta, di progetto.
Pietro Ancona
già membro dell'Esecutivo CGIL

Giordano Bruno di Francesco De Sanctis

Francesco De Sanctis
Storia della Letteratura Italiana


Opera di riferimento

Francesco De Sanctis, Storia della Letteratura Italiana, a cura di Giorgio Luti e Giuliano Innamorati, Sansoni, Firenze 1960

XIX
LA NUOVA SCIENZA
parte prima
[Giordano Bruno]
La letteratura non poteva risorgere che con la risurrezione della coscienza nazionale. Come negazione, ebbe vita splendida, che si chiuse col Folengo e l'Aretino. Arrestato quel movimento negativo dal Concilio di Trento, nacque un'affermazione ipocrita e rettorica, sotto alla quale senti una delle forme più deleterie della negazione, l'indifferenza In quella stagnazione della vita pubblica e privata, non rimane alla letteratura altro di vivo che un molle lirismo idillico, il quale si scioglie nel melodramma, e dà luogo alla musica.

Ma quel movimento non era puramente negativo. Vi sorgeva dirimpetto l'affermazione del Machiavelli, una prima ricostruzione della coscienza, un mondo nuovo in opposizione dell'ascetismo, trovato e illustrato dalla scienza. È in questo mondo nuovo che la letteratura dovea cercare il suo contenuto, il suo motivo, la sua novità Accettarlo o combatterlo era lo stesso. Ma bisognava ad ogni costo avere una fede, lottare, poetare, vivere, morire per quella.

I princìpi furono favorevoli. Insieme con la nuova letteratura si era sviluppata un'agitazione filosofica nelle università e nelle accademie, indipendente dalla teologia cattolica o riformista, o piuttosto in opposizione mascherata alla teologia e all'aristotelismo dominante ancora nelle scuole I liberi pensatori eran detti «filosofi moderni» o i «nuovi filosofi», come predicatori di nuove dottrine, e vedemmo come il Tasso nella sua giovinezza soggiacque alla loro autorità Tra questi nuovi filosofi, che proclamavano l'autonomia della ragione, e la sua indipendenza da ogni autorità di teologo e di filosofo, disputando soprattutto contro Aristotile, era Bernardino Telesio, dell'Accademia Cosentina, nel quale è già spiccata la tendenza all'investigazione de' fatti naturali e al libero filosofare lasciate da parte le astrazioni e le forme scolastiche. Tra questi «uomini nuovi», come li chiama Bacone, ebbe qualche fama il Patrizi, e Mario Nizzoli da Modena, che combattè ugualmente Aristotile e Platone, fuggì il gergo scolastico, e fu detto dal Leibnitz «exemplum dictionis philosophiae reformatae» Gli uomini nuovi chiamavano pedanti gli avversari, e come portavano i tempi, alternavano le villanie con gli argomenti Il carattere di questo nuovo filosofare era l'indipendenza della filosofia dirimpetto la fede e l'autorità, il metodo sperimentale, e la riabilitazione della materia o della natura, risecato dalla investigazione tutto ciò che è soprannaturale e materia di fede Filosofia e letteratura andavano di pari passo; il Machiavelli e l'Ariosto s'incontravano sullo stesso terreno, ciascuno co' suoi mezzi. L'ironia dell'Ariosto ha il suo comento nella logica del Machiavelli. Come negazione, la nuova filosofia era troppo radicale, perchè non solo negava il papato, ma il cattolicismo, e non solo il cattolicismo, ma il cristianesimo, e non solo il cristianesimo, ma l'altro mondo, e non solo l'altro mondo, ma Dio stesso. Non è che queste cose apertamente si negassero, anzi il linguaggio era pieno di cautele e di ossequi, maestro il Machiavelli; ma co' più umili inchini le mettevano da parte, come materia di fede, e vi sostituivano la «natura», il «mondo», la «forza delle cose», la «patria», la «gloria», altri elementi ed altri fini. Era in fondo l'umanismo e il naturalismo, appoggiato alla ragione e all'esperienza, che prendeva il suo posto nel mondo. Questo grande movimento dello spirito che segna l'aurora de' tempi moderni, e che si può ben chiamare il Rinnovamento, avea nell'intelletto italiano la sua posizione più avanzata. Tutte le idee religiose, morali e politiche del medio evo erano parte affievolite, parte affatto cancellate nella coscienza degli uomini colti, anche de' preti, anche de' papi: l'indifferenza pubblica aveva la sua espressione nell'ironia, nel cinismo, nell'umorismo letterario. Ora questa negazione e indifferenza universale non potea produrre un organismo politico e sociale, anzi era indizio più di dissoluzione, che di nuova formazione. La negazione non era effetto di una energica affermazione, come fu per la Riforma, reazione contro il paganesimo e il materialismo della Corte romana prodotta da un vivace sentimento spiritualista, religioso e morale, secondato da passioni e interessi politici. La Riforma riuscì, perchè fu limitata nella sua negazione e nelle sue conclusioni, perchè avea a sua base lo spirito religioso e morale delle classi colte, e perchè, combattendo il papa e sostenendo i principi nella loro lotta contro l'imperatore, seppe metter dalla sua gl'interessi e le ambizioni. Presso noi, la negazione era un fatto puramente intellettuale, e quanto più assolute le conclusioni dell'intelletto, tanto più era debole la volontà e la forza di effettuarle. L'ideale stava a troppa distanza dal reale La stessa utopia ne' suoi voli d'immaginazione rimaneva inferiore a quella posizione così avanzata dell'intelletto Rimasero dunque conclusioni accademiche, temi rettorici, investigazioni solitarie nell'indifferenza pubblica Le stesse audacie del Machiavelli passarono inosservate. La libertà del pensiero non era scritta in nessuna legge, ma ci era nel fatto, e si filosofava e si disputava sopra qualsivoglia materia senz'altro pericolo che degli emuli e invidiosi, che talora concitavano contro gli uomini nuovi le ire papali. Se il movimento avesse potuto svilupparsi liberamente, non è dubbio che avrebbe trovato il suo limite nelle applicazioni politiche e sociali, fermandosi in quelle idee medie, che meno sono lontane dalla realtà, e che si trovano già delineate nel Machiavelli, il più pratico e positivo di quegli uomini nuovi. Avremmo forse avuto la «patria» del Machiavelli, una chiesa nazionale, una religione purgata di quella parte grottesca e assurda, che la rende spregevole agli uomini colti, e una educazione civile dell'animo e del corpo. Ma appunto allora l'Italia perdette la sua indipendenza politica e la sua libertà intellettuale; anzi la vittoria della Riforma in molte parti di Europa rese timidi e sospettosi i governanti, e cominciò feroce persecuzione contro gli uomini nuovi, eretici e filosofi, e più gli eretici, come più pericolosi. Avemmo il Concilio di Trento e l'Inquisizione, e, cosa anco peggiore, l'educazione gesuitica, eunuca e ipocrita. I più arditi esularono; e venne su la nuova generazione, con apparenze più corrette, e con una dottrina ufficiale che non era lecito mettere in discussione. Salvar le apparenze era il motto, e bastava. E ne uscì una società scredente, sensuale, indifferente, rettorica nelle forme, insipida nel fondo, con letteratura conforme Religione, patria, virtù, educazione, generosità, sono temi poetici e oratorii frequentissimi, con esagerazioni spinte all'ultimo eroismo, perchè in nessuna relazione con la serietà e la pratica della vita.

Ma nè l'Inquisizione co' suoi terrori, nè poi i gesuiti co' loro vezzi poterono arrestare del tutto quel movimento intellettuale, che avea la sua base nel naturale sviluppo della vita italiana. Poterono bene ritardarlo tanto e impedirlo nel suo cammino, che ci volle più di un secolo, perchè acquistasse importanza sociale.

La reazione aveva anche i suoi uomini dotti. Ma la differenza era in questo, che ne' suoi uomini era stagnata ogni attività intellettuale ed ogni vigore speculativo, volto il lavoro della mente agli accidenti e alle forme, più che alla sostanza, com'era pure de' letterati; dove negli altri hai un serio progresso intellettuale, vivificato dalla fede, e stimolato dalla passione. La reazione avea vinto pienamente, avea seco tutte le forze sociali, e l'opposizione cacciata via dalle accademie e dalle scuole, frenata dall'Inquisizione e dalla censura, toltale ogni libertà e forza di espansione, era una infima minoranza appena avvertita nel gran movimento sociale. Perciò alla reazione mancò la lotta, dove si affina l'intelletto e si accendono le passioni, e per difetto di alimento rimase stazionaria e arcadica. L'attività intellettuale e l'ardore della fede rimase privilegio dell'opposizione, sì che dove trovi movimento intellettuale, ivi trovi opposizione più o meno pronunziata, e spesso involontaria e quasi senza saputa dello scrittore. La storia di questa opposizione non è stata ancora fatta in modo degno Pure, là sono i nostri padri, là batteva il core d'Italia, là stavano i germi della vita nuova. Perchè infine la vita italiana mancava per il vuoto della coscienza, e la storia di questa opposizione italiana non è altro se non la storia della lenta ricostituzione della coscienza nazionale. Cosa ci era nella coscienza? Nulla. Non Dio, non patria, non famiglia, non umanità, non civiltà. E non ci era più neppure la negazione, che anch'essa è vita, anzi ci era una pomposa simulazione de' più nobili sentimenti con la più profonda indifferenza. Se in questa Italia arcadica vogliamo trovare uomini, che abbiano una coscienza, e perciò una vita, cioè a dire che abbiano fede, convinzioni, amore degli uomini e del bene, zelo della verità e del sapere, dobbiamo mirare là, in questi uomini nuovi di Bacone, in questi primi santi del mondo moderno, che portavano nel loro seno una nuova Italia e una nuova letteratura.

E inchiniamoci prima innanzi a Giordano Bruno. Cominciò poeta, fu grande ammiratore del Tansillo. Aveva molta immaginazione e molto spirito, due qualità che bastavano allora alla fabbrica di tanti poeti e letterati; nè altre ne avea il Tansillo, e più tardi il Marino e gli altri lirici del Seicento. Ma Bruno avea facoltà più poderose, che trovarono alimento ne' suoi studi filosofici Avea la visione intellettiva, o, come dicono, l'intuito, facoltà che può esser negata solo da quelli che ne son senza, e avea sviluppatissima la facoltà sintetica, cioè quel guardar le cose dalle somme altezze e cercare l'uno nel differente Non era di ugual forza nell'analisi, dove non mostra pazienza e sagacia d'investigazione, ma quell'acutezza sofistica d'ingegno, che fa di lui l'ultimo degli scolastici nelle argomentazioni, e il precursore de' marinisti ne' colori. Supplisce all'analisi con l'immaginazione, fantasticando, dove non giunge la sua visione, saltando le idee medie, e sforzandosi divinare quello che per lo stato allora della cognizione non può attingere. Spesso le sue idee sono immagini, e le sue speculazioni sono fantasie e allegorie. Ci era nel suo petto un dio agitatore, che sentono tutt'i grand'ingegni; ed era un dio filosofico, attraversato e avviluppato di forme poetiche, che gli guastano la visione e lo dispongono più a costruire lui il mondo, che a speculare sulla costruzione di quello. Con queste forze e con queste disposizioni si può immaginare qual viva impressione dovettero fare sul suo spirito gli studi filosofici. La sua cultura è ampia e seria: si mostra dimestico non solo de' filosofi greci, ma de' contemporanei. Ha una speciale ammirazione verso il «divino» Cusano e molta riverenza pel Telesio. Il suo favorito è Pitagora, di cui afferma invidioso Platone. Alla sua natura contemplativa e poetica dovea riuscire sommamente antipatico Aristotile, e ne parla con odio, quasi nemico. Cosa dovea parere a quel giovine tutto quell'edifizio teologico-scolastico-aristotelico sconquassato dagli uomini nuovi, ma saldo ancora nelle scuole, sul quale s'innestava una società corrotta e ipocrita? Il primo movimento del suo spirito fu negativo e polemico, fu la negazione delle opinioni ricevute, accompagnata con un amaro disprezzo delle istituzioni e de' costumi sociali. Era il tempo delle persecuzioni I migliori ingegni emigravano, regnava l'Inquisizione. E Bruno era frate, e frate domenicano. Come uscì dal convento, e perchè esulò, s'ignora Ma a quel tempo bastava poco ad essere battezzato eretico: ricordiamo i terrori del povero Tasso. Fuggì Bruno in Ginevra, dove trovò un papa anche più intollerante. Fuggì a Tolosa, a Lione, a Parigi, dove ebbe qualche tregua, e pubblicò il suo primo lavoro. Era il 1582. Aveva una trentina di anni.

Cosa è questo primo lavoro? Una commedia, il Candelaio Bruno vi sfoga le sue qualità poetiche e letterarie. La scena è in Napoli, la materia è il mondo plebeo e volgare, il concetto è l'eterna lotta degli sciocchi e de' furbi, lo spirito è il più profondo disprezzo e fastidio della società, la forma è cinica. È il fondo della commedia italiana dal Boccaccio all'Aretino, salvo che gli altri vi si spassano, massime l'Aretino, ed egli se ne stacca e rimane al di sopra. Chiamasi «accademico di nulla accademia, detto il Fastidito» Nel tempo classico delle accademie il suo titolo di gloria è di non essere accademico. Quel «fastidito» ti dà la chiave del suo spirito. La società non gl'ispira più collera; ne ha fastidio, si sente fuori e sopra di essa. Si dipinge così:

L'autore, sì lo conosceste, have una fisonomia smarrita: par che sempre sii in contemplazione delle pene dell'inferno; un che ride sol per far comme fan gli altri. Per il più lo vedrete fastidito, restio e bizzarro.

[Candelaio, Antiprologo]

Il mondo gli parve un gioco vano di apparenze, senza conclusione. E il risultato della sua commedia è «in tutto non esser cosa di sicuro; ma assai di negozio, difetto abbastanza, poco di bello e nulla di buono». Nessuno interesse può destare la scena del mondo a un uomo, che nella dedica conchiude così:

Il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si muta, nulla si annichila, è un solo, che non può mutarsi, un solo è eterno e può perseverare eternamente uno, simile e medesimo. Con questa filosofia l'animo mi s'ingrandisce, e me si magnifica l'intelletto.

[Candelaio, Dedica A la signora Morgana B]

Ma non gli s'ingrandisce il senso poetico, il quale è appunto nel contrario, nel dar valore alle più piccole rappresentazioni della natura, e prenderci interesse. Un uomo simile era destinato a speculare sull'uno e sul medesimo, non certo a fare un'opera d'arte Non si mescola nel suo mondo, ma ne sta da fuori e lo vede nelle sue generalità. Ecco in qual modo dipinge l'innamorato:

Vedrete in un amante sospiri, lacrime, sbadacchiamenti, tremori, sogni, rizzamenti e un cuor rostito nel fuoco d'amore; pensamenti, astrazioni, collere, malinconie, invidie, querele, e men sperar quel che più si desia.

[Candelaio Proprologo]

E continua di questo passo, ammassando tutt'i luoghi topici della rettorica e tutte le frasi della moda: «cuor mio», «mio bene», «mia vita», «mia dolce piaga» e «morte», «dio», «nume», «poggio», «riposo», «speranza», «fontana», «spirito», «tramontana stella», ed «un bel sol che all'alma mai tramonta», «crudo core», «salda colonna», «dura pietra», «petto di diamante», «cruda man che ha le chiavi del mio core», «mia nemica», «mia dolce guerriera», «bersaglio sol di tutt'i miei pensieri», e «bei son gli amor miei, non quei d'altrui». È il vecchio frasario de' petrarchisti, venutogli a noia e ammassato qui alla rinfusa. Ci è il critico, non ci è il poeta comico che ci viva dentro e ci si trastulli. Fino il titolo, il Candelaio, lo mena a questa considerazione filosofica: che è la candela destinata a illuminare le «ombre delle idee». Perciò costruisce il suo mondo comico a quel modo che costruisce il suo universo, guardando nelle apparenze l'essenza e la generalità:

Eccovi avanti agli occhi oziosi princìpi, debili orditure, vani pensieri, frivole speranze, scoppiamenti di petto, scoverture di corde, falsi presuppositi, alienazioni di mente, poetici furori, offuscamento di sensi, turbazion di fantasia, smarrito peregrinaggio d'intelletto, fede sfrenata, cure insensate, studi incerti, somenze intempestive, e gloriosi frutti di pazzia.

[Candelaio Proprologo]

Con queste disposizioni non individua, come fa l'artista, ma generalizza, mette insieme le cose più disparate, perchè nelle massime differenze trova sempre il simile e l'uno, e profonde antitesi, similitudini, sinonimi, con una copia, un brio, una novità di relazioni che testimoniano straordinaria acutezza di mente Chi legge Bruno si trova già in pieno Seicento, e indovina Marino e Achillini. Ecco un periodo alla sua donna:

Voi, coltivatrice del campo dell'animo mio, che dopo di avere attrite le glebe della sua durezza, e assotigliatogli il stile, acciocchè la polverosa nebbia sollevata dal vento della leggerezza non offendesse gli occhi di questo e quello, con acqua divina, che dal fonte del vostro spirito deriva, m'abbeveraste l'intelletto.

[Candelaio, dedica A la signora Morgana B]

Sembra un periodo rubato a Pietro Aretino, che ne facea mercato. Il difetto penetra anche nella rappresentazione, essendo i caratteri concepiti astrattamente, perciò tesi e crudi, senza ombre e chiaroscuri, con una cinica nudità, resa anche più spiccata da una lingua grossolana, un italiano abborracciato e mescolato di elementi napolitani e latini.

In questo mondo comico i tre protagonisti, che sono i tre sciocchi beffardi e castigati, abbracciano la vita nelle sue tre forme più spiccate, la letteratura, la scienza e l'amore nella loro comica degenerazione. La letteratura è pedanteria, la scienza è impostura, l'amore è bestialità Il personaggio meglio riuscito è il pedante, che finisce sculacciato e rubato. E il pedante sotto vari nomi diviene parte sostanziale anche del suo mondo filosofico, diviene il suo elemento negativo e polemico. Dirimpetto alla sua speculazione ci è sempre il pedante aristotelico, che rappresenta il senso comune o le opinioni volgari, ed è messo alla berlina. La speculazione si sviluppa in forma di dialogo, dove il pedante rappresenta la parte del buffone resa più piccante dalla solennità magistrale. A questo elemento comico aggiungi un altro elemento letterario, l'allegorico e il fantastico, che lo dispone a inviluppare i suoi concetti sotto immagini e finzioni, com'è nel suo Asino cillenico e nello Spaccio della bestia trionfante Qui arieggia Luciano, come in altri dialoghi più severamente speculativi arieggia Platone. Il suo dialogo Degli eroici furori ricorda la Vita nuova di Dante, una filza di sonetti, ciascuno col suo comento, il quale nella sua generalità è una dottrina allegorica intorno all'entusiasmo e alla ispirazione.Il contenuto nel Bruno è in molta parte nuovo, ma le sue forme letterarie non nascono dal contenuto, sono appiccate a quello, e sono forme invecchiate e corrotte dal lungo uso, perciò senza grazia e semplicità, e senza calore intimo. Se non disgustano e non annoiano, si dee al suo acuto spirito e alla sua attività intellettuale, che non ti fa mai stagnare, e ti sorprende di continuo con sali, frizzi, antitesi, bizzarrie, concetti e finezze, che è il cattivo gusto degli uomini d'ingegno.

Ma quest'uomo così inviluppato in forme tradizionali e già guaste, che accennavano già ad una prossima dissoluzione della letteratura italiana, era nella sua speculazione perfettamente libero, e costruiva un nuovo contenuto, da cui dovea uscire più tardi una nuova critica e una nuova letteratura. La sua filosofia è la condanna più esplicita delle sue forme e de' suoi pregiudizi letterari.

Non vo' già analizzare il suo sistema filosofico: chè non fo storia di filosofia. Ma debbo notare le idee e le tendenze che ebbero una decisa influenza sul progresso umano.

Ne' suoi primi scritti, tutti in latino, si vede il giovane, a cui si apre tutto il mondo della cognizione, e cerca riassumerlo, costruire l'albero enciclopedico Raimondo Lullo avea già tentata questa sintesi, come aiuto della memoria Bruno rifà il suo lavoro, stabilisce categorie e distinzioni, note mnemoniche, o idee generali, intorno a cui si aggruppino i particolari, come «cielo», «albero», «selva». Queste note le chiama «suggelli», a cui è aggiunto «sigillus sigillorum», cioè le idee prime, da cui discendono le altre Il suo entusiasmo per quest'«architettura lulliana», titolo di un suo scritto, è tale, che la chiama «arte delle arti», perchè vi si trova «quidquid per logicam, metaphysicam, cabalam, naturalem magiam, artes magnas atque breves theoretice inquiritur». Bruno non avea attinto che il meccanismo della scienza, perchè queste categorie o distribuzioni per capi e per materia sono distinzioni formali e arbitrarie, e rassomigliano un dizionario fatto per categorie a soccorso della memoria. Il volgo ci dà molta importanza e crede, imparando quelle categorie, di avere imparato a così buon mercato tutte le scienze. Dicesi che molti gli stessero attorno per aver da lui il secreto di diventar dottori in qualche mese, e che beffati gliene volessero: anzi a queste inimicizie plebee si attribuisce la sua fuga da Parigi e la sua andata a Londra Ivi continuò i suoi studi lulliani e pubblicò Explicatio triginta sigillorum, con una introduzione intitolata: Recens et completa ars reminiscendi. In questi studi meccanici e formali si rivela già un principio organico, che annunzia il gran pensatore. L'arte del ricordarsi si trasforma innanzi alla sua mente speculativa in una vera arte del pensare, in una logica che è ad un tempo una ontologia. Ci è un libro pubblicato a Parigi nel 1582, col titolo: De umbris idearum, e lo raccomando a' filosofi, perchè ivi è il primo germe di quel mondo nuovo, che fermentava nel suo cervello Ivi tra quelle bizzarrie mnemoniche è sviluppato questo concetto capitalissimo, che le serie del mondo intellettuale corrispondono alle serie del mondo naturale, perchè uno è il principio dello spirito e della natura, uno è il pensiero e l'essere. Perciò pensare è figurare al di dentro quello che la natura rappresenta al di fuori, copiare in sè la scrittura della natura. Pensare è vedere, ed il suo organo è l'occhio interiore, negato agl'inetti. Ond'è che la logica non è un argomentare, ma un contemplare, una intuizione intellettuale non delle idee, che sono in Dio, sostanza fuori della cognizione, ma delle ombre o riflessi delle idee ne' sensi e nella ragione Bruno parla con disprezzo dantesco del volgo, a cui è negato il lume interno, la visione del vero e del buono riflesso nella ragione e nella natura; e premette al suo libro questa protesta:

Umbra profunda sumus, ne nos vexetis, inepti;

non vos, sed doctos tam grave quaerit opus.

[De umbris idearum, Protestatio]

Che vuol dire in buono italiano: - Chi non ci vede, suo danno, e non ci stia a seccare -.

Questo concetto rinnovava la scienza nella sua sostanza e nel suo metodo. Il dualismo teologico-filosofico del medio evo, da cui scaturiva il dualismo politico, papa e imperatore, dava luogo all'unità assoluta. E il formalismo meccanico aristotelico-scolastico cedeva il campo a un metodo organico, cioè a dire derivato dall'essenza stessa della scienza Il nuovo concetto era la chiave della speculazione di Bruno.

A Londra Bruno sostenne una disputa sul sistema di Copernico, lungamente da lui narrata e con colori molto comici nella Cena delle ceneri, cioè del primo dì di quaresima. Poi sviluppò più ampiamente le sue idee nel dialogo della Causa, principio e uno, e nell'altro dell'Infinito, universo e mondi, pubblicati a Londra nel 1584. Quei tre libri sono la sua metafisica.

Ciò che ti colpisce dapprima in questa speculazione è la riabilitazione, anzi l'indiamento della materia scomunicata, chiamata «peccato» Bruno ha chiara coscienza di ciò che fa. Perchè mette in bocca al pedante aristotelico le opinioni volgari che correvano intorno alla materia. Il pedante è Polinnio, ed è descritto così:

Questo è un di quelli che, quando ti arràn fatta una bella costruzione, prodotta una elegante epistolina, scroccata una bella frase da la popina ciceroniana, qua è risuscitato Demostene, qua vegeta Tullio, qua vive Salustio; qua è un Argo che vede ogni lettera, ogni sillaba, ogni dizione Chiamano all'essamina le orazioni, fanno discussione de le frasi, con dire: - Queste sanno di poeta, queste di comico, queste di oratore! Questo è grave, questo è lieve, quello è sublime, quell'altro è «humile dicendi genus» Questa orazione è aspera, sarebbe lene, se fusse formata cossì. Questo è un infante scrittore, poco studioso dell'antiquità, non redolet arpinatem, desepit Latium. Questa voce non è tosca, non è usurpata da Boccaccio, Petrarca e altri probati autori - Con questo trionfa, si contenta di sè, gli piaceno più ch'ogn'altra cosa i fatti suoi: è un Giove che da l'alta specula rimira e considera la vita degli altri uomini suggetta a tanti errori, calamitadi, miserie e fatiche inutili. Solo lui è felice, lui solo vive vita celeste, quando contempla la sua divinità nello specchio di uno spicilegio, un dizionario, un Calepino, un lessico, un Cornucopia, un Nizzolio. Se avvien che rida, si chiama Democrito; se avvien che si dolga, si chiama Eraclito; se disputa, si chiama Crisippo; se discorre, si nome Aristotile; se fa chimere, si appella Platone; se mugge un sermoncello, se intitula Demostene; se construisce Virgilio, lui è il Marone. Qua corregge Achille, approva Enea, riprende Ettore, esclama contro Pirro, si condole di Priamo, arguisce Turno, scusa Didone, comenda Acate, e infine mentre «verbum verbo reddit» e infilza salvatiche sinonimie «nihil divinum a se alienum putat», e così borioso smontando de la sua catedra, come colui c'ha disposti i cieli, regolati i senati, domati gli eserciti, riformati i mondi, è certo che se non fosse l'ingiuria del tempo, farebbe con gli effetti quello che fa con l'opinione. O tempora o mores! Quanti son rari quei che intendeno la natura dei participi, degli adverbi, delle coniunczioni !

[De la causa, principio e uno, dialogo]

Polinnio sarebbe immortale, se fosse in azione così vivo e vero, come è dipinto qui, ma l'artista è inferiore al critico, nè il Polinnio che parla è uguale al Polinnio descritto con così felice umore sarcastico Polinnio sa a mente tutto quello che è stato scritto intorno alla materia, e tutto solo, «ita, inquam, solus ut minime omnium solus», come fosse in cattedra, ti sciorina sulla materia una lezione, anzi, come dice lui, una «nervosa orazione:»

«La materia di peripatetici dal principe, non minus che dal Platon divino e altri, or «caos», or «hyle» or «silva», or «massa», or «potenzia», or «aptitudine», or «privationi admixtum», or «peccati causa», or «ad maleficium ordinata», or «per se non ens», or «per se non scibile», or «per analogiam ad formam cognoscibile», or «tabula rasa», or «indepictum», or «subiectum», or «substratum», or «substerniculum», or «campus», or «infinitum», or «indeterminatum», or «prope nihil», or« neque quid, neoue quale, neque quantum», tandem «femina» vien detta, tandem, inquam, ut una complectantur omnia vocula, «foemina» ».

[De la causa, principio e uno, dialogo IV]

Ebbene, questa materia, che Polinnio per disprezzo chiama «femmina», la «causa del peccato», la «tavola rasa», il «prope nihil», il «neque quid, neque quale, neque quantum», è proclamata da Bruno immortale e infinita Passano le forme: la materia resta immutabile nella sua sostanza:

La natura, variandosi in infinito, e succedendo l'una a l'altra le forme, è sempre una materia medesma. Quello che era seme, si fa erba, e da quello che era erba, si fa spica, da che era spica, si fa pane, da pane chilo, da chilo sangue, da questo seme, da questo embrione, da questo uomo, da questo cadavero, da questo terra, da questo pietra. Bisogna dunque che sia una medesima cosa, che da sè non è pietra, non terra, non cadavere, non uomo, non embrione, non sangue; ma che dopo che era sangue, si fa embrione, ricevendo l'essere embrione; dopo ch'era embrione, riceve l'essere uomo, facendosi uomo.

[De la causa, principio e uno, dialogo III]

E poichè tutte le forme passano, ed ella resta, Democrito e gli epicurei «quel che non è corpo dicono esser nulla: per conseguenza vogliono la materia sola essere la sustanza delle cose, e anche quella essere la natura divina», le forme non essendo «altro che certe accidentali disposizioni della materia», come sostengono i cirenaici, cinici e stoici Bruno avea dapprima la stessa opinione, diffusa già in molti contemporanei, soprattutto nei medici, parendogli che quella dottrina avesse «fondamenti più corrispondenti alla natura che quei di Aristotile» Cominciò dunque prettamente materialista; ma considerata la cosa «più maturamente» non potè confondere la potenza passiva di tutto e la potenza attiva di tutto, chi fa e chi è fatto, la forma e la materia: onde venne nella conclusione esserci nella natura due sustanze, l'una ch'è forma, l'altra che è materia, la «potestà di fare» e la «potestà di esser fatto». Perciò nella scala degli esseri «c'è un intelletto, che dà l'essere a ogni cosa, chiamato da' pitagorici'datore delle forme'; una anima e principio formale, che si fa ed informa ogni cosa, chiamata da' medesimi 'fonte delle forme'; una materia, della quale vien fatta e formata ogni cosa, chiamata da tutti 'ricetto delle forme'.

Quanto all'Intelletto, «primo e ottimo principio», «non possiamo conoscer nulla, se non per modo di vestigio, essendo la divina sostanza infinita e lontanissima da quegli effetti che sono l'ultimo termine del corso della nostra discorsiva facultade». Dio dunque è materia di fede e di rivelazione, e secondo la teologia e «ancora tutte riformate filosofie» è cosa «da profano e turbolento spirito il voler precipitarsi a definire circa quelle cose che son sopra la sfera della nostra intelligenza». Dio «è tutto quello che può essere»; in lui potenza e atto «son la medesima cosa», possibilità assoluta, atto assoluto «Lo uomo è quel che può essere; ma non è tutto quel che può essere. Quello, che è tutto quel che può essere, è uno il quale nell'esser suo comprende ogni essere. Lui è tutto quel che è e può essere» In lui ogni potenza e atto è «complicato, unito e uno: nelle altre cose è esplicato, disperso e moltiplicato» Lui è «potenza di tutte le potenze, atto di tutti gli atti, vita di tutte le vite, anima di tutte le anime, essere di tutto l'essere». Perciò il Rivelatore lo chiama «Colui che è», il «Primo» e il «Novissimo», poichè «non è cosa antica e non è cosa nuova», e dice di lui: «Sicut tenebrae eius, ita et lumen eius». «Atto absolutissimo» e «absolutissima potenza, non può esser compreso dall'intelletto se non per modo di negazione; non può esser capito, nè in quanto può esser tutto», nè in quanto è tutto. Ond'è che il sommo principio è escluso dalla filosofia, e Bruno costruisce il mondo, lasciando da parte la più alta contemplazione, che ascende sopra la natura, la quale «a chi non crede è impossibile e nulla». Quelli che non hanno il lume soprannaturale, stimano ogni cosa esser corpo, o semplice, come lo etere, o composto, come gli astri, e non cercano la divinità fuor de l'infinito mondo e le infinite cose, ma dentro questo e in quelle». Questa è la sola differenza tra il «fedele teologo» e il «vero filosofo». E Bruno conchiude: - Credo che abbiate compreso quel che voglio dire - Il medio evo avea per base il soprannaturale e l'estramondano: Bruno lo ammette come «fedele teologo», ma come «vero filosofo» cerca la divinità non fuori del mondo, ma nel mondo. È in fondo la più radicale negazione dell'ascetismo e del medio evo.

Lasciando da parte la contemplazione del primo principio, rimangono due sostanze: la forma che fa e la materia di cui si fa, i due princìpi costitutivi delle cose.

La forma nella sua assolutezza è l'«anima del mondo», la cui «intima, più reale e propria facoltà e parte potenziale» è l'«intelletto universale». Come il nostro intelletto produce le specie razionali, così l'intelletto o l'anima del mondo produce le specie naturali, «empie il tutto, illumina l'universo», come disse il poeta: «totamque infusa per artus / mens agitat molem, et toto se corpore miscet». Questo intelletto, detto da' platonici «fabro del mondo», e da Bruno «artefice interno», «infondendo e porgendo qualche cosa del suo alla materia, produce il tutto». Esso è la forma universale e sostanziale insita nella materia, perchè non opera circa la materia e fuor di quella, ma figura la materia da dentro, «come da dentro del seme o radice» forma «il stipe, da dentro il stipe caccia i rami, da dentro i rami le formate brance, da dentro queste ispiega le gemme, da dentro forma, figura e intesse come di nervi le fronde, li fiori e li frutti». La natura opra dal centro, per dir così, del suo soggetto o materia. Sicchè la forma, se come causa efficiente è estrinseca, perchè «non è parte delle cose prodotte»; «quanto all'atto della sua operazione», è intrinseca alla materia, perchè opera nel seno di quella. È causa, cioè, fuori delle cose; ed è insieme principio, cioè insito nelle cose. Non ci è creazione, ci è generazione, o, come dice Bruno, «esplicazione».

La forma è in tutte le cose, e perciò tutte le cose hanno anima. Vivere è avere una forma, avere anima. Tutte le cose sono viventi. «Se la vita si trova in tutte le cose, l'anima» è «forma di tutte le cose»: presiede alla materia, «signoreggia nelli composti, effettua la composizione e consistenza delle parti» Perciò essa è immortale e una non meno che la materia. Ma «secondo la diversità delle disposizioni della materia e secondo la facultà de' princìpi materiali attivi e passivi, viene a produr diverse figurazioni». Sono queste forme esteriori, che solo si cangiano e annullano, «perchè non sono cose, ma de le cose, non sono sustanze, ma de le sustanze sono accidenti e circostanze. Perciò dice il poeta: «Omnia mutantur, nihil interit» E Salomone dice: «Quid est quod est? Ipsum, quod fuit Quid est quod fuit? Ipsum, quod futurum est Nihil sub sole novum». Vani dunque sono i terrori della morte, e più vani i terrori dell'«avaro Caronte, onde il più dolce della nostra vita ne si rape ed avvelena».

Machiavelli avea già parlato di uno «spirito del mondo» immortale ed immutabile, fattore della storia secondo le sue leggi costitutive. Quello spirito della storia nella speculazione di Bruno è il «fabro del mondo», il suo «artefice interno».

Dirimpetto alla forma assoluta è la materia assoluta, cioè secondo sè, distinta dalla forma. Come la forma esclude da sè ogni concetto di materia, così la materia esclude da sè ogni concetto di forma. La materia è «informe», potenza passiva «pura, nuda, senz'atto, senza virtù e perfezione», «prope nihil»: è l'indifferente, lo stesso e il medesimo, il tutto e il nulla. Appunto perchè è tutte le cose, non è alcuna cosa. E perchè non è alcuna cosa, non è corpo; «nullas habet dimensiones», è indivisibile, soggetto di cose corporee e incorporee. Se avesse certe dimensioni, certo essere, certa figura, certa proprietà, certa differenzia, non sarebbe assoluta».

Ma forma e materia nella loro assolutezza, come aventi vita propria, estrinseca l'una all'altra, sono non distinzioni reali, ma vocali e nominali, sono distinzioni logiche e intellettuali, perchè «l'intelletto divide quello che in natura è indiviso», com'è vizio di Aristotile, e degli scolastici, che popolarono il mondo di entità logiche, quasi fossero sussistenze reali Bruno si beffa in molte occasioni di questi filosofi, che moltiplicarono gli enti, immaginando fino la «socrateità» come l'essenza di Socrate, la «ligneità» come essenza del legno. Questa distinzione tra gli enti logici e gli enti reali è già un gran progresso. Non che le distinzioni logiche sieno senza importanza, anzi esse sono una serie corrispondente alla serie delle cose, sono le generalità della natura; il torto è di considerarle cose viventi e reali, e credere, per esempio, che forma e materia sieno due sostanze distinte, appunto perchè possiamo e dobbiamo concepirle distinte.

In natura o nella realtà forma e materia sono una sola sostanza L'una implica l'altra: porre l'una è porre l'altra. La forma non può sussistere se non aderente alla materia, una forma che stia da sè è una astrazione logica. Parimente la materia vuota e informe è un'astrazione; essa è come una «pregnante che ha già in sè il germe vivo». Non ci è forma che non abbia in sè «un che materiale», e non ci è materia che non abbia in sè il suo principio formale e divino Bruno dice: «Lo ente, logicamente diviso in quel che è e può essere, fisicamente è indiviso, indistinto e uno». Perciò la potenza coincide coll'atto, la materia con la forma Giove, «la essenzia per cui tutto quel ch'è ha l'essere», è «intimamente» in tutto; onde «s'inferisce che tutte le cose sono in ciascuna cosa, e tutto è uno».

La materia non è dunque nulla, «prope nihil», come vuole Aristotile; anzi ha in sè tutte le forme, e le produce dal suo seno per opera della natura, efficiente o artefice «interno e non esterno, come aviene nelle cose artificiali». Se il principio formale fosse esterno, si potrebbe dire ch'ella «non abbia in sè forma e atto alcuno»; ma le ha tutte, perchè tutte le caccia «dal suo seno». Perciò la materia non è «quello in cui le cose si fanno», ma quello «di cui ogni specie naturale si produce». Ciò che, oltre i pitagorici, Anassagora e Democrito, comprese anche Mosè, quando disse: «'Produca la terra li suoi animali', quasi dicesse: 'Producale la materia'». Adunque le «forme» ed «entelechie» di Aristotile e le «fantastiche idee di Platone», i «sigilli ideali separati dalla materia son peggio che mostri», sono «chimere e vane fantasie». La materia è fonte dell'attualità, è non solo in potenza, ma in atto; è sempre la medesima e immutabile, in eterno stato, e non è quella che si muta, ma quella intorno alla quale e nella quale è la mutazione. Ciò che si altera è il composto, non la materia. Si dice stoltamente che la materia appetisca la forma. Non può appetere «il fonte delle forme che è in sé», perchè nessuno appete ciò che possiede. E perciò, in caso di morte, non si dee dire che «la forma fugge o lascia la materia, ma più tosto che la materia rigetta quella forma» per prenderne un'altra. Il povero Gervasio, che fa nel dialogo la parte del senso comune e volgare, vedendo a terra non solo le opinioni aristoteliche di Polinnio, ma tante altre cose, esce in questa esclamazione: - «Or ecco a terra non solamente li castelli di Polinnio, ma ancora d'altri che di Polinnio!» -

Adunque, se gl'individui sono innumerabili, ogni cosa è uno, e il conoscere questa unità è lo scopo e termine di tutte le filosofie e contemplazioni naturali, montando non al sommo principio, escluso dalla speculazione, ma alla somma monade o atomo o unità, anima del mondo, atto di tutto, potenza di tutto, tutta in tutto.

Questa sostanza unica è «l'universo, uno, infinito, immobile». «Non è materia, perchè non è figurato, nè figurabile, non è forma, perchè non informa, nè figura» sostanza particolare, «atteso che è tutto, è massimo, è uno, è universo. È talmente forma che non è forma, è talmente materia che non è materia, è talmente anima che non è anima; perchè è il tutto indifferentemente, e però è uno, l'universo è uno» In lui tutto è centro: il centro è dappertutto e la circonferenza è in nessuna parte, ed anche la circonferenza è dappertutto e in nessuna parte il centro. Non c'è vacuo tutto è pieno: quello in cui vi può essere corpo, e che può contenere qualche cosa, e nel cui seno sono gli atomi. Perciò l'universo è di dimensione infinita e i mondi sono innumerabili. La causa finale del mondo è la perfezione, e agl'innumerabili gradi di perfezione rispondono i mondi innumerabili: animali grandi, co' loro organi e il loro sviluppo, de' quali uno è la terra. Per la continenza di questi innumerabili si richiede uno spazio infinito, l'eterea regione, dove si muovono i mondi, perciò non affissi e inchiodati. Vano è cercare il loro motore esterno, perchè tutti si muovono dal principio interno, che è la propria anima.

Il punto di partenza è una reazione visibile contro il soprannaturale e l'estramondano. Il mondo popolato di universali nel medio evo è negato da Bruno in nome della natura. Dio stesso, dice Bruno, se non è natura, è natura della natura; se non è l'anima del mondo, è l'anima dell'anima del mondo. E in questo caso è materia di fede, non è parte della cognizione. La base della sua dottrina è perciò l'intrinsechezza del principio formale o divino della natura. Ciascuno ha Dio dentro di sè Il vero e il buono luce dentro di noi non per lume soprannaturale, ma per lume naturale Il naturalismo reagiva contro il soprannaturale.

Quelli che hanno lume soprannaturale, come i profeti, cioè a dire che ricevono il lume dal di fuori, egli li chiama «asini» o «ignoranti», de' quali fa un ironico panegirico nell'Asino cillenico, e tra questi e quelli che hanno il lume naturale e vedono per virtù propria è la stessa differenza che è «tra l'asino che porta i sacramenti e la cosa sacra».Quelli sono vasi e strumenti; questi principali artefici ed efficienti: quelli hanno più dignità, perchè hanno la divinità; questi sono essi più degni, e sono divini. L'asinità è la condizione della fede: chi crede, non ha bisogno di sapere; e l'asinità conduce alla vita eterna «- Forzatevi, forzatevi dunque ad essere asini, o voi che siete uomini! - grida Bruno con umore - così, divoti e pazienti, sarete contubernali alle angeliche squadre. E voi che siete già asini, adattatevi a proceder di bene in meglio, afinchè perveniate a quella dignità che non per scienze ed opre, ma per fede s'acquista. Se tali sarete, vi troverete scritti nel libro della vita, impetrerete la grazia in questa militante, ed otterrete la gloria in quella trionfante ecclesia, nella quale vive e regna Dio per tutt'i secoli de' secoli». Questa tirata umoristica finisce con un «molto pio» sonetto in lode degli asini, il cui concetto è che «il gran Signor li vuol far trionfanti». Nè solo è l'asino trionfante, ma l'ozio, perchè l'eterna felicità s'acquista per «fede», non per «scienze», e non per «opre». Anche dell'ozio hai un panegirico ironico, e per saggio diamo il seguente sillogismo:

«Li dèi son dèi, perchè son felicissimi; li felici son felici perchè son senza sollecitudine e fatica; fatica e sollecitudine non han coloro che non si muovono e alterano; questi son massime quei ch'han seco l'ocio: dunque gli dèi son dèi, perchè han seco l'ocio».

[Spaccio de la bestia trionfante, III, I]

Sillogismo pieno di senso nella sua frivola apparenza Momo, il censore divino, ne resta intrigato, e dice che «per aver studiato logica in Aristotile non aveva imparato di rispondere agli argomenti in quarta figura». L'ozio fa naturalmente l'elogio dell'età dell'oro, la sua età, il suo regno, e cita i bei versi del Tasso:

legge aurea e felice,

Che natura scolpì: «S'ei piace, ei lice».

E finisce con questa esortazione:

Lasciate le ombre, ed abbracciate il vero,

Non cangiate il presente col futuro

Voi siete il veltro che nel rio trabocca,

Mentre l'ombra desia di quel ch'ha in bocca.

Avviso non fu mai di saggio e scaltro,

Perdere un ben per acquistarne un altro.

A che cercate sì lunge diviso,

Se in voi stessi trovate il paradiso?

[Spaccio de la bestia trionfante]

L'ozio e l'ignoranza sono i caratteri della vita ascetica e monacale, della quale Bruno aveva avuto esperienza

«[La libertade], - fa egli dire a Giove - quando verrà ad essere ociosa, sarà frustratoria e vana, come indarno è l'occhio che non vede, e mano che non apprende. Ne l'età dell'oro per l'ocio gli uomini non erano più virtuosi, che sin al presente le bestie son virtuose, e forse erano più stupidi che molte di queste».

[Spaccio de la bestia trionfante, III, I]

Bruno rigetta quella vita oziosa, che fu detta «aurea», e ch'egli chiama «scempia», fondata sulla passività dell'intelletto e della volontà, e non può parlarne senz'aria di beffa. Il soprannaturale è incalzato ne' suoi princìpi e nelle sue conseguenze .

Secondo la morale di Bruno il lume naturale viene destato nell'anima dall'amore del divino, o dal principio formale aderente alla materia, e per il quale la materia è bella. Amare la materia in quanto materia è cosa bestiale e volgare, e Bruno se la prende col Petrarca e i petrarchisti, lodatori di donne per ozio e per pompa d'ingegno, a quel modo che altri «han parlato delle lodi della mosca, dello scarafone, dell'asino, de Sileno, de Priapo, scimmie de' quali son coloro che han poetato a' nostri tempi - dic'egli - delle lodi degli orinali, della piva, della fava, del letto, delle bugie, del disonore, del forno, del martello, della carestia, della peste». Obbietto dell'amore eroico è il divino, o il formale: la bellezza divina «prima si comunica alle anime, e per quelle si comunica alli corpi; onde è che l'affetto ben formato ama la corporal bellezza, per quel che è indice della bellezza del spirito. Anzi quello che n'innamora del corpo è una certa spiritualità che veggiamo in esso, la qual si chiama 'bellezza', la qual non consiste nelle dimensioni maggiori o minori, non nelli determinati colori o forme, ma in certa armonia e consonanza de membri e colori». L'amore sveglia nell'anima il lume naturale, o la visione intellettiva, la luce intellettuale, e la tiene in istato di contemplazione o di astrazione, sì che pare insana e furiosa, come posseduta dallo spirito divino. Questo è non il volgare, ma l'eroico furore, per il quale l'anima si converte come Atteone in quel che cerca, cerca Dio e diviene Dio, e avendo contratta in sè la divinità, non è necessario che la cerchi fuori di sè «Però ben si dice il regno di Dio essere in noi, e la divinitade abitare in noi per forza della visione intellettuale. Non tutti gli uomini hanno la visione intellettuale, perchè non tutti hanno l'amore eroico; ne' più domina non la mente, che innalza a cose sublimi, ma l'immaginazione, che abbassa alle cose inferiori; e questo volgo concepisce l'amore a sua immagine:

Fanciullo il credi, perchè poco intendi;

Perchè ratto ti cangi, e' par fugace;

Per esser orbo tu, lo chiami cieco

[De gli eroici furori, I, 1]

L'amore eroico è proprio delle nature superiori, dette «insane», non perchè non sanno, ma perchè «soprasanno», sanno più dell'ordinario, e tendono più alto, per aver più intelletto.

La visione o contemplazione divina non è però oziosa ed estrinseca, come ne' mistici e ascetici: Dio è in noi, e possedere Dio è possedere noi stessi. E non ci viene dal di fuori, ma ci è data dalla forza dell'intelletto e della volontà, che sono tra loro in reciprocanza d'azione: l'intelletto, che, suscitato dall'amore, acquista occhio e contempla; e la volontà che, ringagliardita dalla contemplazione, diviene efficace, o doppiata: ciò che Bruno esprime con la formola: «io voglio volere». Dalla contemplazione esce dunque l'azione: la vita non è ignoranza e ozio, anzi è «intelletto e atto mediante l'amore», secondo la formola dantesca rintegrata da Bruno: è intendere ed operare. Maggiori sono le contrarietà e le necessità della vita, e più intensa è la volontà, perchè amore è unità e amicizia de' contrari, o degli oppositi, e nel contrasto cerca la concordia. La mente è unità, l'immaginazione è moto, è diversità; la facultà razionale è in mezzo, composta di tutto, in cui concorre l'uno con la moltitudine, il medesimo col diverso, il moto con lo stato, l'inferiore col superiore. Come gli dèi trasmigrano in forme basse e aliene, o per sentimento della propria nobiltà ripigliano la divina forma; così il furioso eroico, innalzandosi per la conceputa specie della divina beltà e bontà, con l'ale dell'intelletto e volontà intellettiva s'innalza alla divinità, lasciando la forma di soggetto più basso:

Da soggetto più vil divegno un dio.

Mi cangio in Dio da cosa inferiore.

[Spaccio de la bestia trionfante]

Cangiarsi in Dio significa levarsi dalla moltitudine all'uno, dal diverso allo stesso, dall'individuo alla vita universale, dalle forme cangianti al permanente, vedere e volere nel tutto l'uno e nell'uno il tutto. O, per uscire da questa terminologia, Dio è verità e bontà scritta al di dentro di noi, visibile per lume naturale; e cercarla e possederla è la perfezione morale, lo scopo della vita.

È stato notato che Bruno non ti offre un sistema concorde e deciso. La filosofia è in lui ancora in istato di fermentazione. Hai i vacillamenti dell'uomo nuovo, che vive ancora nel passato e del passato. Combatte il soprannaturale, ma il suo lume naturale, la sua «mens tuens», la sua intuizione intellettiva, ne serba una confusa reminiscenza. Contempla Dio nella infinità della natura, ma non sa strigarsi dal Dio estramondano, e non sa che farsene, rimasto come un antecedente inconciliato della sua speculazione. Ora quel Dio è verità e sostanza, e noi siamo sua ombra, «umbra profunda sumus»; ora quel Dio è proprio la natura, o, «se non è natura, è natura della natura». Ci è in lui confuso Cartesio, Spinosa e Malebranche. Combatte la scolastica, e ne conserva in gran parte le abitudini. Odia la mistica, e talora, a sentirlo, è più mistico di un santo padre. Rigetta l'immaginazione, e ne ha tutt'i vizi e tutte le forme. Manca l'armonia nel suo contenuto e nelle sue forme. E non è maraviglia che anche oggi i filosofi si accapiglino nella interpretazione del suo sistema.

Interessantissima è questa storia interiore dello spirito di Bruno nelle sue distinzioni e sottigliezze, e nelle oscillazioni del suo sviluppo; anzi è questa la sua vera biografia. Niente è più drammatico che la vita interiore di un grande spirito nella sua lotta con l'educazione, co' maestri, con gli studi, col tempo, co' pregiudizi, nelle sue imitazioni, fluttuazioni e resistenze. La sua grandezza è appunto in questo, di vincere in quella lotta, cioè che di mezzo a quelle fluttuazioni si stacchino con maggior forza ed evidenza le sue tendenze predilette, che gli danno un carattere ed una fisonomia. E questa fisonomia di Bruno noi dobbiamo cercare, a traverso i suoi ondeggiamenti.

Innanzi tutto, Bruno ha sviluppatissimo il sentimento religioso, cioè il sentimento dell'infinito e del divino, com'è di ogni spirito contemplativo. Leggendolo, ti senti più vicino a Dio. E non hai bisogno di domandarti, se Dio è, e cosa è. Perchè lo senti in te, e appresso a te, nella tua coscienza e nella natura Dio è «più intimo a te che non sei tu a te stesso». Tutte le religioni non sono in fondo che il divino in diverse forme. E sotto questo aspetto Bruno ti fa un'analisi assai notevole delle religioni antiche e nuove L'amore del divino, il «furore eroico», è il carattere delle nobili nature. E questo amore ci rende atti non solo a contemplare Dio come verità, ma ancora a realizzarlo come bontà. Ivi ha radice la scienza e la morale.

Questi concetti non sono nuovi, e di simili se ne trovano nella Scrittura e ne' padri. Ma lo spirito n'è nuovo Non è solo questo, che «i cieli narrano la gloria di Dio», ma quest'altro, che i cieli sono essi medesimi divini, e si movono per virtù propria, per la loro intrinseca divinità. È la riabilitazione della materia o della natura, non più opposta allo spirito e scomunicata, ma fatta divina, divenuta «genitura di Dio» È il finito o il concreto che apparisce all'infinito, e lo realizza, gli dà l'esistenza. O, come dicesi oggi, è il Dio vivente e conoscibile che succede al Dio astratto e solitario. L'universo, eterno ed infinito, è la vita o la storia di Dio.

Questo è ciò che fu detto il «naturalismo di Bruno», o piuttosto del secolo, ed era il naturale progresso dello spirito, che usciva dalle astrattezze scolastiche, o, come dice Bruno, «dalle credenze e dalle fantasie», e cercava la sua base nel concreto e nel finito era la prima voce della natura che scopriva se stessa e si proclamava di essenza divina, una e medesima che la divinità, «secondo che l'unità è distinta nella generata e generante, o producente e prodotta». Bruno nel suo entusiasmo per la natura divina dice che lo spirito eroico vede «l'anfitrite, il fonte di tutti i numeri, di tutte specie, di tutti i raggioni, che è la monade, vera essenza dell'essere di tutti, e, se non la vede in sua essenza, in absoluta luce, la vede nella sua genitura, che gli è simile, che è la sua imagine: perchè dalla monade, che è la divinitate, procede questa monade, che è la natura, l'universo, il mondo, dove [ella] si contempla e si specchia» cioè dove s'intende ed è intelligibile.

Questa visione di Dio, privilegio dello spirito eroico, non ha nulla a fare col lume soprannaturale, con la fede, o la grazia, o l'estasi, o altro che dal di fuori piova nell'anima Dio, fatto conoscibile nel mondo, diviene materia della cognizione, e l'anima effettua la sua unione con lui per un atto della sua energia, per intrinseca virtù. La visione è intellettiva, e il suo organo è la mente, dove Dio, o la Verità, si rivela, come «in propria e viva sede», a quelli che la cercano, «per forza del riformato intelletto e volontà», cioè per la scienza.

L'amore del divino, spinto sino al «furore eroico», lega Bruno co' mistici. Il naturalismo letterario era pretto materialismo, che si sciolse nella licenza e nel cinismo, e mise capo in ozio idillico snervante, peggiore dell'ozio ascetico Il naturalismo di Bruno era al contrario non il divino materializzato, ma la materia divinizzata. La materia in se stessa è volgare bestialità; essa ha valore come divina Il divino non è infuso o intrinseco, ma è insito e connaturato Cercarlo ed effettuarlo è il degno scopo della vita. E non si rivela se non a quelli che lo cercano e lo conquistano col lavoro della mente illuminata dall'amore eroico. Ciò distingue i vulgari da' nobili spiriti. Molti sono i chiamati, pochi gli eletti. «Molti rimirano, pochi vedono» Bruno parla spesso con tale unzione e con tale esaltazione mistica, che ti pare un Dante o un san Bonaventura.

Ma i mistici sono semplicemente contemplanti, dove per Bruno non è contemplazione nella quale non sia azione, e non è azione nella quale non sia contemplazione. La nuda contemplazione è ozio. Contemplare è operare. Si vede l'uomo che esce dal convento ed entra nella vita militante.

Folengo esce dal convento, rinnegando Dio e sputando sul viso alla società. In lui il secolo scettico e materialista ha la sua ultima espressione. Anche a Bruno abbonda la satira e l'ironia; anche in lui ci è un lato negativo e polemico, sviluppato con potenza e abbondanza d'immaginazione. Ma questo lato rimane assorbito nella sua speculazione. Il suo scopo è tutto positivo: è la restaurazione di Dio, e con esso del sentimento religioso e della coscienza. Ciò che Savonarola tentò con la fede e con l'entusiasmo, egli tenta con la scienza Non accetta Dio come gli è dato, nè se ne rimette alla fede, perchè non è un credente Dio vuole cercarlo e trovarlo lui, con la sua attività intellettuale, con l'occhio della mente. E questo Dio, da lui trovato, e di cui sente l'infinita presenza in se stesso e negl'infiniti mondi e in ciascun essere vivente, nel massimo e nel minimo, non rimane astratta verità nella sua intelligenza, ma scende nella coscienza e penetra tutto l'essere, intelletto, volontà, sentimento e amore. Comincia scredente, finisce credente. Ma è un «credo» generato e formato nel suo spirito, non venutogli dal di fuori. Per questo «credo» non gli fu grave morire ancor giovane sul rogo, dicendo a' suoi giudici le celebri parole: «Maiori forsitan cum timore sententiam in me dicitis, quam ego accipiam» Sembra che il suo maggior peccato innanzi alla Chiesa sia stata la sua fede negl'infiniti mondi, come traspare da questa malvagia ironia dello Scioppio: «Sic ustulatus misere periit, renunciaturus credo, in reliquis illis, quos finxit, mundis, quonam pacto homines blasphemi et impii a romanis tractari solent».

Insisto su questo carattere entusiastico e religioso di Bruno, o, com'egli dice, «eroico», che gli dà la figura di un santo della scienza. Quante volte l'umanità, stanca di aggirarsi nell'infinita varietà, sente il bisogno di risalire al tutto ed uno, all'assoluto, e cercarvi Dio, le si affaccia sull'ingresso del mondo moderno la statua colossale di Bruno.

Il suo supplizio passò così inosservato in Italia, che parecchi eruditi lo mettono in dubbio. Nè le opere sue vi lasciarono alcun vestigio. Si direbbe che i carnefici insieme col corpo arsero la sua memoria. Anche in Europa il brunismo lasciò deboli tracce. Il progresso delle idee e delle dottrine era così violento, che il gran precursore fu avvolto e oscurato nel turbinìo. Come Dante, Bruno attendeva la sua risurrezione. E quando dopo un lungo lavoro di analisi riappare la sintesi, Jacobi e Schelling sentirono la loro parentela col grande italiano, e riedificarono la sua statua.

In Bruno trovi la sintesi ancora inorganica della scienza moderna, con le sue più spiccate tendenze, la libera investigazione, l'autonomia e la competenza della ragione, la visione del vero come prodotto dell'attività intellettuale, la proscrizione delle fantasie, delle credenze e delle astrazioni, un più intimo avvicinamento alla natura o al reale Dico «tendenze», perchè nel fatto l'immaginazione e il sentimento soprabbondavano in lui, e gli tolsero quella calma armonica di contemplazione, senza la quale riesce difettiva la virtù organizzatrice, e quella pazienza di osservazione e di analisi, senza la quale le più belle speculazioni rimangono infeconde generalità

Quanto alla sua sintesi, il Dio astratto ed estramondano fatto visibile e conoscibile nella infinita natura, l'unità e medesimezza di tutti gli esseri, l'eternità e l'infinità dell'universo nella perenne metempsicosi delle forme, il sentimento dell'anima o della vita universale, l'infinita perfettibilità delle forme nella loro trasformazione, la produttività della materia dal suo intrinseco, l'azione dinamica della natura nelle sue combinazioni, la libertà distinta dal libero arbitrio e rappresentata come la stessa effettuazione del divino o della legge, la moralità e la glorificazione del lavoro, sono concetti che, svolti lungamente e variamente da Bruno in opere latine e italiane, appaiono punti luminosi nella speculazione moderna, e ne trovi i vestigi in Cartesio, in Spinosa, in Leibnitz, e più tardi in Schelling, in Hegel e ne' presenti materialisti. Se dovessi con una sola formola caratterizzare il mondo di Bruno, lo chiamerei il «mondo moderno ancora in fermentazione».

Roma bruciava Bruno, Parigi bruciava Vanini. I loro carnefici li dissero atei. Pure Dio non fu mai cosa sì seria, come nel loro petto.

- Andiamo a morir da filosofo - disse Vanini, avvicinandosi al rogo. Eran detti anche «novatori», titolo d'infamia, che è divenuto il titolo della loro gloria.

Nel 1599 Bruno era già nelle mani dell'Inquisizione, e Campanella nelle mani spagnuole. Nel primo anno del Seicento Bruno periva sul rogo, e Campanella aveva la tortura. Così finiva l'un secolo, così cominciava l'altro «Tu, asinus, nescis vivere», dicevano a Campanella amici e nemici: «ne loquaris in nomine Dei». E lui prendeva ad insegna una campana, con entrovi l'epigrafe: «Non tacebo». Anche Bruno diceva di sè: «Dormitantium animorum excubitor». La nuova scienza sorge come una nuova religione, accompagnata dalla fede e dal martirio «Philosophus» diceva il Pomponazzi per esperienza propria «ab omnibus irridetur, et tamquam stultus et sacrilegus habetur; ab inquisitoribus prosequitur, fit spectaculum vulgi: haec igitur sunt lucra philosophorum, haec est eorum merces». Pure questi uomini nuovi derisi, perseguitati, spettacolo del volgo, avevano una fede invitta nel trionfo delle loro dottrine. L'accademia cosentina di Telesio avea per impresa la luna crescente, col motto: «Donec totum impleat orbem». Bruno, perseguitato dal suo secolo, diceva: - La morte in un secolo fa vivo in tutti gli altri - Campanella paragona il filosofo al Cristo, che il terzo giorno, spezzando la pietra, risorge. Il carattere era pari all'ingegno Dietro al filosofo ci era l'uomo

Telesio è detto da Bacone il «primo degli uomini nuovi». Ma la novità era già antica di un secolo, e Telesio che avea fatto i suoi studi a Padova, a Milano, a Roma, professato a Napoli, quando, stanco di lotte e di persecuzioni, deliberò di ritrarsi nella nativa Cosenza, vi portò il motto del pensiero italiano, la «filosofia naturale», fondata sull'esperienza e sull'osservazione. Il suo merito è di avere esercitata una seria influenza intellettuale tra' suoi concittadini e di aver fondata sotto nome di «accademia» una vera scuola filosofica. Come Machiavelli, così egli non segue altro che l'osservazione e la natura: «poichè la sapienza umana è arrivata alla più alta cima che possa afferrare, se ha osservato quello che si presenta a' sensi, e ciò che può esser dedotto per analogia dalle percezioni sensibili». Sincero, modesto, d'ingegno non grande ma di grandissima giustezza di mente e di sano criterio, fu benemerito meno per le sue dottrine, che per il metodo ed il linguaggio. E in verità, la grande e utile novità era allora il metodo Il suo maggiore elogio lo ha fatto Campanella in queste parole: «Telesius in scribendo stylum vere philosophicum solus servat, iuxta verum naturam sermones significantes condens, facitque hominem potius sapientem quam loquacem». L'obbiettivo era sciogliere il pensiero dalla servitù di Aristotile, «tiranno degl'ingegni», e metterlo in diretta comunicazione con la natura, rifarlo libero, ciò che con una precisione uguale alla concisione dice Campanella nel suo famoso sonetto a Telesio:

Telesio, il telo della tua faretra

Uccide de' sofisti in mezzo al campo

Degl'ingegni il tiranno senza scampo:

Libertà dolce alla verità impetra

[Sonetto, Al Telesio cosentino, vv 1-4]

L'impresa non era lieve. Resistevano tutte le dotte mediocrità, tutto quel complesso di uomini e d'istituzioni che l'Aretino chiamava «la pedanteria», i «Polinnii» di Bruno spalleggiati da francescani, domenicani e gesuiti, e spesso l'ultimo argomento era il rogo, il carcere, l'esilio. Dir cose nuove era delitto non solo alla Chiesa, ma a' principi venuti in sospetto di ogni novità nelle scuole: pure la fede di un rinnovamento era universale, e «Renovabitur» fu il motto del Montano, discepolo di Telesio, nel compendio che scrisse della sua dottrina. Si era fino allora pensato col capo d'altri: gli uomini volevano ora pensare col capo loro. Questo era il movimento. E fu così irresistibile, che la novità usciva anche da' segreti del convento. Fu là che si formò ne' forti studi libera e ribelle l'anima di Bruno. E là, in un piccolo convento di Calabria, si educava a libertà l'ingegno di Tommaso Campanella. Assai presto oltrepassò gli studi delle scuole, e, fatto maestro di sè, lesse avidamente e disordinatamente tutti quei libri che gli vennero alle mani Nella solitudine si fa presto ad esser dotto. Ivi il giovine raccolse immensi materiali in tutto lo scibile Il suo idolo era Telesio, il gran novatore; il suo odio era Aristotile con tutto il suo seguito, e, come Bruno, preferiva gli antichi filosofi greci, massime Pitagora. Venuto in Cosenza, i suoi frati, che già conoscevano l'uomo, non vollero permettergli di udire, nè di veder Telesio: ciò che infiammò il desiderio e l'amore. Il giorno che Telesio morì, fu visto in chiesa accanto alla bara il giovine frate, che dovea continuarlo I cosentini, sentendolo nelle dispute, dicevano che in lui era passato lo spirito di Telesio. La scuola telesiana o riformatrice, come era detta, gli fu tutta intorno, il Bombino, il Montano, il Gaieta, da lui celebrati insieme col maestro. Il suo primo lavoro fu una difesa di Telesio contro il napoletano. Marta Venuto a Napoli per la stampa dell'opera, attirò l'attenzione per il suo ardore nelle dispute, per l'agilità e la presenza dello spirito, per la franchezza delle opinioni, e per l'immenso sapere. E gl'invidiosi dicevano: - Come sa di lettere costui, che mai non le imparò? - E recavano a magia, a cabala, a scienza occulta ciò che era frutto di studi solitari. Le opinioni telesiane poco attecchivano in Napoli, onde il buon Telesio avea dovuto andar via per le molte inimicizie Anche il Porta ci stava a disagio, e dovea con le commedie far perdonare alla sua filosofia Naturalmente, si strinse un legame tra Campanella e l'autore della Magia naturale e della Fisionomia. Disputavano, leggevano, conferivano i loro lavori. Frutto di questa dimestichezza fu il libro De sensu rerum, a cui successe l'altro: De investigatione Ivi si stabilisce per qual via si giunga a ragionare «col solo senso e colle cose che si conoscono pe' sensi»: ciò che è il metodo sperimentale, base della filosofia naturale. Ci si vede l'influenza di Telesio, di Porta e di tutta la scuola riformatrice.

Porta potè esser tollerato a Napoli, perchè era non solo gentiluomo e assai riverito, ma uomo di spirito, e amabilissimo. Ma Campanella non sapea vivere, come dicevano i suoi emuli. Era tutto di un pezzo, e alla naturale, veemente, rozzo, audace di pensiero e di parola. E venne in uggia a moltissimi, e anche ai suoi frati, che non gli potevano perdonare l'odio contro Aristotile. Come Bruno, lasciò il convento, e indi a non molto Napoli, e con in capo già una nuova metafisica tutta abbozzata, fu a Roma, poi a Firenze, dove il destino faceva incontrare i due grandi ingegni di quel tempo, Campanella e Galilei.

Michelangiolo moriva, e tre giorni prima, il 15 febbraio del 1564, nasceva in Pisa Galileo Galilei. Tutto gli rise nel principio, levato maraviglioso grido di sè per le sue invenzioni della misura del tempo per mezzo del pendolo, del termometro, del compasso geometrico, del telescopio. Con questo potente istrumento iniziò le sue speculazioni astronomiche, che rinnovavano il cielo biblico e tolemaico. Parecchi fatti, divinati da Bruno, acquistavano certezza, come ciò che si vede e si tocca Il suo Nunzio sidereo appariva così maraviglioso, come il viaggio di Colombo. Le montuosità della luna, le fasi di Venere e di Marte, le macchie del sole, i satelliti di Giove erano tali scoperte a breve distanza, che spoltrivano gli animi oziosamente cullati ne' romanzi e nelle oscenità letterarie La filosofia naturale vinceva oramai le ultime resistenze nella pubblica opinione. Non si trattava più d'ipotesi e di astratti ragionamenti. I fatti erano là, e parlavano più alto che i sillogismi de' teologi e degli scolastici. La cosa effettuale di Machiavelli, il lume naturale di Bruno, il metodo sperimentale di Telesio, la libertà dolce alla verità di Campanella avevano il loro riscontro nelle belle parole di Galileo: - «Ah viltà inaudita d'ingegni servili, farsi spontaneamente mancipio!» - Il buon Simplicio, il pedante aristotelico, come Polinnio, risponde: - «Ma, quando si lasci Aristotile, chi ne ha da essere scorta nella filosofia?» - E Galileo replica pacatamente: - «I ciechi solamente hanno bisogno di guida. Ma chi ha gli occhi nella fronte e nella mente, di quelli si ha da servire per iscorta» - Il lume soprannaturale, la scienza occulta, il mistero, il miracolo scompariva innanzi allo splendore di questo lume naturale dell'occhio e della mente: la magia, l'astrologia, l'alchimia, la cabala sembravano povere cose innanzi a' miracoli del telescopio Colombo e Galileo ti davano nuova terra e nuovo cielo. Sulle rovine delle scienze occulte sorgevano l'astronomia, la geografia, la geometria, la fisica, l'ottica, la meccanica, l'anatomia. E tutto questo era la filosofia naturale, il naturalismo - «La filosofia - diceva Galileo - è scritta nel libro grandissimo della natura» - E stupendamente diceva Campanella:

Il mondo è il libro, dove il Senno eterno

Scrisse i propri concetti

[Sonetto, Modo di filosofare, vv 1-2]





© 1996 - Tutti i diritti sono riservati

Biblioteca dei Classici italiani di Giuseppe Bonghi

Ultimo aggiornamento: 06 febbraio 2007