martedì 24 dicembre 2013

ricordo di Natale- gli zampognari

  • Ricordo di Natale - Zampognari in via Re

    Vigilia di Natale ven ivano in città dai paesi della provincia. Passavano suonando per le straduzze e per le vie della città fermandosi a suonare. Erano coperti di una mantellina di panno blu o nera e portavano rudimentali stivaloni a volte fatti di pezze ingegnosamente arrotolate una sull'altra. Gli strumenti non uscivano da nessuna officina artigianale. Erano fabbricati da loro stessi. La ciaramella fatta con una pancia di pecora attaccata ad un rudimentale ma suggestivo ed efficace strumento a tre o quattro cannoli. Era sempre in due. Uno dei due sonava u friscaletto, altro strumento che i miei zii contadini sapevano fare molto bene...
    Accettavano .senza però chiedere , qualsiasi cosa: una bottiglia o un bicchiere di vino, un pezzo di formaggio, frutta secca, ruote di fichi secchi olive nere da noi chiamati passoluna, Il popolo aveva pochissimo da offrire. Eravanmo tutti tanto poveri e con le mani ed i piedi piagati dai geloni nonostante i guanti di lana fattami da mia madre e dalle altre madri. Qualche volta si offriva loro una sedia dove riposavano brevemente prima di ripartire.
    Quando si vedevano apparire in cima alla scala che sovrastava via Re era come se arrivasse il Natale. Ci rallegravamo specialmente i bambini ma la miseria era tanta e tale che niente riusciva a farcela dimenticare del tutto. Non sempre nelle famiglie si accendeva il fuoco. Le prima cucinette a gas dovevano ancora arrivare. Gli odori che sovrastano la via erano di cavoli o di altre verdure. L'unico odore di carne che arrivava e ci faceva sentire male tanto era forte era della cucina della famiglia Mazzarella. La signora cucinava le frattaglie " a quaduma" che poi il marito andava a vendere davanti il Municipio vecchio dove era una vecchia e scura putia di vino. Inutile dire che la famiglia Mazzarella che era l'unica a nutrirsi di carne seppure di frattaglie era la più robusta e la più colorata della strada. Mia madre allevava una dozzina di galline ma difficilmente tirava il collo a qualcuna, le conosceva tutte e le chiamava per nome. Parlava con loro e si accontentava delle uova. Quando si ammalavano di pipita si metteva seduta e toglieva loro ad una ad una la placca cartilaginosa che si formava sotto la lingua, appunto la pipita.
    La povertà non è mai idilliaca, non è mai dolce, non è mai la semplicità di certi quadri che vengono evocati da coloro che la capiscono da lontano. La povertà è il ciaramellaio che contava sulla sua venuta in città per fare sopravvivere la sua famiglia per qualche settimana raccogliendo le offerte.
    http://www.youtube.com/watch?v=IMmccHQyZIc

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