sabato 31 gennaio 2009

intervento nel blog di micromega sulla proposta di Camilleri

Penso che Di Pietro non abbia bisogno di apporti per potere avere il suo risultato al Parlamento Europeo. Il problema del vulnus alla democrazia italiana inferto dall'accordo VeltroniBerlusconi per impedire alla sinistra di tornare in Parlamento attraverso lo sbarramento del quattro per cento resta intanto.
Credo che una rivista come MicroMega e gli intellettuali italiani liberi e forti come Camilleri debbano farsi carico del problema di chiudere una ferita inferta all'Italia dalla esclusione dei rappresentanti dei partiti socialista, comunista e verde.
Una lista di persone senza partito con di Pietro non avrebbe alcun significato positivo nella storia d'Italia. Al dilà se Bertinotti, Ferrero e gli altri sono criticabili e discutibili esiste un problema grande quanto una montagna: un Parlamento fatto da due destre: PdL e PD. Di Pietro insisto non ha bisogno di aiuto. L'aiuto si deve dare alla sinistra esclusa impedire che resti per sempre extraparlamentare.
Pietro Ancona

Più regole, più salari, più pensioni!!!

Niente soldi alla Fiat, alle banche
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restrizioni severe alle delocalizzazioni ed alle filiere.

Non è affatto vero che la crisi che travolge il tessuto produttivo del Paese abbia tutte cause oggettive, fatali, ineluttabili.
Aziende che funzionano perfettamente con ottimi rendimenti decidono di trasferirsi altrove per fare altro o per sfruttare migliori condizioni di servaggio della manodopera.
Altre si dedicano alla moltiplicazione dei costi specialmente se producono per la pubblica amministrazione attraverso filiere speculative che spremono il lavoro dei precari e lo rivendono a peso d'oro all'acquirente finale.
La libertà del mercato è un bene che va preservato ma anche regolato. Bisogna instaurare severi restringimenti alla libertà di smobilitare costringendo l'azienda ad assolvere al suo ruolo sociale nel tessuto del territorio in cui è inserita.
Anche le filiere per le mere prestazioni lavorative o altro vanno esaminate al microscopio dal momento che non so più pagare un ingegnere mille euro al mese e rivendere senza colpo ferire il suo lavoro a cinquemila e anche più.
I soldi che chiede la Marcegaglia (otto miliardi di euro) vengano destinati all'aumento dei salari. Gli ammortizzatori non servono a niente. Sono soltanto manifestazioni statali di complicità con le nefandezze di una imprenditoria priva di scrupoli.
Dando soldi alla Fiat o ad altre imprese non si risolve la crisi ma si aggrava. Soltanto migliorando la domanda con consistenti incrementi retributivi e delle pensioni si può rimettere in moto il treno dello sviluppo.
Infine si deve cambiare modello produttivo. Non dobbiamo pensare di produrre per sempre auto o elettrodomestici di scarsa qualità. Bisogna orientare la produzione verso nuovi prodotto socialmente più utili. Produrre per arricchire la società e non solo per consumare.
Pietro Anconahttp://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
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no al quattro per cento di veltrusconi

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Comitato per la salvezza della democrazia e della libertà
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No alla finta democrazia bipartitica ed oligarchica


L'accordo sul quattro per cento raggiunto da Berlusconi e Veltroni reitera quanto è già accaduto con l'esclusione (con l'uso di una legge truffaldina) della presenza della sinistra, dei socialisti, dei verdi dal Parlamento riducendo queste importanti e significative forze politiche fondatrici della repubblica e della Costituzione fuori dalle istituzioni e quindi privi di rappresentanza dal momento che il loro potere diventa inferiore a quello delle associazioni della società civile.
E' sconcertante la reiterazione di questa intesa tra la destra ed il PD dal momento che al Parlamento europeo non ci sono i problemi di stabilità governativa che sono stati invocati come alibi per l'esclusione che in Italia ha risparmiato soltanto il gruppi di Di Pietro ed i radicali.
Penso che si dovrebbe costituire un fronte comune tra tutti gli esclusi dal progetto di riduzione a due e di semplificazione della democrazia italiana in versione populistica, leaderistica.
L'assetto costituzionale e le leggi elettorali della cosidetta prima repubblica erano certamente democratiche. Assai poco lo sono le leggi che hanno dato vita al Parlamento attuale.
Bisogna organizzare giornate di lotta a difesa della democrazia. Produrre un Manifesto per la Libertà e contro il Fascismo e promuovere una lotta aperta da qui alla data delle elezioni europee. Creare un Comitato Nazionale per la Salvezza della libertà. Una grande manifestazione a Roma, manifestazioni in tutte le città d'Italia!!!
Oltre alla esclusione dei partiti della sinistra radicale,del partito socialista, dei verdi, con l'accordo separato sui contratti che si tenterà di imporre alla CGIL si ridurranno quasi a zero i diritti dei lavoratori che saranno massacrati anche con l'alibi della crisi economica provocata dalle ruberie degli squali e dagli scarsi salari che non permettono alla gente di acquistare alcunchè.
La reazione che ci fu dopo la esclusione dal Parlamento da parte degli esclusi è stata praticamente inesistente. Non bisogna ripetere lo stesso tragico errore.
Penso proprio che la gente sarà con coloro che lotteranno per evitare la riduzione al partito unico diviso in due della democrazia italiana.
Pietro Ancona

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venerdì 30 gennaio 2009

gli squali riuniti in branco a Favos

----- Davos






copia corretta



----- Original Message -----
Fa Davos


SANITA' E PENSIONI NEL MIRINO DEGLI SQUALI A DAVOS
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Gli squali che hanno rovinato il mondo con patacche alle quali hanno attribuito il valore di miliardi di dollari (la cifra globale della truffa non si conosce o viene tenuta segreta) e che, in vista del disastro planetario si sono liquidati prebende per milioni di dollari cadauno, (hanno solo ricevuto un bonario buffetto da Barak Obama), riuniti a Davos non trovano di meglio che chiedere di togliere alla gente servizi sanitari e pensioni.
Questi servizi indispensabili sono stati finanziati dai loro fruitori con tasse pagate fino all'ultimo soldo e accantonamenti previdenziali che costituiscono inalienabile proprietà dei pensionandi essendo di fatto salario differito. Agli squali servono i soldi. La Marcegaglia chiede otto miliardi per aziende che da almeno un decennio hanno assorbito oltre il dieci per cento dei reddito da lavoro nei loro conti miliardari.
Vogliono tutte le risorse degli Stati per le imprese che dichiarano in pericolo spesso strumentalmente e per le banche che sono talmente diffidenti tra di loro da non prestarsi più soldi.
Una ricetta di classe per salvare le persone di serie A spese dei lavoratori e dei pensionati: più lavoro, meno salari e pochissima sanità e pensioni. I fondi pensioni integrativi pare che stiano diventando carta straccia con buona pace per coloro che fecero una campagna orchestrata e ben sostenuta anche dai Sindacati per convincere i lavoratori a destinarvi i TFR.
Naturalmente nessuno fa cenno agli emolumenti dei managers che, per quanto riguarda il settore pubblico,in Italia sono fissati in misura sconcertante rispetto la media delle retribuzioni del Paese e l'anno scorso pare che siano aumentati di circa il venti per cento a fronte di una diminuzione reale dei salari, degli stipendi e delle pensioni.
A Davos niente autocritiche sul terribile misfatto finanziario, niente ricerca e individuazione dei responsabili, non punizioni ma impunità, premi, riconferme. Le regole invocate financo da un ipeliberista come Tremonti non ci saranno. L'indicazione è: soldi alle banche ed alle imprese e sacrifici e rinunce per la popolazione. Insomma, il mondo segna diversi passi indietro per la stragrande maggioranza delle popolazioni a vantaggio di una classe sociale sempre più disonesta che ha rotto ogni vincolo di coesione e che diventa pericolosa se conserva il potere dal momento che non mostra nè pentimenti nè voglia di cambiare il suo stile di vita come amava dire Bush e ora ripete Obama.
Pietro Ancona
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http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2008/03/anno-oro-manager-italiani.shtml?uuid=7f0b8c9e-fd69-11dc-ba45-00000e251029&DocRulesView=Libero

giovedì 29 gennaio 2009

IL PROF.SUCATO A WALLY STREET

Il professore Giovanni Sucato da Villabate a Wally Street



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Combattere la crisi dalla parte dei lavoratori
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C'è una specie di gabinetto di guerra per la gestione della crisi al quale vengono chiamati anche i sindacati per decidere le misure da prendere. Le idee del "sistema" al potere sono chiare: la maggiore quantità possibile di risorse a favore delle imprese. Sacrifici, sacrifici ed ancora sacrifici ai lavoratori. Intanto le aziende drammatizzano il quadro chiedendo la cassa integrazione per un numero di lavoratori che cresce di giorno in giorno. Questa linea riceve il suo imput principale dagli Usa che, improvvisamente, scoprono la funzione interventista dello Stato in economia, fino ad ieri aborrita ed al massimo limitata alla mera osservazione ed a qualche piccola regolazione del mercato.
Colpisce il silenzio assoluto sulle cause della crisi che si possono riassumere da un lato nella pirateria impunita e forse anche incoraggiata delle istituzioni finanziarie e dall'altro nel basso livello delle retribuzioni che non consentono alle famiglie di rinnovare
auto, elettrodomestici, vestiario, scarpe, insomma tutto! Naturalmente tutto il socialismo improvvisamente scoperto dal Congresso Usa è soltanto per aiutare imprenditori e finanzieri e quindi possiamo dire che non di socialismo si tratta ma di una torsione degli scopi e del ruolo dello Stato a vantaggio della classe dei potenti.
Qualche anno fa un paese quasi attaccato a Palermo,Villabate, divenne improvvisamente una sorta di luogo dei miracoli. La gente portava soldi ad un certo Sucato e questi garantiva interessi mensili o addirittura settimanali iperbolici del dieci per cento e forse di più. Tutta la Sicilia portava milioni e milioni di risparmi a Villabate e molti erano davvero felici e soddisfatti di avere scoperto il modo di arricchire rapidamente. Naturalmente si trattava di una truffa di questo Sucato che aveva creato una sorta di catena di Santantonio che, come era prevedibile, ad un certo punto si interruppe e bloccò non solo i pagamenti degli interessi ma la stessa restituzione del denaro investito. Moltissime persone persero tutto.
Pensavo si trattasse di un fatto di cronaca della creduloneria di paese fino a quando non ho letto che i massimi esponenti di Wally Street si sono comportati più o meno come Sucato (che forse non era neppure ragioniere) e hanno lasciato buchi così grandi che ancora non sì è in grado di stimarli. Tremonti parlava in TV di pezzi di carta spacciati per titoli per un valore pari a 12 volte e mezzo il PIL mondiale.
Ma è mai possibile che il capitalismo, dopo secoli di esistenza, sia approdato alla dottrina Sucato? La scuola di pensiero monetarista teorica della libertà assoluta del mercato e della sua divina capacità di produrre ricchezza e benessere è clamorosamente fallita, ma non c'è uno solo, tra i tanti pennivendoli che
ne hanno lodato le virtù ed i miracoli, che l'abbia ammesso!!
La Fiat bussa a quattrini. Sessanta mila lavoratori fuori se lo Stato non interviene con aiuti consistenti. Nello stesso tempo si chiedono ai lavoratori sacrifici oramai insopportabili dato l'infimo livello delle loro retribuzioni. La formula è: più lavoro e meno salario!! Una formula micidiale che aggraverà ancora di più la crisi.
Naturalmente non si parla degli stipendi dei managers che, crisi o non crisi, si ritagliano una fetta consistente del PIL nazionale. I managers delle aziende private si fissano stipendi e benefict e li scaricano nei bilanci. Gli azionisti non sono in grado di intervenire per frenarli. Pagano e magari poi si trovano con carta straccia al posto di azioni come quelli dell'Alitalia. I managers pubblici hanno un problema opposto a quello che viene ingiunto ai lavoratori: non vogliono tetti, cioè limiti ai loro guadagni. Mastella a suo tempo fece un casino per evitare che si stabilissero tetti!! Naturalmente qui non sono gli azionisti a pagare ma gli utenti dei servizi acqua,trasporti,netturbe.
Insomma ventidue milioni di lavoratori con stipendi e salari diminuiti di circa il trenta per cento nel corso degli ultimi venti anni non sono più consumatori che dell'essenziale per la loro sopravvivenza. Se invece di dare soldi alle imprese e finanziare ammortizzatori sociali che si riducono ad elemosine si facesse una coraggiosa politica di aumento degli stipendi e dei salari e delle pensioni le cose andrebbero meglio. Insomma, l'obiettivo dovrebbe essere il livellamento dei salari, delle retribuzioni e delle pensioni italiane alla media europea. Questo sarebbe il più efficace provvedimento anticrisi dal momento che trattasi di una crisi di sovrapproduzione per mercato debole.
La regolarizzazione dei cinque milioni di precari pagati a meno di mille euro al mese, la trasformazione dei loro contratti a tempo indeterminato sarebbe un raggio di sole in un mondo di infelici che non possono progettare ed organizzare il loro futuro soggetti a al ricatto dei contratti a termine.
Il danno apportato all'economia ed alla prosperità degli italiani dalla legge Biagi è immenso: si è oscurato il futuro, abolita la speranza e depresso il mercato.
Aumento dei salari e abolizione del precariato sono le misure sociali che risulterebbero le più efficaci per dare adrenalina al sistema produttivo italiano.. Invece tutti pensano a dare soldi ai pescecani compresi i sindacati che si limitano ad invocare i cosidetti ammortizzatori sociali come se fossimo in un periodo di ordinaria amministrazione.
Pietro Anconahttp://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
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martedì 27 gennaio 2009

la cgil firmerà

IL Partito Democratico lavora per fare firmare la CGIL con impegno degno di
miglior causa
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Il Partito Democratico si è guardato bene dall'esprimere un giudizio
sull'accordo separato che praticamente fa fuori il contratto collettivo
nazionale di lavoro. La retribuzione avrà negli accordi locali, che
potrebbero anche essere individuali, la sua sostanza. Non c'è niente di
nuovo sotto il sole: si tratta di cottimo, di staglio, chiamiamolo come
vogliamo ma è lavoro pagato a misura di quanto produce. E' difficile che la
contrattazione di questi cottimi avverra' con un intervento bilaterale
paritario. Nella stragrande maggioranza delle aziende sarà il datore di
lavoro a stabilire come ed in che misura pagare. Dal momento che il ccnl
diventa sempre più insignificante per il salario avremo un generalizzato
prolungamento degli orari di lavoro. Naturalmente le aziende meno forti
avranno più difficoltà delle altre a reggere ad un regime di produttività
spinta. Reagiranno costringendo i dipendenti a lavorare molto di più per
"tariffe" inferiori a quelle delle aziende più
dotate.
Il Partito Democratico ha costituito un gruppo composto da Letta, Damiano e
Treu. Trattasi di tre esponenti della stessa scuola giuslavorista della
destra. Non la pensano molto diversamente da Sacconi, Boeri, Cazzola,lo
stesso Ichino è bipartisan ed è ossessionato dall'art.18 che vuole
eliminare. Insomma lo scopo è quello di costringere la CGIL alla firma come
è stato fatto per gli accordi di welfare con il governo Prodi, per
l'Alitalia. Il tutto potrebbe avvenire nel corso dei prossimi due mesi,
subito dopo gli scioperi, magari come risposta "positiva" agli stessi. Ma il
pitone CGIL dovrà inghiottire il prodotto più indigesto della storia sociale
italiana: un prodotto che sostanzialmente trasforma il Sindacato, come ha
detto Sacconi, da conflittuale a collaborativo. Si sta creando la base
materiale di questa trasformazione con il maggiore peso attribuito agli enti
bilaterali che hanno dato vita già ad una burocrazia bipartisan che ha una
cultura "nuova".
L'accordo già firmato da Confindustria CIsl UIL ed altre associazioni è
impregnato da una forte ideologia di suprematismo degli interessi aziendali
su tutto. Sarà ancora più difficile scioperare e sapienti conoscitori del
diritto hanno aperto la strada per impedire qualsiasi difesa al lavoratore o
al gruppo di lavoratori che si ritenesse leso nei propri diritti. Insomma è
stato studiato per armare di una pesante corazza di titanio il padronato e
denudare completamente il dipendente che avrà le mani legate, sarà solo,
dovrà o prendere o lasciare senza discutere. Una legislazione che sta
facendo piazza pulita del potere di intervento della magistratura e che
riduce a zero le possibilità di conciliazione. Lo Statuto dei Diritti dei
Lavoratori ha avuto il suo funerale e l'Italia diventa il Paese europeo con
meno tutele per le persone che lavorano che, non dimentichiamo, sono sempre
oltre venti milioni.
La crisi venuta dagli USa e che ha già travolto l'Europa sarà usata con
molto cinismo per portare la CGIL a Canossa. E' molto ipocrita e falso
ritenere che i diritti dei lavoratori possano essere di ostacolo alla lotta
alla crisi che si combatte su piani in cui il costo del lavoro non è
certamente il fattore più importante. Ma insomma rischiamo di avere l'accusa
ai lavoratori financo di essere poco patriottici meno patriottici dei
lavoratori americani che, sottomessi a sindacati che già da molto tempo
"collaborano" con le imprese. Potrebbe essere vero, come io penso, il
contrario: stabilità, salari decenti, pensioni decenti, potrebbero aiutare
in modo potente la ripresa dal momento che nessuno compra una macchina nuova
o cambia un mobile o il vestito se deve pensare a come sfamarsi fino alla
fine del mese.
Pietro Ancona
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Rosa Luxemburg ricordata da MRS (Movimento Radicali di sinistra)

90 anni fa: Rosa, Karl e la repressione che preannunciò il nazismo
Scritto da MRS
domenica 25 gennaio 2009
Come ogni anno, ma con particolare intensità ed emozione in questo 90° anniversario, migliaia di persone hanno commemorato a Berlino l’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, con cui si chiuse il tentativo rivoluzionario “spartachista” del gennaio 1919. Prima di essere barbaramente trucidata dalla soldataglia già in odore di nazismo, scatenata contro gli insorti dal governo socialdemocratico, la Luxemburg pronunciò un appassionato discorso in occasione del congresso di fondazione del partito comunista tedesco. Ne riproduciamo i passi più importanti, dai quali traspare, oltre all’incredibile energia di questa donna straordinaria, una serie di lucidissime intuizioni: il fallimento della socialdemocrazia (prima e dopo la guerra mondiale), il militarismo tedesco tutt’altro che finito, la necessità del socialismo per scongiurare l’incombere di una vera e propria “dittatura” (ciò che sarà appunto il regime hitleriano, di cui Rosa e Karl furono in sostanza le prime vittime) ma anche l’errore di impazienza e superficialità commesso dai suoi compagni, avviati verso un tragico destino che Rosa sembra presentire, ma che sceglie nondimeno di condividere fino in fondo.

Compagni e compagne, se noi oggi ci accingiamo a discutere e ad approvare il nostro programma, ciò non dipende soltanto dalla circostanza formale che ieri ci siamo costituiti in nuovo partito autonomo e che un nuovo partito dovrebbe approvare ufficialmente un programma. Alla base dell'odierna discussione del programma stanno grandi eventi storici, cioè il fatto che noi ci troviamo in un momento in cui il programma socialista dev'essere posto su una nuova base.
Dopo che Marx ed Engels, in seguito alle delusioni della rivoluzione del 1848, ebbero abbandonato il convincimento che il proletariato fosse immediatamente e direttamente in grado di realizzare il socialismo, sorsero in ogni paese dei partiti socialdemocratici, che accolsero un punto di vista totalmente diverso. Fu proclamato compito immediato la minuta lotta quotidiana sul terreno politico ed economico onde addestrare a poco a poco gli eserciti proletari destinati a realizzare il socialismo, quando lo sviluppo capitalistico fosse giunto a maturità. Questo rovesciamento di posizione, questo radicale spostamento della base programmatica del socialismo, rivestì, specialmente in Germania, un aspetto molto caratteristico. Per la socialdemocrazia tedesca infatti, fino al suo crollo del 4 agosto 1914, faceva testo il programma di Erfurt nel quale erano posti in primo piano i cosiddetti compiti minimi immediati e il socialismo era fatto balenare soltanto come una lontana stella luminosa, come una meta ultima.
Compagni, di fronte ai mutamenti che lo sviluppo storico ha nel frattempo determinato, noi abbiamo il dovere di intraprendere con piena chiarezza e coscienza una revisione della concezione che ha dominato nella socialdemocrazia tedesca fino al crollo del 4 agosto. Da quando, nel 1895, la guida teorica passò dalle mani di Engels a quelle di Kautsky, abbiamo assistito al fenomeno che ogni ribellione contro il "nient'altro che parlamentarismo" - la ribellione che a ogni congresso veniva da sinistra, portata da un gruppo più o meno numeroso di compagni che erano in aspra lotta contro l'impantanamento le cui minacciose conseguenze dovevano essere a tutti rese chiare - fu bollata come anarchismo, anarcosocialismo, o almeno come antimarxismo. Il marxismo ufficiale doveva servire da copertura per ogni calcolo meschino, per ogni deviazione dalla vera lotta di classe rivoluzionaria, per ogni mediocrità che condannava la socialdemocrazia e in generale il movimento operaio, anche sindacale, a deperire nella cornice e sul terreno della società capitalistica, senza alcun serio sforzo per scuoterla e scardinarla.
Ora, compagni, viviamo oggi il momento in cui possiamo dire: siamo di nuovo con Marx, sotto la sua bandiera. Se oggi noi dichiariamo nel nostro programma: il compito immediato del proletariato non è altro che fare del socialismo verità e realtà e sradicare completamente il capitalismo, noi ci mettiamo sul terreno su cui stavano Marx ed Engels nel 1848 e dal quale essi non si scostarono mai in linea di principio. Adesso si vede che cos'è il marxismo vero e che cosa era questo surrogato che per tanto tempo si pavoneggiò come marxismo ufficiale nella socialdemocrazia tedesca.
Voi vedete nei suoi rappresentanti dove è andato a finire questo marxismo. Là noi vediamo i rappresentanti ufficiali della dottrina che per decenni ci è stata ammannita come marxismo genuino e non adulterato. No, il marxismo non portava a fare politica controrivoluzionaria insieme agli Scheidemann. Il marxismo vero lotta anche contro coloro che cercano di falsificarlo, esso scava come talpa le fondamenta della società capitalistica e ci ha portato al punto che oggi la parte migliore del proletariato tedesco marcia sotto la nostra bandiera, sotto la bandiera rossa della rivoluzione, e noi abbiamo seguaci e futuri compagni di lotta là dove pare che domini ancora la controrivoluzione.
Compagni, guidati dal corso della dialettica storica e arricchiti da tutto lo sviluppo capitalistico verificatosi negli ultimi 70 anni, noi stiamo oggi, come ho già detto, nel punto medesimo in cui si trovavano Marx ed Engels nel 1848, quando essi per la prima volta spiegarono la bandiera del socialismo internazionale.
Settant'anni di sviluppo del capitalismo sono stati sufficienti a portarci così lontano che noi oggi possiamo seriamente pensare a eliminare il capitalismo dal mondo. Più ancora: non soltanto noi siamo oggi in grado di assolvere a questo compito, non soltanto questo è il nostro dovere verso il proletariato, ma soprattutto il suo adempimento è oggi la sola speranza di salvezza per l'esistenza della società umana. Poiché, compagni, che altro questa guerra ha lasciato sopravvivere della società borghese, se non un cumulo enorme di rovine? Formalmente tutti i mezzi di produzione e anche moltissimi strumenti di potere quasi tutti decisivi sono ancora nelle mani della classe dominante: su ciò non ci facciamo illusioni. Ma tutto ciò che con essi si può fare, all'infuori di spasmodici tentativi di ristabilire lo sfruttamento mediante bagni di sangue, altro non è che caos. Si è andati così lontano che ormai il dilemma innanzi a cui si trova l'umanità si presenta così: o il tramonto nel caos o la salvezza per opera del socialismo. Le classi borghesi sono nell'impossibilità di trovare una qualsiasi via d'uscita dalle conseguenze della guerra mondiale, che rimanga sul terreno del loro dominio di classe e del capitalismo. E cosi è accaduto che noi oggi viviamo nel più preciso significato della parola la verità che appunto Marx ed Engels per la prima volta hanno enunciato come base scientifica del socialismo in quel documento grandioso che è il Manifesto comunista: il socialismo diventerà una necessità storica. Il socialismo è diventato una necessità, non solo perché il proletariato non vuol più vivere nelle condizioni di vita che gli riservano le classi capitalistiche, ma anche perché, se il proletariato non adempie al suo dovere di classe e non realizza il socialismo, la rovina sovrasta tutti noi assieme.
Ora, compagni, questa è la base generale su cui poggia il nostro programma, che noi oggi adottiamo ufficialmente. Esso si trova in cosciente opposizione alla separazione delle rivendicazioni immediate, cosiddette minime, per la lotta politica ed economica, dallo scopo finale socialista considerato come un programma massimo. Per noi non esiste ora nessun programma minimo e massimo: il socialismo è tutt'uno, e questo è il minimo che noi oggi dobbiamo riuscire a realizzare.
Compagni, il nostro odierno congresso, che anzi, come credo di poter affermare con orgoglio, è il congresso costitutivo dell'unico partito rivoluzionario socialista del proletariato tedesco, questo congresso viene per caso a coincidere, o piuttosto, se devo essere precisa, niente affatto per caso, con una svolta nello sviluppo della stessa rivoluzione tedesca. Si può affermare che con gli avvenimenti degli ultimi giorni la fase iniziale della rivoluzione tedesca è conclusa, che noi ora entriamo in un secondo più avanzato stadio dello sviluppo, e che è dovere di noi tutti, e in pari tempo fonte di una migliore e più approfondita conoscenza per il futuro, esercitare l'autocritica, affrontare un serio esame critico di quel che abbiamo fatto, operato e trascurato per accrescere la nostra capacità di procedere oltre.
Vogliamo gettare uno sguardo indagatore sulla prima fase testé conclusa della rivoluzione. Il suo punto di partenza fu il 9 novembre. Il 9 novembre fu una rivoluzione piena di incertezze e di debolezze. Non dobbiamo meravigliarcene. Era la rivoluzione che sopravveniva dopo i 4 anni di guerra, dopo 4 anni durante i quali il proletariato tedesco, grazie all'educazione ricevuta dalla socialdemocrazia e dai liberi sindacati, ha mostrato una tale dose di ignominia e di rinnegamento dei suoi doveri socialisti, di cui non v'è esempio in nessun altro paese. Non ci si può attendere, se si rimane sul terreno dello sviluppo storico - e noi lo facciamo proprio in quanto marxisti e socialisti - che nella Germania che ci ha offerto il quadro pauroso del 4 agosto e dei quattro anni successivi, si potesse vedere di colpo il 9 novembre 1918 una grandiosa rivoluzione classista, cosciente dei suoi fini; e quel che noi abbiamo vissuto il 9 novembre era per tre quarti piuttosto il crollo dell'imperialismo esistente che la vittoria di un nuovo principio. Era semplicemente venuto il momento in cui l'imperialismo, come un colosso dai piedi d'argilla e internamente marcio, doveva crollare; e quel che venne dopo fu un movimento più o meno caotico, senza direttive, assai poco cosciente, in cui il legame unitario, il principio permanente di salvezza, era riassunto in un'unica parola d'ordine: la formazione dei consigli degli operai e dei soldati. Questa è la parola d'ordine dell'attuale rivoluzione, che le ha dato subito la impronta particolare della rivoluzione proletaria socialista, nonostante tutte le insufficienze e debolezze del primo momento.
Noi possiamo dire con certezza: in qualsiasi paese dopo la Germania venga a scoppiare la rivoluzione proletaria, il suo primo gesto sarà la formazione dei consigli operai. Appunto in ciò noi abbiamo il legame unitario internazionale della nostra avanzata, questa è la parola d'ordine che distingue nettamente la nostra rivoluzione da tutte le precedenti rivoluzioni borghesi, ed è assai caratteristico per le contraddizioni dialettiche, in cui si muove questa, come del resto tutte le rivoluzioni, che essa già al 9 novembre nel lanciare il suo primo grido, si potrebbe dire il suo vagito, abbia trovato la parola che ci guida al socialismo: consigli degli operai.
In ciò da un lato è il segno che l'attuale rivoluzione sta sotto la legge prepotente della necessità storica la quale ci garantisce che passo passo giungeremo alla nostra meta nonostante tutte le difficoltà, gli imbrogli e i veri e propri misfatti; ma d'altro lato, confrontando la chiarezza della parola d'ordine con la prassi inadeguata che vi è associata, va detto che questi erano proprio i primi passi infantili della rivoluzione, la quale ha ancora uno sforzo immenso da compiere e un lungo cammino da percorrere per svilupparsi fino alla piena realizzazione delle sue prime parole d'ordine.
Compagni, questa prima fase dal 9 novembre fino ai giorni scorsi è caratterizzata da illusioni in ogni direzione. Che cosa può caratterizzare meglio l'intima debolezza della rivoluzione del 9 novembre se non il suo primo risultato, che alla testa del movimento si siano posti uomini che due ore prima dello scoppio della rivoluzione avevano considerato loro dovere di aizzare contro di essa e di renderla impossibile: gli Ebert-Scheidemann con Haase! Il cosiddetto governo “socialista” ha il compito in realtà di tenere a freno le masse e soffocare la rivoluzione socialista. Tutte le illusioni si sono dileguate nel nulla. Si è visto che l'unione di Haase con Ebert-Scheidemann sotto l'insegna del socialismo non significava altro in realtà che una foglia di fico su una politica semplicemente controrivoluzionaria. Fu il sangue delle vittime della Chausséstrasse il 6 dicembre, il sangue dei marinai trucidati il 24 dicembre, che ha suggellato per le grandi masse questa conoscenza e questa verità; quel che avete incollato assieme come un cosiddetto governo “socialista” non è altro che un governo della controrivoluzione borghese, e chi tollera ancora questa situazione, lavora contro il proletariato e contro il socialismo.
Non v'è nulla che sia altrettanto dannoso alla rivoluzione come le illusioni, non v'è nulla che le sia più utile della chiara, aperta verità. Io posso richiamarmi all'opinione di un classico dello spirito germanico, che non fu un rivoluzionario del proletariato, ma un rivoluzionario intellettuale della borghesia: io penso a Lessing che in uno dei suoi ultimi lavori, quando era bibliotecario a Wolfenbúttel, ha scritto queste frasi per me molto interessanti e simpatiche: «Io non so se sia dovere sacrificare la felicità e la vita alla verità... Ma so che, quando si vuole insegnare la verità, è dovere insegnarla tutta o niente, insegnarla chiara e tonda, senza enigmi, senza riserve, con piena fiducia nella sua forza... Perché quanto più grossolano è l'errore, tanto più breve e diritta è la via alla verità; per contro l'errore più raffinato ci può tenere eternamente lontani dalla verità, quanto più difficilmente ci appare chiaro che è un errore... Chi pensa di portare all'uomo verità soltanto sotto maschere o vernici di ogni specie, potrà ben essere il suo ruffiano ma certamente non ne è stato mai innamorato».
Compagni, i signori Haase, Dittmann ecc. hanno voluto portare all'uomo la rivoluzione, la merce socialista, sotto maschere e vernici d'ogni genere; essi si sono rivelati i ruffiani della controrivoluzione. Oggi noi siamo liberi da queste doppiezze, la merce sta innanzi alla massa del popolo tedesco nella brutale e massiccia figura del signor Ebert e di Scheidemann. Oggi neppure il più ottuso può disconoscerla: ecco la controrivoluzione in carne ed ossa.
Con la commedia della politica socialista la finiranno molto presto; e se voi leggete il nuovo programma di questi signori, vi accorgerete che nella seconda fase procedono a tutto vapore verso l'aperta controrivoluzione o, per meglio dire, verso la restaurazione delle precedenti condizioni prerivoluzionarie. Per rafforzare la propria posizione presso l'unica classe di cui esso rappresenta realmente gli interessi, la borghesia, il governo si vedrà costretto a condurre una politica controrivoluzionaria sempre più violenta. Dalle richieste pubblicate oggi nei giornali di Berlino, emerge chiaramente il desiderio di rafforzare, come si dice, la sicurezza del Reich tedesco, ciò che in buon tedesco significa introdurre lo stato d'assedio contro gli elementi "anarchici", "rivoltosi", "bolscevichi", in altre parole socialisti. Ebert e Scheidemann saranno spinti dalle circostanze alla dittatura con o senza stato d'assedio. Ma da ciò deriva che noi, appunto a cagione dell'evoluzione precedente e della logica stessa delle cose, a cagione della necessità di violenza che pesa su Ebert-Scheidemann, giungeremo, nella seconda fase della rivoluzione, a vedere contrasti molto più aspri e lotte di classe molto più accese di quanto non sia stato finora.
Solo nelle ultime settimane gli scioperi hanno cominciato a estendersi notevolmente in modo del tutto spontaneo. Noi vogliamo ora proclamarlo: è proprio nella natura di questa rivoluzione che gli scioperi si sviluppino sempre di più, che essi debbano diventare sempre più il punto centrale, il momento fondamentale della rivoluzione. Questa è allora una rivoluzione economica e con ciò diventa una rivoluzione socialista. Ma la lotta per il socialismo può essere combattuta soltanto dalle masse, immediatamente, petto contro petto con il capitalismo. Solo allora sarà una rivoluzione socialista.
Certo coloro che non pensano si rappresentavano diversamente il corso delle cose: si credeva che sarebbe stato necessario soltanto rovesciare il vecchio governo e porre in sua vece un governo socialista, poi si sarebbero emanati i decreti che instauravano il socialismo. Anche questa non era che un'illusione. Il socialismo non può esser fatto mediante decreti, neppure da un governo socialista radicale. Il socialismo dev'esser fatto dalle masse, da ciascun proletario. Là dove essi sono legati alla catena del capitale, là dev'essere spezzata la catena. Solo questo è socialismo, solo così il socialismo può essere attuato.
Io vorrei anche qui affermare vigorosamente, possiamo dirlo con orgoglio e nessuno lo contesterà: noi della Lega di Spartaco, il Partito comunista della Germania, siamo i soli ad essere dalla parte degli operai che scioperano e che lottano. Deriva da ciò che nella prossima fase della rivoluzione gli scioperi non solo si estenderanno sempre più, ma saranno al centro, nel punto nevralgico della rivoluzione, respingendo in secondo piano i problemi meramente politici. Assisterete così a un enorme inasprimento della situazione sul terreno della lotta economica, giacché in questo modo la rivoluzione giunge al punto in cui non si scherza più con la borghesia. La borghesia può concedersi delle mistificazioni sul terreno politico, dove una mascherata è ancora possibile, dove gente come Ebert-Scheidemann può ancora presentarsi con etichetta socialista, ma non là dove è in gioco il profitto. Allora essa porrà il governo Ebert-Scheidemann davanti all'alternativa: o farla finita con gli scioperi, ed eliminare la minaccia di soffocamento che questo movimento di scioperi rappresenta per essa, oppure i signori Ebert-Scheidemann saranno bell'e liquidati. Essi saranno sommersi o per far posto a un tentativo di controrivoluzione che si raccoglie alla rinfusa o per un'esplicita dittatura militare sotto Hindenburg, oppure dovranno cedere il passo alle altre forze controrivoluzionarie.
Noi dovremo difendere insieme con il socialismo e con gli interessi della rivoluzione anche gli interessi della pace mondiale, e questa è proprio la conferma della tattica che soltanto noi spartachisti abbiamo sostenuto in ogni occasione durante i 4 anni di guerra. Pace significa rivoluzione mondiale del proletariato! Non v'è altra via per ristabilire e garantire realmente la pace che la vittoria del proletariato socialista.
Tuttavia vorrei ricordare alcune insufficienze della rivoluzione tedesca che non sono state superate con la prima fase, ma mostrano chiaramente che noi purtroppo non siamo ancora in grado di assicurare la vittoria del socialismo rovesciando il governo. Io ho cercato di spiegarvi che la rivoluzione del 9 novembre fu soprattutto una rivoluzione politica, mentre essa deve ancora diventare una rivoluzione essenzialmente economica. Ma essa è stata anche una rivoluzione soltanto cittadina, la campagna è rimasta finora pressoché immobile. Sarebbe un'illusione sperare di realizzare il socialismo senza l'agricoltura. In generale l'industria non può essere trasformata nel senso dell'economia socialista senza un'immediata combinazione con un'agricoltura socialisticamente organizzata. Il concetto più importante dell'ordinamento economico socialista è l'eliminazione del contrasto e della separazione fra città e campagna. Questa separazione, questa opposizione, questo contrasto è un fenomeno puramente capitalistico che dev'essere subito eliminato se ci vogliamo porre da un punto di vista socialista. Se vogliamo operare sul serio una trasformazione socialista, voi dovete rivolgere la vostra attenzione tanto alla campagna quanto ai centri industriali, e qui purtroppo non siamo neppure al principio del principio. Questo lavoro dev'essere fatto seriamente non solo per la considerazione che senza l'agricoltura non possiamo socializzare, ma anche perché, quando poco fa abbiamo enumerato le ultime riserve della controrivoluzione contro di noi e contro i nostri sforzi, noi non abbiamo tenuto conto di un'importante riserva, che sono i contadini. Proprio perché essi finora sono rimasti immobili, sono ancora una riserva per la borghesia controrivoluzionaria. E la prima cosa ch'essa farà, se la fiamma dello sciopero socialista le brucia le calcagna, sarà la mobilitazione dei contadini, di questi fanatici sostenitori della proprietà privata. Contro questa minacciosa forza controrivoluzionaria non c’è altro mezzo che portare la lotta di classe nelle campagne, mobilitando contro i contadini benestanti il proletariato senza terra e i piccoli contadini.
Da ciò si deduce quel che dobbiamo fare per assicurare le premesse necessarie al buon esito della rivoluzione, e io vorrei perciò riassumere così i nostri compiti immediati: dobbiamo in futuro prima di ogni altra cosa sviluppare in tutte le direzioni il sistema dei consigli operai. Voi sapete che una demolizione continua del sistema dei consigli degli operai e dei soldati è stata intrapresa dalla controrivoluzione. In Assia il governo controrivoluzionario li ha generalmente soppressi, in altri posti sono stati strappati loro di mano gli strumenti di potere. Noi perciò non dobbiamo soltanto sviluppare questo sistema ma dobbiamo introdurvi anche gli operai agricoli e i piccoli contadini. Noi dobbiamo scavare dal basso lo Stato borghese non più dividendo ma unificando potere pubblico, legislazione e amministrazione, e portarli ovunque nelle mani dei consigli degli operai.
Compagni, è un immenso campo che dobbiamo arare. Dobbiamo prepararci dal basso a dare ai consigli degli operai una tale potenza che, se il governo Ebert-Scheidemann o un altro simile viene rovesciato, questo sia soltanto l'atto conclusivo. La conquista del potere non si realizza tutta d'un colpo ma progressivamente, incuneandosi nello Stato borghese fino a occuparne tutte le posizioni e a difenderle con le unghie e con i denti. E la stessa lotta economica, secondo la mia concezione, dev'essere condotta mediante i consigli operai. Anche la direzione delle lotte economiche da avviare su strade sempre più ampie dev'essere nelle mani dei consigli operai. I consigli operai devono avere tutto il potere nello Stato. Dobbiamo lottare passo a passo, corpo a corpo, in ogni Stato, in ogni città, in ogni villaggio, in ogni comune, per trasferire ai consigli degli operai tutti gli strumenti del potere statale che devono essere pezzo a pezzo strappati alla borghesia. Ma per questo anche i nostri compagni, per questo i proletari devono essere dapprima educati. Anche là dove i consigli degli operai esistono, manca la coscienza dei compiti a cui essi sono chiamati. Noi dobbiamo innanzitutto insegnare alle masse che il consiglio degli operai deve diventare in tutte le direzioni la leva del meccanismo statale, che esso deve assumere tutti i poteri e convogliarli tutti nella medesima corrente della rivoluzione socialista. Da ciò sono ancora mille miglia lontane quelle stesse masse operaie che sono già organizzate in consigli degli operai, fatta eccezione naturalmente di piccole minoranze di proletari che hanno chiara coscienza dei loro compiti. Ma è esercitando il potere che una massa impara a esercitarlo. Non c'è nessun altro mezzo di insegnarglielo. I proletari si educano gettandosi all'azione.
Secondo me la storia non ci fa le cose così comode come nelle rivoluzioni borghesi, quando bastava rovesciare al centro il potere ufficiale e sostituirlo con una dozzina di uomini nuovi. Noi dobbiamo lavorare dal basso e questo corrisponde precisamente al carattere di massa della nostra rivoluzione, i cui scopi vanno al fondo della costituzione sociale; risponde al carattere dell’odierna rivoluzione proletaria il fatto che noi dobbiamo conquistare il potere politico non dall'alto ma dal basso. Il 9 novembre rappresentò il tentativo di abbattere il potere borghese, il dominio di classe - un debole, incompiuto, incosciente, caotico tentativo. Quel che ora si deve fare è di dirigere con piena coscienza tutta la forza del proletariato contro le principali fortezze della società capitalistica. In basso, dove ciascun imprenditore ha di fronte a sé i suoi schiavi salariati, in basso dove tutti gli organi esecutivi del dominio politico di classe si trovano di fronte all'oggetto del loro dominio, alle masse, là dobbiamo passo passo strappare dalle mani dei nostri dominatori i loro strumenti di potere e porli nelle nostre mani. Disegnato in questo modo, il processo appare forse un tantino più lungo di quanto si sarebbe inclini a raffigurarselo in un primo momento. lo credo salutare per noi porci innanzi agli occhi con piena chiarezza tutte le difficoltà e complicazioni di questa rivoluzione. Giacché io spero che la descrizione delle grosse difficoltà e dei compiti che ci si ammassano dinanzi non operi su nessuno di voi, come non opera su di me, nel senso di raffreddare la vostra energia; al contrario, quanto più gravoso è il compito, tanto più raccoglieremo tutte le forze, e non dimentichiamolo: la rivoluzione sa attuare la propria opera con enorme celerità. lo non mi accingo a profetizzare quanto tempo occorra per questo processo. Chi di noi sta a fare i conti, che c'importa se la nostra vita basta appena allo scopo? Importa soltanto che noi sappiamo con chiarezza e precisione quel che si deve fare; e che cosa ci sia da fare io spero di averlo detto nelle sue linee fondamentali, con le mie deboli forze.
(Rosa Luxemburg)

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Commenti (4)

1. 25-01-2009 17:21
Migliaia in piazza ieri a Berlino per commemorare Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, i rivoluzionari leader del socialismo tedesco assassinati il 15 gennaio 1919 nel corso dei moti spartachisti. Numerose personalità della sinistra, compresi dirigenti del partito «Die Linke», hanno deposto corone di fiori sulle tombe nel cimitero di Friedrichsfelde, nella parte orientale di Berlino.(Reuters)Quote:
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Registrato
Giancarlo

2. 25-01-2009 17:25
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di Oskar Lafontaine (LINKE)

Ogni partito ha bisogno di personalità di spicco e di modelli per la sua autodefinizione programmatica e culturale. Come ogni anno nel mese di gennaio, decine di migliaia di persone hanno onorato Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht nell’anniversario del loro assassinio. Un mare di fiori rossi per ricordare la donna e l’uomo le cui convinzioni politiche sono ancora oggi alla base della nostra politica. Rosa Luxemburg ha sintetizzato in modo geniale il nesso inseparabile fra libertà, democrazia e socialismo: la libertà senza uguaglianza è sfruttamento, l’uguaglianza senza libertà è oppressione. Senza democrazia non c’è socialismo e senza socialismo non c’è democrazia. La donna politica purosangue, l’oratrice irresistibile ha analizzato, come nessun altro, la rivoluzione tedesca del 1918-19 e i motivi del suo fallimento. Sulla “Rote Fahne” (Bandiera rossa) lamentava la disonestà della SPD (Partito socialdemocratico), l’indecisione della USPD (Partito socialdemocratico indipendente) e l’imbarazzo dei dirigenti della rivoluzione. Si attirò l’odio mortale di coloro che i suoi articoli mettevano a nudo. L’eredità di Karl Liebknecht è ”abbasso la guerra”.
Il 2 dicembre 1914, Liebknecht fu il solo a votare nel Reichstag contro la concessione dei crediti per finanziare la guerra. Oggi non possiamo immaginare di quale coraggio dovesse dar prova per proseguire per la sua strada di fronte all’entusiasmo per la guerra in Germania e all’atmosfera che regnava nel Reichstag. Incarnò in seguito, in Germania e all’estero, la protesta contro la guerra. L’assassinio di Rosa e Karl fu progettato e sistematicamente perpetrato. Nel dicembre 1918 sui muri di Berlino vi erano manifesti che invitavano a “uccidere Liebknecht”: “Centinaia di morti proletari / Karl, Rosa, Radek ed i loro compari / nessuno di loro è fra i morti proletari”. Questi versi furono pubblicati dal giornale socialdemocratico Vorwärts (Avanti) il 13 gennaio 1919 e il socialdemocratico Noske diede l’ordine che portò alla cattura e all’assassinio di Luxemburg e Liebknecht. L’assassinio del 15 gennaio 1919 fu il preludio delle migliaia di omicidi dei mesi seguenti nel periodo di Noske, dei milioni di assassini degli anni successivi nel periodo di Hitler. Sebastian Haffner ha scritto che questo crimine è ancora impunito e illumina con la sua luce incandescente il presente tedesco come un raggio laser.
Nello spirito di Luxemburg e Liebknecht la nuova sinistra analizza gli errori dei tentativi di socialismo falliti. Coltiva la memoria delle vittime dello stalinismo. Ma c’è ben altro nell’eredità di Rosa e Karl: pensioni miserabili, bassi salari, bambini poveri seppelliscono anche oggi la democrazia; lo sfruttamento e l’emarginazione non sono eliminati. Sono sempre più numerosi coloro che non possono prender parte alla vita sociale. Non c’è democrazia senza socialismo.



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Giancarlo

3. 26-01-2009 23:02
90 anni fa: Rosa, Karl e la repressione
Mentre si legge questo lungo testo, e man mano che si procede, s'avverte la grande energia che questa donna eccezionale sprigionava, utilizzandola come veicolo per analisi e idee chiare da difendere, obiettivi da raggiungere, entusiasmi da conservare integri con il fermento e il calore propri degli ideali del socialismo. E in nome della verità, con la massima dedizione, non importa per quanto tempo...la giustizia sociale val bene tanto impegno!
http://www.radicalsocialismo.it
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parvati

4. 27-01-2009 19:45
l'Aquila tedesca
Lenin aveva grande rispetto di Rosa. La considerava un'aquila del pensiero marxista,una grande rivoluzionaria, una persona speciale, un capo naturale delle classi lavoratrici tedesca.
Fu uccisa in circostanze drammatiche, di grande violenza. Ma il suo pensiero si è radicato in profondità nella socialdemocrazia tedesca che è cosa ben diversa dallo spregevole governo che l'ha fatta uccidere da luridi sicari. Nel pensiero comunista il suo pensiero è rimasto estraneo dal momento che attraverso i testi
dell'istituto tipografico di Mosca abbiamo conosciuto soltanto le opere di Lenin, di Stalin e le criminalizzazioni delle tante correnti che il bolscevismo aveva generato.
In Italia c'è una sorta di venerazione ipocrita per Gramsci strumentalizzato dal PCI per giustificare le sue svolte e una incredibile nostalgia per Craxi con frequenti viaggi ad Hamamet e grandi preparativi per il decennale della morte.
Dobbiamo ripristinare la buona abitudine di
tenere viva la memoria dei grandi pensatori e dirigenti del socialismo magari con convegni e studi e incontri in luoghi che furono scanari delle loro storie.
Dobbiamo avere maggiore rispetto e maggiore fiducia di noi stessi che rappresentiamo la continuazione di un filo della storia italiana che si diparte dal settecento e continua a rinverdire sempre.
Infatti, per quanto terribili o ridicole possano essere le crisi della sinistra, le sue scissioni, a volte la sua letterale scomparsa, c'è qualcosa che rigermoglia sempre e mette nuove foglioline che danno speranza.
Pietro

lunedì 26 gennaio 2009

abolire i fondi pensioni. Ripristino pensione a riparto

abolire i fondi pensioni. Ripristino pensione a riparto

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Il liberismo ha destrutturato la società civile. ha fatto macerie del diritto del lavoro e vorrebbe privatizzare le istituzioni previdenziali dei lavoratori.
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La crisi investe i fondi pensione riducendone i rendimenti ma anche i valori nominali. Insomma si è aperto un processo che riduce a carta straccia accantonamenti per la anzianità dei lavoratori, fondi che sono costituiti da quello che una volta si chiamava salario differito. Alla prova della storia ( il termine non è altisonante) i lavoratori sono garantiti dalle istituzioni pubbliche che si sono create nel corso di processi virtuosi di evoluzione del diritto del lavoro e della contrattazione sindacale:
la privatizzazione della previdenza ha dato pessime prove di se e, nella migliore delle ipotesi, laddove riesce a dare un qualche beneficio il suo significato nel contesto generale quasi sempre negativo è insignificante. Quanti, spinti anche dalle organizzazioni sindacali hanno destinato il TFR (glorioso gruzzoletto che serviva per aiutare un figlio a sposarsi, integrare la pensione, concedersi qualcosa al tramonto della vita) ai fondi integrativi sono in grado oggi di tracciare una pesante riga rossa negativa. Forse non hanno più neppure quanto è stato e viene versato.
E' urgente chiudere tutti i fondi pensioni, sciogliere i consigli di amministrazione. Gli amministratori dei fondi pensione sono gli unici che hanno avuto benefici favolosi. Se mettiamo insieme il costo degli emolumenti dei consiglieri di amministrazione dei fondi pensioni avremo il tesoro di Ali Babà. Quando questi signori andranno in pensione avranno livelli apicali e si collocheranno tra i superprivilegiati. Se depuriamo i fondi pensioni dei costi degli amministratori e degli apparati che si sono creati avremo un Cristo spogliato di tutto....
E' urgente rimettere in discussione le due ultime riforme delle pensioni italiane. Queste hanno creato una situazione gravissima. Se fate il conto ad un lavoratore medio di quanto percepirà di pensione tra trenta anni vi renderete conto che non avrà il minimo per vivere.
Intanto Confindustria e destra guardano con cupidigia l'INPS ed anche l'INAIL. Sono golosi dei fondi che incamerano e che finora hanno garantito stabilità economica e sociale. Vogliono la privatizzazione dell'inps e dell'inail e accaparrarsi di una accumulazione e di un meccanismo giuridico che le lotte dei lavoratori sono riuscite a determinare con la collaborazione di giuslavoristi davvero illuminati, veri statisti della società coesa.
Le tante rovine creaate dalla legislazione recente del gruppo controriformatore trasversale di destra e di sinistra Da Sacconi a letta, da Biagi a Bersani non sono ancora riusciti a ridurre come la città di Gaza i diritti e le istituzioni sociali create. Ma è necessario non continuare a subire, a giocare di rimessa, a ridurre il danno, ma a chiedere un ripristino con restauro di un sistema pensionistico pubblico a cominciare dalla collocazione dei fondi pensioni dei sindacati dentro l'INPS.
Il sistema liberistico senza regole di Bush ha portato il mondo alla rovina. Il sistema liberistico con regole non garantisce che la parte sociale di cui è espressione e tende a distanziarsi dalla società dei poveri. Il ripristino ripensato alla luce della complessità sociale di oggi della legislazione basata su potenti istituzioni pubbliche dei lavoratori e sul ritorno della pensione a ripartizione garantirà una società più prospera, con meno debiti, più coesa, più fiduciosa del futuro. Un futuro che il capitalismo non solo non garantisce ma oscura di presagi terribili. Il mondo ha bisogno di socialismo e di un mercato soggetto non solo a regole ma anche a duri controlli pubblici.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it













http://new.bluerating.com/prodotti/33-in-vetrina/693-i-fondi-pensione-non-si-salvano-dalla-crisi.html
http://lavoro.economia.alice.it/racconti/crisi_fondipensione.html
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2008/10/covip-impatto-fondi-pensione.shtml?uuid=2edb53ae-95cf-11dd-90a6-de6808ab7dd1&DocRulesView=Libero
http://www.asca.it/news-FONDI_PENSIONE__COVIP__RENDIMENTI_2008_NEGATIVI__GLI_AZIONARI_-24_PERCENTO_-804939-ORA-.html
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avviso per i palermitani
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Per il ciclo La Costituzione. Storia e Progetto
mercoledì 28 gennaio ore 16.30
Steri, Sala Magna, piazza Marina, 61- Palermo
prima conversazione con Guglielmo Epifani e Alessandro Garilli
Il Lavoro (cfr News)

il giorno della memoria di tutti i martiri

Partecipo alla giornata della memoria ricordando i martiri della ferocia nazista e fascista su persone inermi colpevoli soltanto di appartenere ad una etnia, una religione, un gruppo politico, un genere sessuale. La memoria è necessaria dal momento che questa follia contro coloro che si ritengono diversi e come tali possono essere
maltrattati o soppressi ritorna in Europa, nel nostro Paese, nel mondo. L'Italia ricorda l'Olocausto nel modo peggiore con leggi sulla sicurezza che stabiliscono una discriminazione in base all' appartenenza etnica: una discriminazione odiosa che si è abbattuta e si abbatte sui rom e sugli stranieri che, se clandestini, vengono puniti maggiorando la pena di un terzo. L'Europa che ha assistito inerte al massacro della popolazione palestinese ed in particolare dei bambini deve ricordare che la stessa indifferenza c'era tra gli abitanti delle città vicine al lagers nazisti e che per molti anni di guerra si finse di ignorare i campi di concentramento gremiti di milioni di infelici pur avendone notizia attraverso le fonti militari. Qualcuno sostiene che la memoria è dannosa perchè tiene vivo l'odio ed è spesso causa di nuove tragedie. Io penso che la memoria sia necessaria, perchè serve ad insegnarci quanto possa diventare mostruosa la creatura umana se drogata da ideologie suprematiste e avendo la forza militare per imporle. Voglio sperare che assieme alle persone soppresse
a Buckenvald, ad Auschvitz e nei tanti campi di concentramento, noi italiani ricordiamo i lagers dove abbiamo soppresso migliaia di famiglie slave facendole morire di fame e di malattie o di percorse. Ricordiamo quindi non solo la ferocia nazista ma anche quella fascista verso popolazioni inermi della Jugoslavia e dell'Africa.
Pietro Ancona
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domenica 25 gennaio 2009

la canzone di gino paoli

Sono assai sconcertato per l'intervista che Fabio Fazio ha fatto ieri sera a Gino Paoli. In un certo senso ha sdoganato, nel modo peggiore possibile, un argomento assai scottante che riguarda l'esteso fenomeno della pedofilia nel nostro Paese. Io sono contrario ad ogni forma di censura ma credo che la libertà non debba mai essere disgiunta dalla responsabilità sempre e specialmente quanto si discute di fronte a milioni di persone che possono soltanto ascoltare e non intervenire. E quando si parla di un turpe reato contro la persona punito dal codice penale.
L'arte non può giustificare tutto quando non è limitata soltanto a coloro che scelgono di goderne ma messa a disposizione di tutti. Un grande scrittore triestino descrive l'episodio dello stupro di un bambino consenziente che avviene ad opera di un magazziniere. Ma la descrizione del turpe evento che lo scrittore alleggerisce con l'arte della sua scrittura può essere conosciuta soltanto da chi apre il libro e legge. Lo stesso non può dirsi della canzone di Gino Paoli che è assai meno poetica ed innocente di quanto si vuole fare apparire. Intanto la bambina è descritta come ha descritto i bambini "tentatori" un noto monsignore quando ha affermato "i bambini provocano". Si parla di una donna di undici anni e mezzo. Insomma una Lolita corrotta, una donna..... Dobbiamo accettare l'idea che una bambina di undici anni e mezzo è una donna? Questa idea ha uno scopo che è quello usato dai criminali pedofili: alleggerire la colpa. Insomma, tutto sommato, è una donna!! L'idea della bambina che abbraccia il pedofilo dopo l'infarto e lo carezza come un giocattolo che si sia guastato accredita l'idea di una volontà di unirsi al vecchio delusa come delude un giocattolo si cui si rompe il meccanismo.
Insomma la descrizione della bambina è tutt'altro che poetica. Gli occhi da pettirosso sono in funzione del meccanismo di un evento in cui la sequenza è scandita dalla gonna alzata del vestitino rosso e dal "salto del fosso" cioè dall'offerta di disponibilità corporale.
Sono sconcertato e scandalizzato di tutta questa storia e non condivido per niente il tono generale della intervista che tendeva a circondare di una coltre di poesia e di arte la storia. L'affermazione di Gino Paoli che si tratta di emozioni che ognuno percepisce secondo la sua sensibilità e che, insomma, chi non le percepisce come una delicata e struggente storia di arte e di poesia è sporco è particolarmente cinica ed inaccettabile.
Pietro Ancona




"Aveva gli occhi come un pettirosso/era una donna di undici anni e mezzo - recita il testo - si alzò la gonna per saltare il fosso/aveva addosso un vestitino rosso. Mentre passava in mezzo a quel giardino/di settant'anni incontrò un bambino/voleva ancora afferrare tutto/e non sapeva cos'é bello e cos'é brutto/e l'afferrò con cattiveria/lei si trovò le gambe in aria/lui che cercava cosa fare/c'era paura e c'era male". Il testo prosegue così: "E il male lo afferrò proprio nel cuore/come succede con il primo amore/e lei allora lo prese tra le braccia/con le manine gli accarezzò la faccia/così per sempre si addormentò per riposare/come un bambino stanco di giocare".

sabato 24 gennaio 2009

accordo contro i lavoratori

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Il no della CGIL che non abbandona il tavolo operatorio
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L'accordo firmato stasera dalle organizzazioni sindacali con quelle padronali e con il governo supera gli storici accordi di concertazione del 1993 che hanno finora presieduto alle relazioni contrattuali e di fatto nel mondo del lavoro ed apre una nuova fase, definita storica da Sacconi, in cui alla conflittualità, cioè al naturale rapporto dialettico capitale-lavoro, si sostituisce la "collaborazione" e si introducono elementi del tutto nuovi, corporativistici legati agli enti bilaterali, marchingegni che finora hanno gestito una parte limitata del salario (massimo 1%) ed hanno dato vita ad una burocrazia espressione dei firmatari dei contratti, e che diventeranno vere e proprie controparti dei lavoratori ai quali erogheranno parti del salario o dei finanziamenti governativi o altro. Non a caso la destra ha esultato alla firma degli accordi e la stessa Marcegaglia arriva addirittura a presentarli come migliorativi e più favorevoli ai lavoratori (sicc!!) e forse per questo suo spirito di amore per i lavoratori li ha firmati mentre i cattivoni della CGIL non hanno apprezzato ed hanno detto di no.
Non voglio sottovalutare l'importanza del no della CGIL ad una "riforma" che fa quasi carta straccia del diritto sindacale a cominciare dalla triennalizzazione della durata dei contratti e
alla destrutturazione a livello regionale della contrattazione e della stessa erogazione dei benefici previsti dalle leggi vigenti. Debbo però osservare che è un no di una Confedera-zione rimasta al tavolo della trattativa, partecipe di tutte le sue fasi e di tutti i suoi passaggi. Un no che somiglia molto alla astensione in Senato del PD sul federalismo fiscale. Un no
di chi non approva ma non rompe e sta dentro il negoziato fino alla fine. Il risultato è che la CISL e UIL hanno i vantaggi del collaborazionismo aperto e dichiarato, vantaggi che certamente fanno valere nelle relazioni con i poteri forti del Padronato e del Governo. Dei lavoratori importa assai poco. La CGIL viene lo stesso duramente attaccata dai falchi della Confindustria e del Governo ma il quadro politico apprezza il suo senso di "responsabilità"ma lo stesso non può dirsi dei lavoratori e dei loro sindacati di categoria che
tuttavia registrano una nuova involuzione, una sconfitta storica ben più grave di quella del 1993 alla quale l'opposizione che si manifesterà con uno sciopero ad aprile sarà sicuramente inefficace ed un modo per mettersi le carte apposto. Non abbiamo firmato ed abbiamo scioperato. Che volete di più? E' davvero strano che una frattura sociale cosi grave si compia in un clima di farplay in cui il tono della voce è sempre educato e basso nelle stanze dei palazzi sempre più lontani dai posti dove la gente lavora e spesso muore per un salario indecente e con sempre minori diritti.
Oramai tutta la contrattazione crea problemi e difficoltà soltanto ai lavoratori, non li tutela e li obbliga ad accettare condizioni sempre più pesanti sempre più umilianti. Non si scandalizzi nessuno se affermo che a fronte di accordi di questo genere forse sarebbe preferibile un regime assolutamente privo di sindacati confederali con poteri cosi estesi e stringenti. Quattro potenti Confederazioni che firmano accordi che diventano subito norme e leggi ed ingabbiano per sempre i lavoratori in una rete dalla quale sarà difficile liberarsi.
Pietro Ancona
sindacalista CGIL in pensione
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it


testo integrale accordo
http://www.affaritaliani.it/economia/contratti-testo-integrale230109.html

cinque ore

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Ho letto da qualche parte che la Presidente della Confindustria Emma Marcegaglia ha tentato in un incontro durato cinque ore di convincere Epifani a firmare la riforma dei contratti già accettata dalle altre confederazioni. Cinque ore alla fine delle quali Epifani ha confermato il no della Cgil.
Mi è venuto da pensare: perchè la Confindustria vuole a tutti i costi la firma della CGIL? Certamente non si tratta di una organizzazione filantropica che chiede ai possibili beneficiari della sua generosità di accettarla! Sappiamo bene come gli accordi di oggi peggioreranno le condizioni generali del rapporto di lavoro e con i meccanismi già adottati con la legge trenta si creeranno i fumus per sostanziali decurtazioni dei minimi salariali nelle regioni e nelle aziende. Inoltre avanza il processo di scardinamento dell'art.18 e dei contratti a tempo indeterminato. Oggi nasce una specie di diritto sindacale che è sopratutto diritto delle aziende alle quali bisognerà piegarsi dopo essere stati spogliati di ogni possibile tutela e possibilità di resistenza sindacale o legale.
Mi è venuto da pensare che cinquanta anni fa Giuseppe Di Vittorio intratteneva per cinque ore il Presidente della Confindustria Costa perchè aderisse ad un progetto di miglioramento
della condizione dei lavoratori italiani , riconoscesse loro diritti a cominciare da un salario equo.
Oggi siamo in un universo capovolto. E' la Confindustria che
ha interesse a ricevere dai sindacati quanto era stato da Di Vittorio in poi conquistato.
La cosa stupefacente e sconcertante è che riesce perfettamente nel suo scopo e non c'è obiettivo che non si sia posto che non abbia realizzato alla grande sui contratti, sui salari, sulle pensioni, su tutto.
Non solo ai lavoratori non resterà niente ma saranno impaniati come passerotti presi dall' uccellatore. Difficilmente potranno fare qualcosa. Squadre di esperti giuslavoristi da anni introducono in tutti i decreti di Berlusconi trasformati in legge norme che rendono ai lavoratori
difficile anche il ricorso alla magistratura.
Pietro Ancona
sindacalista cgil in pensione
già membro del CNEL


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mercoledì 21 gennaio 2009

la retorica dell'imperialismo soft

la retorica dell'imperialismo soft
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Mentre le rovine di Gaza continuano a fumare e la gente scava con le mani alla ricerca di corpi di persone seppellite dalle cannonate o dalle bombe lanciate da Israele ma di fabbricazione americana ed in Iraq in Afghanistan centinaia di migliaia di soldati americani e di contractors continuano a massacrare la popolazione per tenere in piedi governi quisling che probabilmente non riusciranno ad evitare la disintegrazione dello Stato irakeno ed assicurare un governo stabile e giusto all'Afghanistan, il nuovo Presidente degli Stati Uniti, richiamando diverse volte l'ispirazione divina che guiderebbe gli Usa, ha pronunziato un discorso assolutamente vago nei contenuti ma abbastanza duro e preciso nella riconferma priva del tutto di autocritiche o di un qualche ripensamento del ruolo imperiale dell'America, del suo capitalismo, delle storture profonde di una società chiamata "sogno". Come Bush ha affermato che l'America non cambierà il suo stile di vita ed ha indicato nel terrorismo il demonio, il maligno che spaventa il mondo e che va ucciso. Il suo stile di vita consiste nella appropriazione del maggior parte delle risorse mondiali a vantaggio delle classi ricche e possidenti.
Un discorso, un orazione retorica il cui valore principale è il richiamo ad una tradizione di padri ad una sorta di missione che DIO stesso avrebbe dato agli USA per portare sulla terra le regole del buon vivere.
C'è una sorta di millenarismo nel richiamo alla natura quasi religiosa dello Stato americano che è tutt'altro che moderno e civile e che continuerà a generare violenza ed oppressione.
Lo scenario, la messa in scena barocca dell'intera cerimonia di insediamento vuole sottolineare questa volontà di primazia, di potenza. Il massimo che l'umanità si può aspettare è che gli Usa saranno "buoni" e forse non ci puniranno mettendoci dietro la lavagna tutte le volte che riteranno di doverci mettere in riga, darci una lezione.
Il punto focale del discorso è identico a quello del suo predecessore; la lotta al terrorismo . Si tratta di una scelta ideologica fondamentale attraverso la quale si continueranno a classificare gli stati in amici, nemici, stati canaglia, etc... Un modo di vedere e di leggere le relazioni internazionali in cui c'è gli USA continueranno a distribuire le pagelline ed a dare i voti.
Gli USA sono investiti al loro interno ed hanno investito il mondo della più grande crisi finanziaria ed economica mai conosciuta. Secondo il nostro Ministro Tremonti nelle banche e nelle tasche dei risparmiatori ci sono titoli per un valore superiore di 12 volte e mezzo il valore del PIL dell'intero pianeta a causa di decenni di speculazioni truffaldine tipiche della fase della massima libertà del mercato liberista. Nel suo discorso la "crisi" è una sorta di entità metafisica , non ha responsabili, non c'è che da rimboccarci tutti le maniche e tentare di venirne fuori. Come?
Il mercato del lavoro continuerà ad essere "libero" cioè a pagare pochi spiccioli i milioni di immigrati provenienti in gran parte dal Messico (separato da un muro lungo duemila chilometri dagli usa) e dagli altri paesi poveri del mondo. A parte gli immigrati ,i lavoratori guadagnano almeno il trenta per cento in meno degli anni settanta e sono sopravvissuti finora con le carte di credito. Ci saranno miglioramenti dei salari, delle pensioni, della sanità, del welfare? Neppure una parola. Semmai qualche misura di capitalismo compassionale oggi assai dimoda. Chissà se non darà una socialcard agli homeless come ha fatto il nostro Berlusconi (che però si vuole rifare subito aumentando a 65 anni l'età pensionabile delle donne)-
Le due grandi questioni che oggi fanno riflettere sull'America, la questione sociale caratterizzata da una crescita impressionante del divario della ricchezza e della povertà e della precarietà e la questione imperiale legata alle politiche di controllo militare del mondo e di continua espansione delle basi militari anche nei punti più sperduti del pianeta non rientravano tra gli interessi di un discorso in cui la preoccupazione principale era quella di assomigliare il più possibile ai "grandi" presidenti americani della storia ed alla loro filosofia di durissimi rapporti sociali rivolti all'affermazione ed all'arricchimento.
Ma che cosa possiamo aspettarci da una nazione in cui la lotta politica si svolge tra due partiti espressione dello stesso blocco sociale capeggiato dalle multinazionali, impregnati dall'ideologia liberista? Il socialismo è stato bandito e criminalizzato quasi un secolo fa ed i sindacati sono saldamente nelle mani non dico della mafia ma sicuramente di chi ha interesse a riscuotere solo le quote versate dai lavoratori. Una società in cui al massimo si fronteggiano due visioni della politica delle classi dominanti: una brutale e l'altra soft.
pietro ancona
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http://www.corriere.it/Speciali/Esteri/2009/Discorso_Obama/

martedì 20 gennaio 2009

scambio di lettere con l'onorevole fassino

----Messaggio originale----
Da: p.fassino@dsonline.it
Data: 20-gen-2009 1.16 PM
A:
Ogg: R:
Manifestazione pro bombardamenti

La ringrazio di avermi espresso le
sue considerazioni sul drammatico
conflitto in corso a Gaza.

Mi
permetta di esporle il mio punto di vista, fondato su un impegno di
più
di trent’anni per la pace in quella regione.



Per praticità vado
per punti:



1. In Medio Oriente sono in conflitto non già un torto
(“
l’imperialismo” israeliano) e una ragione (i palestinesi offesi), ma
due
ragioni: il diritto di Israele a esistere e a vivere sicuro e il
diritto dei
palestinesi ad avere una patria e uno Stato indipendente.



2. La possibilità di comporre queste due ragioni è fondata su una
condizione: che ciascuno dei due protagonisti non solo rivendichi il
proprio
diritto, ma riconosca come legittimo anche il diritto dell’
altro.
Tant’è che la fase in cui ci si è avvicinati di più alla pace è
stato il
periodo ‘91-‘95 scandito dalla Conferenza di Madrid, dai
colloqui di Oslo,
dagli Accordi di Washington e di Taba, tutti ispirati
da negoziati tra le
parti e dal principio “due popoli, due Stati”.



3. La crisi di questi giorni nasce in realtà dal fatto che mentre Abu
Mazen e Al Fatah perseguono un processo di pace fondato sul
riconoscimento
di due diritti, Hamas invece non riconosce il diritto di
Israele a esistere.
I fatti sono lì.
Hamas, con un colpo di stato, ha
sottratto Gaza all’autorità di Abu Mazen,
“reo” di voler negoziare con
Israele.
Hamas considera Abu Mazen e le leadership arabe moderate “
traditori” perché
accettano l’esistenza di Israele.
Hamas ha
trasformato Gaza – da cui Israele nel 2005 si è totalmente ritirato

in un’enclave dell’integralismo islamico e retroterra di una costante
azione militare contro Israele.
Hamas ha denunciato la tregua
patteggiata – con la mediazione egiziana – con
Israele, pur essendo
chiaro che riprendere il lancio di razzi sui villaggi
israeliani del
Negev a 60 giorni dalle elezioni israeliane, non può che
favorire
elettoralmente in Israele i settori più ostili a qualsiasi intesa
di
pace.
E, soprattutto, Hamas non ha fino ad oggi mai accettato che
possa esistere
uno Stato ebraico in Medio Oriente. Tant’è che nella sua
Carta Costitutiva
sta scritto che obiettivo di Hamas è “cacciare ogni
presenza ebraica dalla
Palestina”.


4. Denunciare le gravi
responsabilità di Hamas non significa ignorare
anche le responsabilità
israeliane, soprattutto nel non aver messo Abu Mazen
e la leadership
palestinese nelle condizioni di esercitare la loro funzione
con
autorevolezza e credito.
La continua espansione degli insediamenti dei
coloni israeliani in
Cisgiordania e l’esasperato controllo militare
israeliano dei territori
occupati –di cui i tantissimi check-point sono
il simbolo – hanno ostacolato
la nascita del processo di pace.





5.
E’ significativo che autorevoli esponenti israeliani di sinistra e
pacifisti – il Presidente Peres (premio Nobel per la pace), i leader
del
partito di sinistra Meretz (all’opposizione), scrittori come Amos
Oz,
Grossman, Yehoshua impegnati da sempre sul fronte della pace –
abbiamo
sostenuto il diritto di Israele a difendersi. E si tratta di
personalità che
continuano a battersi per una pace negoziata con Abu
Mazen e i palestinesi.
Così come è significativo che né in
Cisgiordania, né nei principali paesi
arabi si sia avuto un momento di
solidarietà con Hamas
Le manifestazioni promosse da organizzazioni
integraliste (Hezbollah,
Fratelli musulmani) non hanno suscitato una
partecipazione che andasse oltre
la sfera dei militanti di quei
movimenti.
E da parte delle leadership arabe – da Abu Mazen a Mubarak
ai leader sauditi
– sono venute espressioni molto critiche verso Hamas
e la sua strategia.



6. Nonostante la drammatica crisi di questi
giorni negli ultimi mesi si
erano compiuti passi in avanti
significativi sul cammino di un accordo di
pace. Sui quattro punti
cruciali per un accordo (Gerusalemme capitale di due
Stati, Confini
del ’67 con eventuale scambio di terre alla pari,
smantellamento delle
colonie israeliane in Cisgiordania, diritto al ritorno
per i profughi
palestinesi in ragione da non attuare il carattere ebraico
dello Stato
di Israele) le posizioni si erano molto avvicinate. Con la
mediazione
della Turchia, si sono avviati colloqui tra Israele e Siria.
L’impegno
dei principali paesi arabi (Egitto, Giordania, Arabia Saudita) è
divenuto molto più attivo con proposte come la piattaforma di Beirut e
Ryad.
La stessa tregua tra Hamas e Israele era una segno distensivo.
Chiediamoci: perché Hamas ha denunciato la tregua proprio in uno
scenario di
questo tipo?


7. E’ del tutto giusto interrogarsi sulla
dimensione e sulle modalità
dell’intervento israeliano, protestare
contro azioni di guerra
indiscriminate verso la popolazione civile,
così come nessuna
giustificazione ci può essere per l’uccisione di
cittadini inermi o
addirittura di bambini. E questo vale sia quando a
morire sono bambini
palestinesi in una scuola bombardata dall’aviazione
israeliana, sia quando a
morire sono bambini israeliani su un bus fatto
saltare in aria da un
terrorista.
Mi permetto di sottolineare che
mentre c’è una giusta immediata indignazione
di fronte a vittime civili
palestinesi, non così è accaduto e accade se le
vittime sono
israeliane. Due cifre che sono poco conosciute: dal 2000 ad
oggi sono
piovuti sui villaggi israeliani dal Negev quasi 10.000 missili e
razzi,
lanciati alla cieca su case, scuole, fabbriche.
Dal 2000 i bambini
israeliani morti in attentati terroristici sono 150.
Si può purtroppo
constatare facilmente che queste vittime non hanno
suscitato
manifestazioni, proteste, indignazione.
Non penso che ci possano essere
vittime più buone di altre.
Ogni azione indiscriminata va condannata e
combattuta.



8. In ogni caso è chiaro che la pace non potrà derivare
da soluzioni
militari, ma solo da un negoziato che consenta di arrivare
a una soluzione
condivisa.
Per questo il PD si batte perché si arrivi
al più presto al cessate il
fuoco, si interrompa così la spirale di
sofferenza e lutti, si consenta
un’azione umanitaria di soccorso alla
popolazione e si riprenda un percorso
negoziale. Ma deve essere chiaro
che per negoziare bisogna riconoscersi e se
Hamas non riconosce a
Israele il diritto di esistere,viene meno la
precondizione di qualsiasi
negoziato.
Dopodiché è vero che Hamas non è solo un’organizzazione
militare, ma un
movimento politico, con consenso elettorale forte e
simpatie ampie nel mondo
arabo.
Per questo il problema Hamas non può
essere risolto per via militare, ma con
una strategia politica che
ponga ad Hamas in modo chiaro la questione
nodale: se Hamas vuole
essere parte del processo di pace, deve riconoscere
il diritto di
Israele a esistere.
Che è esattamente quello che la comunità
internazionale fece vent’anni fa,
quando insistette e ottenne da Arafat
e dall’OLP – che anch’essi allora non
riconoscevano Israele – il
riconoscimento dei diritti del popolo ebraico.



9. Sulla base di
queste considerazioni il PD si batte perché la guerra
cessi e si torni
alla politica. E in queste settimane in tutte le sedi io ho
sempre
sostenuto l’urgenza di una cessazione delle ostilità militari,
l’
attivazione di un vasto programma umanitario per le popolazioni civili,
la
ripresa di un percorso politico e negoziale.
Queste cose le ho dette
con chiarezza anche alla iniziativa promossa al
Parco dei Principi
dalla Comunità Ebraica (e da tutte le sue associazioni,
compreso il “
Centro Martin Buber – Ebrei per la pace”, notoriamente di
sinistra) a
cui il PD era stato invitato a essere presente.
Peraltro, sempre a nome
del PD, ho partecipato il 26 novembre scorso in
Campidoglio alla
giornata internazionale per il popolo palestinese.
Che all’iniziativa
della Comunità Ebraica ci fossero anche Ronchi, Gasparri
e Adornato,
non significa affatto che il PD abbia le posizioni del PdL o
dell’UDC.
Erano state invitate le principali forze politiche e ciascuno ha
inviato i suoi rappresentanti, i quali hanno esposto le posizioni del
proprio partito. E io ho detto ciò che pensa e fa il PD.



10. In
conclusione: la pace si costruisce se si lavora perché tacciano
le armi
e i due contendenti si riconoscano, si parlino, negozino. Il nostro
compito non è tifare per l’uno o per l’altro, ma lavorare per l’intesa
e la
pace condivisa. Ed è quello che stiamo facendo e non da oggi. E
continueremo
a farlo con tanta più convinzione perché sappiamo che non
c’è alternativa ad
una pace condivisa e negoziata tra le parti.



Grazie per l’attenzione, con amicizia



Piero
Fassino





Direzione Nazionale dei Democratici di Sinistra

Piero
Fassino

Tel. +39.06.69532240



p.fassino@dsonline.it

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_____

Da: pietroancona@tin.it [mailto:
pietroancona@tin.it]
Inviato: domenica 11 gennaio 2009 16.20
A:
fassino_p@camera.it
Cc: colombo furio
Oggetto: Manifestazione pro
bombardamenti



Carissimi,



dopo la vostra partecipazione alla
manifestazione non della comunità ebraica
romana ma della destra
nazista della stessa (mi risulta che la rete ebrei
per la pace ed altre
associazioni l'hanno disertata) non vi resta che
arruolarvi volontari
ed andare anche voi

a bombardare dal cielo o da un carro armato i
terribili guerriglieri di
Hamas (che poi sono i bambini, le donne e le
città distrutte ed anche le
loro pecore ed il loro bestiame ammazzato)

Incoraggiando la destra sionista che vuole la soluzione militare e
soltanto
militare voi vi assumete gravissime responsabilità morali.


Ma potete rispondermi: " E chi se ne frega? "

Era la risposta che
davano coloro che portavano il gagliardetto. Ve la
poteva suggerire il
vostro vicino di sedia oggi Gasparri. Vedo che vi
trovate bene in
compagnia dei fascisti italiani.

Cari saluti.

Pietro Ancona



se
volete potete considerarla una lettera di insulti. Sarei sollevato se
sentissi che le cose che vi ho scritto vi sembrano insulti. Avrei una
speranza di vostro ravvedimento.



__________

=====================================0



Caro Onorevole Fassino,

la ringrazio della risposta. Anche io le
risponderò per punti manifestandole subito il mio profondo dissenso
sulla sua collocazione politica nella questione israeliano-palestinese.

La questione dei diritto dei due stati a esistere è oramai scaduta a
mero artificio retorico.
israele ha diritto di esistere ma non
opprimendo il suo vicino palestinese al quale ha sottratto
l'ottanta
per cento delle terre, distrugge periodicamente le case e le
infrastrutture, uccide i quadri dirigenti civili e militari, e non ci
vuole molto a capire che non ha alcuna voglia di cedere un centimetro
quadrato dei territori occupati nè della striscia di gasa nè dove
risiede il Quisling che ha già lardellato di insediamenti coloniali la
cui attività preferita è quella di uccidere e vessare i vicini
palestinesi come è testimoniato da Haaretz giornale che spero lei legga
di tanto in tanto.


Se non vogliamo prenderci per i fondelli
dobbiamo prendere atto che una trattativa non puà durare un secolo.
Oramai non c'è più niente da trattare. Se si vuole fare la pace
basta
un gesto importante distensivo di israele. Perchè non libera i
diecimila palestinesi che tiene in prigione sulla base di provvedimenti
amministrativi? Perchè ha tenuto per anni prigionieri gli abitanti
della striscia di Gasa? Perchè rivendica oggi il pattugliamento per
evitare che Hamas si riarmi? Non ha forse diritto Hamas di essere
armata dal momento che Abu Mazen non ha alzato un dito contro
l'uccisione ed il ferimento di seimila palestinesi esattamente come
Seniora ha fatto in Libano?
Debbo dirle che sono stato convinto per
anni del diritto di israele ad avere uno Stato. Ora credo che questo
diritto debba essere messo in discussione dopo il fatto che trattasi di
Stato genocida che usa armi spaventose e che riduce periodicamente in
polvere i suoi vicini. Il meraviglioso Libano è stato per due volte
raso al suolo.
Non condivido il suo giudizio su Hamas e sono
d'accordo con le cose che scriveva giorni fa il The Times ed anche
il
nostro giurista Cassese.
Quanti essere umani debbono essere
sacrificati al Moloch della sicurezza di israele? Perchè non si pone il
problema della sicurezza degli abitanti delle zone occupate? Sono forse
persone com meno diritti umani e civili degli ebrei? Come mai lei non
ha parole di riprovazione per la morte mirata di circa cinquecento
bambini. Ammessa la stupida giustificazione degli scudi umani civili
chi ha diritto di sparare sugli scudi umani. Hamas ha risposto alle
cannonate ed ai mitragliamenti ed ai bombardamenti con armi leggere.
Non c'è stata alcuna proporzione tra l'offesa
"subita" dagli israeliani
e la reazione apocalittica.
Credo che Israele abbia perso con questa
aggressione ogni diritto di stare nel Medio Oriente
Il sangue versato è
troppo. E' tutto sangue innocente. Su Hamas penso che vada armato
dal
momento che è l'unico difensore della patria palestinese..
Tutto il
suo ragionamento è oramai datato. israele è oramai un pericolo per
l'umanità e deve essere sanzionata a livello internazionale. Mi
meraviglia molto che lei, mentre gli aerei bombardavano Gaza, era
aggiuntato con Gasparri ed altri in una manifestazione propagandistica
di guerra e di morte della Comunità ebraica di Roma che non è
certamente quella di Tullia Zevi e di Elio Toaff ma di fascisti nazisti
che con l'ambasciata di Israele alle spalle agiscono come lobby a
favore non della pace ma degli interessi colonialistici di israele.

Pietro Ancona

lunedì 19 gennaio 2009

disarmare Hamas o israele?

Dopo un mese di intensi bombardamenti che mai potranno essere dimenticati dai sopravvissuti di Gaza e costituiranno un incubo spaventoso che li accompagnerà per sempre, il blocco colonialista che appoggia Israele ha "convinto" quest'ultima a ritirarsi (non si sa nè come nè quando) con l'impegno di contribuire a disarmare Hamas impedendone l'approvvigionamento di armi con un intenso assedio al quale si è candidata l'Italia con i suoi carabinieri.

E' la stessa identica operazione che si è voluta fare (senza grande successo) con gli Hezbollah vincitori morali di una lotta patriottica contro un esercito invasore, (lo stesso di Gaza), con l'interposizione di una forza apparentemente neutrale ma che difatto protegge gli interessi israeliani al confine con il Libano.

E' la prova che è la forza a decidere e non la giustizia e la ragione. Israele ha raso al suolo il Libano trucidando migliaia di civili, ha raso al suolo la striscia di Gaza uccidendo circa cinquecento bambini e uccidendo e ferendo circa seimila civili, feriti che data la natura delle offese riportate da armi DIMA difficilmente sopravviveranno. Se fosse la ragione e la giustizia a decidere si dovrebbe imporre il disarmo ad Israele pericolosa vicina dei suoi vicini e di quanti si appongono al suo delirio paranoico di potenza.

Invece si impone il disarmo di Hamas e si minacciano i paesi ed i popoli che gli sono amici. Come ieri il pavido esercito libanese restò acquartierato mentre le città bruciavano sotto i bombardamenti, anche il pavido Abu Mazen non solo non ha prestato nessun aiuto ai palestinesi presi in trappola come in una tonnara a Gaza, ma ha intensamente frequentato le anticamere del nemico.

Non ci sono ragioni giuridiche morali e politiche che giustifichino il disarmo di Hamas. Hamas si è mostrata una forza responsabile, moderata, amata dai Palestinesi. Ha subito un durissimo martirio senza dare luogo a scompostezze. E' un movimento religioso ma anche laico, sostenuto dalla Palestina laica.

Se c'è una cosa da dire sull'armamento di Hamas è che era talmente leggero da somigliare tanto alle frecce ed alle carabine dei pellirossa che venivano regolarmente massacrati dal soldato blu a colpi di cannone. Pietro Ancona
Presidente Umanitaria Palermo
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domenica 18 gennaio 2009

l'INCORONAZIONE

L'incoronazione

I massmedia ci informano che cresce la febbre per l'imminente giuramento del 44° Presidente degli Stati Uniti che avverrà dopodomani. Le iniziative già realizzate e quelle in corso sono davvero notevoli, spettacolari, tutte rivolte a creare un evento indimenticabile, storico, epocale, forse assisteremo financo ad una ascesa ai cieli in un nuvola a stelle e strisce di Barak Obama neo imperatore della nuova Roma che estende i suoi domini fino alle falde dell'Himalaia dove aspira salire ed è prossima alle steppe della grande Russia con le batterie di missili superatomici piazzati a Praga ed a Varsavia.
Il nuovo Presidente è giunto a Washington con il treno usato oltre due secoli fa da Abramo Lincoln e ne ha fatto un mezzo per elettrizzare un'america frastornata dall'annunzio delle grandi e meravigliose cose che questo giovane dandy sarà capace di fare per loro a cominciare dal regalo di 1000 dollari a famiglia e dalla speranza che se qualcuno di loro avrà un dente cariato forse non dovrà morire per l'ascesso e l'infezione che ne potrebbe seguire. Stasera ci sarà un grande concerto che frutterà milioni di dollari che però serviranno solo in parte a pagare le spese di questa nuova inedita festa
che supererà quella del Ringraziamento con annesso tacchino.
L'operazione giuramento per la quale sono mobilitati diecine di migliaia di agenti sarà seguito da milioni di persone convenute nella capitale. Le parruccherie della Capitale sono impegnate da giorni con liste infinite di signore quasi isteriche per il timore di non potere sfoggiare memorabili acconciature e la corsa all'accaparramento dei biglietto dei fortunati è diventata davvero una lotta all'ultimo sangue.
Pensavo davvero, all'inizio, che, dopo anni di lugubre dittatura oligarchica dominata dalla faccia annoiata e sdegnosa di George Bush, ci saremmo trovati davanti ad uno stile nuovo, civile, democratico davvero, certo non fino al punto di fare arrivare Barak Obama in bicicletta alla Casa Bianca come il Re o la Regina della Svezia, ma sicuramente come un dirigente politico "normale", un primo altissimo funzionario della Unione degli Stati, non il terminale di una struttura megagalattica massmediale in cui il primo cittadino degli Stati Uniti assurge a Divinità come accadde a tanti Imperatori della Roma antica.
Giulio Cesare che fu il punto di passaggio dalla oligarchia alla dittatura ed all'Impero per diverse volte rifiutò i simboli del potere supremo ed assoluto che gli venivano offerti: il diadema d'oro che il Senato gli donò lo appese subito sulla testa di Giove Pluvio e rifiutò sempre di essere qualcosa di più di un Dittatore anche se in effetti fondò l'Impero.
Di Barak Obama si è molto parlato della novità rappresentata dal colore della sua pelle e della pelle della sua famiglia. Chi ha voluto leggere in questo un memorabile passaggio dall'epoca dell'apartheid e del KKK alla civiltà multietnica si sbaglia di grosso: il lavoratore messicano sarà sempre pagato la metà del lavoratore anglosassone e non accederà ancora per molto a tutte le opportunità della società americana. L'impegno della lotta razzista contro le nazioni islamiche accusate di terrorismo continuerà con l'uso di armi sempre più spaventose e l'impiego di centinaia di migliaia di soldati addestrati da un esercito sempre più fascista prelevati dalle regioni povere della deindustrializzazione e della crisi agricola dove la disoccupazione non offre alternativa all'arruolamento come accade nelle nostre regioni meridionali.
Insomma il colore della pelle di Obama non significa niente e questo lo abbiamo già visto dall'attività parlamentare svolta al Senato e dai primi atti compiuti nella fase dell'interregno.
Colpiscono due cose. La prima è come a fronte di una popolazione afflitta da milioni di sfratti, di vendite forzate, di fallimenti, di bassi, bassissimi salari mediamente inferiori del trenta per cento di quelle del 1970, questo signore che assurge alla Presidenza fa rullare i tamburi dell'apocalisse prossima ventura e autorizza una cerimonia di insediamento come se ci trovassimo di fronte ad una frattura della storia, ad una nuova epoca. "ci vuole una nuova dichiarazione di indipendenza!" ha detto. Che cacchio vuol dire? Metterà un limite alla voracità dei miliardari che si pappano il sessanta per cento delle ricchezze nazionali? Metterà un limite sotto il quale non è possibile fare scendere i salari? Non credo proprio a niente di tutto questo: credo che si tratta di mera sparata demagogica per abbindolare i gonzi contando su una stampa che è oramai poco meno di un megafono del potere.
La seconda cosa è il contrasto tra la grande festa che si annunzia e i lamenti che tuttora si levano dalle rovine di Gaza.
Intanto per quasi un mese i suoi amici israeliani hanno ridotto in polvere una regione di un milione e mezzo di abitanti, hanno ucciso cinquecento bambini e ferito migliaia di civili. Molti di questi feriti si possono considerare morti perchè colpiti da armi usate proibite dall'ONU, ma delle quali Obama si è ben guardato dal chiedere conto.
Ha preso impegni con lo Stato Nazista di Israele di continuare a tenere prigioniera la popolazione di Gaza, a sorvegliare i valichi, per impedire il "contrabbando di armi" a favore di Hamas.
Qualcuno dovrebbe spiegare perchè Hamas debba essere disarmato dal momento che è stato l'unico esercito partigiano che ha difeso sia pure con le nudi mani il popolo palestinese.
Per finire spero di non vedere giochi di artificio ad illuminare il cielo della casa Bianca.Abbiamo visto le illuminazioni delle bombe al fosforo a Falluja e a Gaza suggestive quanto quelle della festa di Piedigrotta ma non altrettanto innocue.
PIETRO ANCONA

conflitto di civiltà o con flitto di classe?

se fosse davvero conflitto di civiltà i grandi capi dell’arabia saudita, il faraone egiziano, il re del marocco, i capi di tante comunità islamiche del mondo, sarebbero schierate con i Palestinesi e contro Israele e l’Occidente.

Naturalmente non è così e solo agli allocchi avvinazzati delle osterie padane o a quanti in mala fede tirano la cordata ai produttori di armi
viene dato da credere che esiste il Progetto di un Grande Califfato e mentre si paventa i bivacchi della mezza luna a piazza san pietro gli Usa costruiscono a Bagdad la pià grande ambasciata del mondo, grande quanto il Vaticano dove si può enclavizzare un esercito potentissimo.

La verità è che si tratta di una fase acuta della lotta di classe a livello mondiale. Non a caso la borghesia parassitaria e commerciante di Abu Mazen imbraccia il moschetto fornitogli da Olmert.

pietro ancona

sabato 17 gennaio 2009

uccidere bambini oggi

----- Original Message -----
From: pietroancona@tin.it
To: pane-rose@tiscali.it
Sent: Saturday, January 17, 2009 9:17 AM
Subject: Uccidere bambini oggi per salvarne domani!!



Il noto scrittore israeliano Yehoshua, ammirato dalle nostre parti assieme ad Omos Oz e Grossman per le sue posizioni di colomba, di apertura ai palestinesi, pacifiste, in polemica con un giornalista di Haaretz, giornale israeliano assai critico con l'aggressione tuttora in corso alla popolazione della striscia di Gaza, si è lasciato scappare questa agghiacciante affermazione: uccidiamo i loro bambini oggi per salvarne tanti domani!!
Come si può commentare un'affermazione di questo genere di uno che evidentemente si sente Dio e vede in Israele il Dio che decide della vita e della morte ? Nella mia vita non avevo mai sentito nè letto niente del genere neppure nelle cronache di sterminio degli assassinii dei conquistatores più efferati.La vita tolta ad un essere umano, ad un bambino, non è merce di scambio, è insostituibile, è quella vita e quando l'hai recisa, hai reciso con essa tutte le vite.
Questa è stata l'aggressione più spaventosa arrecata ai bambini. Già era sospetto sin dalle prime notizie di bambini uccisi che loro fossero l'obiettivo principale dell'operazione "piombo fuso". I politici ed i generali di Israele hanno decretato che non sarebbe bastato uccidere o incarcerare il maggior numero possibile di esponenti e combattenti di Hamas, di eliminare migliaia di civili e diroccare le città della striscia: bisognava infliggere una punizione indimenticabile: ammazzare il maggior numero possibile di bambini. Sono stati presi di mira gli orfanotrofi che in Palestina sono affollati dagli orfani dei tanti uccisi o imprigionati da Israele, le scuole ed i luoghi minuziosamente conosciuti da Israele attraverso le sue modernissiome tecnologie di monitoraggio e lo spionaggio degli uomini del Quisling ansiosi di una qualche ricompensa, magari di un carcere meno duro e con un po' più di rancio nelle tetre e spaventose prigioni israeliane. Su 1200 morti ad oggi, e certamente non è finita, circa un terzo sono bambini. Una percentuale che non può non sollevare legittimi sospetti ed indurre le autorità internazionali (se ce ne fossero) ad aprire subito un procedimento per crimini contro l'umanità al governo ed all'esercito di Israele.
E' anche inaccettabile la posizione che si tenta di fare passare e che in grande parte è stata purtroppo accettata in Occidente su Hamas. Insomma, non sarebbe giusto uccidere i civili, ma è perfettamente legittimo eliminare gli uomini di Hamas, i loro dirigenti dal momento che si tratta di componenti di un movimento terrorista per il quale non bisogna avere alcuna pietà. Questa idea che è lecito uccidere i "terroristi" è alla base di migliaia di omicidi mirati che Israele ha realizzato nel corso di mezzo secolo di occupazione, omicidi per i quali non esistono proteste dei giuristi, dal momento che si tratta di una sorta di bonifica umana della zona. Gli omicidi mirati ieri erano per gli uomini dell'OLP, oggi sono per gli uomini di Hamas e non è detto che si limitino a questi. Israele ha cura di liquidare anche i quadri dirigenti civili dei palestinesi, i tecnici di livello, i professori, gli ingegneri, i medici, gli architetti insomma tutti coloro che potrebbero gestire posti di responsabilità in un futuro Stato della Palestina. E, nello stesso tempo, azzera periodicamente, con varie incursioni, tutte le infrastrutture di una società civile, le scuole, gli ospedali, le caserme. Resto convinto che uccidere un uomo di Hamas non è meno grave e meno colpevole che uccidere un bambino dal momento che si tratta di una persona che, come tutti, deve essere giudicata per le azioni che ha effettivamente compiuto e non per il pericolo che può rappresentare ad una forza di occupazione.
Yehoshua con Oz e Grossman costituiscono una triade che vende molto nelle librerie italiane essendo stati accreditati da una falsa pubblicità come scrittori ed uomini di pace. Sappiamo che non è vero e che sono simili a certi letterati e poeti che l'Unione Sovietica esibiva come prova della sua liberalità e che non ci dissero mai niente dei gulag e della pesantezza del regime poststalinista. Il meno che possiamo fare è evitare di comprare i loro libri magari per fare capire loro che non si può approvare qualsiasi delitto contro l'umanità per la "sicurezza" di Israele. Davvero la sicurezza di Israele vale tanto? Davvero è in pericolo o piuttosto non sono sempre sotto minaccia coloro che abitano le terre che Israele vuole per se?
Questo conflitto non è, come ho già avuto modo di scrivere, un fatto limitato, domestico, tra israeliani e palestinesi. Fa parte della fase aggressiva dell'imperialismo colonialistico che ha già ridotto in macerie l'Iraq (trentanni di guerra e di di embargo ) e l'Afghanistan. Milioni di morti per installare due governi quisling sostenuti da grandi eserciti di occupazione assistiti da contractors killer con licenza di uccidere. Si tratta della guerra razzista che in Europa assume il carattere di discriminazione e vessazioni verso i migranti. E' la misura diversa: dalla discriminazione e dallo sfruttamento schiavistico degli immigrati allo sterminio di Gaza e di Falluja. Separare le responsabilità degli Israeliani da quelle americane e da quelle nostre è sbagliato. Se
ne mancavano prove basti ricordare che Israele cesserà di martoriare Gaza sulla base di un accordo con gli Usa per continuare a tenerne prigionieri gli abitanti. Israele non cederà mai un centimetro quadrato di terra ai palestinesi e non cesserà mai di occuparne i territori. Al massimo potrà consentire una qualche amministrazione, una sorta di protettorato "governato" da un uomo di paglia. Quindi è perfettamente legittimo il rifiuto di Hamas di riconoscere nell'occupante lo Stato. Riconoscerlo vuol dire accettare una subalternità, una dipendenza intollerabile e vessatoria.
Mentre dalla striscia di Gaza la morte di dà un gran dafare a recidere vite palestinesi, nell'Impero cresce la febbre per l'incoronazione del nuovo Imperatore Barak Obama. Si parla di diecine di migliaia di partecipanti e di milioni di acclamanti fedeli sudditi. Se ci voleva una prova del fatto che gli USA non sono più da un pezzo una democrazia ora l'abbiamo. Manca solo l'arco di trionfo con talebani, fondamentalisti di tutte le risme in pesanti catene al seguito dei generali a venti stelle che fanno corona all'impero che comunque non ha mancato recentemente di truffare tutto il sistema finanziario ed economico che controlla.
pietro ancona
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