domenica 28 febbraio 2010

fine della middle class

Fine della middle class

Sono entrato in un grande magazzino di Palermo di elettrodomestici. Rispetto l'ultima volta che c'ero stato mi è sembrato deserto. C'era pochissima gente e, ad ogni piano, le commesse ciondolavano senza avere niente da fare. Si ingegnavano a non farsi vedere senza un impegno. Mi sono chiesto perchè mai, nonostante i prezzi allettanti e le combinazioni assai comode di pagamento di bellissimi elettrodomestici e non ci fossero folle di acquirenti. Una volta c'era persino un piccolo giardino di infanzia com baby sitter per intrattenere i pargoli dei clienti. La risposta che mi sono dato è che la gente deve scegliere, darsi delle priorità, stabilire che cosa continuare a consumare. Quando gli stipendi ed i salari sono congelati o scendono verso il basso la qualità della vita subisce peggioramenti. Non ci sono più soldi per cambiare il televisore, per farsi il forno a microonde o comperare la lavastoviglie o per seguire le novità che la tecnologia sforna a getto continuo.. La popolazione italiana è più povera di quanto non lo fosse ancora qualche anno fa. La massa di redditi da lavoro è dimagrita notevolmente. Circa il 15 per cento del reddito nazionale si è spostato dal lavoro e dalle pensioni al
profitto ed alle rendite. E' venuto a mancare ciò che consentiva alle famiglie il tenore di vita di relativo anche se non scintillante benessere del
ceto medio.
Non c'è solo non solo impoverimento ma regressione sociale. La scala per passare dalla classe operaia alla borghesia è stata ritirata. Non c'è più. Molti salivano questa scala attraverso la scuola. Il figlio del contadino o dell'operaio riusciva a diplomarsi e poi a laurearsi con sacrifici tutto sommato sopportabili dalle famiglie. Uno dei Presidenti della Regione Sicilia era figlio di un calzolaio che riuscì a farlo laureare seppur a costo di sacrifici titanici. La laurea era il lasciapassare, la chiave che apriva le porte delle professioni, della politica, dell'agiatezza. L'Italia ha conosciuto un grande periodo di mobilità sociale ascensionale dal basso verso l'alto che onora la storia e la politica degli anni fino alla disfatta di tangentopoli. Ora la laurea o il diploma sono diventati carta straccia dal momento che i posti di lavoro connessi sono stati cancellati. Una ragazza, mia vicina di casa, era riuscita a trovare un posto di insegnante a Bergamo. La incontravo per le festività natalizie contenta di potersi mantenere da sola, seppur lontana da Palermo. L'ultima volta che l'ho vista era assai abbattuta. Era diventata una vittima della Gelmini. Il feroce ridimensionamento della scuola pubblica e la riduzione della sua offerta formativa esclude non meno di centomila persone dal lavoro e cancella il loro futuro. Che cosa faranno? E che cosa succederà quanto sparirà questa generazione di pensionati che integra i redditi dei figli e spesso li surroga? La grande maggioranza degli insegnanti espulsi dalla scuola sono meridionali. Con la loro esclusione sociale, con la loro dispersione verso i margini inferiori della società, viene meno una sorta di equilibrio che ha retto la società italiana per mezzo secolo: il sud forniva la maggior parte dei quadri alla scuola, al pubblico impiego, alla magistratura, alle forze armate, mentre il Nord si dedicava alla industria, ai commerci, all'imprenditoria. Con l'attacco al welfare la destra italiana ha distrutto questo equilibrio ed il Sud non ha più niente. La mia vicina di casa che aveva trovato lavoro a Bergamo dovrà contentarsi di lavori e lavoricchi governati dalla malvagità della legge Biagi o addirittura dal "nero".Alle famiglie del Sud verranno meno redditi sui quali finora si è mantenuto un equilibrio sociale che si è già disgregato.

I figli degli operai, dei contadini, dei poveri non potranno mai più aspirare a diventare "dottori" dal momento che i redditi delle loro famiglie non lo consentiranno ed anche se lo diventeranno non avranno ottenuto niente. Oggi non conta più la laurea ma solo il censo, la famiglia in cui si nasce. Il ceto della famiglia è diventato il discrimine più importante come lo era un secolo fa, prima della grande era fordista e keinesiana. Se sei figlio di notaio o di farmacista sarai notaio o farmacista. Se non lo sei andrai a lavorare in farmacia o nello studio notarile con un salario che ti consentirà di vivere stentatamente, anche peggio dei tuoi genitori proletari.Anche la politica è stata grande fattore di promozione sociale. Moltissimi quadri della politica venivano dai ceti deboli e poveri della società. Ora non sarà più così. I politici vengono scelti dall'alto della piramide del Potere e non per promozione dei meritevoli dalla società. Questo cambiamento è simboleggiato dai listini che propongono i candidati alle Presidenze della Regioni..
Il sistema sociale che si sta creando esclude o riduce al minimo la classe media e polarizza molto gli estremi di ricchezza e povertà. Le distanze aumentano vertiginosamente. Un amministratore delegato di una società se ieri guadagnava venti volte il salario del suo operaio, oggi lo distanzia per molto di più. Al salario medio di 15 mila euro si contrappone l'emolumento medio di cinquecentomila euro.
Quando le distanze diventano così abissali la coesione sociale è destinata a venir meno. Inoltre i ricchi tendono all'accaparramento dello Stato e delle sue risorse e questo impoverisce di molto quanti
ricavano da questo aiuto ed integrazione alla loro condizione. Se una famiglia operaia deve spendere una parte consistente del suo reddito per l'asilo nido fornito da privati
la sua condizione diventerà sempre più pesante e precaria. Tutte le privatizzazioni che vengono fatte aumentano il peso delle "bollette". Una sinistra imbecille ha permesso che si facessero privatizzazioni di servizi resi in regime di monopolio. Ha messo praticamente la testa dei consumatori nel cappio dei profittatori dell'energia elettrica, del gas, dell'acqua, dell'igiene cittadina....
Che fare? Questo capitalismo è riformabile? Potrà tornare ad essere fordista ? Sarà capace il socialismo ad offrire una alternativa ? Quanto tempo dovremo aspettare?
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/

http://www.rassegna.it/articoli/2009/04/09/45541/italia-paese-troppo-disuguale
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sabato 27 febbraio 2010

appello della cultura italiana per il 1 marzo dei migranti

appello per il 1 marzo

Lettera dei/delle docenti universitari/e contro il razzismo a sostegno del primo marzo, “una giornata senza di noi” View Current Signatures - Sign the Petition To: university teaching staff
Lettera dei/delle docenti universitari/e contro il razzismo a sostegno del primo marzo, “una giornata senza di noi”
Noi docenti precari/e e docenti non precari/e delle università italiane abbiamo deciso di aderire alla giornata del primo marzo, “una giornata senza di noi”, presentando ai nostri studenti e alle nostre studentesse, dove possibile anche durante le ore di attività didattica nei giorni che precedono il primo marzo, dapprima la lettera dei lavoratori africani di Rosarno, riunitisi in assemblea a Roma alla fine di gennaio, e poi il testo che leggeremo alla fine della loro lettera e invitandoli/e a partecipare alle iniziative della giornata:
“I mandarini e le olive non cadono dal cielo
In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l´Assemblea dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma.
Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti. Lavoravamo in condizioni disumane. Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica. Eravamo, da molti anni, oggetto di discriminazione, sfruttamento e minacce di tutti i generi. Eravamo sfruttati di giorno e cacciati, di notte, dai figli dei nostri sfruttatori. Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le bestie...prelevati, qualcuno è sparito per sempre.
Ci hanno sparato addosso, per gioco o per l´interesse di qualcuno. Abbiamo continuato a lavorare. Con il tempo eravamo divenuti facili bersagli. Non ne potevamo più. Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità umana, nel loro orgoglio di esseri umani.
Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese. Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per strada per gridare la nostra esistenza.
La gente non voleva vederci. Come può manifestare qualcuno che non esiste? Le autorità e le forze dell’ordine sono arrivate e ci hanno deportati dalla città perché non eravamo più al sicuro. Gli abitanti di Rosarno si sono messi a darci la caccia, a linciarci, questa volta organizzati in vere e proprie squadre di caccia all´uomo.
Siamo stati rinchiusi nei centri di detenzione per immigrati. Molti di noi ci sono ancora, altri sono tornati in Africa, altri sono sparpagliati nelle città del Sud. Noi siamo a Roma. Oggi ci ritroviamo senza lavoro, senza un posto dove dormire, senza i nostri bagagli e con i salari ancora non pagati nelle mani dei nostri sfruttatori. Noi diciamo di essere degli attori della vita economica di questo paese, le cui autorità non vogliono né vederci né ascoltarci. I mandarini, le olive, le arance non cadono dal cielo. Sono delle mani che li raccolgono.
Eravamo riusciti a trovare un lavoro che abbiamo perduto semplicemente perché abbiamo domandato di essere trattati come esseri umani. Non siamo venuti in Italia per fare i turisti. Il nostro lavoro e il nostro sudore serve all´Italia come serve alle nostre famiglie che hanno riposto in noi molte speranze. Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare le nostre richieste:
domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motive umanitari agli 11 africani feriti a Rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada. Vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità.
L´Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma”
Dapprima in Francia, poi in Italia, in Spagna, in Grecia e in altri paesi europei, la giornata del primo marzo è stata proclamata “una giornata senza di noi” con l’intento da parte dei/delle migranti che vivono in questi paesi di far percepire, per un giorno, l’importanza della loro presenza economica e sociale sia attraverso lo sciopero sia attraverso altre forme di protesta come l'astensione dai consumi. Ispirata alla giornata del primo maggio del 2006, quando in varie città degli Stati Uniti i/le migranti privi/e di documenti di soggiorno erano riusciti/e a bloccare la vita economica e sociale di quelle città attraverso una massiccia astensione dal lavoro e fluviali manifestazioni in cui ricordavano a tutti che “We are America”, questa giornata ci sembra di particolare importanza anche per iniziare una necessaria riflessione sulle forme della nostra esistenza comune di cittadini/e e non cittadini/e, migranti e non.
Per questo, abbiamo deciso di assumere come parte del nostro testo quello sottoscritto da alcuni lavoratori africani di Rosarno. Riteniamo, infatti, che quanto accaduto a Rosarno nei primi giorni di gennaio – le intimidazioni e le violenze sui migranti, la rivolta dei lavoratori africani, la “caccia al nero” dei giorni successivi, il coinvolgimento di alcune parti della mafia nella “gestione dell’ordine pubblico”, il trasferimento d’urgenza di tutti i lavoratori africani, la loro detenzione nei centri di identificazione ed espulsione e la minaccia di espulsione per quelli privi di permesso di soggiorno – sia il precipitato, soltanto più visibile, delle scelte politiche con cui negli ultimi anni i governi che si sono succeduti hanno affrontato e voluto gestire il fenomeno globale delle migrazioni. Il risultato, innanzitutto, di una volontà di generale clandestinizzazione della presenza dei/lle migranti e dei lavoratori e delle lavoratrici migranti che ha permesso, non solo a Rosarno, ma nel Sud come nel Nord del paese, tra i campi di agrumi e le serre così come nelle fabbriche e le piccole imprese, o nelle famiglie, forme di assoluto sfruttamento della forza lavoro possibili grazie a un’illegalità diffusa del mercato del lavoro generata proprio dalle leggi che normano l’immigrazione. Ricordiamo di seguito alcuni dei provvedimenti e dei fatti che stanno alla base di quanto accaduto a Rosarno così come di quanto accade quotidianamente nel resto d’Italia: l’istituzione dei centri di detenzione nel lontano 1998, con cui si apriva il capitolo del doppio binario giuridico, uno per i cittadini, un altro per i non cittadini, passibili di pene detentive in assenza di reato; il nesso inscindibile tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno, con la legge del 2001, che spianava la strada a ogni forma di ricattabilità da parte dei datori di lavoro sulla forza lavoro migrante, compresa la ricattabilità sessuale delle lavoratrici migranti impiegate nel lavoro domestico; gli innumerevoli provvedimenti delle recenti norme previste dai pacchetti sicurezza ispirati tutti a un orizzonte di discriminazione e razzismo (l’aggravante di clandestinità, il reato di clandestinità, il prolungamento a sei mesi della detenzione amministrativa, l’interdipendenza tra permesso di soggiorno e atti dello stato civile, tra cui il riconoscimento dei figli e il matrimonio, l’istituzione di corpi speciali privati per il mantenimento dell’ordine pubblico); i respingimenti verso la Libia iniziati nel maggio del 2009 volti a risolvere il problema degli arrivi sulle coste italiane con la deportazione verso i campi di concentramento della Libia finanziati dallo stato italiano di donne, uomini e bambini, spesso potenziali rifugiati provenienti dai luoghi di guerra delle ex-colonie italiane. La criminalizzazione dei migranti privi di permesso di soggiorno produce effetti a cascata su tutti/e i/le migranti che vivono in Italia, rendendo precaria la condizione degli/delle stessi/e migranti “regolari”, esponendoli/e a continue discriminazioni e alla possibilità sempre presente di ricadere nell’“irregolarità”. “Come può manifestare qualcuno che non esiste?” si chiedono i lavoratori africani nella lettera che vi abbiamo letto, descrivendo prima di questa domanda l’esistenza quotidiana “di chi non esiste”, dalla giornata lavorativa alle notti prive di acqua e elettricità e costellate di episodi di violenza e intimidazioni. “Come può esistere chi non esiste” è, infatti, secondo noi, la domanda di fondo diventata sempre più impellente in Italia e generata da una forma pervasiva di razzismo istituzionale che permette e legittima forme di razzismo, intolleranza, xenofobia sociali che stanno ormai erodendo la vivibilità comune delle nostre città. O, meglio, come possono esistere tutti e tutte coloro che, pur essendo “attori della vita economica di questo paese”, con differenti dispositivi sono continuamente sospinti verso una presenza marginale e una vita non vivibile costellata di mille ostacoli (dai tempi biblici del rinnovo del permesso di soggiorno all’assenza di ogni possibilità di regolarizzazione, dagli innumerevoli modi in cui si elude il riconoscimento dello stato di rifugiato alle norme che entrano in modo discriminatorio nelle scelte di vita affettiva concedendo ai migranti “affetti di serie b”, sino ai mesi di detenzione previsti per chi non ha o ha perso il permesso di soggiorno e all’ultima proposta del “permesso di soggiorno a punti”)?
Aderiamo a questa giornata perché riteniamo che questa domanda coinvolga la vita di tutti e di tutte, migranti e non, studenti, studentesse, lavoratori e lavoratrici, disoccupati e disoccupate, in Italia così come nel resto d’Europa e in altri paesi del mondo. In quanto docenti, sappiamo che nelle università, anziché come studenti e studentesse nelle nostre aule è più facile incontrare i/le migranti come lavoratori e lavoratrici delle cooperative di servizi, assunti/e con bassi salari e senza garanzie.
La scandalosa difficoltà nell’accesso a un permesso di soggiorno per studi universitari, attraverso una politica delle “quote” anche nel campo del sapere che rende quest’ultimo esclusivo privilegio dei cittadini, è parte integrante della chiusura nei confronti dei/delle migranti che caratterizza il nostro paese. Per questo ci impegniamo a lottare anche per garantire la piena accessibilità dell’Università ai/alle migranti. Siamo più in generale convinti che soltanto cancellando il razzismo istituzionale e sociale come pratica quotidiana di sfruttamento sarà possibile costruire spazi di convivenza futuri.
Docenti precari/e e docenti non precari/e delle Università italiane
Primi firmatari: Fabio Amaya (Università di Bergamo)
Anna Curcio (Università di Messina) Umberto Galimberti (Università di Venezia)
Maria Grazia Meriggi (Università di Bergamo)
Sandro Mezzadra (Università di Bologna)
Renata Pepicelli (Università di Bologna)
Luca Queirolo Palmas (Università di Genova)
Antonello Petrillo (Università Suor Orsola Benincasa, Napoli)
Federico Rahola (Università di Genova) Fabio Raimondi (Università di Salerno)
Maurizio Ricciardi (Università di Bologna)
Anna Maria Rivera (Università di Bari) Gigi Roggero (Università di Bologna)
Pier Aldo Rovatti (Università di Trieste) Devi Sacchetto (Università di Padova)
Anna Simone (Università Suor Orsola Benincasa, Napoli)
Federica Sossi (Università di Bergamo)
Alessandro Triulzi (Università di Napoli L’Orientale)
Tiziana Terranova (Università di Napoli L’Orientale)
Fulvio Vassallo Paleologo (Università di Palermo) Sincerely, The Undersigned
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The Lettera dei/delle docenti universitari/e contro il razzismo a sostegno del primo marzo, “una giornata senza di noi” Petition to university teaching staff was created by and written by Sandro Mezzadra (sandro.mezzadra@unibo.it). This petition is hosted here at www.PetitionOnline.com as a public service. There is no endorsement of this petition, express or implied, by Artifice, Inc. or our sponsors. For technical support please use our simple Petition Help form. tags: First March migration of Racism
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Eroi del colonialismo

Eroi del colonialismo

Oggi i maggiori giornali italiani portano la notizia della morte della nostra spia, (007 è una qualificazione più romantica ed usano questa), indicandola alla opinione pubblica come eroe
caduto sul lavoro. Gli assassini sarebbero stati i famigerati talebani dipinti come feroci terroristi come ieri le SS tedesche indicavano i nostri partigiani e, l'altro ieri, l'esercito italiano indicava i patrioti
libici, somali o etiopi impalati dai nostri generali.
Per cominciare, le circostanze dell'attentato nel centro di Kabul sono assai dubbie. Sembrerebbe
che l'obiettivo dell'azione fossero gli indiani e che il gruppo aggressore fosse costituito da pakistani che hanno molte partite aperte appunto con i loro ex fratelli. Ma questo "particolare" viene messo in ombra. Il messaggio che deve passare nell'opinione pubblica è un altro. Il nostro caduto si trovava
in quell'albergo nel cuore di Kabul per difendere noi, la civiltà occidentale, dal pericolo del terrorismo islamico. Se l'attentato fosse accaduto in altra parte del mondo la "notizia" che sarebbe stata data
avrebbe indicato in una "cellula" di AlQaeda i responsabili. Insomma, la menzogna di un terrorismo
che attenterebbe alla pace va alimentata in ogni modo e con ogni sotterfugio.
Un vero eroe come Calipari non è mai stato indicato come tale dalla grande stampa italiana. Forse perchè è stato ucciso, a mio parere deliberatamente, dagli americani mentre faceva scudo del suo corpo alla nostra Giuliana Sgrena che, secondo l'assassino subito rimesso in libertà negli USA, avrebbe fatto bene a restare in casa a fare la calza piuttosto che creare problemi a chi fa il suo "lavoro" in Iraq.
Una persona libera, civile, democratica e pacifista come Boldoni è stato ucciso in circostanze misteriose in Iraq . Il suo corpo non è mai stato restituito alla famiglia. Enzo Boldoni è stato presto dimenticato dall'Italia ufficiale. Le sue idee non erano tanto gradite e neppure la sua indipendenza. Il Corriere della Sera si è ben guardato dal raccontarlo come eroe. Eroe conclamato ed accolto come tale dalle massime cariche dello Stato al rientro della sua salma in Italia ed insignito da medaglia d'oro al valor civile è il contractors Quattrocchi che si trovava nel disgraziato paese per conto di una agenzia straniera e vi guadagnava 7000 dollari al mese. Non si danno settemila dollari se non per servizi particolari, coperti da immunità da parte dello esercito occupante e che possono essere tanti quanti possiamo immaginarne a cominciare dalla "liquidazione" dei terroristi con metodi spicci ed altre cosucce del genere.
L'Iraq e l'Afghanistan sono occupati da eserciti occidentali che hanno al loro seguito non meno di trecentocinquantamila contractors, killer addestrati a fare i lavori "sporchi" che gli eserciti a volte non fanno come torturare i prigionieri o prendere in ostaggio famiglie di partigiani. Da molti anni queste due nazioni sono sotto il tallone di eserciti di invasione e di squadroni della morte. Vengono sistematicamente bombardate con uccisione di migliaia e migliaia di civili. La terra, l'aria e le acque
sono avvelenate dall'uranio, dal fosforo. Nascono bambini deformi perchè l'Occidente fa la guerra non solo ai "terroristi" di oggi ma anche a quelli del futuro. Quello che conta è che gli USA hanno potuto costruirsi una enorme ambasciata-base militare nucleare al centro di Bagdad e disseminato tutta l'area di teste di ponte, di fortificazioni, in vista del loro prossimo assalto all'Iran, alla Cina o alla Russia o non si sa a chi dal momento che fabbricare un nemico e dipingerlo con i colori del demonio è
loro attività fatta senza troppi scrupoli per la verità.
Il nostro "eroe" si trovava in Afghanistan per sostenere questo progetto di colonizzazione e per puntellare il governo fantoccio del grande mafioso e trafficante di oppio Karzay. Purtroppo la menzogna di una missione di pace viene sostenuta da autorevoli esponenti dell'ex PCI come Fassino e D'Alema. Per questi signori quello che conta è dimostrare all'ambasciatore statunitense in Italia la loro affidabilità e magari farsi aiutare a riconquistare il governo.
Pietro Ancona
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venerdì 26 febbraio 2010

Morti sul lavoro e suicidi in carcere

Morti sul lavoro e suicidi in carcere

Due colonne si innalzano giorno dopo giorno senza farci sperare in un cambiamento. Sono le colonne che sommano i morti sul lavoro ed i suicidi o morti nelle carceri italiane. I giornali ne parlano, le denunzie ci sono state e continuano ad esserci. Per oltre un anno il Presidente della Repubblica ha dedicato una parte della sua comunicazione alla questione degli infortuni mortali sul lavoro. Il sistema massmediatico non ignora i luttuosi e tristi eventi. In quanto ai suicidi in carcere le persone che se ne occupano si possono contare con le dita di una mano. Ogni anno, per il ferragosto, Pannella organizza una visita alle carceri e, approfittando del fatto che i massmedia nel fatidico giorno non hanno altro da fare, riempie il vuoto con i resoconti degli incontri con i prigionieri e con il personale di custodia.
Ma non succede niente. Non cambia niente. I lavoratori che cadono sotto la falce della Morte sono soggetti socialmente deboli, assai più deboli oggi di quanto non fossero ieri dal momento che i Sindacati li hanno posati. Hanno scelto l'amministrazione delle leggi e delle norme esistenti e non propongono le cose che potrebbero realmente cambiare le cose: la lotta al precariato, l'attribuzione di poteri ispettivi ai delegati operai alla sicurezza, il divieto di straordinario per i lavori pericolosi, la prevenzione fin dal livello delle macchine operatrici e dell'organizzazione del lavoro, l'appesantimento delle norme penali per i responsabili delle "disgrazie". Ho ricordato altre volte che la Torre Eiffel fu
eretta in circa due anni da circa duecento carpentieri che lavoravano anche a trecento metri dal suolo e nelle condizioni climatiche più dure. Non ci fu un solo infortunio mortale. Valeva il principio della professionalità e dell'affiatamento di gruppo, cose del tutto ignote nella epoca di lavoratori "usa e getta" che si cambiano spessissimo e lavorano sotto dura sorveglianza. Mi raccontava Peppe Grado, mio maestro di socialismo e sindacato, che i braccianti agricoli lavoravano sotto la sferza di un campiere e non potevano rialzare la schiena neppure se una spiga di frumento penetrata sotto i vestiti graffiasse la loro carne. Oggi le condizioni di lavoro in agricoltura ma anche nei cantieri edili e nelle fabbriche sono diventate allucinanti. Ogni ora viene sfruttata fino ai centesimi di secondo che debbono essere tutti produttivi. Ricordiamo il lavoratore rumeno Radu Gheorghe morto di fatica ed abbandonato nei campi dai suoi stessi compagni dal momento che quando si è schiavi si perde anche il sentimento di umana solidarietà e di compassione. La sua famiglia è stata abbandonata.
I carcerati sono soggetti socialmente ancora più deboli dei lavoratori. Dall'inizio dell'anno abbiamo avuto notizia del suicidio di almeno dieci di loro. Non sappiamo quanti altri siano sofferenti per avere tentato di farla finita. Le carceri italiane sono diventate luoghi infernali, bombe che non esplodono perchè tenute sotto pressione da un regime carcerario durissimo per tutti. Non si hanno notizie delle inchieste che vengono condotte sui casi di suicidio, ma difficilmente viene appurata una verità diversa da quella che viene di volta in volta scritta dai comunicati delle Case di Pena. Il Governo non si propone di migliorare le condizioni di vita dei detenuti ma piuttosto strumentalizza la loro insopportabile situazione per farne una shok economy come ha fatto con la protezione civile. Ha conferito ad un funzionario, Ionta, i superpoteri che ha Bertolaso nel suo campo. Potrà costruire quello che vorrà dove vorrà e senza chiedere il permesso a nessuno e senza controlli.
Ammesso che la costruzione di altri duemila o tremila posti-carcere servirà a qualcosa sappiamo tutti che la soluzione non è questa ma l'abrogazione delle leggi con le quali la destra ha riempito le carceri di drogati e di migranti. Bisognerebbe poi percorrere un filo diverso da quello che
si sta seguendo e che crea dentro le carceri nuovi gironi di pena più dura. Bisognerebbe abolire ogni forma di detenzione peggiorativa di quella comminata dal Magistrato. Ma questo non sarà fatto perchè non interessa nessuno e perchè l'ideologia securitaria e classista del Governo ha contagiato anche gran parte dell'opposizione. Bisognerebbe poi rendere più difficile la carcerazione e sottoporla a procedure meno sbrigative. Bisogna insomma cambiare ideologia e prospettiva. Oggi la società è indotta ad inferocirsi contro chi sbaglia ed a considerare ingenua la politica del recupero, della mano tesa.
Ma una società tanto dura non è più sicura. Gli USA con le politiche della "tolleranza zero" avranno reso più linde New York ed altre città ma hanno anche il più alto numero di omicidi e di crimini del mondo. Il darwinismo sociale colpisce i poveri, i più deboli, ma rende il conflitto endemico, inestinguibile. La sofferenza dei colpiti resta comunque impressa nella società e la stigmatizza con il dolore delle vittime e delle loro famiglie.
Pietro Ancona
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mercoledì 24 febbraio 2010

Peggiorano le carceri: altri suicidi

Cronaca
Carceri/ Sale a 10 bilancio detenuti morti nel 2010 -scheda
In 10 anni 570 suicidi in carcere


Altri due suicidi in carcere ieri, in un solo giorno, dopo il tunisino uccisosi a Brescia. Due detenuti, uno a Fermo e uno a Padova, si sono tolti la vita e resta drammatica condizione di vita nelle carceri italiane, dove sono stipati più di 66.000 detenuti e negli ultimi due anni sono aumentati di ben 18.000, a fronte di circa 44.000 posti. Negli ultimi dieci anni (2000-2009) i detenuti suicidi nelle carceri italiane sono stati 568, mentre nel decennio 1960-69 sono stati "soltanto" 100, con una popolazione detenuta che era circa la metà dell'attuale: in termini percentuali, la frequenza dei suicidi è quindi aumentata del 300%. I motivi di questo aumento sono diversi: 40 anni fa i detenuti erano prevalentemente criminali "professionisti", spiega Ristretti Orizzonti, mentre oggi buona parte della popolazione detenuta è costituita da persone provenienti dall'emarginazione sociale, spesso fragili psichicamente e privi delle risorse caratteriali necessarie per sopravvivere al carcere. La media europea dei suicidi in carcere è di 1 detenuto ogni 1.000 circa e l'Italia è allineata a questo dato. Però bisogna considerare che nel complesso della popolazione italiana avviene un suicidio ogni 20.000 abitanti, mentre in Paesi come la Francia, la Gran Bretagna e l'Olanda si registra una frequenza pressoché doppia, quindi da noi è maggiore lo scarto tra popolazione libera e detenuti. Detenuti suicidi nel 2010 - Fermo, Vincenzo Balsamo, 40 anni, uccisosi il 23 febbraio - Padova, Walid Aloui, tunisino di 28 anni, uccisosi il 23 febbraio - Brescia, detenuto tunisino di 27 anni, uccisosi il 23 febbraio - Spoleto, Ivano Volpi, 29 anni, uccisosi il 29 gennaio - Milano, Mohamed El Abbouby, 25 anni, uccisosi il 15 gennaio - Massa Carrara, Abellativ Eddine, 27 anni, uccisosi il 13 gennaio - Verona, Giacomo Attolini, 49 anni, uccisosi il 7 gennaio - Sulmona, Antonio Tammaro, 28 anni, uccisosi il 7 gennaio - Cagliari, Celeste Frau, 62 anni, uccisasi il 5 gennaio - Altamura, Pierpaolo Ciullo, 39 anni, uccisosi il 2 gennaio

ricordo di sandro pertini

Ricordo di Sandro Pertini

Sandro Pertini è stato il migliore Presidente della Repubblica ma anche e sopratutto una grande anima di socialista e, potrei dire, di italiano nel senso che riassumeva dentro di sè le doti più belle
di una nazione che, dopo di lui, ha ripreso a sfasciarsi. Nel Partito non era molto amato dal gruppo dirigente. Era considerato impolitico, veemente, insomma non un maestro. Ma si trattava di un giudizio sbagliato che riguardava più la tecnica e la manovra della politica che la politica stessa. Se questa è vibrazione all'unisono con il sentimento popolare, ebbene Pertini era politico assai di più di quanto lo fossero tanti altri. E' diventato Presidente della Repubblica contro la volontà di Craxi che arrivò a contrapporgli Antonio Giolitti nella speranza che i comunisti cessassero di appoggiarlo. Nel luglio sessanta, quando l'Italia fu in bilico per il mostro fascista che alleva da sempre nel suo ventre, nelle terribili giornate convulse e pericolose, era pronto a contribuire ad un movimento di lotta, se necessario anche armata per contrastare le voglie del duo Gronchi-Tambroni. Ricordo che da Genova lanciò un vibrante appello antifascista ad una Italia che era già in piazza, pronta a difendere la sua libertà.
Nel 56 venne ad Agrigento per un comizio. Alloggiò in un albergo situato all'ingresso della città e per tutta la notte ne vegliammo a turno il riposo temendo che subisse un attentato. Allora i
politici giravano senza scorta e comunque non credo che l'avrebbe mai voluta. Si assunse la difesa della madre di Salvatore Carnevale al processo contro la mafia di Caccamo che lo aveva trucidato.Era avvocato anche se non esercitò mai la professione tranne che in questa occasione. I mafiosi furono difesi da un famoso avvocato napoletano che poi sarebbe diventato anch'egli Presidente della Repubblica anche se ne fu costretto alle dimissioni da uno scandalo enorme
che allora inquietò l'Italia, lo scandalo Lockheed: Giovanni Leone.
Pertini e Leone rappresentavano al processo Carnevale due Italie che allora si contrapponevano duramente.
Sandro Pertini rappresentava in misura paradigmatica valori che erano l'essenza stessa del socialismo: la coerenza tra la vita e le sue convinzioni. Non piegò mai la testa davanti al fascismo nè volle che lo facesse la madre per chiedere la grazia a Mussolini. Si fece tanti anni di carcere ed aveva cura a stirare i pantaloni da ergastolano piegandoli accuratamente sotto il pagliericcio e di essere sempre in ordine e ben sbarbato. Non voleva dare la soddisfazione al fascismo di averlo ridotto a non avere cura di se stesso. Suggerisco di leggere il suo libro " Sei condanne e due evasioni" per comprendere di quale pasta fosse fatto. Era persona onesta e di grande pulizia morale. Considerava il Palazzo del Quirinale un ufficio al quale si recava dalla sua mansarda di un edificio
in Piazza Fontana di Trevi dove viveva con il grande amore della sua vita Carla Voltolina, partigiana,
giornalista impegnata ed autrice di un libro "Lettere dalla case chiuse" che contribuì al successo della
legge proposta dalla socialista Lina Merlin.
E' ancora per me motivo di orgoglio essere stato nello stesso partito di Sandro Pertini. Un Partito che era molto di più di un'organizzazione di parte perchè incarnava valori generali come la pace, la giustizia sociale, la libertà, la laicità, la dignità dell'uomo che deve essere liberato dalle catene dello sfruttamento e dall'umiliazione di condizioni di vita indecorose. Motivo di orgoglio di aver conosciuto anche persone come Pietro Nenni, Rodolfo Morandi, Emilio e Joice Lussu, Fernando Santi, Riccardo Lombardi che hanno vissuto la politica ed il socialismo con dedizione ed onestà e da statisti facendo della crescita e della diffusione del socialismo sostanza della stessa crescita civile d'Italia. Ma il PSI finisce con la questa generazione. Dal Congresso di Torino in poi, dopo la cancellazione del bellissimo simbolo della falce,martello,libro e sole nascente sostituita dal lugubre garofano ,non è più esistito anche se il nome ha continuito ad essere usato.
Pietro Ancona
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martedì 23 febbraio 2010

per l'unità dei palestinesi

Per l'unità dei Palestinesi
Il popolo palestinese è quasi alla catastrofe della sua dolorosa storia. La divisione ha dato la possibilità ad Israele di incrudelire con ferocia di stampo nazista nei confronti della popolazione di Gaza che viene chiusa, con la complicità dell'Occidente e del faraone egiziano, in un lager nel quale non riceve neppure la brodaglia che le SS passavano agli ebrei ed agli altri infelici. Quando il nuovo muro di acciaio progettato con sadismo impedirà anche l'uso dei cunicoli che assicurano un minimo di contatto con l'esterno, un milione e mezzo di persone non avranno più scampo. Intanto prosegue
la campagna omicidi per i capi di Hamas che vengono sistematicamente uccisi dal Mossad dovunque siano rifugiati nel mondo . La classe dirigente civile e militare dei palestinesi è stata quasi del tutto distrutta in anni ed anni di "omicidi mirati". Il governo sionista di Israele ha avuto cura di togliere la vita anche ai professori. Un popolo di ignoranti si governa come un gregge. Questo, mentre i cecchini dell'esercito uccidono le bambine anche per un contenimento demografico. Cinquecento bambini sono nelle prigioni di Israele e vorrei proprio sapere di quale delitti sono accusati.
Israele è riuscita a dividere i palestinesi assicurandosi la collaborazione degli eredi di Arafat. Abu Mazen ha ceduto tutto pur di avere tregua e pace. Si è financo prestato alla campagna di liquidazione dei "terroristi" di Hamas. Ma tutto quello che ha fatto non è servito a niente e costituisce la prova del fatto che Israele non vuole la pace e neppure la creazione di una Palestina indipendente, ma l'assimilazione di tutto il territorio occupato. In Gisgiordania proseguono intensamente gli insediamenti dei coloni i quali, armati fino ai denti e protetti dal loro esercito, si muovono a branchi per terrorizzare ed uccidere i disgraziati che incontrono come facevano i rampolli degli spartani con gli iloti per addestrarsi alla caccia umana. Abu Mazen è stato ridotto a larva di se stesso. Ha perso la dignità e non gli resta che il silenzio. Silenzio che stride clamorosamente con la tragedia che si incupisce giorno dopo giorno.
Israele ha sezionato i palestinesi in tre parti: Gerusalemme, Gaza e Gisgiordania. A Gerusalemme demolisce le case dei palestinesi per togliere loro la cittadinanza ed espellerli dalla città nel corso di un programma di pulizia etnica proprio nella città sacra al Dio di tre religioni. A Gaza attua un programma
di bantustan simile a quello dei razzisti sudafricani, ma molto più duro . In Gisgiordania si serve del collaborazionismo di Abu Mazen per fare come il cuculo nel nido altrui, un cuculo violento ed omicida.
La situazione è diventata davvero pesantissima. Non c'è più futuro per i palestinesi ai quali non è e non sarà concesso di vivere anche se accettassero di rinunziare a tutte le loro rivendicazioni. E' necessario superare le divisioni e ricostituire l'unità del popolo. E' provato che non c'è alternativa alla lotta. E' necessario che hamas ed alfatah rimettano insieme i cocci della nazione palestinese. Senza di questo li aspetta il genocidio ed una persecuzione peggiore di quella subita dagli ebrei e dai rom. Ancona Pietro
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domenica 21 febbraio 2010

il festival della volgarità e del vuoto assoluto

Il Festival della Volgarità e del Vuoto Assoluto

Che ci facevano Bersani ed il Ministro Scaiola al festival di San Remo? Dovevamo farsi notare da un pubblico di dodici milioni di telespettatori. Ma i due non sono critici musicali e probabimente nel loro privato neppure melomani. Dovevano comunque parlare e farsi notare. A questo punto interviene il Grande Maestro della TV, personaggio assai scafato da anni ed anni di esperienza di intrattenimento da salotto nella quale ha avuto enorme successo tanto da diventare molto ricco e uomo di grande potere nel mondo della televisione commerciale: Maurizio Costanzo, il quale, alza l'ingegno e trova il tema adatto: intervistare tre operai della Fiat di termine Imerese, la famosa fabbrica che Marchionne vuole chiudere a tutti i costi. Gli ingredienti ci sono tutti: l'Italia ha avuto ed ha una grande solidarietà con gli operai e le loro famiglie, l'argomento è drammatico e strappa lacrime vere. I racconti degli operai emozionano il pubblico. Intervengono Scaiola e Bersani e recitano le loro parti rispettive di Ministro e di Capo dell'Opposizione. Il risultato non è brillante. La gente rumoreggia. Entrambi i due Oligarchi, il Ministro ed il Capo del PD, non possono garantire la salvezza della fabbrica e degli operai. Ma mostrano un sincero interesse, un coinvolgimento che sembra genuino. Sappiamo tutti che la fabbrica sarà chiusa. Non c'è niente da fare e soltanto un miracolo può cambiare il corso delo destino. il Miracolo invocato da processioni con luminarie che si svolgono nei paesi delle Madonie coinvolti nella crisi. Ma, come insegna Berlusconi, quello che conta non è la realtà ma la sua rappresentazione che può essere manipolata a piacere. Insomma gli operai sono stati non aiutati ma usati per consentire a due grossi oligarchi della politica di ritagliarsi una parte
nel festival nazional-popolare più famoso d'Italia, uno spettacolo che occupa una settimana e che viene seguito dalle famiglie anche se l'ottanta per cento di esso è di una noia mortale. L'evento si è compiuto nonostante non sia andato del tutto come programmato. Se domani la fabbrica sarà chiusa e gli operai licenziati questo non avrà poi tanta importanza nelle tante crisi che affliggono l'Italia.
Questa edizione del festival dista anni luce dalla gran parte di quelli passati. Quando l'Italia era genuina, aveva voglia di stare bene, di darsi un futuro. Non è il festival di Nilla Pizzi o di Claudio Villa
e di quanti altri hanno fatto la storia della musica, del folk italiano. E' stato lo specchio dell'Italia volgare, pacchiana, berlusconiana. Per la seconda volta, un giovane allevato nelle scuderie di Maria De Filippi, vince il Festival. Mi domando quali particolare scuola musicale sia questa della De Filippi per acchiappare due coppe da trofeo così importanti. Probabilmente non si tratta né di musica né di poesia ma soltanto di una forte organizzazione capace di condizionare il televoto che ha assicurato
il trionfo del giovanotto. Se si scava nel retroscena del festival si scoprono intrecci di interessi societari, finanziari e mercantili che hanno ridotto a mero prodotto, merce, la grande canzone italiana Il Festival è stato affollato di personaggi della televisione commerciale ed il suo format è pieno di citazioni e di influssi della peggiore spazzatura televisiva dal Grande Fratello all'iIsola dei famosi alle trasmissioni della de Filippi. Questa dirige da un pezzo uomini e donne, una pomeridiana di stampo machista dove si sviluppano romanzi e romanzetti in cui il rapporto uomo donna è dominato dalla cultura del peggiore tradizionalismo maschilista italiano. Da un po' la nostra
Maria, ottenuto un grande successo di audience , probabilmente consigliata da studiosi di sociologia e di marketing ha dato vita ad una variante
over sessanta. Una raccapricciante trasmissione alla quale partecipano persone rigorosamente anzianissime che, secondo un copione indecoroso, fanno il verso ai giovani dell'altra trasmissione.
Forse questa trasmissione di anziani ed anzianissimi avrà successo nelle sale pranzo degli ospizi. A me sembra una ghettizzazione, uno zoo di vecchi mostrati alla curiosità del pubblico per far dire: "vedete, alla loro età come sono arzilli, birichini direi, arguti, pieni di ironia, pieni di voglia di fare e di vivere". Dovrebbero essere vietate le trasmissioni che selezionano i partecipanti per età e li costringono a confrontarsi tra di loro e soltanto tra di loro. A me sembra razzismo anche se inconsapevole. Costanzo e la De Filippi omologano e assoggettano la TV pubblica a quella commerciale.
Il Festival si è chiuso. La Clerici esce dai suoi monumentali rutilanti abiti e forse torna a maneggiare pentoloni e padelle nella tv cuciniera. Il principe ereditario al trono d'Italia ha avuto il suo momento di gloria nazionale. Le somme che si sono spese, si dice, sono pazzesche. Ma chi se ne frega? Tutti abbiamo pagato il canone e la TV nazionale incassa oltre cinque miliardi di euro l'anno. Se si spendono tutti facciamo vivere tanta brava gente....
Pietro Ancona
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sabato 20 febbraio 2010

Importante riflessione di Luciana Castellina sul Manifesto

20/02/2010
| Luciana Castellina

Sul Welfare, Berlino batte tutti


Ho aspettato alcuni giorni per verificare se qualcuno in Italia aveva preso nota della ultima sentenza ( 9 febbraio) della Corte costituzionale tedesca ma, salvo il manifesto - che ne ha dato ampia notizia - non ho trovato niente. Eppure si tratta di una sentenza di grande importanza, perché obbliga i legislatori a prendere sul serio l'entità del salario di cittadinanza, dando valore ai solitamente disconosciuti diritti sociali pur affermati da quasi tutte le costituzioni dei paesi europei a partire dal nostro.
Il giudizio della Corte tedesca interviene a proposito di un dettaglio dell'applicazione della riforma del welfare - la famosa Hertz IV - che già non pochi grattacapi ha dato alla sinistra della Repubblica federale: fortemente voluta dal cancelliere socialdemocratico Schroeder, contro il parere di una buona fetta del proprio stesso elettorato (che se ne è infatti ricordato alle ultime elezioni ) e quindi assunta da Angela Merkel. Si tratta della trasparenza nel modo - come ha già spiegato Guido Ambrosino su il manifesto del 13 febbraio - in cui è stato calcolato l'importo dell'assegno di disoccupazione per quanto riguarda la quota destinata a coprire le spese per l'educazione dei bambini. In discussione non è tanto qualche decina di euro in più o in meno, una piccolezza, ma le implicazioni politiche e giuridiche che sono invece enormi: perché la sentenza dice nientedimeno che è illegale ogni retribuzione o indennità che non garantisca il «diritto fondamentale a percepire un minimo vitale dignitoso», vale a dire che deve essere devoluta una somma in grado di consentire «un minimo di partecipazione alla vita sociale, politica e culturale». Un'affermazione che ha sollevato le ire del vicecancelliere liberale Wasterwelle, che vorrebbe abolire ogni indennità di disoccupazione, e ha invece reso felice l'Unicef che vi ha visto una strada aperta alla lotta contro la povertà infantile. «Perché - ha commentato il direttore dell'agenzia Onu in Germania, Stachelhaus - il problema non sta nel fatto che un bambino abbia o meno un paio di scarpe nuove, quanto nel posto e quali opportunità avrà nella società».
Tutto questo è accaduto in nome dell' applicazione degli articoli 1 e 20 della Costituzione federale, cui entro il 31 dicembre i legislatori tedeschi dovranno piegarsi, riscrivendo le loro regole.
E in Italia, dove l' articolo 3 della Costituzione parla di «pari dignità sociale» ( fu voluto da Lelio Basso, Parlmiro Togliatti e Aldo Moro ) e dove l'anche più esplicito articolo 36 recita (conviene sempre ricordare queste diciture): «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa», un diritto di cui è stato riconosciuto titolare ogni cittadino? Di Vittorio ne fece la sua bandiera e poi analogo concetto è stato inserito anche in altre Costituzioni europee, buon'ultima quella spagnola dopo la caduta di Franco. Cosa avverrebbe se a impugnare le leggi che disattendono l'art. 36 fossero ora tutti i lavoratori costretti a salire sui tetti delle loro aziende, e con loro tutti i precari che un'azienda non l'hanno neanche più, per rivendicare «dignità» e chiedere che l'Italia prenda sul serio la propria Costituzione, così come sta facendo la Germania?
Il fatto è che questa povera Corte costituzionale tedesca viene sempre bistrattata, è anzi il nemico numero uno dei «santi europeisti» (ma Altiero Spinelli sono sicura che oggi sarebbe fra i diavoli) perché ha più volte (quando doveva essere ratificato il Trattato di Maastricht negli anni '90 e di nuovo il 30 giugno scorso per via di quello di Lisbona) denunciato le pecche dei Trattati Europei. Dichiarando che la Germania non può cedere all'Unione l'intera sua sovranità perché nel suo assetto c'è un evidente deficit democratico e sociale, incompatibile con la legge fondamentale della Repubblica federale tedesca.
Il che è più che vero. Nella Carta di Nizza i diritti sociali, per esempio, sono solo «riconosciuti» e non «garantiti». E poi nel Trattato di Lisbona, per contentare tutti, è stato inserito quel meraviglioso ossimoro il quale dice che l'Unione si fonda su «un'economia sociale di mercato fortemente competitiva». Che è come dire che il «sociale» deve essere sacrificato alle ragioni di Marchionne. E, come se non bastasse, a dare un'interpretazione restrittiva del carattere sociale dell'Europa, ci si è messa da sempre la Corte di giustizia europea, di cui si è giustamente detto che ha un comportamento «creativo». E in questo caso ha deciso, pur non avendo in tal senso alcun mandato, che la libertà economica prevale sui diritti sociali garantiti dalle legislazioni nazionali.
Quanto al deficit democratico sappiamo tutti che è plateale, visto che - come scrive uno dei più importanti costituzionalisti italiani, Giuseppe Guarino - «il sistema dei poteri vigente nell'Unione europea, anche dopo le innovazioni introdotte dal trattato di Lisbona, non rispetta il principio di democraticità vincolante per gli stati membri».
Non è solo questione di come è strutturato il potere decisionale: la Corte tedesca nel '94 aveva indicato una causa anche più profonda di non democraticità quando aveva dichiarato che nell'Unione mancava il demos. Un concetto che non alludeva all'assenza di una etnia pura ed omogenea - come pure i «santi europeisti» si sono affrettati a denunciare, evocando il malefico fantasma di Carl Schmitt - ma, più semplicemente, l'assenza, a livello europeo - come ha scritto all'epoca Dieter Grimm, l'estensore della sentenza - di quelle strutture «indispensabili alla democrazia: associazioni, movimenti, media, partiti, sindacati che consentono una costante interazione fra cittadini e stato, affinchè questo possa assolvere al suo compito che è quello di mediare fra interessi diversi». Già carenti a livello nazionale, essi sono inesistenti a livello europeo, sebbene garantiscano partecipazione e la democrazia senza partecipazione sia nulla - aveva concluso.
Argomenti, come si vede, più che condivisibili, che chiamano in causa la responsabilità anche di buona parte della sinistra, impegnatissima a rivendicare i poteri del parlamento europeo, certo importanti, ma distratta rispetto al compito preminente di costruire una vera società civile di livello comunitario, vale a dire una comune opinione pubblica, non più frammentata come oggi, sicché le istituzioni possono permettersi di non rispondere realmente a nessuno.
«Non condivido - ha ironicamente scritto in merito alla sentenza della Corte tedesca del 30 giugno scorso Gianni Ferrara - il turbamento degli euro-patrioti per i suoi effetti. La passione europeista è più che commendevole. Ma non può sopraffare quella per la democrazia». O quella per i diritti sociali riaffermati dalla nuova sentenza del 9 febbraio - c'è da aggiungere - che sono, o dovrebbero essere, la principale specificità del modello europeo. Se dovesse sparire, non resterebbe che un pezzo di mercato, buona idea nel 1957, un po' obsoleta in epoca di globalizzazione. E allora, invece che accusare i giurati tedeschi di rigurgiti nazionalisti, sarebbe bene prendere sul serio le loro preoccupazioni. Che mi sembrano più europeiste di quelle di molti europeisti ufficiali.

la Confindustria e gli imprenditori onesti esclusi dal banchetto

La Confindustria e gli imprenditori onesti esclusi dal banchetto

La Confindustria è stata il motore centrale delle privatizzazioni che spolpano lo Stato dall'interno e che stanno giungendo a punte parossistiche, a mete inimmaginabili fino a qualhe tempo fa. Ha lavorato di fino e di grosso, sviluppato intense campagne lobbjstiche, sfruttato e strumentalizzato gli errori ed i difetti della pubblica amministrazione e dell'intervento pubblico in economia ed ha realizzato il suo sogno, raggiunto il suo successo, quando ha convinto gli excomunisti traghettati dalla Bolognina al magnifico regno della borghesia, del mercato, delle borse, della libera intrapresa, a fare proprie le sue idee. Come si sa i comunisti sono quadrati esecutori delle cose nelle quali credono . Sono stati tra i migliori e più diligenti propagandisti e fautori delle privatizzazioni. D'Alema è intervenuto diverse volte per spiegare che i servizi locali (acqua,gas,trasporti,netturbe...) andavano privatizzati incurante del fatto che questo avrebbe comportato e comporta un aggravio dei costi che è stato scaricato sulle spalle degli utenti. Non ha voluto tener conto che la trasformazione delle municipalizzate in SPA avrebbe sottratto queste al controllo della Corte dei Conti ed al rigore della finanza pubblica. Ad ogni privatizzazione corrisponde un consiglio di amministrazione pagato a fior di milioni di euro. Quanto abbiamo appreso in questi giorni sul modus operandi di Bertolaso e quanto è accaduto all'Amia di Palermo dimostrano quanto sia perniciosa l'adozione di criteri privatistici anche se invocati spinti dall'assillo del fare subito e come una
compagine di mignatte e di sciacalli disposti a fare anche da ruffiani si è insediata attorno alla Protezione Civile per gestirsi gli appalti che, secondo un galantuomo come l'ex Presidente della Sardegna Antonello Soru sarebbero costati centinaia di milioni in più del dovuto. Stiamo parlando di un uso arbitrario e senza controllo di fondi pubblici che, per la protezione civile, in questi ultimi anni è stato di dieci miliardi di euro! Una vero saccheggio dello Stato legalizzato ed alla luce del sole!
La Confindustria non ha alzato un dito per proteggere i suoi iscritti imprenditori dall'uso arbitrario
dei poteri discrezionali della Protezione Civile e dello Stato. Soltanto coloro che sono molto ammanigliati con i vertici della destra che controlla con criteri padronali il Governo può accedere ai finanziamenti e può lavorare. Mentre Tremonti taglia i fondi per scuola, sanità, pensioni, ammortizzatori sociali, chiude tutti e due gli occhi per l'immenso sperpero e per gli sprechi di opere costate anche dieci volte più del dovuto. Ho letto una nota che indica il costo a metro quadro delle casette date ai terremotati abruzzesi pari a quelli di un appartamento al centro di una grande città italiana. Ma nessuno si chiede, ed è sintomatico, quando è costato il G8 de l'Aquila oltre a quello lasciato in aria della La Maddalena.
Il vertice della Confindustria non solo non ha tutelato i suoi iscritti imprenditori ed il Mercato che è
una sorta di tabù dei direttori del Sole 24 ore che da anni ci imbottiscono il cervello di disprezzo per quanto non è regolato dalle auree prescrizioni del liberismo ma partecipa al grande bottino, alla grande spartizione. Società della signora Marcegaglia sembrano ben piantate dentro l'affare La Maddalena. Come può la Confindustria tutelare in queste condizioni i suoi iscritti? Osserviamo amaramente che non siamo più ai tempi di Costa e che lo Stato è diventato la Grande Preda dei branchi di squali che riescono ad ammanigliarsi il potere.
L'onestà è indivisibile e non ci possono essere scissioni schizzofreniche. Se si partecipa al bottino lasciando indietro gli imprenditori che sono lontani dai Palazzi non si può lottare davvero la mafia che regola la vita oramai di tutto il Paese

Ora,la Confindustria, dopo molti mesi dalla decisione della sua associazione siciliana, ed a distanza di quasi trentanni dalla legge che introduce nell'ordinamento italiano il delitto di associazione mafiosa,scopre che deve impegnarsi nella lotta contro la mafia che è una grossa turbativa del mercato e del corretto sviluppo della concorrenza, cose apparentemente sacre ai liberali. Meglio tardi che mai
ma non ha mai espulso dalle sue file le aziende che sono state condannate per mafia.
Credo che le posizioni della Confindustria sulla mafia siano un imbellettamento di un corpo di imprenditori in parte mafioso o attiguo alla mafia che prevarica e rende impossibile il libero commercio soffocandolo e costringendo al fallimento o a vivacchiare gli imprenditori onesti. Basti vedere i prezzi dei prodotti agricoli liquidati agli agricoltori ed i prezzi finali della merce che arriva sul mercato. Filiere parassitarie che moltiplicano i prezzi sulle quali nessuno indaga!Venti centesimi per un chilo di frumento, quindici centesimi per chilo di arance ai produttori che non si rifanno neppure dei costi! Basti vedere chi controlla il commercio della carne e tutti i commerci all'ingrosso per dubitare molto che non vi siano dentro investimenti mafiosi. Soltanto dalle indagini della Magistratura a volte si scopre che intere catene di supermercati sono gestiti dalla mafia e sono strumenti eccellenti per il riciclaggio di denaro macchiato di sangue, sporco. Gli imprenditori onesti sono vittime di questo sistema. Debbono stare zitti, si debbono piegare, non possono far nulla anche perchè non sempre trovano persone o partiti disposti ad ascoltarli.
Mi domando però come, dopo quanto si è scoperto in questi giorni sul sistema di distribuzione degli appalti fatto da Bertolaso, gli industriali continuino a dare fiducia alla destra di Berlusconi e company.
La risposta che mi sono data è che, sul campo, hanno scoperto che l'opposizione in definitiva non è molto diversa dalla maggioranza e che il sistema politico sia tutto corrotto. Quindi la vecchia arte degli italiani dell'arrangiarsi, del cercare di non farsi travolgere, non sprofondare nelle sabbie mobili, sopravvivere e magari cercarsi quello che si chiama "strapuntino".
Al punto in cui stanno le cose, con lo Stato largamente colonizzato in tutte le sue articolazioni anche le più delicate (Forze Armate) da grosse colonie di privati che ne divorano il midollo, bisognerebbe intraprendere una strada del tutto opposta, azzerare i danni che si sono fatti dappertutto, alla scuola, al servizio sanitario, al bilancio.
Il PD canta vittoria perchè dal decreto sulla Protezione Civile è stata stralciata la parte che riguarda la SPA. Certo è encomiabile ma non altera per niente lo stato delle cose che produce miliardi di spesa senza controlli. In ogni caso, l'impegno del PD è venuto soltanto dopo che la Magistratura ha ordinato gli arresti di alcuni funzionari e imprenditori. E' sintomatico assai il fatto che nessuno scandalo scoppi in Parlamento. E' indice di comunanza se non di interessi di coabitazione nel sistema Italia.
La severità che tutti i benpensanti di destra e di sinistra mostrano per le richieste anche le più modeste dei lavoratori per le quali non ci sono mai i fondi, l'Italia è in deficit, etc.. non viene mai mostrata per le spese spagnolesche imposte dal ceto politico. Si sono concessi ai precari soltanto pochissimi spiccioli per la disoccupazione con un tetto massimo di duemila euro l'anno. Tetto che è stato negato con grande indignazione bipartisan per i managers pubblici che possono salire ben oltre il milione di euro l'anno! Milioni di euro saranno spese dallo Stato e dalle Regioni per celebrare il centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia mentre le scuole gli ospedali le carceri cadono a pezzi.E' inaccettabile. E' tipico del Regime Oligarchico nel quale siamo sprofondati. Le oligarchie politiche costano oramai più di cento miliardi di euro e cioè quanto l'intero sistema sanitario. La politica è diventata businesa e dopo l'homo faber e l'homo oeconomicus, ora abbiamo l'homp politicus. La politica è diventata professionale per professionisti. Il processo di mercificazione delle idee e dell'impegno è compiuto. Diventare deputato o senatore o governatore è assai di più che vincere all'Enalotto. Molto di più!! Basta sapere usare bene il Kit di Forza Italia o del PD!
Pietro Ancona
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la francia mostra il suo volto di feroce colonialista

Gaza: la Francia dirige il prolungamento del muro di separazione

dic 28th, 2009 | By admin | Category: News



Su Voltairenet

Gaza : la France supervise le prolongement du Mur de séparation

traduzione di Giuditta

Pochissimi prodotti sono autorizzati a passare nella Striscia di Gaza, sia che provengano da Israele che dall’Egitto;.
Centinaia di gallerie sono state scavate sotto il confine con l’Egitto al fine di garantire l’approvvigionamento della popolazione. Queste gallerie sono inoltre utilizzate dalla Resistenza per procurarsi le armi.

Lo Stato di Israele fa di tutto per trasformare la Striscia di Gaza in Bantustan, sull’esempio dei modelli già sperimentati dai suoi consulenti in Guatemala e in Sud Africa.

In questa prospettiva, Israele ha costruito un Muro di separazione, il cui tracciato è stato considerato illegale, secondo il diritto internazionale, dalla Corte permanente di arbitrato dell‘Aia.
Questo muro sta per essere prolungato di una decina di chilometri.

Nel Muro che separa Gaza dall’Egitto sono stati inseriti tubi fino a 35 metri di profondità e riempiti di acqua di mare, per inondare i tunnel.

Una seconda opera è composta di placche di metallo di 18 metri di lunghezza e 50 centimetri di spessore. Queste placche sono considerate impenetrabili e sono dotate di sensori per rilevare eventuali lavori di scavi.

Il Muro è stato costruito sotto la guida di consiglieri americani e francesi.

Questa settimana, il direttore della Intelligence Militare francese, il generale dell’esercito Benoit Puga, è venuto personalmente a ispezionare il cantiere..

Esaminando quella che sta diventando, secondo le stesse parole del presidente Nicolas Sarkozy, "La più grande prigione del mondo", il generale Puga si è congratulato dei progressi di lavori di accerchiamento.

Ha dichiarato che questa era "la più grande operazione della Storia" volta a interrompere i sotterranei, e che potrebbe servire di modello in altre regioni del mondo.

1,5 milioni di persone vivono nella Striscia di Gaza, e secondo il relatore delle Nazioni Unite, Jean Ziegler, la maggior parte sono malnutrite e può sopravvivere solo grazie al contrabbando che permettono questi tunnel.

venerdì 19 febbraio 2010

il Dalai Lama e Toro Seduto

IL DALAI LAMA E TORO SEDUTO

Il Dalai Lama, un globe trotters assai ammanigliato con gli ambienti che contano nel mondo occidentale, è stato ricevuto dal Presidente USA Obama con il quale si è trattenuto lungamente non per esercizi spirituali ma per parlare delle migliori strategie con le quali portare avanti la causa della indipendenza del Tibet dalla Cina. Naturalmente, data la estrema religiosità dei luoghi pieni di alte montagne che elevano l'animo verso Dio, il Tibet dovrebbe essere affidato a lui ed alla sua teocrazia che per oltre due secoli lo ha tenuto strettamente nel pugno di una feroce dittatura.
L'armata rossa liberò i tibetani da una oppressione spaventosa. I tibetani governati dal Dalai Lama non avevano diritto alla istruzione essendo questa riservata ai monaci, non avevano diritto alla sanità, erano meno che servi della gleba nelle terre appartenenti alla casta buddista. Stiamo parlando di un territorio vasto quanto Germania, Francia e Italia messi insieme! Il Tibet è grande 2 milioni e mezzo di chilometri quadrati ed è un quarto della Cina.Durante la dominazione buddista, insediatasi in uno dei tanti periodi di indebolimento dell'unità nazionale cinese, la popolazione diminuì drasticamente a causa della denutrizione e delle malattie. All'inizio del secolo scorso, gli inglesi tentarono di impossessarsi del Tibet costringendo il Dalai Lama alla fuga. Nel 1950, l'armata rossa guidata da Mao che aveva liberato gran parte della Cina dai signorotti feudali entrò in Tibet e lo incluse nella Grande Cina pur rispettandone il governo locale. Ma i monaci non erano disponibili a cedere l'immenso potere che avevano sulla terra e sulla popolazione e ordirono rivolte sanguinose. Alla fine il Dalai Lama ed i suoi ricchissimi cortigiani furono costretti a fuggire all'estero. E' inutile dire che la liberazione del Tibet ed il suo ritorno alla madre Cina è stata fonte di grande prosperità per i tibetani che hanno imparato a leggere ed a scrivere, hanno ospedali, hanno trasporti ferroviari e strade moderne, insomma sono stati traghettati nell'era moderna dal medioevo feudale nel quale erano tenuti prigionieri.
Obama, nel quadro della strategia militare e politica americana di destabilizzazione delle nazioni che non si vogliono sottomettere al suo dominio, cura con attenzione, come i suoi predecessori, tutte le possibilità di interferire, naturalmente in nome dei principi di libertà e di democrazia di cui gli Usa proclamano di essere tutori. Già durante le Olimpiadi riuscirono con monaci addestrati appositamente dalla Cia nei monti del Colorado a provocare gravissimi disordini a Llasa per non fare godere alla Cina la soddisfazione di essere paese ospite dei giochi olimpici e per sollevare una ondata di emozioni e di simpatia nel mondo intero a favore dei monaci. I quali in effetti stavano tentando un vero e proprio pogrom nei confronti dei cittadini cinesi e dei loro beni. Molti negozi e molte case furono incendiati. Molti furono uccisi.
Mi chiedo che cosa farebbe Obama se una delegazione di cinesi accompagnasse da lui il successore di Toro Seduto e gli chiedesse conto della condizione disumana che tuttora persiste nelle riserve indiane dove furono e sono tuttora relegati i pellerossa ridotti al rango di oggetto folcloristico da mostrare ai turisti. Le teste di alcuni valorosi capi delle tante tribù sterminate dal genocidio dei feroci coloni e del loro esercito blu sono esposte ancora alla curiosità macabra del pubblico. Nonostante gli USA siano da due secoli una forte confederazione di Stati, gli Indiani d'America sono chiusi in territori tra i più poveri ed affidati a gestori che li trattano come esseri inferiori profittando della loro povertà.
Farebbe bene il Presidente Obama ad occuparsi della condizione dei resti di uno dei più crudeli genocidi della storia e cercare di aiutare la popolazione indiana ad "integrarsi" dal momento che la sua condizione è peggiore di quella dei neri.
In verità, la politica degli USA verso il mondo, dopo la fine del bipolarismo, è orientata verso mete di conquista e di sottomissione degli altri. Tutto fa brodo per la realizzazione dei programmi a lunga scadenza della gerarchia militare dal rapimento e assassinio dei patrioti definiti "terroristi" alla strumentalizzazione di personaggi che diventano icone della propaganda imperialista. Il Dalai Lama,
la Betancourt rapita dai guerriglieri che lottano contro il sanguinario regime dei militari colombiani sostenuti dagli Usa, la Uang in Birmania. Queste tre icone sono ben diverse dalle carte da gioco dei wanted irakeni quasi tutti poi acciuffati e giustiziati. Sono mezzi per proseguire la corsa infinita verso una frontiera che si allontana sempre e che dovrà comprendere l'intero pianeta. Dalla guerra di Corea in poi il mondo non conosce pace. A guardarle nella loro sequenza temporale e spaziale le guerre passate o in corso mostrano la trama di un organico progetto di assoggettamento del pianeta. Noi tutti siamo vittime di questo espansionismo. La stessa globalizzazione serve ad accelerare il processo verso il grande impero a stelle e strisce.
Pietro Ancona
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mercoledì 17 febbraio 2010

la soma caricata sull'asina Italia

Caro Professore Boeri,

ho letto il suo interessante articolo (che condivido)su repubblica di ieri dedicato alla spesa delle regioni con particolare riferimento alla spesa per la politica. Al punto in cui siamo la situazione è talmente deteriorata che la ritengo irrecuperabile. Facciamo l'esempio della Sicilia dove abito. Fino al 1980 le spese di investimento del bilancio della regione erano di gran lunga superiori a quelle correnti ed il numero dei dipendenti era di circa seimila (già tanti) più i dipendenti degli enti regionali (altri diecimila). Ora
le spese per investimenti sono soltanto quelle di provenienza europea e già finalizzate e comunque spesso eluse nella loro destinazione e riportate ad ingrassare l'esistente e cioè le consorterie parassitarie di consorzi, enti, etcc..Tutti gli introiti della Regione che sono tantissimi per trasferimenti e per la riscossione delle tasse oggi vengono divorati dalla Regione
che è diventata l'unica benefattrice di tutte le risorse prodotte e che, in questo modo, vengono sequestrate e destinate al mantenimento di una Oligarchia politica costosissima probabilmente più del Parlamento Camera e Senato messe insieme e da una burocrazia che produce sempre nuove teste apicali. Si tratta di circa quattromila dirigenti su una massa di funzionari e di dipendenti tra interni ed esterni a carico di almeno trentamila persone.
Nonostante introiti che sarebbero bastevoli a mantenere un ricco e prospero Stato, la Regione Sicilia si è indebitata. Ha creato 27 ATO con una burocrazia notevole che però non riesce a pagare i salari ai netturbini per cui a Paternò è in corso un intervento dell'Esercito per raccogliere montagne di immondezze. Le privatizzazione delle acque che fin qui si sono fatte hanno raggiunto esiti di disperazione per cittadini ai quali arrivano bollette con le quali si debbono pagare le spese e i grassi fantastici stipendi degli amministratori del servizio idrico.
La politica è diventata business e occasione di arricchimento facile. Anche un deputato onestissimo alla fine del mandato si ritrova con un conto in banca che poche professioni e pochi impieghi consentono. C'è una corsa affaristica all'accaparramento dei posti che premia i più spregiudicati, i più forti, coloro i quali hanno un gruppo alle spalle.
Avrà sentito che la Regione Sicilia compera ai produttori di agrumi arance per dodici milioni e mezzo di euro. Un intervento inutile che serve a tacitare i malumori degli agricoltori ma non risolve il problema che, come lei insegna, sta nei prezzi miserimi imposti ai prodottori (un chilo di arance 15 centesimi), nel parassitismo ingordo della filiera e poi nel fatto che il consumo finale è depresso dai bassi salari,. Una famiglia operaia oggi si deve preoccupare di comperare il pane e nell'alimentazione cancella la frutta che non può più permettersi.
La Regione da anni non interviene più nell'economia della regione se non per farsi divorare il suo interno con le privatizzazioni dei servizi o la loro esternalizzazione. Non si spende una lira per la manutenzione del territorio, delle scuole e degli ospedali e quando si interviene l'odore di malaffare è sempre fortissimo. Tutto va in malore e si ha l'impressione di vivere dentro città abbandonate a se stesse.
Se durano le piogge che stanno gonfiando le nostre terre avremo centomila sfollati. I due bambini di Favara morti nella casa fatiscente che abitavano sono tra le vittime di questa ondata di maltempo assieme a quelli del messinese. Abbiamo già cinquemila sfollati. Ma la politica è
dedita ad altro. La giunta Lombardo è sostenuta dal PD che proviene da un antico collaborazionismo subalterno del PCI che ha sfiduciato la politica tra i siciliani.
Di questo passo il crack dell'economia e della politica non sono lontani.
Ma di questo nelle forze politiche non c'è alcuna consapevolezza.
Mi auguro che persone come lei, opinion leader, possa sensibilizzare il Potere prima che sia troppo tardi per tutti.
Pietro Ancona
(segretario regionale della CGIL in pensione)

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/02/16/punire-la-spesa-allegra.html

La Bolognina della CGIL

La Bolognina della CGIL
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Sindacato protagonista ma non antagonista. E' uno slogan del Congresso della CGIL. E anche il titolo di un Convegno dello SPI-CGIL che si terrà a Palermo nei prossimi giorni e si propone anche di unire le generazioni. Ma che vuol dire? Per sua natura il sindacato deve essere antagonista, deve cioè essere portatore di istanze e di richieste che
è difficile vengano accolte senza il conflitto, senza la dialettica dello scontro e del negoziato. Se il Sindacato non è antagonista priva i suoi rappresentati della loro arma fondamentale: la lotta che si sviluppa attraverso gli scioperi, le manifestazioni, i sitin. In questo modo il sindacato diventa protagonista e fa diventare protagonista la sua gente. Può esistere un protagonismo senza antagonismo? Credo proprio di no a meno che non si pensi ad una fase della concertazione che superi gli accordi del 93 e stabilisca una sorta di automatismo per cui, date certi accordi interconfederali, non resta che una funzione ragioneristica di registrazione di eventuali variazioni.
Questa posizione che fa dei sindacati dei meri collaboratori del padronato e del governo sterilizza la loro funzione sociale di trasformazione e di riadattamento dei rapporti di classe e ne fa una sorta di osservatorio passivo dei fenomeni sociali. Insomma, un servente di una dinamica che viene stabilita senza il loro concorso.
Siamo nel campo del cosidetto "moderatismo" che di fatto ha regolato le relazioni sindacali negli ultimi venti anni. Questo "moderatismo" ha impoverito i lavoratori e le loro famiglie legandoli a una dinamica retributiva stabilita a tavolino ed assai inferiore di quella reale. Il fenomeno ha avuto anche riflessi nella normazione dei diritti. Anche questi sono stati sottoposti ad una limatura costante che non è ancora finita. Con la legge sull'arbitrato, caldeggiata bipartisan in Parlamento, i lavoratori diventeranno cittadini con meno diritti dal momento che non potranno rivolgersi al giudice, come chiunque può fare, per risolvere una vertenza, nè il giudice potrà intervenire per sanare eventuali ingiustizie per un divieto esplicito scritto nel disegno di legge.
Quando la più grande organizzazione sindacale italiana si pone il problema della natura stessa della
propria funzione sociale c'è qualcosa che deve fare pensare profondamente. Siamo alla vigilia di una sorta di Bolognina della CGIL? Alla formalizzazione di una abiura del sindacato di classe che, in una visione di confederalità e cioè tenendo conto degli interessi generali del Paese, senza uccidere la vacca come diceva Di Vittorio, si proponeva l'avanzamento della classe lavoratrice, dei suoi diritti e con esso anche la prosperità e la civiltà del Paese. Questa è stata la CGIL fino a quando la lunghissima pratica unitaria con Cisl ed UIL, confederazioni per loro naturale tendenza governative e collaborazioniste, non ha indebolito fino a farlo diventare quasi evanescente l'ethos che l'aveva sempre impregnata ed aveva dato vita ad un mito talmente forte da durare ancora. I lavoratori vedono ancora il Sindacato attraverso il grande mito della sua storia e non si rendono conto che si è profondamente trasformato e che è oggi è diventato uno strumento attuativo di politiche decise in
grande parte dal padronato e dal governo e da esso subite. Politiche generali che hanno effetti micidiali sulla condizione umana e civile dei lavoratori come le privatizzazioni che stanno divorando dall'interno la scuola la sanità e le pensioni, i tre pilastri fondamentali dello Stato Sociale del welfare di cui l'Italia era orgogliosamente europea. Bisognerebbe aggiungere a tutto questo la privatizzazione dello Stato come abbiamo visto per le vicende delle Forze Armate e Protezione Civile che non hanno suscitato alcun interesse nelle segreterie delle confederazioni. Come si possono unire le generazioni se il Sindacato ha subito la spaventosa legge trenta che mette un muro tra i giovani e i diritti ? Circa quattro milioni di persone sono regolate dalle innumerevoli forme di prestazione inventate apposta per eludere i loro diritti e schiavizzarli, come i contratti a progetto o le collaborazioni a partita iva e pagate in modo miserabile, molto al disotto dei minimi contrattuali. Questa passività, assieme ad altre nefandezze pretese dal governo Prodi, è stata sottoposta ad un referendum che avrebbe dato risultati bulgari a favore. Cosa del tutto inverosimile e che è la spia di un gravissimo deterioramento democratico.
La CGIL si avvia verso un Congresso in cui " i fondamentali" della condizione dei lavoratori non
vengono messi in discussione. Non si mette in discussione il precariato della legge Biagi, nè si avanza la proposta di un Salario Minimo Garantito che potrebbe unificare italiani e stranieri nella difesa di un minimo di remunerazione per la sopravvivenza. Non si solleva il problema di un generale miglioramento dei salari auspicato da economisti anche "moderati" come mezzo per ritonificare un sistema con consumi sempre più depressi. Non si dice alt all'attacco allo Statuto dei Lavoratori ma si attendono iniziative padronali o governative per lavorare di lima, per "ridurre il danno". Non si mette in discussione la natura dei rapporti con Cisl ed UIL, ma anzi si ha la tendenza a chiudere in un ghetto i metalmeccanici che sono bastian contrari e sono invisi al Potere.
Le due mozioni della CGIL dicono cose quasi simili e nonostante ciò la mozione due lamenta gravi attacchi ai suoi diritti. Lamenta una insofferenza enorme della maggioranza guidata da Epifani e la limitazione degli spazi di dibattito. Il PD tira la volata e, dietro le quinte, esercita una azione di condizionamento servendosi della sua influenza sui funzionari a tempo pieno.
Sull'esito del Congresso sono assai pessimista. La rinunzia ad intervenire nei processi politici generali del sistema economico sarà ribadita ed il sindacato diventerà non protagonista e neppure collaborazionista ma qualcosa di ancora meno. Fino a quando qualcuno stabilirà che i contratti collettivi debbono essere sostituiti dai contratti individuali come predicano i pannelliani da anni e l'americanizzazione avrà colonizzato tutto il mondo del lavoro. Non sarà certo una conquista abbandonare il modello europeo di sindacato per abbracciare quello americano che è una sorta di scimmia sulle spalle dei lavoratori.

lunedì 15 febbraio 2010

la storia di Haiti vittima degli USA

news internazionali : La vera storia di Haiti







Nessuno si è mai domandato come è possibile che metà di un’isola stia relativamente bene, dal punto di vista economico, mentre l’altra metà sia semplicemente il paese più povero di tutto l’emisfero occidentale?

Teoricamente un’isola dovrebbe disporre di risorse naturali divise abbastanza equamente, e non si conoscono isole in cui ci siano fragole, ruscelli dorati e fior di loto da una parte, mentre dall’altra vi siano cave di tufo, zanzare e topi morti.

Perchè allora Haiti è il paese più povero dell’Occidente, mentre a Santo Domingo – l’altra metà dell’isola - la popolazione se la passa relativamente bene, o comunque vive in maniera dignitosa?

Perchè Haiti ha commesso, oltre duecento anni fa, il più grave peccato mortale che si conosca sulla faccia della terra: ha osato ribellarsi all’uomo bianco.

Pochi sanno che insieme alle due grandi rivoluzioni di fine-settecento, …

… quella americana e quella francese, ci fu anche la rivoluzione popolare di Haiti, che allora era una ricca colonia che produceva riso, tabacco, e quasi la metà di tutto lo zucchero che veniva consumato in Occidente.

Guidati da Toussaint L’Ouverture, l’eroe nazionale degli haitiani, gli schiavi si ribellarono e conquistarono l’indipendenza dai francesi. Ma curiosamente fu proprio l’America delle nuove libertà, reduce dalla propria rivoluzione, ad imporre subito un pesantissimo blocco navale intorno ad Haiti, che durò oltre 60 anni.

Nel frattempo gli haitiani, soffocati dall’embargo e isolati dal mondo, venivano costretti a ripagare ai francesi 100 milioni di franchi in oro per le “perdite di proprietà” subite (circa 20 miliardi di dollari di oggi), e si ritrovarono quindi in ginocchio sin dal primo giorno della loro indipendenza.

Della serie “non provateci mai più”.

Gli haitiani ci hanno messo oltre un secolo a pagare il debito, estinto soltanto nel 1947.

Nel frattempo gli americani avevano invaso l’isola, nel 1915, con la scusa di mettere sotto controllo i “banditi haitiani” che praticavano “pericolose cerimonie voodoo” che “mettevano a rischio le proprietà americane sull’isola”.

Ieri era il rullare del woodoo, oggi è il canto del muezzin: cambia la scusa, ma la “vera” musica non cambia mai. Si chiama colonialismo.

Per essere sicuri che gli haitiani smettessero di praticare il voodoo, l’esercito americano pensò bene di restare sull’isola per altri 19 anni, durante i quali naturalmente riusciva anche ad imporre presidenti che risultassero simpatici a Washington.

La democrazia serve a poco, se intervieni sempre per far eleggere chi vuoi tu.

Dal dopoguerra in poi la punizione per essersi ribellati al padrone bianco è proseguita in mille forme diverse. Dal giorno della loro indipendenza ad oggi ci sono stati ad Haiti 32 colpi di stato, alimentati di volta in volta dalle elite occidentali, che non accettavano la volontà popolare e non volevano saperne di rinunciare al colonialismo.

Dagli anni 60 in poi, nel tentativo di indebolire la fiorente economia agricola dell’isola, gli occidentali promossero una politica che tendeva ad acquistare le terre dei contadini per obbligarli a spostarsi verso le città, constringendoli a vivere negli “slums”, dove sarebbe stato molto più facile sfruttarli come lavoratori dell’industria.

Ma i contadini stavano bene dov’erano, e per convincerli fu necessaria l’imposizione di una delle più brutali dittature mai conosciute sulla faccia della terra: quella di “Papa Doc” Duvalier, durata dal 1957 al 1971, poi proseguita da quella del figlio, “Baby Doc”, che durò fino al 1986.

Con le squadracce dei tonton-macoutes che seminavano sangue e rastrellavano l’isola metro per metro, lentamente le terre vennero tolte ai contadini, obbligando così la popolazione a spostarsi verso le città, in cerca di lavoro.

Finalmente trasformata in gigantesco sweat shop dagli americani, da circa 30 anni Haiti offre al mondo manodopera per l’industria tessile a costo praticamente nullo.

Se proprio non vogliono raccogliere il cotone – avranno pensato gli americani - vuol dire che gli faremo cucire le nostre magliette colorate.

Nel 1990 un nuovo guizzo di orgoglio nazionale ha portato all’elezione di un presidente scelto dal popolo, Bertrand Aristide, che vinse le elezioni con circa tre quarti dei voti disponibili. Ma lo sfortunato Aristide incappava presto in gravi complicazioni, e fu rapidamente rovesciato da un golpe militare. Tornato al potere nel 2000, una nuova serie di sommosse lo ha obbligato definitivamente all’esilio, nel 2004, mentre le Nazioni Unite mandavano i militari “per ristabilire l’ordine”.

Il nuovo ordine mondiale, ovviamente. Quello che si impone con il mitra fra le braccia, mascherato a volte da “intervento difensivo” della NATO, a volte dai caschi blu dell’ “intervento umanitario”.

In tutto questo tempo, l’unica cosa che non è mai cambiata ad Haiti è l’estremo stato di povertà in cui sono stati tenuti da sempre i suoi abitanti.

E’ curioso aver portato a termine la prima rivoluzione in assoluto fra i popoli neri – di cui stranamente non sentiamo mai parlare - per non aver goduto nemmeno di un giorno di reale libertà.

Arriviamo così alla recente dichiarazione di Pat Roberson, il glorioso “tele-evangelista” dei fondamentalisti biblici, che dopo il terremoto ha dichiarato: “Si sono messi insieme, e hanno stretto un patto con il diavolo. Ci metteremo al tuo servizio – gli dissero – se ci aiuti a liberarci dai francesi. E’ una storia vera. E il diavolo disse: “Affare fatto”. E così gli haitiani insorsero e divennero liberi. Ma da allora hanno subito una maledizione dietro l’altra. Disperatamente poveri …”

Ovviamente sfuggiva a Robertson l’ironia secondo cui gli haitiani avrebbero offerto di diventare servi di qualcuno, purchè li aiutasse a liberarsi da una servitù verso altri. (O forse gli haitiani preferivano addirittura il diavolo al dominio dei bianchi?)

In ogni caso, la “tesi” di Robertson non è che la versione esasperata di un razzismo centenario, becero e bigotto, coperto oggi dalla ”filosofia del pietismo” che i media di tutto il mondo hanno provveduto a replicare con nausante insistenza nei giorni del terremoto, secondo la quale i “poveracci“ di Haiti non meritavano davvero questa ennesima sfortuna.

Come se le altre gliele avesse mandate Dio. (*)

Massimo Mazzucco


* Ammesso e non concesso che quest’ultima sia stata davvero "una sfortuna". Vedi anche: Lo spettro di Katrina.

NOTA: Naturalmente la storia di Haiti è molto più complessa e articolata di quella descritta. Qui abbiamo ricostruito solo i passaggi fondamentali, per cercare di mostrare una linea di continuità nel tentativo di tenere sotto controllo una popolazione “ribelle” da parte dei paesi occidentali. Schiavismo e razzismo assumono forme diverse nel tempo, ma sembrano ancora ben lontani dall’essere estinti. (M.M.)

il preservativo cercato nel bordello Italia

S



Stamane, a prima pagina di Radio tre, lettura di un articolo apparso sul Corriere della Sera che racconta i preparativi ruffiani del gestore e del personale del Centro Benessere in attesa dell'arrivo preannunziato del Dr.Bertolaso, onnipotente padrone della Protezione Civile. Il gestore si preoccupa che tutti siano andati via, che non sia qualcuno rimasto in qualche salone, poi di come sistemare la numerosa scorta che accompagna il nostro Semidio, se la "massaggiatrice " è al suo posto in scodinzolante attesa, se il bikini trovato è quello giusto....
Il giornalista che legge l'articolo lo definisce una sorta di trattato di antropologia dell'Italia di oggi e legge dettagli che man mano che si va avanti diventano sempre più squallidi. Squallidi perchè non c'è niente di eccitante e di pruriginoso in un incontro sessuale preceduto e seguito da tanta manovra organizzativa. Dopo che il Dr.Bertolaso ha finito il suo "massaggio" c'è una sorta di ispezione generale per accertarsi che non restino in giro tracce. Uno dei collaboratori lo assicura che non ci sono tappi di champagne o bottiglie vuote. Ma la preoccupazione riguarda il o i preservativi usati che non debbono assolutamente rimanere da qualche parte....
Il signore che presiede ai preparativi è in rapporti con Bertolaso per appalti ed altro. Bertolaso ha il potere di farlo lavorare e farlo arricchire dal momento che la gestione della protezione civile è esente dai normali controlli e dalle normali procedure degli affidamenti ordinari dello Stato e delle sue amministrazioni. Può fare quello che vuole e scrivere in fondo ad un decreto la cifra che vuole. Parigi valeva bene una messa ma questo vale bene la ricerca affannosa di un preservativo per non lasciare tracce.
Quanto ho scritto è ricavato da intercettazioni telefoniche. Queste sono nel mirino della banda che ci governa e non è detto che in futuro avremo la possibilità di poterne fruire ancora per gettare un raggio luminoso su quanto non sappiamo dell'Italia ufficiale e sul "verminaio" come lo ha definito Eugenio Scalfari che sta imputridendo lo Stato.
Osservava giustamente qualcuno che tutto ciò è frutto della fine delle ideologie che in qualche modo
avevano un ethos che tratteneva gli istinti più bestiali del potere e riusciva a non far raggiungere quel grado di ebbrezza nella quale si perdono tanti personaggi.
Ma questo non è vero o è vero soltanto per la sinistra che, liberata dallo sguardo severo o addirittura severissimo e puritano di Carlo Marx di Andrea Costa e di Berlinguer, si è scatenata si è data ai bagordi. Parlo naturalmente della classe dirigente della "sinistra", della nomenclatura, della oligarchia che è statata traghettata verso la modernità e la felicità della assenza di limiti e vincoli dalla Bolognina. La Bolognina, dopo il naufragio dell'89, ha traghettato la casta dirigente del PCI da quest'altra parte della barricata dopo avere "posato" il suo popolo incapace di capire come la lotta di classe non c'è più e non c'è più neppure classe operaia!!
In verità l'ideologia c'è ed è fortissima. E' quella stessa della Tatcher e di Reagan nella sua italianizzazione. E' il liberismo padre di tutte le privatizzazioni, dall'acqua alle forze armate alla protezione civile alla raccolta dei rifiuti. Il liberismo che si sta spolpando lo Stato del quale, dopo questi anni, resteranno in piedi le mura esterne come certi palazzi bombardati che sembrano diventati quinte di teatro. I Bertolaso esistono perchè sacerdoti o addetti a questa ideologia nella quale la distinzione tra quello che è del pubblico e quello che è personale non esiste più.
A questa ideologia praticata a destra e sinistra si aggiunga la enorme quantità di soldi a disposizione del ceto politico attraverso la retribuzione della politica diventata il business più ambito. Durante le ultime elezioni amministrative a Palermo alcuni ragazzi si candidavano per i 1500 euro mensili della carica di consigliere circoscrizionale. Meglio di un concorso (che poi non c'è più) al Ministero!
Tutte le cariche sono retribuite ed il badget degli amministratori è praticamente a piè di lista. Il Sindaco di Bologna ha realizzato in pochissimo tempo otto costosissimi viaggi nelle località di villeggiatura più esclusive del pianeta terra con segretaria-amante al seguito. Probabilmente tutto
legale dal momento che dopo Tangentopoli i politici hanno legalizzato cose che prima erano reati e si sono dati un trattamento economico principesco, unico al mondo! Un enorme fiume di denaro finisce ogni mese nelle tasche degli amministratori e dei parlamentari. Denaro chiama denaro e la borghesia
italiana che non ha l'etica protestante di Max Weber, ma che vive di appalti e di servizi pubblici è lieta
di fare anche da ruffiana per partecipare al Grande Saccheggio, per arraffare il pezzo di carne più succolento!
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

Anche Severino legittima la mafia di Luigi Ficarra

Ne “Il declino del Capitalismo” Emanuele Severino, il quale, come noto, è lontanissimo da una conoscenza critica del sitenma capitalistico, quale quella di Marx, svolge la tesi che la tecnica si va trasformando da mezzo-strumento del capitalismo nel suo scopo, per cui quest’ultimo “ è – egli dice – tale solo in apparenza, mentre in realtà è tecnocrazia”. Pertanto, scrive ancora ne “Il declino della tecnica”, la democrazia è “costretta a subordinare il proprio scopo alla tecnica, e, dunque, a non essere più democrazia”, ma tecnocrazia, governo dei tecnici. Anche qui Severino dimostra di avere della democrazia liberale - (nel senso in cui ne parla Lelio Basso) - una visione a-storica, non coglie cioè il suo essere funzionale all’economia di mercato, come insegnava già il giovane Marx ne “La questione ebraica”.
D’altra parte la sua superiore affermazione altro non è che un corollario della sua nota tesi di fondo sulla “inevitabilità della dominazione della tecnica” e della sua affermazione, contenuta ne “Il declino del Capitalismo”, che “la produzione capitalistica della ricchezza determina una devastazione della terra e dell’uomo, che, contrariamente - (secondo la sua visione a-storica) – alle intenzioni del capitalismo, distrugge le stesse condizioni di esistenza di quest’ultimo”. (Osserviamo pure qui che una conoscenza critica delle leggi della produzione capitalistica delle merci avrebbe condoto Severino a far proprie le conclusioni de “Il Manifesto” di Marx ed Engels e ed la lucida affermazione della Luxemburg : “o socilaismo o barbarie”).
Con chiara contrapposizione a quanto affermato ne “Il declino del Capitalismo” sulle presunte buone e sane “i n t e n z i o n i” del capitalismo, nel “Dialogo su diritto e democrazia” con Natalino Irti, Laterza 2001, p. 26, Severino più lucidamente afferma che “nelle democrazie occidentali la norma politico giuridica (ed anche religiosa e morale) è stata sì il principio ordinatore del capitalismo, ma altro non ha ordinato che una volontà di profitto, che, lasciata a se stessa, si sarebbe liberata e tuttora si libererebbe il più possibile dalla regola politico giuridica e imporrebbe essa la propria regola alla politica (al diritto, alla moirale, alla religione), cioè subordinerebbe gli interessi ed i bisogni della società al processo produttivo volto all’incremento del profitto. Il capitalismo tende alla deregulation”. (Tesi, questa, recentemente ripresa ed esposta su “Il Corriere” da un più modesto Piero Ostellino”).
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Partendo dai suddetti assunti, dice ora Severino:
“La magistratura non può portare la storia in tribunale ed incriminare il mondo democratico-capitalistico italiano che ha vinto il comunismo. Se essa si impegna in questa incriminazione, è a parole che lo fa in nome della giustizia, perché di fatto si schiera politicamente”. “Se i ladri - sostiene Severino - sono utili a salvare la vita della democrazia e del capitalismo - e la mafia è stata un anticomunismo doc -, perché non farne degli alleati e servirsene?”.
Severino lancia alla magistratura l’accusa di usare la giustizia a fini di potere.

Infatti su “Il Corriere” del 25 gennaio 2010, svolgendo una chiara difesa delle tesi di Berlusconi e del suo predecessore, Craxi, Severino scrive così : “tutti siamo convinti che la “guerra fredda” è stata una lotta all' ultimo sangue, dove ognuno dei due mondi in lotta vedeva nell' altro “il Male” assoluto da cui ci si doveva difendere con ogni mezzo. Per quanto illegale e malvagio, qualsiasi mezzo sarebbe stato infatti un male ben minore del Male assoluto”. --- “Altre volte – continua Severino - ho ricordato una dichiarazione emblematica dell' ex direttore della Cia Wiliam Colby, intervistato da questo giornale agli inizi degli anni Novanta. L' intervistatore gli chiedeva se fosse stato proprio necessario, durante la «guerra fredda», mettere all' Italia la «camicia di forza anticomunista”. La risposta fu: “Sì. Meglio i ladri dei dittatori”. E con queste parole egli dichiarava nel modo più esplicito (anche se forse inconsapevolmente) che i “ladri» erano appunto la “camicia di forza” dell' Italia. Una camicia che si mette ai matti pericolosi - ossia alle forze di sinistra, Pci in testa - che avrebbero voluto rendere comunista l' Italia. I “ladri”, poi, erano la criminalità internazionale, mafia in testa. Ineccepibile, la risposta del direttore della Cia, portavoce della strategia globale del sistema democratico-capitalistico e della sua volontà di sopravvivenza. Se i ladri sono utili a salvare la vita della democrazia e del capitalismo - e la mafia è stata un anticomunismo doc -, perché non farne degli alleati e servirsene? Chi è in pericolo di vita fa di tutto per salvarsi ed è fuori luogo scandalizzarsi se fa anche cose sconvenienti. Certo, quell' alleanza con l' illegalità e la criminalità richiedeva l' instaurazione di tutto un insieme di rapporti tra la legalità statuale e l' illegalità criminale, e richiedeva anche sostanziose concessioni a quest' ultima da parte dello Stato, visto che nessuno fa qualcosa per niente. E quell' alleanza, quei rapporti, quelle concessioni richiedevano trattative condotte da uomini, non da puri spiriti, contatti personali tra i rappresentanti dello Stato e quelli della criminalità. E affinché l' alleanza funzionasse bisognava che i due gruppi si mettessero d' accordo e magari si creasse un clima di compiacimento per l' accordo raggiunto e il buon funzionamento della collaborazione. -- Lo scandalo è fuori luogo. Fenomeno analogo è stato il finanziamento illegale dei partiti. In Italia si è presentata a quel tempo la concreta possibilità che i comunisti andassero al governo in seguito a libere elezioni. Affinché ciò non accadesse, era necessario che il sistema capitalistico, per sopravvivere, sostenesse i partiti anticomunisti, gratificasse economicamente in modo più o meno diretto l' elettorato perché non votasse il Pci, a sua volta finanziato dall' Unione Sovietica. In questi giorni si è ricordato che Bettino Craxi ha raddoppiato il debito pubblico dello Stato italiano. Ma vale, per il raddoppio del debito, quello che vale per i ladri: se è servito a salvare dal comunismo la società italiana, il raddoppio era inevitabile come l' alleanza con i ladri. --- Dopo la fine dell' Unione Sovietica, a certi esponenti della società democratico-capitalistica italiana l'alleanza - o, se si preferisce, il matrimonio - della legalità statale con la criminalità è apparsa indecente; ad altri meno; altri intendono perpetuarla. E se l' abitudine fa l' uomo ladro, l' esser ladri che han fatto un buon colpo favorisce la propensione a ripeterlo. La quale - dato il sottofondo, diciamo così, “cattolico” della criminalità mafiosa - è anche propensione a ritenere indissolubili i matrimoni. ---- L' alleanza tra legalità statuale e criminalità-illegalità c' è stata, era inevitabile che ci fosse e che oltre a chi ha operato illegalmente per combattere il comunismo ci fosse stato anche chi ha combattuto il comunismo per accrescere il proprio patrimonio (o ha fatto l' uno e l' altro). D' altra parte, la magistratura non può portare la storia in tribunale. Se lo fa, si propone quanto essa stessa non può non ritenere impossibile: l' incriminazione del mondo democratico-capitalistico italiano (che in qualche modo ha vinto anche lui il comunismo) e di quanto rimane di quel mondo - che non è poco. Se, ciò nonostante, la magistratura si impegna in quella incriminazione, è a parole che lo fa in nome della giustizia, perché di fatto si schiera politicamente. E nemmeno di questo c' è da scandalizzarsi, perché, dal punto di vista dell' opposizione, rivendicare la giustizia è una delle armi efficaci di cui essa dispone per indebolire il proprio avversario”.
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Ho ritenuto giusto riportare per esteso quanto scritto ora su “Il Corriere” da Severino, perché sia chiara in primo luogo la contraddizione con le sue “convinzioni” filosofiche. Se, infatti, il fine della conservazione del potere, elevato a “verità”, giustifica qualunque mezzo, anche criminale, non ha alcun senso svolgere un ragionamento critico, come quello riportato all’inizio di questo scritto, e dire, a mo’ di denuncia di una deriva ritenuta negativa, che “la tecnica si va trasformando da mezzo-strumento del capitalismo nel suo scopo, per cui quest’ultimo “ è tale solo in apparenza, mentre in realtà è tecnocrazia”; ed aggiungere che la democrazia è “costretta a subordinare il proprio scopo alla tecnica, e, dunque, a non essere più democrazia”, ma tecnocrazia. – Non ha senso, perché la giustificazione-esaltazione della democrazia salvata dal potere criminale, con cui la si identifica, altro non è che giustificazione della sua subordinazione al potere per il potere, sì da non essere più democrazia, ma tecnocrazia; ed è quindi pure giustificazione della tecnica del potere criminale come scopo consustanziale al capitalismo. – E’ poi illogico ed assurdo che Severino possa pensare e sostenere che la mafia, il potere politico criminale, siano utili a salvare il capitalismo – (da egli elevato, contraddittoriamente al pensiero professato, a scopo dell’agire umano) - dall’inevitabile suo declino, come da egli spiegato nell’omonimo libro, più sopra da noi citato.
-Va da sè, poi, che Severino è lontanissimo dall’insegnamento di Socrate, il quale diceva che “per nessuna ragione si deve fare ingiustizia”, come indubbiamente accade quando si violano le leggi dello Stato (Platone, “Critone”, 49 b – d); oltre ad essere abissalmente lontano dal Kant della “Ragion paratica”.
Egli, accusando la magistratura di usare la giustizia a fini di potere, ha voluto scimmiottare l’errore commesso da Sciascia su “Il Corriere” del 10 gennaio 1987, col suo infelice articolo “I professionisti dell’ntimafia”. Con una radicale e profonda differenza, però. Invero, Sciascia, che in quel caso sbagliò di grosso, sostenne sempre con forza e con grande coerenza, all’opposto di quel che scrive oggi Severino, che non si può mai perseguire la giustizia - o fini ritenuti di giustizia - con mezzi illegali.
-Ultima considerazione, per noi essenziale.
E’ segno della crisi di civiltà che stiamo vivendo, della barbarie a cui può condurre, in assenza di un’alternativa socialista, la profonda crisi mondiale del capitalismo, che Emanuele Severino scriva quanto sopra riportato sul più autorevole quotidiano della borghesia italiana. E’ la confessione della deriva politico-morale di quest’ultima, della sua identificazione prima col craxismo ed oggi col berlusconismo; e prima ancora col fascismo.
Severino ha scritto che il potere criminale politico-mafioso ha fatto bene ad ammazzare decine e decine di sindacalisti nella sola Sicilia, negli anni ’44 – ’48, per salvare il sistema democratico-capitalista dal pericolo dell’avanzata delle masse proletarie che si battevano per l’affermazione di una democrazia avanzata, largamente partecipata, che voleva inverare il principio di piena eguaglianza poi sancito nell’art. 3 della costituzione; quella costituzione che l’antidemocratico ed autoritario Berlusconi definisce comunista, sovietica.
Il potere criminale politico-mafioso ha fatto bene – dice sempre Severino - ad ammazzare Pio La Torre ed tutti i giudici “comunisti”, come li chiama il suo sponsor Berlusconi e con lui Dell’Utri. Infatti, come egli dimostra di sapere e scrive, “la mafia è stata ed è un anticomunismo doc”.
Padova 13 febbraio 2010 luigi ficarra