Il Sole 24 ore

La questione è semplice. «La struttura economica dell'apartheid è rimasta largamente intatta: la gestione dell'economia sudafricana è ancora nelle mani degli uomini bianchi come era sempre stato». La soluzione è complicata. Di questi tempi tutti i Brics hanno dei problemi di globalizzazione, causa contagio da Eurozona. Anche il Sudafrica li ha. In più ha questo: la promessa di una società multirazziale e inclusiva fatta nel 1994 da Nelson Mandela non si sta realizzando.
Non basta la crisi globale per spiegare una crescita del 2,7%, largamente deficitaria per attenuare gli squilibri sociali del Paese: occorrerebbe almeno il 7, sostenibile per un decennio. Diciotto anni dopo l'inizio della "Nazione arcobaleno", i neri possiedono il 17% della capitalizzazione della Borsa di Johannesburg: ma sono l'80% della popolazione sudafricana. Nel '94 era stato deciso che entro il 1999 gli agricoltori bianchi avrebbero trasferito il 30% delle terre coltivate ai neri: 13 anni dopo sono solo il 7. L'obiettivo del 30 è stato spostato al 2014 sempre che, come dice la Costituzione, si trovino agricoltori disposti a vendere e neri a comprare. Perché nessuno sarà espropriato senza essere compensato. Il Sudafrica non sarà mai uno Zimbabwe.
È nata una nuova classe media e imprenditoriale nera. Ma sono solo 3 milioni su oltre 40 (i sudafricani sono 50 milioni). Ci sono i miliardari, i "black diamonds", come Patrice Motsepe che secondo Forbes ha una fortuna di oltre 3 miliardi di dollari. Ma sembrano sempre più oligarchi russi che moltiplicatori di opportunità per la maggioranza nera.
Così l'African National Congress ha convocato a Midrand, vicino a Johannesburg, una conferenza per lanciare una nuova politica economica; in un grande sventolio di bandiere verde, nero e oro - i colori dell'Anc - 3.500 delegati moderati e radicali si sono presentati a dare battaglia; Jacob Zuma, presidente del Sudafrica e leader del partito, ha constatato che sul piano economico l'apartheid è tutt'altro che finito; si è proposto di nazionalizzare il 51% delle miniere, di redistribuire forzosamente le terre, di garantire sovvenzioni statali ai giovani. «Dobbiamo tornare ai fondamenti e prendere le decisioni che nel 1994 non potevamo prendere», ha annunciato Zuma.
Alla fine non è accaduto niente. L'obiettivo della conferenza era una "Seconda transizione": dopo 18 anni di moderazione, sarebbero state fatte scelte più radicali. Nessuno aveva il coraggio di dire "socialismo" ma era un Sudafrica più socialista che qualcuno aveva in mente. Invece la risoluzione finale ha corretto l'obiettivo da "Seconda fase" in "Seconda fase della transizione". La transizione, cioè, è una sola, quella di Mandela e poi di Thabo Mbeki, dall'apartheid a un nuovo Sudafrica equo e multirazziale. Nessuna radicalizzazione, niente nazionalizzazione delle miniere né esproprio delle terre.
Come ha scritto su Business Day Steven Friedman, direttore del Centro per la democrazia dell'Università di Johannesburg, «mentre la conferma che l'Anc non s'impegnerà in esperimenti radicali dovrebbe calmare il dibattito economico, il problema della conferenza non è stato aver cambiato troppo ma aver lasciato uguali troppe cose».
Perché l'Anc non è più solo la forza politica della liberazione: è anche quella del potere. Anzi, è soprattutto questa. Ed è ormai molti partiti, per ora sotto lo stesso scudo verde, nero e oro: da quello dell'oligarca Motsepe al Cosatu, il grande sindacato alleato dell'Anc e vicino ai comunisti.
Dopo il breve e miracoloso passaggio di Mandela, il Sudafrica era stato governato per quasi 10 anni da Thabo Mbeki. Con Trevor Manuel alle Finanze e Tito Mboweni alla Banca centrale, aveva garantito una crescita solida, lunga e una rigorosa disciplina fiscale. Non era stata la soluzione agli squilibri sociali del Paese: forse occorre più di una generazione per sanare i danni socio-economici dell'apartheid. Ma almeno era una politica economica.
Dal 2009 con Jacob Zuma ha preso il potere la mediocrità, confermata a Midrand dall'assenza di una nuova spinta: non solo politica, anche ideale. La vera conferenza sul futuro dell'Anc e del Sudafrica sarà quella che verrà convocata a dicembre a Mangaung, nel Free State, l'appuntamento tradizionale nel quale il partito sceglie il suo presidente candidato alle elezioni dell'anno successivo. Quest'anno si celebreranno anche i 100 anni dell'Anc. Se vincerà Kgalema Motlante l'attuale vice, Tokyo Sexwale o Cyril Ramaphosa, due ex politici diventati "black diamonds", Zuma sarà stato il presidente di un solo mandato. Vecchio o nuovo, un capo dello Stato il Sudafrica comunque l'avrà. Il problema è come non far rimpiangere troppo Nelson Mandela

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