sabato 30 aprile 2011

una discriminazione ed un appello inaccettabile

Una discriminazione ed un appello inaccettabile

L'incontro di ieri di Napolitano con Cgil Cisl Uil ed Ugl è stato caratterizzato da due cose: una discriminazione ed un appello inaccettabile. La discriminazione riguarda il sindacalismo di base - forse la forza più viva e rappresentativa dei lavoratori italiani dopo la CGIL- che è stato escluso dall'incontro. Il criterio della rappresentatività non ha avuto la prevalenza su quello della scelta politica e Napolitano non si è sottratto alla legge della conventio ad excludendum che pesa sui Cobas come ieri pesava sui comunisti. Non vengono riconosciuti ai Cobas le qualità che si ravvisano invece nello UGL erede del sindacato corporativo fascista Cisnal. Già in questa esclusione c'è una scelta politica ed istituzionale di grande portata: dalla Presidenza della Repubblica giunge conferma della liceità della esclusione dei sindacati di base dalla stipula dei contratti di lavoro e dagli incontri con il Governo. Questo è inaccettabile e costituisce un vulnus per la democrazia italiana dal momento che nonostante l'ostracismo e l'isolamento al quale in moltissimi posti di lavoro Cgil Cisl ed Uil condannano i Cobas questi sono radicatissimi perchè i lavoratori ravvisano in essi non la parte estremista ma quella più sensibile e più legata ai loro bisogni ed alle loro rivendicazioni. In molte fabbriche i dirigenti dei Cobas vengono trasferiti nei reparti dove il lavoro è più ingrato o più pericoloso, attivisti vengono licenziati o multati o trattati male senza ricevere aiuto da parte degli altri sindacati e subendo quasi sempre il silenzio della stampa. Napolitano ha sbagliato perchè ha incentivato ulteriori discriminazioni verso la parte più combattiva ed onesta, verso il sindacalismo di classe ignorando o non tenendo conto che ci sono settori in cui questo è addirittura maggioritario come nelle scuole o nel servizio sanitario o nei trasporti.
L'altro elemento preoccupante che emerge dall'incontro di ieri è il monito sull'unità sindacale che è una pressione pesantissima sulla CGIL magari a emarginare definitivamente la Fiom per accordarsi con Bonanni ed Angelletti. Quando la questione dell'unità sindacale si affronta dal lato meramente politico trascurandone i contenuti, il come il perchè si è giunti a questa freddezza polare è chiaro che si chiede alla CGIL e soltanto alla CGIL di fare passi indietro e di presentarsi disarmata davanti ai "complici" cioè alla Cisl ed UIL alla Confindustria ed a Sacconi. La CGIL finora è stata esclusa dal cerchio magico dei complici che il Governo ha tracciato e sostenuto fino alla soglia dell'illecito e quindi dovrebbe cambiare registro, accettare gli accordi separati, impedire alla Fiom di intentare altre cause contro le aziende che applicano contratti senza la sua firma.
E' una scelta politica invocare l'unità sindacale senza tenere conto dei contenuti della stessa. Si vuole soltanto l'adesione della CGIL al blocco istituzionale ed al sindacalismo quasi giallo di Bonanni ed Angelletti. L'adesione ad un blocco istituzionale filoconfindustrialista.
Milioni di giovani sono oppressi da una applicazione selvaggia della legge Biagi che è diventata anche lo strumento di un dimezzamento dei salari. Oggi la soglia salariale si è abbassata tra i precari fino a 400 euro mensili per 9 ore di lavoro. Napolitano ha ignorato la tragedia, la frustrazione di milioni di giovani magari laureati che debbono stare in continua ansia per il lavoro a termine e che vengono retribuiti in modo clamorosamente indecente in assenza di una legge nazionale sul minimo salariale garantito che non vogliono nè governo nè sindacati. Il governatore della Banca d'Italia ha messo in evidenza quanto sia pericolosa anche per il futuro del paese la diffusione di massa del precariato. Ma non solo non viene ascoltato, ma opinionisti e giuslavoristi del pensiero unico attaccano i lavoratori a tempo indeterminato ed auspicano un unico regime che è quello dei precari di oggi.
Se il Presidente della Repubblica voleva indicare una strada per salvare il paese dalla sconfitta economica e sociale non solo non c'è riuscito ma ha fatto proposte che portano nella direzione opposta. Oggi il problema non è chiedere ancora ai lavoratori ma correggere uno squilibrio che è diventato insopportabile ed aiutarli a recuperare i punti perduti rispetto altri paesi e rispetto la civiltà giuridica e salariale che avevamo fino alla scelta della concertazione che non c'è più. Bassi salari e precariato sono i veri problemi. Date le scelte della Cisl e dell'UIL se la CGIL si adeguasse del tutto e ci fosse una unità questa dovrebbe agire non per correggere lo squilibrio ma per accentuarlo. L'unità sindacale sarebbe contro i lavoratori continuando a registrare in Italia la contraddizione più vistosa tra sindacati potenti per iscritti e per mezzi e lavoratori e precari sempre più deboli, poveri, isolati, spinti financo al suicidio come è accaduto sempre più frequentemente negli ultimi tempi.
Pietro Ancona,
già dirigente della CGIL e membro del CNEL

Concertone senza socialismo e beatificazione del papa del potere temporale

Non condivido i raduni oceanici sia per iil concertone sia per il papa beatificato. Protesto per il Nabucco di Verdi che è un omaggio ad Israele. L'inno dei lavoratori non verrà eseguito.

Non condivido l'enfasi patriottismo quando non viene suonata l'internazionale che in qualche modo poteva bilanciare. Pare che su Roma si addensi cattivo tempo

email all'Ambasciatore della Libia a Roma

----- Original Message -----
From: pietroancona@tin.it
To: info-ambasciata@amb-libia.it
Sent: Saturday, April 30, 2011 8:17 AM
Subject: ammirazione per il Presidente Gheddafi



Esprimo grande ammirazione per il comportamento sereno, coraggioso, dignitoso, giusto tenuto sotto i bombardamenti dal Presidente Gheddafi che nonostante l'aggressione sia totalmente ingiustificata propone tuttavia di trattare con la Nato rivendicando il diritto sacrosanto di non lasciare il suo Paese che ha arricchito immensamente in quaranta anni di sapiente oculata amministrazione che ha fatto anche la fortuna dell'Italia.
Spero per la sua salute e che non venga ucciso come usano fare i barbari dell'Occidente verso coloro che ritengono di dovere punire quasi sempre ingiustamente.
Pietro Ancona
ex consigliere CNEL

Messaggio della federazione Sindacale Mondiale sul 1 Maggio 2011


Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Dichiarazione della Federazione Sindacale Mondiale sul Primo Maggio

21/04//2011

Lavoratori, donne e uomini,

Celebriamo il 1° Maggio 2011 in un periodo cruciale. Un periodo di imperialismo aggressivo, di politiche antioperaie, mentre il sistema capitalista globale attraversa una profonda e complessa crisi economica del sistema stesso. Questa crisi si esprime a tutti i livelli: nell'economia, sull'ambiente e il cambiamento climatico, sulla qualità della vita, sulla cultura. Le crisi sono connaturate al capitalismo e per questo motivo ricorrono sistematicamente. E' impossibile per il capitalismo risolvere i problemi dei popoli del mondo.

Nel Mediterraneo orientale, nel Medio Oriente, nel Nord Africa, sviluppi pericolosi, conflitti e concorrenza interimperialista hanno preso di mira il petrolio della Libia, il gas naturale dei paesi del Nord Africa e il controllo di aree strategiche ricche di materie prime. Abbiamo visto l'aggressione militare degli imperialisti contro la Libia. Nello Swaziland, il governo risponde brutalmente contro le manifestazioni pacifiche dei propri cittadini che chiedono un governo democratico che operi nell'interesse reale di tutti i cittadini del paese. In Algeria, il regime ha mostrato ancora una volta il suo vero volto con la violenza di stato usata contro il popolo algerino che protesta per la povertà, la crescente disoccupazione e gli elevati prezzi dei beni di prima necessità, la mancanza di libertà e l'oppressione crescente. In Egitto, abbiamo visto il popolo che lotta per la democrazia, la libertà e la giustizia contro la politica degli Stati Uniti che vuole controllarne gli sviluppi insediando nuovi utili fantocci alla guida dello Stato egiziano. In Tunisia, le cose vanno di pari passo con la completa mancanza di libertà, la persecuzione del popolo progressista e di ogni voce dissonante, la povertà, la disoccupazione crescente, l'ingiustizia sociale e il caro vita.

In Medio Oriente, Israele continua a tormentare gli eroici popoli palestinese, libanese e siriano, con l'appoggio sostanziale degli Stati Uniti, dell'Unione europea dei suoi alleati. In Bahrain, il governo ha dichiarato la legge marziale contro il popolo e la classe operaia del Bahrein, che si batte per la democrazia, la libertà e la giustizia e per fermare il saccheggio delle risorse del paese da parte dei capitalisti, re ed emiri.

In Asia il quadro non è migliore: in Iraq, Afghanistan e Pakistan, gli USA e gli imperialisti europei continuano l'occupazione e le operazioni militari. Le inondazioni devastanti in Pakistan e il micidiale tsunami in Giappone sono la riprova che i popoli del mondo non sono al riparo dai fenomeni naturali, nonostante il progresso tecnologico.

Anche negli Stati Uniti la situazione è complicata: nel Nord America, la disoccupazione e la povertà sono in aumento. Il tasso ufficiale di disoccupazione negli Stati Uniti è attualmente al 9,5%: 10,2 milioni di americani percepiscono il sussidio di disoccupazione.

L'America Latina patisce l'aggressività del Nord America. Le calunnie e gli attacchi contro l'eroica Rivoluzione cubana, gli attacchi contro il Venezuela, Bolivia, Ecuador, l'occupazione di Haiti, il sostegno alla dittatura in Honduras. In Colombia, negli ultimi cinque anni, centinaia di sindacalisti sono stati assassinati e il paese è stato trasformato in una base militare americana. In Cile, il tragico incidente avvenuto nella miniera di San Jose e i crimini commessi contro i minatori. In Brasile, inondazioni devastanti hanno causato la morte di vite innocenti.

Ma anche in Europa, il capitalismo crea e moltiplica i problemi. I lavoratori disoccupati dell'Unione europea sono milioni. In Europa, il tasso ufficiale di disoccupazione ha raggiunto il 9,3%, con punte del 20,7% per i giovani lavoratori di età compresa tra 15-24 anni. Privatizzazioni, smantellamento della sicurezza sociale e riduzione dei salari e delle pensioni sono una strategia comune di tutti i governi europei, sia neoliberisti che socialdemocratici. Il Trattato di Lisbona dimostra l'atteggiamento reazionario e il vero ruolo dell'Unione europea.

A questa politica del capitale e degli imperialisti, la classe operaia globale risponde con iniziative e lotte in tutto il mondo. Milioni di lavoratori in sciopero con la partecipazione di giovani, donne e lavoratori migranti costituiscono una nuova e dinamica speranza.

La FSM è sempre stata in prima linea sul fronte di lotta! Non c'è angolo del mondo dove la FSM non sia presente, al fianco dei più deboli, sempre dalla parte dei popoli, insieme con la classe operaia, nelle lotte contro lo sfruttamento capitalista.

Intendiamo rafforzare il movimento sindacale internazionale di classe sulla strada indicata dal 16° Congresso della Federazione Sindacale Mondiale. Le decisioni di questo storico Congresso che si è svolto ad Atene in Grecia tra il 6 e il 10 aprile 2011, apre le strade a nuovi orizzonti e nuove prospettive per la classe operaia globale.

Durante i quattro giorni dei lavori congressuali, hanno parlato 115 relatori provenienti dai cinque continenti e di tutti i principali settori economici. Sono stati affrontati i gravi problemi contemporanei del popolo lavoratore, dei contadini poveri, dei lavoratori autonomi, dei giovani, delle donne, dei pensionati e dei senza terra. Sono state votate risoluzioni che rafforzano il carattere di classe della FSM e mirano al rafforzamento del movimento sindacale internazionale.

Oggi la FSM è più forte, più militante, più solidale, più capace di continuare la lotta nel segno dell'unità di classe e in una prospettiva militante, contro la politica dei monopoli e delle multinazionali che creano la povertà in nome del profitto di pochi; per un mondo senza sfruttamento dell'uomo sull'uomo.

Viva il Primo Maggio dei lavoratori!

Proletari di tutti i paesi unitevi!



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lettera a Sua Eccellenza Gheddavi

Lettera all'Ambasciata libica in Italia dopo l'attentato a Gheddafi di ieri sera con i bombardanenti alla stazione televisiva dove stava parlando alla Nazione

info-ambasciata@amb-libia. it

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Esprimo grande ammirazione per il comportamento sereno, coraggioso, dignitoso, giusto tenuto sotto i bombardamenti dal Presidente Gheddafi che nonostante l'aggressione sia totalmente ingiustificata propone tuttavia di trattare con la Nato rivendicando il diritto sacrosanto di non lasciare il suo Paese che ha arricchito immensamente in quaranta anni di sapiente oculata amministrazione che ha fatto anche la fortuna dell'Italia.

Spero per la sua salute e che non venga ucciso come usano fare i barbari dell'Occidente verso coloro che ritengono di dovere punire quasi sempre ingiustamente.

Pietro Ancona

ex consigliere CNEL

venerdì 29 aprile 2011

Domani è il primo maggio

Domani è il primo maggio

Domani primo maggio festa del lavoro Non sappiamo se la ricorrenza che simboleggia valori di libertà ed eguaglianza dei lavoratori e del loro movimento di emancipazione sarà rispettata dappertutto. Il sindaco di Firenze, mediocre successore di Giorgio La Pira, ha deciso di consentire ai commercianti l'apertura dei negozi.. Vedremo quindi nel giorno sacro al riposo dei lavoratori le commesse ed i commessi, le persone peggio pagate e più sfruttate alle quali non si applica che raramente il contratto di lavoro, stare dietro ai banchi o, come pretendono alcuni sadici imprenditori, a fare da "statuine", in piedi per otto ore in atteggiamento gradevole ma all'impiedi dal quale possono sciogliersi soltanto per servire i clienti. Il fascista in doppio petto sindaco di Roma, il famoso Alemanno che guida la città più violenta contro gli immigrati, i diversi, i rom si è subito unito alla decisione del rampante giovanotto toscano che piace tanto a Berlusconi. Anche Milano e Bologna sono della partita. Spiegava stamane un signore al conduttore Mascini di prima pagina che sosteneva la tesi dei negozi aperti come dal punto di vista economico e degli interessi delle aziende, l'apertura per il primo maggio è del tutto inutile. Le famiglie da molto tempo si sono fatte un budget di spesa dal quale è difficile decampare. Non è quindi con un giorno di apertura in più che si spenderà di più e, alla fine, l'apertura dei negozi è una perdita in termini di energia consumata ed oneri da sopportare ivi compresi lo straordinario del personale. Gli incassi del primo maggio non si sommano agli incassi di tutti i giorni dell'anno. Difficilmente sono un di più. Perchè allora c'è una campagna martellante, incensante, che coinvolge le "migliori penne" dei grandi giornali? Sicuramente per motivi ideologici e politici. Lavoratori senza il primo maggio festivo sono lavoratori più sconfitti ed umiliati. Si tratta quindi di un tassello da aggiungere al lavoro nero, alla precarietà, ai bassi infimi salari, alla incessante campagna sempre in corso per la riduzione fino all'annichilimento dei diritti della classe lavoratrice. In effetti, nel quadro generale della deregolation dei diritti sindacali a cominciare dal ccnl la persistenza della festa del primo maggio rappresenta una contraddizione, una colonna che resta in piedi circondata da macerie e che va anche esse abbattuta.

Ho letto che il 1 maggio sarà ricordato dalle tre maggiori confederazioni sindacali in moltissime località d'Italia dopo un anno di polemiche non risolte. In effetti questa unità sindacale ostentata è una sovrastruttura surreale di profonde divisioni. Da molto tempo non è più possibile fare uno sciopero generale unitario e le ragioni delle divisioni sono gravi: riguardano la Fiat, le deroghe contrattuali, l'adesione di Cisl ed Uil al patto dei "complici" di Sacconi. Riguardano anche la scuola e si allargano a tanti altri campi. Perchè allora si continua a stare insieme dando all'Italia una rappresentazione bugiarda della realtà? Perchè nella CGIL c'è una forzatura che viene dal vertice confederale e dal PD suo partito di riferimento per realizzare l'unità ed alle condizioni dettate dalla Cisl di Bonanni. In fondo la CGIL avrebbe firmato gli accordi di Pomigliano e di Mirafiori ma ha dovuto astenersi per la vivace opposizione della Fiom titolare sgradita alla Camussi della trattativa. In altre cose la CGIL ha soltanto finto di essere in disaccordo con il governo: mi riferisco alla "riforma delle pensioni", al collegato lavoro e sopratutto al precariato che ha condiviso con gli accordi del 27 luglio 2007 firmati con Prodi.
Il disagio per una celebrazione unitaria è dovuto essenzialmente alle mancate risposte "unitarie" al profondo malessere dei lavoratori che si è espresso anche in forme di disperazione come l'ondata di neostiliti e l'Isola dei Cassi Integrati o con i pietosi suicidi registrati nel corso dell'anno.
Cinquecentomila lavoratori pubblici perdono il posto di lavoro e tra questi oltre centomila insegnanti. Il precariato sta diventando maggioritario e presto sarà l'unica forma di lavoro dipendente. Questo genera disagio rabbia rancore collera in milioni di persone che non possono ipotizzare il loro futuro, ma il vertice della CGIL insiste nella sua politica unitaria fondata sull'accettazione dei dicktat Cisl e Confindustria. Firma a Genova un "patto sociale" con Confindustria su quattro punti cruciali e non non sottoscrive in pieno gli accordi con Confindustria e Governo sui temi della "produttività" ancora in discussione non perchè contrario ma per motivi di opportunità e di gestione della sua base sociale. La Cgil vorrebbe smottare a destra senza pagare dazio, in modo soft indolore.

L'unità sindacale presentata il 1° maggio è piena di contenuti contrari agli interessi dei lavoratori. Realizziamo in Italia la contraddizione delle contraddizioni: sindacati forti di oltre undici milioni di iscritti tra i maggiori del mondo occidentale che gestiscono iscritti impoveriti e con processi di impoverimento salariale e giuridico in corso assai pesanti! Sindacati ricchi e potenti e loro iscritti che vivono la vita di fabbrica quasi con terrore ed umiliati dalle minacce di licenziamento o di riduzione coatta del salario. Quindi bisognerebbe che la CGIL convochi un Congresso straordinario per una riflessione radicale sulla linea di politica sindacale oppure che si cominci a pensare ad una nuova Confederazione che unisca il dissenso interno alla CGIL alla militanza del sindacalismo di base. Insomma fare una nuova Confederazione capace di riscoprire e difendere gli interessi dei lavoratori nel solco della tradizione del movimento operaio italiano anteriore alla fase della concertazione (1992).
Forse la Cgil è riformabile? E' riconducibile alla sua natura di sindacato di classe e non di conglomerata di servizi? Questo è molto dubbio. Bruno Buozzi e poi Giuseppe Di Vittorio dopo la capitolazione di Rigola e D'Aragona, i due primi segretari generali della CGIL (1906/1926), al Patto di Palazzo Vidoni imposto da Mussolini, ci misero tantissimo lavoro per recuperare la CGIL dalla perdita di se stessa e della sua identità profonda di strumento del movimento operaio. Ma questo ora è quasi impossibile perchè la CGIL ha una forte maggioranza di destra e perchè i partiti del socialismo pci e psi non ci sono più ed i loro epigoni sono liberisti e confindustrialisti. Nei partiti quello che resta fuori dal PD è un pulviscolo che tarda ad aggregarsi. Inoltre la stessa sinistra "radicale" non è tutta assente da processi di ammaloramento politico. Il Sel di Vendola aspira a congiungersi con il PD e PRC stenta a spiccare un nuovo volo assieme agli altri frammenti del comunismo italiano. Per avere un segnale di cambiamento di linea serio la CGIL
dovrebbe abrogare i contratti atipici applicati al suo personale tecnico ed amministrativo ed al personale delle sue conglomerate. Sarebbe interessante sapere come viene assunto il personale del Caf e come viene retribuito. Quali cambiamenti sono avvenuti nel trattamento del valoroso personale dell'Inca da quanto è stata varata la legge Biagi. Bisognerebbe inoltre convincere la CGIL a fare la grande guerra al precariato ed a rinunziare alla concertazione disdicendo gli accordi firmati nel 1993 da Bruno Trentin. Combattere e non assecondare la cosidetta contrattazione di secondo livello se questa diventa sostitutiva del ccnl. Recuperare tantissimi temi della sua storia sempre validi e sempre attuali. Non c'è niente di obsoleto in ciò che faceva prospera l'Italia. Le politiche liberiste jugulatorie di oggi fanno infelici i lavoratori e rovinano l'Italia come ha rilevato allarmato Draghi. Nel fallimento di CGIL CISL UIL c'è anche il fallimento della Confindustria trattata a pesci in faccia dalla Fiat ed insidiata da vicino dalla sua consorella francese che ha steso una Opa gigantesca non soltanto su Parmalat, ma su quanto resta dei gioielli della nostra media industria.
L'abbandono della CGIL del campo antimperialistico e della pace genera sbandamenti come l'adesione o il silenzio sui bombardamenti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle libiche. Non credo proprio che la CGIL di Di Vittorio o di Lama o di Vittorio Foa avrebbe mai ammainato le sue bandiere ed appoggiato i raid aerei e le tante guerre ascare al servizio delle multinazionali USA. La scelta della pace senza se e senza ma deve tornare ad essere un punto fondamentale di rifondazione della nuova CGIL. Ma forse il gruppo dirigente centrale soffocherà ogni tentativo in questa direzione e continuarà a trasformarsi in sindacato di servizi e poi sindacato imprenditore.
Inni e bandiere sono simboli dell'identità, della storia, della cultura delle organizzazioni. Al tremendo concertone di Roma che si ripete da anni e che vive di una sua vita staccata dalla realtà del Paese non si suoneranno l'inno dei lavoratori e l'internazionale. Si suoneranno invece al loro posto "va pensiero" e l'inno di Mameli. Una scelta nazionalistica contraria alla tradizione internazionalista. Non capisco il "Va pensiero" se non come omaggio agli ebrei che piangono la patria perduta. In effetti la patria perduta la piangono oggi i Palestinesi ed in quel poco che è loro rimasta ci vivono prigionieri. In moltissime manifestazioni non si intoneranno gli inni proletari. E' molto triste quanto accade ed è segno non di una linea sindacale che cambia e diventa più "moderna", ma di una forza che smarrisce la coscienza di sè, la coscienza di essere un grande corpo collettivo dotato di intelligenza sociale. I lavoratori rischiano di restare soli, e in parte già lo sono, di fronte a coloro dai quali dipende la loro vita.
Non va bene, non va proprio bene. E' una regressione dallo spirito di appartenza alla classe operaia che ci riporta all'epoca pre moderna degli "spirits anemals" del capitalismo che ritornano alla grande.
Pietro Ancona
già membro del CNEL già segretario regionale della Cgil sicilia.
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/

giovedì 28 aprile 2011

Gli epigoni di Pio La Torre

Gli epigoni di Pio La Torre

Domani ricorre il ventinovesimo anniversario della morte di Pio La Torre che fu segretario del PCI siciliano durante una delle più terribili recrudescenze del dominio mafioso. Non è la prima volta che lo rievoco e continuerò a farlo perchè il suo ricordo racchiude molte cose che hanno a che fare con l'onestà, la pulizia morale e politica, la passione, la dedizione ad un ideale in cui il partito diventa strumento non di scopi che lo riguardano ma di interessi generali della popolazione e della società. Lo ricordo con affetto perchè ebbi l'onore di collaborare con lui da segretario generale della CGIL siciliana e di rendere possibile l'attuazione di tanti dei momenti di lotta che programmava e realizzava con tenacia ed entusiasmo quasi fanciullesco. Mi riferisco alla lotta per la pace e contro i missili a Comiso. Ricordo che mi sostenne tutte le volte che la corrente comunista poneva il problema della mia estromissione dalla direzione della CGIL. Io ero (e sono) socialista . Ero unitario con i comunisti, ma ad alcuni non andavo bene perchè ritenuto, come una volta ebbe a dirmi scherzosamente Luigi Colaianni, "unitario ma egemonico".
Un gruppo di estimati dirigenti comunisti anni orsono creò il Centro Pio La Torre che svolge una importante azione di sostegno alla lotta alla mafia curando in particolare l'educazione delle nuove generazioni. Ma è il solo punto nella politica e nella società siciliana in cui la figura di Pio viene rievocata e diventa fonte di ispirazione e di azione didattica verso le nuove generazioni nell'ambito del PD.
Il Partito di Pio La Torre non c'è più da anni così come non c'è più il Partito di Piersanti Mattarella altro caduto sul fronte della mafia perchè da Presidente della Regione pensava di fare qualcosa di buono, di liberare l'amministrazione regionale dalla soggezione e dalla penetrazione mafiosa. Il partito che ha raccolto la DC di Mattarella ed il PCI di La Torre è il PD che è in atto impegnato in una difficile ed assai discussa collaborazione con un massimo esponente dell'MPA, un movimento autonomista chiacchierato ed indagato dalla Procura della Repubblica. Ne ha percorso di mala strada il PD per arrivare dopo trentanni alla collaborazione con ciò che sarebbe stato aborrito da Pio. In trenta anni la Sicilia che aveva tante speranze e prospettive si è ridotta ad una Assemblea Regionale che vive guardandosi l'ombelico e nutrendosi di velleitarismi dopo una manomissione dello Statuto originario che l'ha messa nelle mani del Presidente della Giunta ed una Regione piena di debiti alla quale non bastano le enormi entrate che ricava dal suo Statuto speciale e che nel giro dei prossimi cinque anni avrà svenduto grande parte del suo magnifico e ricco patrimonio demaniale per pagare una pletora di consulenti, managers, appaltatori, dirigenti che come pirana la divorano e la spolpano senza alcun ritegno. La spesa corrente assorbe
e supera le entrate quando trenta anni fa si limitava ad essere il quaranta per cento del bilancio regionale.
Gli epigoni di La Torre hanno dato vita assieme ad altri ad un partito che non si propone nessuno dei tre grandi obiettivi di Pio La Torre: lotta alla mafia, sviluppo, pace e dal punto di vista della sua cultura interna soltanto i più anziani sono ancora legati a valori di trasformazione socialista della Regione e di riforme sociali per fare entrare di più e meglio le masse popolari dell'Isola in una società con meno disuguaglianze e squilibri. La Torre fece grandissime manifestazioni a Comiso per la Pace. Oggi assistiamo al via vai di aerei da bombardamento dall'aeroporto di Trapani che portano il loro carico orribile di morte ai nostri fratelli libici e nessuno alza un dito. Il PD siciliano appoggia la linea nazionale del Partito per l'intervento armato contro la Libia che mai ci ha fatto qualcosa di male. Pio La Torre, ne sono certo, non avrebbe permesso che questo avvenisse ed avrebbe organizzato l'occupazione dello aeroporto di Trapani. Pensava alla Sicilia come ad una grande piattaforma di pace per il Mediterraneo non certo come base per aggredire i nostri vicini.
La cultura del PD è fatta di pragmatica adesione alla gestione del potere così come esso è ed è tale da stroncare ogni tentativo di fare della politica una missione, qualcosa di utile di buono e di giusto per tutti. Si propone insomma di amministrare meglio e con più efficienza un potere che la destra usa soltanto per il suo blocco sociale che esclude i lavoratori e non li riconosce come classe sociale.
Il PDI è cosa profondamente diversa dal PCI di Pio La Torre che era lo stesso PCI di Mommo Li Causi e l'erede dei fasci siciliani che ebbero in Bernardino Verro, in Nicola Barbato, in Garibaldi Bosco ed altri grandi apostoli i dirigenti di un movimento per la liberazione delle masse popolari siciliane.
L'iniziativa di un gruppo di giovani capeggiati da Davide Faraone di fare uno "strappo" a questo PD a cominciare dalla pulizia della lapide di Pio e di Rosario di Salvo dalle sterpaglie che la ricoprono è un conato di rifiuto verso ciò che è il PD oggi. Ma se si limita a togliere soltanto sterpaglie senza recuperare i valori della ideologia e della tradizione del movimento comunista e socialista siciliano, sarà soltanto una azione buona per esssere raccontata dai giornali.
Pietro Ancona
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Le nozze del secolo

Le nozze del secolo

"Dopo cinque minuti il via della ''sfilata'' degli aerei della Royal Air Force che sfrecceranno su Buckingham Palace in omaggio alla coppia." (http://www.asca.it/news-)
Saranno distolti per qualche ora dai bombardamenti in Libia, in Afghanistan ed in altri posti dove massacrano dall'alto con bombe all'uranio la popolazione terrorizzata.
I massmedia stanno impazzendo in un crescendo quasi isterico di notizie e si sbizzariscono a descrivere i particolari di tutti gli oggetti, di tutti gli ingredianti di quello che d

efiniscono " il matrimonio del secolo". Dovrebbe oscurare quello dei genitori del futuro re, per queste occasioni chiamato soltanto Willians. Qualcuno sta facendo i conti di quanti milioni di sterline verranno spesi. Sono comunque della opinione che saranno a carico del popolo britannico e che questa famiglia secondo le tradizioni di scrocconaggio che caratterizza l'altissima nobiltà britannica è anche capace di avere programmato un guadagno facendo la cresta ai vari momenti dello sfarzoso avvenimento. Ai giovani inglesi viene negato il diritto all'istruzione superiore con tasse universitarie pesantissime fatte solo per costituire una porta massiccia ed inespugnabile alle classi di ceto popolare. Cinquecentomila impiegati pubblici hanno già perso il lavoro. Il precariato sta riducendo in schiavitù le nuove generazioni di lavoratori e poi meno sanità e meno scuola e meno pensioni per tutti. Ai popoli che hanno la disgrazia di avere il petrolio sangue dolore e lutti da parte della Regina Elisabetta che continua la tradizione della sua illustre ava che fece le fortune della famelica e morta di fame nobiltà inglese con la pirateria e la tratta degli schiavi.-
L'opinione pubblica europea sarà drogata dai massmedia ed influenzata verso
il modello imperiale. Potrà la sartina inglese disporre di tre abiti da sposa come Katia? Non potrà e forse non avrà i soldi per sposarsi e per mettere su famiglia perchè il suo ragazzo guadagna qualcosa saltuariamente. Ma non importa: si sta organizzando un trasfert strepitoso dalla novella futura Regina alle ragazze della Gran Bretagna. Intanto dalle macerie della Libia in fiamme aggredita senza ragione e dagli altri teatri delle criminali imprese anglosassoni si alzano fumi neri, di un nero terribile, il nero della morte delle bombe all'uranio ed al fosforo. Migliaia di madri piangono i figli perduti mentre Londra si esibisce nello sfarzo della potenza esibita e nei saloni di Palazzo Buckingham
si brinda e i ricconi blasonati si sollazzano e fanno la ruota dei tacchini.
All'ambasciatore siriano, in omaggio ai principi dell'umanitarismo atlantico, é stato prima mandato e poi ritirato l'invito per sottolineare il rifiuto morale della real casa per il popolo siriano attualmente sottoposto a gravissime provocazioni fomentate dagli alleati.
Pietro Ancona
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mercoledì 27 aprile 2011

Assalto al 1 Maggio

Assalto al 1 Maggio

L'assalto alla Festa del 1 maggio attuato da numerosi Sindaci e dalla destra italiana che vorrebbero i negozi aperti si inscrive in una linea di desacralizzazione di una data finora rispettata dalle democrazie in omaggio al lavoro ed alla sua fondamentale importanza. Non è un caso che gli USA il Paese ideologicamente alla guida del capitalismo e che ha represso alla fine dello ottocento con il sangue dei sindacalisti e dei lavoratori il loro diritto ad esistere come classe non celebra il 1 Maggio che è una giornata feriale come tutte le altre. Coloro i quali vogliono abolire la festa affermano l'idea che quello che conta non è il lavoratore ma la sua prestazione ed il valore di questa prestazione vogliono essere soltanto loro a determinarla. Vogliono

cancellare il lavoratore come soggetto sociale titolare di diritti e ridurre la sua funzione a quella di mero strumento da impiegare per realizzare profitti.
Credo che in qualche modo l'iniziativa del sindaco pd di Firenze e del sindaco di destra di Roma avrà un risultato. Il 1 Maggio comincerà ad essere per i dipendenti del commercio una giornata di lavoro come tutte le altre. Dal commercio si passerà presto a tutti gli altri settori. Questa tendenza non è sufficientemente contrastata da tutti i sindacati e dalla opinione liberal e di sinistra. Si inscrive in una linea di riduzione del ruolo sociale e della funzione politica dei lavoratori che ha fatto grandi passi in avanti in Italia segnando lo sgretolamento dello Statuto dei Diritti e delle indicazioni della stessa Costituzione che mette il lavoro a fondamento della Repubblica. Lavorare il giorno che celebra il riscatto del lavoro è coerente con la legge Biagi, con il collegato lavoro, con la fine del sistema pensionistico. E' un messaggio con il quale si rafforza l'offensiva contro le classi lavoratrici per segnarne la sconfitta definitiva.
Se la CGIL è davvero a difesa della festa del 1 Maggio dovrebbe organizzare la contestazione dei negozi che alzano le serrande ed inviare gruppi di sostegno a sostegno ai lavoratori del commercio spesso non in condizioni di difendersi e che sono pagati malissimo con uno sfruttamento "industriale" della legge Biagi che ne ha garantito la precarizzazione diffusa. Dovrebbe dichiarare di considerarein sciopero itutte le aziende commerciali che restano aperte e chiedere l'intervento degli ispettori del lavoro per bonificare il lavoro nero che è assai diffuso Contrapporre consumatori ai lavoratori è un gioco spesso aiutato da un giornalismo miope o embedded e da partiti che strizzano l'occhio ai bottegai ed ai supermercati. I lavoratori sono anche consumatori e non hanno meno diritti di altri.
Non sottovalutare la guerra dei negozi aperti sarebbe opportuno per le organizzazioni sindacali e la sinistra italiana. Ma viviamo in tempo di frastornamento e forse ci si lascerà trascinare dalla corrente avversa.
Pietro Ancona
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Due vecchi "comunisti"


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due vecchi "comunisti"

una lettera di Valentino Parlato a Napolitano in cui, con molto garbo soft che ha pure un significato politico oltre che di galateo repubblicano, depreca il pronunziamento del Capo dello Stato sui bombardamenti in Libia. Stropicciandomi gli occhi per la sorpresa ho letto che in Libia è in corso "una rispettabile guerra civile animata dalla gioventà araba come in Tunisia ed Egitto"!!! Abbianmo tutti visto in TV le facce patibolari dei rivoltosi di molto più anziani grassi e dalle guancione di ben nutriti e non penso proprio

che possano essere spacciati come i loro cugini Mousavi e Rafsaniani dell'Iran per ardenti animosi difensori della libertà e della democrazia contro il "cattivo" Gheddafi come lo definisce il Parlato. Dal momento che Parlato è un vecchio lupo navigato della politica ed è pure stato in Libia credo che sappia benissimo di mentire ai suoi lettori sostenendo questa versione della rivoluzione libica sostenuta poi dalla guerra umanitaria.

Infine il suddetto Parlato sollecita un intervento armato in Siria dove a suo dire sarebbero in corso massacri. Poi dalla Siria passiamo anche all'Iran?

Allora la posizione della Rossanda non è isolata. E' la posizione del gruppo dirigente del Manifesto che approva la guerra imperialista e la lotta contro "tiranni. Sono tiranni tutti i Capi dei Governi diversi dalle "democrazie occidentale". Non conta niente la prosperità e la ricchezza della Libia e dei suoi abitanti assicurata dalla jamaria che è una forma alta di federalismo socialista. Non conta niente il fatto che la jamaria, dopo sessanta anni di oppressione coloniale, ha costruito il più grande acquedotto del mondo e dato pane e lavoro a tremilioni di africani in aggiunta ai suoi sei milioni di cittadini a cui ha assicurato un welfare che gli americani amministrati dall'arcigno esponente delle multinazionali Obama non si sognano neppure!

Triste tramonto di una generazione politica nata all'ombra dell'URSS e del grande PCI. Napolitano e Parlato hanno la stessa posizione. Se Parlato fosse stato al posto di napolitano sulla base delle cose che ha scritto si sarebbe comportato come il Presidente che critica in un minuetto di grazia verbale quasi settecentesco....

una lettera di Valentino Parlato a Napolitano in cui, con molto garbo soft che ha pure un significato politico oltre che di galateo repubblicano, depreca il pronunziamento del Capo dello Stato sui bombardamenti in Libia. Stropicciandomi gli occhi per la sorpresa ho letto che in Libia è in corso "una rispettabile guerra civile animata dalla gioventà araba come in Tunisia ed Egitto"!!! Abbianmo tutti visto in TV le facce patibolari dei rivoltosi di molto più anziani grassi e dalle guancione di ben nutriti e non penso proprio

che possano essere spacciati come i loro cugini Mousavi e Rafsaniani dell'Iran per ardenti animosi difensori della libertà e della democrazia contro il "cattivo" Gheddafi come lo definisce il Parlato. Dal momento che Parlato è un vecchio lupo navigato della politica ed è pure stato in Libia credo che sappia benissimo di mentire ai suoi lettori sostenendo questa versione della rivoluzione libica sostenuta poi dalla guerra umanitaria.

Infine il suddetto Parlato sollecita un intervento armato in Siria dove a suo dire sarebbero in corso massacri. Poi dalla Siria passiamo anche all'Iran?

Allora la posizione della Rossanda non è isolata. E' la posizione del gruppo dirigente del Manifesto che approva la guerra imperialista e la lotta contro "tiranni. Sono tiranni tutti i Capi dei Governi diversi dalle "democrazie occidentale". Non conta niente la prosperità e la ricchezza della Libia e dei suoi abitanti assicurata dalla jamaria che è una forma alta di federalismo socialista. Non conta niente il fatto che la jamaria, dopo sessanta anni di oppressione coloniale, ha costruito il più grande acquedotto del mondo e dato pane e lavoro a tremilioni di africani in aggiunta ai suoi sei milioni di cittadini a cui ha assicurato un welfare che gli americani amministrati dall'arcigno esponente delle multinazionali Obama non si sognano neppure!

Triste tramonto di una generazione politica nata all'ombra dell'URSS e del grande PCI. Napolitano e Parlato hanno la stessa posizione. Se Parlato fosse stato al posto di napolitano sulla base delle cose che ha scritto si sarebbe comportato come il Presidente che critica in un minuetto di grazia verbale quasi settecentesco....

Pietro Ancona


http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2011/mese/04/articolo/4526/








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Una giornata nera per Berlusconi e per l'Italia

Una giornata nera per Berlusconi e per l'Italia

L'incontro di ieri con Sarkozy a Berlusconi (ed all'Italia) è andato così male che ho quasi riluttanza a parlarne. Nel momento in cui si riunivano una multinazionale francese lanciava una Opa ostile sulla Parmalat per impossessarsene. La Francia ha recentemente assorbito Bulgari ed è in caccia dei nostri gioielli. Chissà se acquisterà da Marchionne la nostra Ferrari, la Maserati... Su questo punto il maligno Sarkozy ha persino schernito Berlusconi quando ha lodato l'Italia per le sue piccole e medie industrie. Come dire: noi siamo più grossi e non tarderemo ad inghiottirvi! Poi la soddisfazione del francese era alle stelle e trapelava financo dalle sue grandi orecchie da topone sulla questione libica nella quale l'Italia, facendo l'ennesima giravolta, dovrà partecipare con bombardamenti "mascherati" da precise operazioni chirurgiche all'uranio impoverito fornito dagli USA. Non solo la Francia, in segreto accordo con gli USA e Gran Bretagna, ha organizzato il golpe e poi l'intervento in Libia per sottrarla alla enorme influenza italiana e rapinarla dei suoi fondi sovrani e delle riserve auree di 150 mila tonnellate di oro,
(lo Stato libico è ricchissimo di soldi e di oro e di opere pubbliche realizzate ma ora distrutte), ma ci costringe a partecipare all'assalto magari per poi lasciarci a bocca asciutta. Berlusconi ha tentato di parare la botta facendosi telefonare da Obama il giorno prima, ma si tratta di un mortificante espediente che non cambia la sostanza dei fatti. Ne ricaverà danno in Italia perchè la Lega, che non dipende dalla benevolenza USA come Berlusconi ed il PD, si dichiara pubblicamente contro la guerra aumentando il mal di pancia
dell'elettorato cattolico della destra. Un disastro! Infine un accordo infame sulla circolazione delle persone prevista dall'accordo di Schengen consistente in una noticina inviata alla UE che potrebbe avere financo esito negativo. Bossi che è il politico più scaltro che abbia la maggioranza è fuori dalla grazia di Dio e minaccia . Magari alla fine si ritirerà, ma dopo avere ottenuto sostanziose contropartite di potere a cominciare dalle nomine importantissime in enti che dovrebbero farsi oggi.
Il ruolo dell'opposizione si potrebbe definire distruttivo e canagliesco. Anzicchè ancorare l'Italia alla politica di pace respingendo la barbarie della guerra che è il sonno della ragione e cancella i tratti umani degli uomini, appoggiata da Napolitano al quale fa di sponda, sfotte il governo per le sue contraddizioni e debolezze e gonfia il petto davanti gli americani per mostrare la loro superiorità "professionale" nel servire gli USA. L'opposizione non si chiede che cosa ne sarà del metanodotto e degli immensi interessi italiani in Libia, non si chiede quale destino avranno le migliaia di ingegneri, tecnici, imprenditori, commercianti che da quaranta anni forniamo alla Libia in un soddisfacente rapporto di affari non colonialistico e si preoccupa soltanto di rilevare l'insufficienza del governo nel servire la comunità internazionale che appoggia l'aggressione. Comunità internazionale che è soltanto una minoranza del genere umano essendo Cina, Russia, India, America Latina, Sud Africa quattro miliardi di esseri umani contrari ai bombardamenti.
A coronare la giornata nera del nostro Presidente del Consiglio la enorme gaffe sulla questione del nucleare con la confessione pubblica della temporaneità della rinunzia alla costruzione di atomiche. Questo detto in faccia a Sarkozy il quale ci vende le sue centrali obsolete e ridacchia fregandosi le mani alle nostre spalle.
Con la certezza che il dopo Berlusconi se sarà di centro-sinistra sarà magari peggiore e ci regalerà amarezze e restrizioni avviamoci a celebrare un 1° Maggio patriottico nel quale l'amore di patria dovrebbe sostituire il lavoro che manca e riempirci la pancia. Accanto a Berlusconi dobbiamo mettere Bersani e la Camusso assistiti da Ichino. Anche questo fa parte della stagione del nostro scontento che continuiamo a vivere con pochi barlumi di luce.
Pietro Ancona
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martedì 26 aprile 2011

Miscellanei di gravi argomenti

Morte del 25 aprile e del Primo Maggio
per tutti gli italiani che da Piero Gobetti a Gramsci a Matteotti a Pertini a Lombardi a Calamandrei si riconoscono nei valori della resistenza e del Lavoro il 25 aprile ed il 1 maggio gestiti da questa Oligarchia politica sono morti e riempiti di contenuti inaccettabili come guerra, precariato, ingiustizia sociale, discriminazione....

Si chiude l'era dell'autonomia della banca d'Italia

Nell'incontro di oggi tra Berlusconi e Sarkozy si è probabilmente chiusa l'era della Banca d'Italia autonoma governata da prestigiosissimi personaggi come Carli e Ciampi. Se con l'aiuto della Francia Draghi andrà alla BCE Il Governatore della Banca d'Italia sarà scelto da Berlusconi Bossi e Tremonti. Fine di un'era e la Banca d'Italia diventerà un oscuro satellite del Ministero dell'Economia


La guerra secondo Emanuele Kant: La guerra è il male peggiore che affligge la società umana ed è fonte di ogni male e di ogni corruzione morale.[…]


Ora i morti in Irak sono un milione e seicentomila rispetto la data di questo scritto. Una guerra per trovare armi di distruzioni di massa inesistenti certificati dagli USA al volenteroso e prono ONU. Un milione e seicentomila morti provocati da bbombardamenti chirurgici, di alta precisione, come quelli promessi da Napolitano Berlusconi e Bersani alla Libia Dopo quaranta anni di "dittatura" di Gheddafi e cioè di pac

UN MILIONE DI CIVILI MORTI IN IRAQ. LA CHIAMANO

Facciamo qualcosa di concreto contro la guerra in Libia
Una sinistra vera, una opposizione vera, organizerebbe per il primo maggio una manifestazione a Roma ed in altre città contro la guerra e lo scippo dei referendum Autoorganizziamoci e non aspettiamo che sia il popolo viola a farlo
Io sono pronto a farlo a Palermo. Se ricevo adesione anche solo di dieci compagni lo farò

Cronache del femminicidio e degli orrori della civiltà occidentale

questo è uno degli orrori dell'umanità in cui primeggia l'egoismo degli USA e la brutalità del suo sistema di comando e di potere che in tanti punti si congiunge a quello malavitoso

Messico: Militarizzazione per fermare la ribellione
Silenziosamente, l'ultradestra, gli industriali, l'esercito e quasi tutti i deputati dei tre principali partiti politici in Messico, sotto la protezione dell'ambasciata americana,stanno lavorando per realizzare un colpo di Stato prima della fine (il 30 ap...rile)dell'attuale Sessione della Camera dei Deputati. Questa settimana i presunti rappresentanti del popolo messicano potrebbero dare la loro aprrovazione alle numerose modifiche alla "Riforma della Legge di Sicurezza Nazionale" approvata un anno fa dal Senato, per legalizzare la violazione dei diritti umani e delle garanzie individuali che da quattro anni vengono perpetrate dall'esercito e dalla Marina negli Stati dove presumibilmente si combatte il crimine organizzato. Si tratta di proclamare lo stato di emergenza in tutto il paese, dove in effetti esiste già nelle varie regioni. Senza dubbio è una misura preventiva che mira a reprimere qualsiasi segno di ribellione sociale in un paese in crisi economica e politica, dove tra quattordici mesi si andrà a votare e la ferita inferta dalla frode del 2006 è ancora aperta. Solo che oggi, la disoccupazione, la povertà e la violenza sono aumentati. Il regime tripartitico di destra che prevale in Messico nel suo affannarsi per mantenere l'attuale sistema socio-economico, nella sua forma di capitalismo neoliberale, da anni sta attuando una strategia per impedire l'organizzazione e lo sviluppo della lotta di classe con un progetto di trasformazione sociale. A questo progetto hanno aderito il PAN,PRI e PRD,che tentano di fare approvare entro la fine della 61esima Sessione della Camera dei deputati vari emendamenti alla Legge di Sicurezza Nazionale, affinché l'esercito, la Marina e l'Aviazione possano legalmente adempiere ai propri compiti già svolti da diversi anni realizzando così la violazione della Costituzione che attualmente hanno una copertura "legale" dal Centro Nazionale della Sicurezza Nazionale (Cisen). Con l'approvazione della Nuova Legge di Sicurezza Nazionaleil presidente di turno avrà le facoltà di utilizzare le forze armate per reprimere i movimenti sociali che a suo parere mettano in pericolo la sicurezza nazionale, sicurezza interna e sicurezza esterna (secondo il nuovo gergo). Per fare questo non sarà necessario dichiarare lo stato di emergenza in una regione o paese, previa consultazione del Congresso. L'esercito è il più interessato alle modifiche dell'Iniziativa di Legge di Sicurezza Nazionale approvata lo scorso anno (2010/04/27),che sembra avere già l'approvazione dei legislatori di tutti i partiti affinché si legalizzino pratiche di spionaggio, operazioni segrete, arresti, perquisizioni,violazioni di domicilio, revisioni di documenti personali, ecc, di persone sospettate di coinvolgimento in attività che mettano in pericolo la sicurezza nazionale. Per rendere effettiva l'adozione di questa riforma da parte della Camera dei Deputati e poi dal Senato, le lotte dei contadini, studenti, lavoratori e disoccupati potrebbero essere tacciate come terroriste e represse senza indugi. Si tratta di fare un colpo di stato senza spargimento di sangue, calpestando la Costituzione messicana riformando una legge secondaria, con il pretesto della lotta alla criminalità organizzata. Secondo le dichiarazioni del signor Mario Di Costanzo, del Partito del Lavoro, l'unico modo per evitare la riforma in questo settore è l'opposizione del PRI. Il è molto improbabile dato che deputati vicino al governatore dello Stato del Messico e potenziale candidato del PRI alla presidenza, Enrique Peña Nieto hanno già negoziato con il Segretario della Difesa, Guillermo Galván Galván, e Felipe Calderon. Un'altra risorsa che è stata usata per infondere paura e terrore nel popolo messicano è la guerra alla droga che ha messo la popolazione civile tra due campi apparentemente inconciliabili: un governo che dichiara di porre fine alla criminalità organizzata e un settore della classe dominante che nel desiderio di arricchirsi fa affari al di fuori della legge. Campi che sono in realtà complementari per portare avanti un business lucrativo grazie al divieto di sostanze psicotropiche, che portano alla economia messicana "sommersa " profitti miliardari. Il risultato di questa manovra attuata dagli Stati Uniti in cambio del sostegno dato a Felipe Calderón, per la presidenza subito dopo il fraudolente e controverso processo elettorale del 2006, è fino ad ora 40mila morti, migliaia di dispersi e orfani; in più, decine di migliaia di sfollati da Stati come Chihuahua, Tamaulipas, Durango e Guerrero. La criminalizzazione delle lotte sociali è la tendenza seguita dal regime tripartitico. Lo stesso nella capitale nazionale che nella provincia messicana. Esempi: Nello stato del Chiapas, il governo del PRD ha continuato ad attaccare la Giunta del Buen Gobierno zapatista, è gli attivisti della l'Altra Campagna, come è successo nella Frontera Comalapa, Chiapas, dove le autorità locali insieme con i militanti del PAN, PRD e PV hanno incendiato le case della comunità picchiando e molestando i membri del Buon Governo Verso la Speranza. Nel Distretto Federale le autorità hanno represso il movimento di opposizione alla Sopravvivenza. Un'altra recente repressione è quella sofferta da circa cinquemila membri del Sindacato Messicano degli Elettricisti che l' 11 aprile - al compimento dell'anno del decreto con il quale Calderon ha posto fine al loro lavoro creando la disoccupazione per 45 mila elettricisti hanno indetto una manifestazione davanti la sede della ex uffici della Compagnia di Luz y Fuerza del Centro (L e FC), ora in potere della polizia federale (PF), dove sono stati provocati e repressi dalla corporazione militare rafforzata dal corpo granatieri del governo locale. In seguito a questo episodio repressivo, 11 lavoratori sono stati arrestati accusati di crimini gravi come sedizione e sommossa. Un altro ostacolo alla formazione di una classe operaia e rivoluzionaria è il sindacalismo corporativo ed economicista che continua a dominare nel paese, ancora settori in lotta come quello dello SME, che ha nuovamente annunciato la creazione di una associazione politica nazionale per partecipare alle elezioni 2012, che non farà niente di sbagliato se in questo processo avrà un programma di classe, ma dato il suoi recenti avvicinamenti con Peña Nieto, il pragmatismo della sua leadership e la comprensibile disperazione che prende i 16 mila lavoratori in resistenza, non è improbabile che decidano di vendere il loro sostegno in cambio della promessa della creazione di un'impresa elettrica che li ri-collochi Ma ciò resta da vedere perché in Messico le promesse della campagna (elettorale)non sono mai state soddisfatte. http://hormigarebelde.blogspot.com/ (traduzione di Anita Silviano)

Di: Anita Silviano

lunedì 25 aprile 2011

Una orribile decisione

Una orribile decisione
L'Italia, dopo tanti tira e molla di Berlusconi e Frattini, ha deciso di partecipare al massacro della popolazione e delle città della Libia leali a Gheddafi dopo il golpe dei gruppi cirenaici sostenuto dalla Francia ed ora da tutto l'Occidente. La Francia, invidiosa della intensità delle relazioni commerciali ed industriali tra Libia e Italia che dura da quaranta anni e che produce un esport-import di oltre venti miliardi di euro l'anno e dà lavoro in Libia a diecine di migliaia di ingegneri tecnici imprenditori italiani, è stata la più baldanzosa della Triade con USA e Gran Bretagna nell'assalto a Gheddafi. Il Capo della Libia è stato ricevuto poco tempo fa in Eliseo e niente lasciava presagire l'odio di Sarcozy che sarebbe da li a poco traboccato. Gheddafi è stato corteggiato da tutto l'Occidente per le enormi disponibilità finanziarie della Libia alle quali attinge per aiuti fin dai tempi di Agnelli e della sua partecipazione al capitale della Fiat. La guerra contro la Libia ha consentito all'Europa ed all'USA di sequestrare i fondi sovrani e questo è servito assai probabilmente a mettere una pezza alla crisi finanziaria dell'Occidente. Una vera e propria rapina a mano armata.
Nel quarantennio di governo di Gheddafi la Libia ha conosciuto il più lungo periodo di prosperità della sua storia. Si è affrancata dal colonialismo italiano iniziato dal 1911 con Giolitti e proseguito fino a tutto il periodo fascista. Ha saputo costruire con l'Italia un rapporto positivo e quasi di vicinanza che ha voltato pagina sul terribile passato di atrocità e sofferenze inflitte alla sua popolazione. Questo rapporto positivo è continuato nel tempo ed ha impegnato tutti i governi da Andreotti in poi. Soltanto nell'ultimo decennio sono stati firmati dall'Italia tre trattati da Giuliano Amato nel 2002, da Prodi nel 2007 e da Berlusconi nel 2009. L'Italia ha ricavato grandi frutti da questa politica di pace che l'ha caratterizzata suscitando molte simpatie nel mondo arabo. Ora si scopre improvvisamente che Gheddafi è un sanguinario tiranno che massacra il suo popolo. L'aggressione alla Libia é stata concepita in Francia, in Inghilterra ed in Usa per colpire assieme alla Libia anche l'Italia mostratasi indisciplinata nella politica energetica con gli accordi triangolari Libia-Italia-Russia.
Sgomenta la decisione del PD di aderire ai bombardamenti. Perchè lo fa? Perchè è preminente nel PD il problema del ritorno al governo rispetto agli interessi della pace e dell'Italia. Il PD fa da sponda agli USA e preclude a Berlusconi di fare una politica diversa dai diktat che arrivano da Washington. La Lega, che non ha mai avuto il problema della legittimazione oltreatlantica del suo gruppo dirigente, si schiera decisamente contro la guerra. Ma anche i suoi spazi sono limitati dallo sbarramento guerrafondaio del PD ed alla fine dovrà acconciarsi.
Questa decisione dell'Italia è orribile se pensiamo che l'interesse nazionale era ed è non solo di non partecipare alla guerra, ma addirittura di impedirla. Ma non c'è niente da fare. Siamo una colonia con 113 basi militari USA nel nostro territorio che servono assai più contro di noi che contro ipotetici nemici che non esistono dopo la caduta dell'URSS avvenuta venti anni orsono.
Con i bombardamenti l'Italia interrompe il quarantennio e ritorna al colonialismo feroce del fascismo che usava gli aerei del generale Magliocco per gasare la popolazione. Ora i nostri aerei lanceranno bombe all'uranio che faranno morire diversamente la popolazione che subito non viene uccisa con le radiazioni ed infine con le nascite di bambini deformi.
L'Italia stiracchia quanto più è possibile la decisione dell'ONU che prevedeva soltanto la fly zone. Ma l'ONU, massimo ruffiano degli USA, chiuderà un occhio e semmai si prepara ad assecondare lo sporco gioco in corso contro la Siria.
Il PD con la decisione di bombardare chiude con il pacifismo e diventa organico alla ideologia militarista del liberismo neocon. Purtroppo anche l' ANPI, la gloriosa associazione dei partigiani recentemente colonizzata dal PD, si è pronunziata e sostiene la guerra. Questo nella giornata anniversario della guerra di Liberazione e della Resistenza.
La soddisfazione mostrata dai rivoltosi per la decisione dell'Italia è la conferma del suo errore. L'errore di giocare alla roulette della morte in una avventuristica e rischiosa decisione che cambia il destino del Mediterraneo.
L'Italia, salvando la Resistenza, ha una storia orribile scritta dalle sue classi dirigenti. Ricordo per tutte l'8 settembre quando si comunica l'armistizio e si annunzia che la guerra continua senza dire contro chi.
Pietro Ancona

Gad lerner sull'Infedele definisce con sprezzo "tiranno" Gheddafi

Caro Gad Lerner,

io capisco che lei gongoli di gioia perchè tutto il Nord Africa è in fiamme e spera che presto anche la Siria faccia la fine della Libia venga bombardata dalla Nato per conto degli Usa e di Israele. Anzi penso che Israele si divertirà a bombardare Damasco. Insomma è chiaro che gli USA brucino i tempi per non dare tempo ai paesi del Bric di assumere l'autorevolezza necessaria per bloccare questo infinito fiume di sangue di sofferenze e di dolore,.
In quanto a Gheddafi che lei si è compiaciuto di definire tiranno penso che lo sia assai meno di quanto non lo è Obama o Cameron o Sarcozy. La democrazia non può essere un sistema assunto il quale si possono fare le atrocità più spaventose a danno di altri popoli o delle proprie minorenze. Si legga la storia dei neri d'america! Gheddafi è un geniale uomo di pace che in guerra vi sta dando molto filo da torcere ed il suo regime è stato il migliore in assoluto esistente in Africa e non solo in Africa,. Ma queste cose per capirle bisogna non avere pregiudizi razzisti,.Lei ne ha molti, moltissimi dal momento che si ritiene appartenente al popolo eletto da Dio per governare su tutti gli altri. Si rilegga Kant e le c ose che scrive Empedocle sull'odio e sulla guerra, La guerra è barbarie e lo è ancora di più se serve a rapinare soldi per le vostre banche. Duecento miliardi di euro sono stati finora sottratti alla grande e prospera Libia del grande Statista Gheddafi.

assedio alla fiom

Per il signor conduttore di Prima Pagina radio3

dalle sue prime battute vedo che parteciperà all'assedio della Fiom come tanti pennivendoli embedded a cominciare dai signori del Sole 24 Ore che lei ha citato.

Il grande storico Castronovo - come lei lo definisce- fa derivare le sconfitte della Fiom dal fatto che perde sempre con la Fiat. La Fiat che vende i gioielli della industria automobilistica italiana per comprare azioni della Crysler e si agginge a chiudere la nostra industria automobolistica dopo aver fagogitato ed omologato ai suoi livelli miserrimi la grande Alfa Romeo e la Lancia. La Fiat che certamente non possiamo definire pensosa degli interessi dell'Italia e che si permette di fare cose che solo in un paese di servi sono possibili.
Se La Fiom ha perso contro la Fiat è perchè c'è in Italia una situazione sindacale abnorme con Cisl ed Uil sempre al servizio del padronato e contro i lavoratori.
La causa intentata dalla Fiom vi farà diventare pazzi e dovrete ricorrere ad un colpo di forza politico legislativo per ovviarne le gravi conseguenze. I lavoratori Fiom saranno meglio pagati e più tutelati dei lavoratori della Cisl e dell'Uil firmatarie di contratti meno rispettosi delle loro esigenze. Si aprirà una bella contraddizione e dovrete consolare Bonanni.
Ultima cosa: siete come tori che caricano sempre a testa bassa.. Oggi, un uomo di cultura degno di questo nome, un giornalista già pensionato, dovrebbe rendersi conto che non c'è da assediare la Fiom ma la Marcegaglia e Marchionne. Per il bene dell'Italia.
Pietro Ancona
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la maledizione di Empedocle per gli assassini

E' scritto nel fato che chiunque macchi il suo corpo di sangue, o sia infame seguendo l'esempio di Odio, andrà errando diecimila anni lontano dagli uomini felici, nascendo di volta in volta sotto le sembianze di ogni essere vivente, soffrendo le varie pene d'ogni diversa specie vivente. La forza dell'aria li lancia nel mare, e il mare li scaraventa nella terra e la terra li butta nelle fiam

me del sole che, a sua volta, li rimette nell'aria per essere ancora respinti da tutti gli elementi.

domenica 24 aprile 2011

i funerali

I funerali
Scrivo questo articolo sui funerali di Vittorio Arrigoni. Sono le ore 20 e su internet ho letto tutte le notizie che arrivano da Bulgiaco dove oggi pomeriggio si sono svolti . Sono centinaia i siti ed i giornali che se ne occupano ma, come se si fossero messi tutti d'accordo, non si superano le trenta righe. Una particolare notizia è stata data soltanto da uno o due dei siti e riguarda la concelebrazione della messa da parte di Monsignor Capucci, arcivescovo di Cesarea della chiesa ortodossa, persona che ha impegnato la sua vita nella lotta per la liberazione del popolo palestinese. Un prelato di 90 anni che si è sottoposto agli strapazzi di un lungo e difficoltoso viaggio per salutare Vittorio e dirgli che è morto da santo, da eroe, da martire.
La parola d'ordina velinata che ha mosso il gregge dei giornalisti che hanno steso i pezzi evidentemente è stata quella di non aggredire di fare un racconto breve di quello che è accaduto di dire quante persone c'erano (alcuni scrivono due mila, altri alcune centinaia)
di essere se non proprio riguardosi soft politicamente corretti..
Anche questo taglio dato dalla disinformazione massmediatica ha dato il suo contributo al silenziamento della vita, della storia, delle opere di Vittorio del perchè è morto e di chi lo ha ucciso. Non crederò mai che si tratta di una scelta di un gruppo di arrabbiati. Cui prodest la morte? Prodest ad Israele che a giorni dovrà affrontare un nuovo tentativo dei pacifisti europei di raggiungere Gaza e che ha interesse a distruggere ogni possibile testimonianza che non sia embedded come certi servizi di rai3.
Non ho letto commenti dei nostri famosi opinionisti. Mi pare che il veleno della destra è già stato schizzato dai giornali del Cavaliere e dello ineffabile Angelucci miliardario che deve le sue fortune alla sanità pubblica spolpata dal di dentro come da un terribile verme tenia. Vedremo se nei prossimi giorni torneranno a parlarne ma ne dubito. La parola d'ordine è un'altra.
Ho letto che l'unica corona di fiori è stata inviata dal Manifesto. Non è stata data notizia di altri omaggi floreali provenienti dallo establiscemen politico e sindacale italiano. Avevo chiesto alla signora Camusso di partecipare ai funerali ma i giornali non ne danno conto. Non danno conto neppure della presenza dei leaders della sinistra comunista. Bah!
Insomma il funerale ha dato una rappresentazione veritiera dello stato dell'arte in Italia. Una militanza generosa ed appassionata, colta ed impegnata che si estende dai cristiani ai comunisti agli anarchici. Una galassia che il potere e non solo il potere ma anche l'opposizione tendono a circoscrivere, isolare e magari criminalizzare.
L'assenza delle istituzioni e del Presidente della repubblica fanno compiere un passo avanti verso la postdemocrazia e l'appiattimento totale alle posizioni degli USA e di Israele. Forse è stato scelto di essere assenti magari per essere più presenti altrove ad esempio nei bombardamenti in Libia dove abbiamo vigliaccamente inviato gente dello Stato e forse delle milizie private dei contractors ai quali apparteneva, ricordate?, Fabrizio Quattrocchi.
Ieri a tarda notte ho visto un documentario trasmesso da rainew24. Una intervista a Vittorio che colpisce per la pacatezza, per il tono sottovoce con cui parla delle tragedie palestinesi, un tono che non diminuisce ma dà maggiore forza alla sua militanza.
E' chiaro che oggi a Bulgiaco si è approfondita una frattura tra l'Italia resistenziale ed umanitaria e le istituzioni. Ma forse si è preso atto di un'altra frattura tra il movimento in qualche modo espresso da Vittorio e la sinistra esistente che si contorce in gravissime contraddizioni e, per non pagare dazio, si è inventata una differenza tra lotta di classe e geopolitica (sic!). Ma forse Vittorio non è espressione di una minoranza disperata ma di una Italia che comincia da Gobetti e dai fratelli Rosselli che è viva e pulsa nelle arterie della cultura e della storia italiana.
Pietro Ancona
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sabato 23 aprile 2011

Vogliamo ancora la CGIL di Bruno Buozzi


1

L’assassinio di Bruno Buozzi: un giallo ancora da risolvere

Nella notte fra il 3 e il 4 giugno del ‘44, mentre gli alleati entravano in Roma, un reparto di Ss in ritirata

caricò su alcuni camion, per trasferirli al Nord, i prigionieri politici rinchiusi nelle segrete di via Tasso. Tra

di loro, sull'ultimo veicolo, insieme ad altri 13 antifascisti, c’era il

socialista Bruno Buozzi, il segretario della Confederazione generale

del lavoro.

In località La Storta, a Nord di Roma sulla via Cassia, l’automezzo si

fermò per un guasto. Il tempo stringeva e l’affanno aumentava. A un

certo punto, qualcuno diede l'ordine di uccidere i 14 passeggeri. Così,

all’alba della Liberazione, a poche ore dalla stipula del «Patto di

Roma», che ridiede vita al sindacato democratico, Buozzi fu

assassinato.

Misteri

Qui sotto c'è l'immagine nel suo contesto originale nella pagina:

Qualche anno fa, Cesare De Simone, gior nalista e storico ora

defunto, nel libro Roma città prigioniera, avanzò l’ipotesi che a

comandare le Schutz Staffeln, responsabili dell’eccidio, fosse il famigerato hauptsturmführer Erich Priebke 1.

Ad accusarlo sarebbe stato un altro ufficiale hitleriano, lo sturmbannführer Karl Hass2, personaggio

misterioso e controverso. Il 29 luglio del 1996, la notizia fu ripresa anche dal Corriere della Sera. Ma le

cose, a quanto pare, non erano andate in quel modo. Infatti, l’SS-Hauptsturmführer, dall’ergastolo, sporse

querela. E, nell’ottobre 2001, il Tribunale di Roma gli ha dato ragione. Cosicché, su chi diede l’ordine di

assassinare Buozzi e i suoi 13 compagni permane il mistero. Ma un altro ben più inquietante enigma avvolge

ancora la fine di Buozzi: l’oscura vicenda che portò al suo arresto.

Nel 1926, il leader sindacale, per evitare un sicuro arresto, era espatriato in Francia. In esilio, continuò

l’attività. Tenne in vita la Cgl. Diresse il giornale l’Operaio italiano. Diede un significativo contributo alla

Concentrazione antifascista. Dal 1927 al 1932, anno della morte, ospitò, nella sua casa di Boulevard

d’Orano, Filippo Turati.

All’inizio del 1941, fu arrestato dagli occupanti tedeschi. Consegnato ai fascisti, fu inviato al confino di

Ventotene. Di qui, fu trasferito, come vigilato speciale, a Torino. Liberato dopo il 25 luglio, si trasferì a

Roma, in quanto nominato «commissario» dei sindacati dei lavoratori dell’industria.

L’occupazione tedesca dell’Urbe lo costrinse alla clandestinità. Con i documenti di Mario Alberti, ingegnere

di Benevento, aveva preso alloggio nel rione di Trastevere, presso un compagnoa. Qui, il 13 aprile 1944, fu

arrestato.

Racconta Pietro Bianconi in 1943: la Cgl sconosciuta, «Un giorno viene operata una perquisizione perché il

padrone di casa è sospettato di possedere un apparecchio radio clandestino. Il proprietario è assente e la

perquisizione ha luogo senza risultato. Nessuno sospetta dell'ingegnere Mario Alberti, ma gli viene chiesta la

carta di identità. Poiché la polizia è a conoscenza che al Comune di Benevento sono state sottratte delle carte

di identità e il documento mostrato dall'ingegnere proviene da quel Comune, Buozzi viene tradotto in

questura per accertamenti, in attesa dei quali lo si assegna al carcere di via Tasso»b.

Questa ricostruzione ha sempre sollevato perplessità. Non può sfuggire, infatti, che, all’epoca, il Municipio

di Benevento si trovava nell'Italia sotto controllo anglo-americano. E, quindi, c’è da chiedersi come diavolo

facessero i nazifascisti ad avere quelle informazioni anagrafiche.

Rendere giustizia

Ma Buozzi attende anche un’altra giustizia: la giusta valutazione della sua opera. Da sempre, infatti, il suo

lavoro è stato o nascosto o stravolto. Eppure, tutto l’insieme della nostra pratica sindacale riporta alla sua

opera. Per esempio, la contrattazione nazionale e il ruolo delle strutture che ne hanno la titolarità, le

cosiddette «categorie». Oppure, il legame che deve intercorrere tra i livelli del negoziato e l’organizzazione

del sindacato: per esempio, l’idea e la realizzazione delle «commissioni interne». Per non parlare della

cosiddetta «indennità di carovita», rivendicata già nel 1920.

Anche gli attuali punti di crisi nelle politiche sindacali sono tali perché alcune idee di Buozzi non hanno

trovato adeguata realizzazione. Per esempio, il nostro pluralismo sindacale ha fatto arrivare al pettine il nodo

della rappresentatività del sindacato. Che un accordo sia sottoscritto da un sindacato e non da un altro non

dovrebbe destare scandalo. Infatti, che senso avrebbe il pluralismo sindacale se non quello di consentire

a Pietro Bianconi, 1943: la Cgl sconosciuta, Milano 1975, p. 29

b Pietro Bianconi, 1943: la Cgl sconosciuta, Milano 1975, p. 29

L’ assassionio di Bruno Buozzi. Riprodotto da

www.romacivica.net/ANPIROMA/antifascismo/biog

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scelte diverse? E, tuttavia, gli accordi producono degli effetti che non riguardano i soli iscritti al sindacato,

ma interessano tutti i lavoratori. Quindi, per un primordiale principio3, un contratto, destinato a produrre

effetti su tutti i lavoratori, deve essere stipulato da chi ne rappresenta almeno la maggioranza. Ma come è

possibile accertare questa maggioranza, se non applicando delle norme che garantiscano la democrazia. E

allora, non è giunto il tempo dell'Articolo 39 della nostra Costituzione? E se questo non ci piace, facciamone

un'altro. Tanto, il problema non cambia. Si finisce sempre nel «riconoscimento giuridico del sindacato da

parte dello stato», il quale, con la conquista del suffragio universale, non è né borghese né altro, ma, per

fortuna, solo democratico.

Biografia.

Bruno Buozzi era nato a Pontelagoscuro, in provincia di Ferrara, il 31 gennaio del 1881.

Di famiglia proletaria, a dieci anni rimase orfano del padre. Costretto a lasciare la scuola dopo la terza

elementare, andò a lavorare in una bottega artigiana.

A 15 anni, emigrò a Milano, dove andò a lavorare come operaio metallurgico alla Marelli di Sesto San

Giovanni e, poi, alla Bianchi, la famosa fabbrica di biciclette.

Nel 1905, a 24 anni, si iscrisse al sindacato e al Partito socialista. Attivista della Federazione italiana operai

metallurgici, ne divenne segretario nel 1911, quando si trasferì a Torino. Da quel momento, fu uno dei più

popolari esponenti della corrente riformista.

Finita la Guerra, sotto la sua direzione, le conquiste dei metalmeccanici furono di enorme portata.

Tra il 1918 e il 1921, i salari reali raddoppiarono. I metallurgici furono la prima categoria a conquistare le

mitiche «Otto ore». E, poi, le ferie pagate. Il contratto nazionale divenne prassi organica. E, per renderlo

inderogabile, furono istituite e fatte riconoscere dalla controparte le «Commissioni interne»4: il sindacato sul

posto di lavoro, con il compito di vigilare sull’applicazione degli accordi.

Buozzi fece della Fiom «la punta avanzata del movimento»a. La sua filosofia politica è tutta racchiusa nelle

parole pronunciate al Congresso della categoria del novembre 1918b: «Noi siamo risolutamente contrari alla

teoria che l'organizzazione debba sempre seguire la massa anche se disorganizzata. Tale teoria rende inutile

l'organizzazione. Serve a formare dei ribelli di un'ora, ma non mai delle coscienze rivoluzionarie; ad

organizzare improvvisamente delle migliaia di operai facili da condurre al macello ma che se ne andranno

immediatamente non appena finita l'agitazione per la quale si sono associati. La coscienza delle masse si

sviluppa e si dimostra con l'opera perfezionata, illuminata e disciplinata, la quale solo attraverso anche a

qualche rinuncia che è spesso un segno di forza sa conquistare e conservare per prepararsi a nuove

conquiste.»c

Idee chiare e distinte, una idealità razionale, ancoraggio agli interessi concreti dei lavoratori, amore per la

partecipazione disciplinata, senso di responsabilità e fiducia nel metodo democratico.

L’occupazione delle fabbriche.

La disgraziata vicenda del settembre 1920, l’«occupazione delle fabbriche», vide lo scontro tra questi

principi e il misticismo psudorivoluzionario di dubbio fondamento, ma sempre, ahimé, di alto richiamo.

Esemplare per delineare le posizioni del settembre, è lo scontro che si consumò, a Torino, roccaforte di quelli

che nel ’21 diventeranno comunisti, alcuni mesi prima, proprio sull’istituzione delle «Commissioni interne».

Buozzi intendeva la conquista delle «Commissioni interne» come un primo mutamento nei rapporti di potere

all'interno dell'impresad. Con la presenza del sindacato in fabbrica, si sarebbe sviluppata la discussione «non

solo sui salari, ma sull'effettiva distribuzione del lavoro», con un controllo sempre più puntuale della

produzione «tra le forze del lavoro e gli industriali» e.

A questa strategia, pratica, gradualista e democratica, si opposero i «rivoluzionari» con i soliti argomenti di

scuola soreliana: le Commissioni sarebbero state strumenti di collaborazione e avrebbero diminuito l'ardore

rivoluzionario f. A esse, furono contrapposti i cosiddetti «Consigli»5, una sorta di traduzione in italiano dei

«soviet» russi. Alle precise attribuzioni si sostituirono le fumisterie 6.

Poi, con uno di quei tripli salti mortali all’indietro, di cui sono capaci i comunisti, chiesero, per queste

strutture della «rivoluzione», il riconoscimento degli imprenditori. Seguirono agitazioni e scioperi che si

conclusero con qualcosa di più che una disfatta7. Infatti, fu la prima volta che, nel Dopoguerra, gli industriali

assaporarono la vittoria.

In questo clima, si sviluppò, nel settembre del ’20, l’occupazione delle fabbriche.

a Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 234

b Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 262

c Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, pp. 262-263

d Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, pp. 233-234

e Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 235

f Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, pp. 234-235

3

La storia nacque sul terreno strettamente sindacale. Dalla piattaforma rivendicativa presentata agli

industriali8 il 18 giugno: ritocchi salariali, indennità di carovita, armonizzazione delle scale salariali fra zone

geografichea. E sul terreno sindacale poteva concludersi. Tant’è che, nonostante tutto, con la mediazione di

Giovanni Giolitti9, una buona intesa fu, in effetti, sottoscritta. Ma i «rivoluzionari», che credevano di avere il

vento in poppa della rivoluzione bolscevica e, invece, avevano il fascismo dietro l’angolo, fecero travalicare

l’agitazione fuori dalla cornice sindacale 10, salvo poi, quando fu palese tutto il loro nullismo11, cercare di

tornare indietro12. Ma ormai era troppo tardi13.

Esilio.

La Cgl tenne il suo ultimo Congresso nel dicembre 1924b: un'assemblea tetra e depressa14.

Nell'ottobre del ‘25, il «Patto di Palazzo Vidoni» tra la Confindustria e la Confederazione delle corporazioni

fasciste stabilì che quest'ultima sarebbe stata il rappresentante esclusivo dei lavoratori. Le commissioni

interne furono soppresse.

Nel gennaio del ‘26, Buozzi sostituì Ludovico D’Aragona come segretario di una Cgl in coma. Nell'aprile, fu

abolito il diritto di sciopero. Prima della fine dell’anno, Buozzi era in Francia. Segretario generale divenne

Battista Maglione.

Il Comitato direttivo del 4 gennaio 1927 confermò lo stato di fatto: la Cgl aveva cessato di esistere.

Nell’ora della disfatta, i comunisti tentarono l’impresa che non era loro riuscita in regime di democrazia 15:

mettere le mani su tutto ciò che rappresentava la Cglc. Accusando la direzione di tradimento, indissero, a

Milano, il 20 febbraio 1927, una riunione dei loro quadri sindacali, nel corso della quale decisero di

mantenere in vita la Cgl come organizzazione clandestina d. Ma furono stoppati da Buozzi. Dall'esilio, rifiutò

lo scioglimento decretato dal povero Maglione e denunciò la manovra comunista.Ne seguirono

rivendicazioni sull'uso del nome e dei simbolie. In realtà, si crearono due Cgl. Quella di Bruno Buozzi, sulla

linea della tradizionef. La comunista affiliata all'Internazionale sindacale sovieticag.

La caduta del fascismo.

Il 25 luglio 1943, portò al governo Pietro Badoglio.

Il nuovo governo, su iniziativa del ministro delle Corporazioni, Leopoldo Piccardi, decise di

«commissariare» i sindacati fascisti.

Il 1° agosto ‘43, Piccardi espose il progetto a Buozzi, il quale, dopo averne parlato con Oreste Lizzadri,

Pietro Nenni e Sandro Pertini, aderì all'iniziativa subordinandola alla clausola «di non corresponsabilità

politica»16: «Considerando che la funzione a cui siamo chiamati ha uno stretto carattere sindacale che non

implica nessuna corresponsabilità politica, dichiariamo di accettare le nomine nell'interesse del Paese e dei

nostri organizzati, per procedere alla liquidazione del passato e alla sollecita ricostruzione dei sindacati

italiani, che tenga conto delle tradizioni del vecchio movimento sindacale e tenda ad avviare al più presto gli

organizzati a nominare direttamente i propri dirigenti.»h

Buozzi divenne commissario dell'Industria, con vicecommissari Giovanni Roveda e Gioacchino Quadrello.

All’Agricoltura, Giuseppe Di Vittorio fu affiancato da Achille Grandi e da Oreste Lizzadri. La mattina del 14

agosto, Piccardi ufficializzò le nomine i. Il 15, i commissari si costituirono in Comitato interconfederale j.

Presidente fu nominato Buozzi, segretario Lizzadrik.

Il primo atto del Comitato fu l'accordo, siglato il 2 settembre 1943 da Buozzi e dal presidente della

Confindustria Giuseppe Mazzini, per ricostituire le Commissioni internel.

Il Patto di Roma.

Tra il settembre del ’43 e il maggio del ’4417, socialisti, democristiani e comunisti elaborarono una

piattaforma politica per dar vita al nuovo sindacato dell’Italia liberata, unitario e democratico.

Il filo conduttore delle trattative si dipanò intorno a Buozzi, sulla cui leadership non vi è dubbio. Era stato

l’ultimo segretario della Cgl. Apparteneva al partito della tradizione operaia, il quale, in quel momento, come

dimostreranno i dati elettorali del 46, manteneva un primato nelle aree industriali del Paese. Inoltre, come

a Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 242

b Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 291

c Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 292

d Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 291

e Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 292

f Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 292

g Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 292

h Sergio Turone, Storia del sindacato in Italia dal 1943 al crollo del comunismo, Bari 1992, p. 25

i Sergio Turone, Storia del sindacato in Italia dal 1943 al crollo del comunismo, Bari 1992, p. 24

j Sergio Turone, Storia del sindacato in Italia dal 1943 al crollo del comunismo, Bari 1992, p. 25

k Sergio Turone, Storia del sindacato in Italia dal 1943 al crollo del comunismo, Bari 1992, p. 25

l Sergio Turone, Storia del sindacato in Italia dal 1943 al crollo del comunismo, Bari 1992, p. 25

4

sottolinea Sergio Turone, per la sua grande personalità, per il ricordo della sua opera, raccoglieva il

consenso e l’adesione delle masse operaie del Norda. Tant’è che, mentre si svolgevano questi incontri, veniva

convocato a Bari, capitale provvisoria del Regno del Sud, a ridosso del congresso dei Comitati di liberazione

nazionale, svoltosi il 29 gennaio '44, un convegno sindacale a cui partecipavano 370 organizzatori, i quali si

assunsero il compito di ridar vita alla Confederazione generale del lavoro e acclamarono Buozzi, benché

assente, segretario generale della Confederazione b.

L'adesione di Buozzi alla prospettiva unitaria non era, però, come ci vogliono far credere, priva di riserve.

Come scrive Daniel Horowitz: «Buozzi, che era a capo dei sindacalisti socialisti, era più realistico dei molti

leaders politici socialisti nel penetrare gli obiettivi dei comunisti, ma lo spirito dei tempi e l’urgenza dei

problemi che attendevano i nuovi sindacati fece sì che ogni alternativa all’unità del movimento sindacale

sembrasse tradire le aspettative democratiche.»c

Agli inizi de l ‘44, i suoi rapporti con Giuseppe Di Vittorio erano più che tesi. Lo testimoniano le note

informative, che quest’ultimo inviava ai dirigenti comunistid.

I punti di rottura erano molteplici: il riconoscimento giuridico del sindacato, il ruolo delle federazioni di

categoria: «L’amico è riformista nell’anima. Difende le Fed.Naz. e la loro naturale competenza tecnica con

un accanimento incredibile.»e

Il tono, di nota in nota, si fa sempre più aspro: «Mentre sul cattolico i nostri argomenti hanno una presa, su

Br., inveterato nelle sue concezioni riformistiche, non ne hanno alcuna.»f Di Vittorio manifesta il timore che

Buozzi e i cattolici «si accordino contro di noi» g. «Un serio pericolo»h, anche e soprattutto, perché, «è

recisamente contrario» a riconoscere «la nostra richiesta di avere il primo posto»i. In sostanza, Buozzi era

l’ostacolo all’egemonia comunista sul sindacato. E per rimuoverlo, Di Vittorio tentò anche di scavalcarlo,

chiamando in causa il Psij. E il gruppo dirigente del Pci gli diede man forte. Lo testimonia una lettera di

Mauro Scoccimarro e Giorgio Amendola inviata, il 2 marzo, da Roma alla Direzione del Pci Alta Italia: «I

nostri rapporti col Partito socialista non vanno bene. Bruno Buozzi, nel campo sindacale sostiene tesi del più

putrido rif ormismo; e la Direzione del partito approva anche quelle»k. «Abbiamo immediatamente reagito ed

ora prepariamo la controffensiva.»l

Nella primavera del ’44, le trattative erano dunque giunte a un punto critico18. Buozzi aveva, ancora una

volta, rifiutato la sua firma al progetto redatto dai comunistim. Ma il 13 aprile, fu arrestato.

1 Erich Priebke (Hennigsdorf, 29 luglio1913) è un militare tedesco, capitano delle SS durante la Seconda guerra mondiale in Italia, dove partecipò alla

pianificazione ed alla realizzazione della strage delle Fosse Ardeatine.

Dopo la sconfitta della Germania, Priebke fuggì in Argentina, a San Carlos de Bariloche, ai piedi delle Ande, grazie all'assistenza dell'Odessa, in

particolare con il supporto del sacerdote croato Krunoslav Draganovic.

Nel maggio 1994, il giornalista statunitense Sam Donaldson riuscì a intervist are Priebke in Argentina per conto dell'emittente Abc. Venute a

conoscenza della cosa, le autorità italiane inoltrarono la richiesta di estradizione.

Estradato in Italia, nel novembre 1995, Priebke venne rinchiuso nel carcere militare di Forte Boccea. Il governo, guidato allora da Lamberto Dini,

chiese e ottenne il suo rinvio a giudizio per crimini di guerra.

Priebke fu quindi imputato di «concorso in violenza con omicidio continuato in danno di cittadini italiani» per i fatti accaduti presso le Fosse

Ardeatine il 24 marzo 1944.

Il I Agosto1996, il Tribunale militare dichiarò di «non doversi procedere ...omissis... essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione» e ordinò

l'immediata scarcerazione dell'imputato. Ma la sentenza non fu mai eseguita per un tumulto immediatamente scoppiato nell'aula giudiziaria, placatosi

solo quando arrivarono da parte del governo italiano precise rassicurazioni sul fatto che Priebke non sarebbe stato liberato. Piovvero molte critiche,

sia in Italia sia all'estero, dalle comunità ebraiche che si sentivano offese dall'assoluzione di quello che loro reputano «un aggressivo e pericoloso

criminale di guerra».

La Corte di Cassazione annullò quella sentenza, disponendo così un nuovo processo. Priebke fu prima condannato a 15 anni, poi ridotti a 10 per

motivi di età e di salute. Infine, nel marzo 1998, la Corte d'Appello militare lo condannò all'ergastolo , insieme all'altro ex membro delle SS Karl Haas.

La sentenza è stata confermata nel novembre dello stesso anno dalla Corte di Cassazione. A causa della sua età avanzata, a Priebke sono stati concessi

gli arresti domiciliari.

2 Karl Hass, ufficiale nazista tra i responsabili della strage delle Fosse Ardeatine, sarebbe stato assoldato dalla Cia come spia anticomunista. È quanto

emerge dalla relazione di minoranza della Commissione d'inchiesta sull'occultamento dei fascicoli sulle stragi nazifasciste in Italia dopo l'8 settembre

'43. Il maresciallo delle SS, condannato all'ergastolo per l'eccidio di Roma del 24 marzo '44, sarebbe stato reclutato dopo la guerra per controllare i

comunisti tedeschi in contatto con il Pci.

a Sergio Turone, Storia del sindacato in Italia dal 1943 al crollo del comunismo, Bari 1992, p. 36

b Pietro Bianconi, 1943: la Cgl sconosciuta, Milano 1975, p. 34

c Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 301

d Franco Catalano, Una difficile democrazia, Italia 1943-48, Documenti, Firenze 1980, p. 153 e segg.

e Franco Catalano, Una difficile democrazia, Italia 1943-48, Documenti, Firenze 1980, p. 165-166

f Franco Catalano, Una difficile democrazia, Italia 1943-48, Documenti, Firenze 1980, p. 167

g Franco Catalano, Una difficile democrazia, Italia 1943-48, Documenti, Firenze 1980, p. 168

h Franco Catalano, Una difficile democrazia, Italia 1943-48, Documenti, Firenze 1980, p. 168

i Franco Catalano, Una difficile democrazia, Italia 1943-48, Documenti, Firenze 1980, p. 156

j Franco Catalano, Una difficile democrazia, Italia 1943-48, Documenti, Firenze 1980, p. 169

k Critica marxista, marzo-aprile 1965, pag. 122. Citato in k Pietro Bianconi, 1943: la Cgl sconosciuta, Milano 1975, p. 26

l Pietro Bianconi, 1943: la Cgl sconosciuta, Milano 1975, p. 27

m Pietro Bianconi, 1943: la Cgl sconosciuta, Milano 1975, pp. 27-28

5

3 «No taxation without rappresentation».

4 Avanzata dal Congresso della Fiom del novembre 1918, la richiesta delle Commissioni interne ebbe una prima affermazione, al principio del 1919:

l’accordo con l’Asso ciazione degli Industriali dell'Auto di Torino. Nel febbraio dell'anno seguente un identico accordo fu raggiunto con

l'Associazione degli Industriali Meccanici e Metallurgici di Torino. Seguì il riconoscimento delle commissioni interne in altri settori industriali, e gli

industriali, una volta fissato il modello, non fecero molta resistenza.

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 235

5 Il primo tentativo di istituire Consigli ebbe luogo, alla Fiat di Torino, nell'agosto 19195, in sostituzione della commissione interna, i cui membri si

erano dimessi.

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 237

Constatato che potevano servire per liberarsi dal controllo del sindacato, i rivoluzionari mutarono idea e cercarono di farsi riconoscere dall'industria

come co-partner della direzione aziendale. Di fronte al diniego degli industriali, si arrivò, nell'aprile del ’20, allo sciopero. E poi, alla completa

disfatta.

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, pp. 238-240

6 «Costruita sulla base della popolarizzazione del controllo operaio nell'industria, la propaganda presentò l'idea dei Consigli sotto diversi aspetti: il

movimento dei consigli era uno strumento di educazione degli operai al ruolo che essi avrebbero dovuto presto ricoprire nella direzione dell'industria

dopo la rivoluzione; era un movimento che doveva prendere il posto delle organizzazioni sindacali esistenti; era uno strumento di divisione con la

direzione del controllo dell'industria; era un tipo di «soviet»; era uno strumento per realizzare la rivoluzione.»

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, pp. 236-237

7 Ludovico D'Aragona, per esempio, esaminando lo sciopero nel suo rapporto al Congresso della Cgl del 1921 disse: «Questo movimento (lo sciopero

e la serrata di Torino) che si volle trascinare nel terreno politico per poi riportarlo nuovamente sull'arena sindacale per la conclusione: questo

movimento di folle capitanato da elementi che si valsero della loro irresponsabilità di fronte agli organismi centrali (Confederazione e Partito

Socialista) per cercare di estenderlo anche laddove la estensione era dannosa: questo movimento diciamo, fu quello che incoraggiò le classi dirigenti a

porsi su un terreno di offensiva».

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 241

8 Gli industriali decisero di resistere. Bruno Buozzi, prima di arrivare allo sciopero, mise in campo mezzi di pressione sostitutivi: per esempio,

l’ast ensione dagli straordinari. Poi, dopo il Congresso straordinario della Fiom del 16 e 17 agosto, al cosiddetto «ostruzionismo», cioè allo sciopero

bianco, a partire dal 19 agosto.

Col passar dei giorni, tuttavia, sotto pressione dei «rivoluzionari», l'ostruzionismo incominciò a degenerare in sabotaggio.

L'atmosfera si fece sempre più tesa e la situazione divenne sempre più esplosiva.

Il governo tentò la mediazione, che fu rifiutata dagli industriali. La produzione negli stabilimenti industriali cadde al 40 percento. Il momento

culminante fu raggiunto il 30 agosto 1920 con la serrata all'Alfa Romeo di Milano (Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia ,

Bologna 1966, p. 243). Convinta che questo era il principio di una serrata in tutta l'industria, la Fiom di Milano ordinò l’occupazione degli

stabilimenti (Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, pp. 243-244). Furono così occupati, nel primo giorno, 208

impianti. Il 1° settembre, come in una spirale, gli industriali dichiararono una serrata. Negli uffici delle fabbriche occupate, gli operai rinvennero le

documentazioni su un sistematico spionaggio ai loro danni con relative liste nere (Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia ,

Bologna 1966, p. 244). A questo puntò, l’agitazione travalicò definitivamente la cornice sindacale.

9 Giovanni Giolitti vide nell'occupazione delle fabbriche una ripetizione del 1904. Si astenne, pertanto, da ogni dimostrazione di forza, ritenendo che

gli scioperi si sarebbero esauriti e in quel momento egli sarebbe stato in grado di intervenire per raggiungere una soluzione soddisfacente. La sconfitta

dello sciopero poteva aiutarlo a punire la sufficienza dei socialisti, che avevano volto le spalle ad ogni prospettiva costituzionale e a raggiungerne

l'«addomesticamento».

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 245

Convocò i rappresentanti della Confindustria, della Fiom e della Cgl ad una riunione a Torino il 15 settembre e ottenne il consenso a un decreto che

istituiva una commissione bipartita di studio del problema, che avrebbe concluso i suoi lavori con una proposta di legge (Daniel L. Horowitz, Storia

del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 248). Fu raggiunto anche un accordo sull'aumento salariale per tutta l'industria.

10 La direzione della Fiom si rese conto che la situazione era di tal natura che non poteva da sola assumere delle responsabilità, e subentrarono allora

la Cgl e il Partito socialista (Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia, Bologna 1966, pp. 244-245). Il 9 settembre, la direzione del

Partito s'incontrò con il Consiglio direttivo della Cgl. Le idee tra i due organismi erano all’opposto. Il Partito riteneva che la situazione fosse

rivoluzionaria, mentre la Cgl pensava che i problemi riguardassero quello che veniva chiamato il «controllo operaio» e che portare la situazione oltre

questo limite avrebbe costituito un suicidio. Il Consiglio nazionale della Cgl si riunì ancora il 10 settembre. Vi parteciparono anche i rappresentanti

del Partito socialista ed i comunisti della Federazione socialista di Torino (Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia, Bologna

1966, p. 245). Il dibattito si prolungò per due giorni. Ludovico D'Aragona offrì le dimissioni per permettere al Partito di prendere la direzione della

rivoluzione che andava predicando (Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Ita lia , Bologna 1966, p. 246): «La direzione del partito

crede che il momento sia maturo per una azione a fondo, che il momento sia maturo per un atto rivoluzionario per la conquista del potere politico, per

l'instaurazione della società comunista e per la dottrina del proletariato. Noi non crediamo che il momento sia maturo ...Noi non possiamo accettare la

valutazione del momento che fate voi. Voi credete che questo sia il momento per fare nascere un atto rivoluzionario, ebbene assumetevi la

responsabilità. Noi che non ci sentiamo di assumere questa responsabilità di gettare il proletariato al suicidio vi diciamo che ci ritiriamo e diamo le

nostre dimissioni. Sentiamo che in questo momento è doveroso il sacrificio delle nostre persone; prendete voi la direzione di tutto il movimento,

perché così sarete più sicuri di trovare nella Confederazione Generale del Lavoro una azione completamente in accordo col vostro pensiero e la

sicurezza che l'organo che dovrà dirigere il proletariato abbia lo stesso concetto e gli stessi scopi vostri ...Noi non ci assumiamo la responsabilità di

portare tutto il proletariato d'Italia in piazza a farsi massacrare.»( Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p.

247). L'offerta non fu accettata dal segretario del partito, Egidio Gennari.

La relazione di Ludovico D’Aragona, a proposito degli scioperi dell'aprile 1920 a Torino e degli scioperi della seconda metà del 1920, diceva: «Non è

qui il caso di fare recriminazioni: dobbiamo però francamente dire che se certi eccessi non sempre spontanei fossero stati evitati, forse le conquiste

operaie, il potere operaio sarebbe molto maggiore oggi di quanto effettivamente non sia e le velleità reazionarie non avrebbero preso le proporzioni

che hanno avuto in questi ultimi tempi.»

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, pp. 259-260

11 Angelo Tasca ha osservato: «Quando i voti di Milano danno la maggioranza alla tesi confederale i dirigenti del partito tirano un sospiro di sollievo.

Liberati adesso da ogni responsabilità, possono gridare a piena gola al «tradimento» della Cgl; hanno così qualche cosa da offrire alle masse che

hanno abbandonato al momento decisivo, felici che un tale epilogo permetta loro di «salvare la faccia.»

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 248

I comunisti, guidati da Tasca, Misiano e Repossi, criticarono vivamente il fallimento della direzione per non aver saputo profittare d'una situazione da

essi descritta come potenzialmente rivoluzionaria, quale quella degli anni precedenti. D'Aragona, Buozzi, Baldesi difesero le ragioni

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dell'organizzazione e passarono in rassegna il complesso delle decisioni prese. L'occupazione delle fabbriche e la decisione della Cgl di riportare la

situazione nel quadro della legalità, furono un punto particolare di acuto dissenso.

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 260

12 Il voto del Consiglio Nazionale fu 591.245 per la posizione di D'Aragona e 409.569 per la posizione del Partito Socialista, con 93.623 astensioni

(Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia, Bologna 1966, p. 247). «La Fiom si astenne dal votare perché vi era direttamente

interessata, anche se Buozzi fece intendere di essere favorevole alla posizione di D'Aragona, posizione che stabiliva: «Che la direzione del movimento

sia assunta dalla Cg del L. con l'ausilio del Partito Socialista ...che obbiettivo della lotta sia il riconoscimento da parte del padronato del principio del

controllo sindacale delle aziende intendendo con questo aprire il varco a quelle maggiori conquiste che devono immancabilmente portare alla gestione

collettiva ed alla socializzazione per risolvere così in modo organico il problema della produzione. Il controllo sindacale darà alla classe lavoratrice la

possibilità di prepararsi tecnicamente e di poter sostituire ...con la propria autorità nuova quella padronale ...»

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 247

La decisione della Cgl e la sua accettazione da parte del partito costituirono i punti fermi sui quali si basò l'azione di Giolitti per ottenere la cessazione

degli scioperi (Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 248).

13 Le occupazioni continuarono durante il negoziato fino alla ratifica dell'accordo, che avvenne in un Congresso straordinario della Fiom e con un

referendum tra gli iscritti. Gli stabilimenti furono sgomberati il 22 settembre e il lavoro ripreso il 4 ottobre. Con questo compromesso si erano avute

importanti concessioni economiche e una promessa di azione governativa sul problema del controllo operaio. Ma per coloro che avevano creduto di

essere alle soglie della presa del potere, della rivoluzione, l'accordo fu considerato come una sconfitta (Daniel L. Horowitz, Storia del movimento

sindacale in Italia, Bologna 1966, p. 249). E, con il masochismo che contraddistingue questa sorta di «rivoluzionari», come tale venne propagandato.

Al congresso della Cgl del 26 febbraio al 3 marzo 192113, così Ludovico D' Aragona giudicò i comportamenti di quegli anni: «Comunque sarebbe

venir meno alla verità se si cercasse di nascondere o di attenuare un fatto del resto evidentissimo. Questo: che fra il minimo e il massimo fra il «poco

o niente» che si poteva strappare alle classi dirigenti e il «molto o il tutto» che il Partito Socialista pretendeva con la formula della repubblica

comunista attraverso la dittatura del proletariato il programma intermedio della Confederazione rimase senza efficienza ed era anzi riguardato dai

massimalisti con diffidenza se non con disdegno. Dopo questi due anni dall'armistizio ...dopo grandi scioperi politici ed economici, si deve constatare

che non si è effettuato né il programma minimo, né il programma intermedio, ne il programma massimo.» (Daniel L. Horowitz, Storia del movimento

sindacale in Italia, Bologna 1966, p. 259).

Angelo Tasca osservava: «L'occupazione delle fabbriche denota il declino del movimento operaio, la fine senza gloria del massimalismo, il cui

cadavere continuerà ad ingombrare il campo di battaglia, fino a che i becchini fascisti lo spazzeranno» (Daniel L. Horowitz, Storia del movimento

sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 250). Gli industriali volevano la rivincita. Su questo clima, il commento di Angelo Tasca: «Ma le distanze tra

operai ed industriali sono state soppresse: è impossibile, da un lato come dall'alt ro, ricominciare come prima. Gli industriali hanno sentito

l'occupazione come una macchia sui loro blasoni. Le officine restano abitate da spiriti maligni che bisogna esorcizzare ...L'esorcismo si farà per

azione diretta e violenta; l'ora del fascismo è arrivata» (Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 250). Le classi

medie cercavano in genere una sicurezza psicologica contro le iniziative della classe operaia

14 Era ovvio per tutti, però, che l'organizzazione era già stata distrutta, e come Ludovico D'Aragona aveva scritto concludendo la sua relazione al

congresso: «Oggi la democrazia è soffocata; la dittatura e la violenza sono al potere. Travagli e tormenti turbano il proletariato e il Paese. La libertà

che sembrava ormai conquista sicura, è ritornata ad essere un'aspirazione. Il pensiero è imprigionato, il bastone è in auge. L'idea è dominata dalla

rivoltella, il violento ha ragione del pensatore. Dal suolo italiano si continua a spremere l'intossicante spirito di odio. La civiltà sembra sommersa.»

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 291

15 Infatti, malgrado i loro sforzi, all’ultimo congresso, nel dicembre 1924, essi non erano andati al di là di un 15 percento della forza della Cgl.

E avevano il controllo di tre sole federazioni minori: i lavoratori del legno, i commessi, i dipendenti dei ristoranti e degli alberghi.

Daniel L. Horowitz, Storia del movimento sindacale in Italia , Bologna 1966, p. 291

16 All'atto dell'accettazione della nomina i Commissari Sindacali firmarono questo documento: «Noi sottoscritti, nominati Commissari e Vice

Commissari per le Confederazioni Lavoratori dell'Industria, dell'Agricoltura, del Commercio, delle Aziende di Credito e Assicurazioni e per la

Confederazione Professionisti, consideriamo che la funzione a cui siamo chiamati ha uno stretto carattere sindacale, che non implica nessuna

corresponsabilità politica, dichiarando di accettare le nomine nell'interesse del Paese e dei nostri organizzati per procedere alla liquidazione del

passato e alla sollecita ricostruzione dei Sindacati italiani che tenga conto delle tradizioni del vecchio movimento sindacale e tenda ad avviare al più

presto gli organizzati a nominare direttamente i propri dirigenti. Bruno Buozzi, Guido de Ruggero, Achille Grandi, Giocchino Quarello, Oreste

Lizzadri, Raffaele Ferruzzi, Giovanni Roveda, Carlo Casali, Ezio Vanoni.»

Pietro Bianconi, 1943: la Cgl sconosciuta , Milano 1975, pp. 30-31

17 Il 3 ottobre 1943, si tenne a Roma una riunione clandestina, alla quale intervennero, oltre ai sindacalisti, i rappresentanti dei partiti: Pietro Nenni per

i socialisti, Giovanni Gronchi per i democristiani, Giorgio Amendola per i comunisti.

Sergio Turone, Storia del sindacato in Italia dal 1943 al crollo del comunismo, Bari 1992, pp. 38-39

Il 15 ottobre, democristiani, comunisti e socialisti designarono i rispettivi delegati per il proseguimento delle trattative: Achille Grandi e Giovanni

Gronchi, Giuseppe Di Vittorio e Giovanni Roveda, Bruno Buozzi e Oreste Lizzadri. Il 4 novembre, nuova riunione allargata ai rappresentanti dei

partiti.

Sergio Turone, Storia del sindacato in Italia dal 1943 al crollo del comunismo, Bari 1992, p. 39

18 La storiografia ufficiale, qualche volta, non può fare a meno di ammettere esplicitamente questo assunto. Antonio Tatò, scrittore ufficiale di storia

della Cgil, avverte che il «Patto di Unità Sindacale», scritto e riscritto più volte da Di Vittorio, veniva infine approvato nel suo testo definitivo, «dopo

averlo discusso con De Gasperi, con Gronchi e con Grandi». Del resto lo stesso Di Vittorio, commemorando Bruno Buozzi (L'Unità 4 giugno 1954),

scriveva: «L'ultima volta che l'incontrai, prima dell'arresto che doveva condurlo al martirio, egli mi portò la bozza dello statuto, con le sue

osservazioni e mi restituì il primo progetto del famoso Patto Unitario di Roma con le sue annotazioni».

Pietro Bianconi, 1943: la Cgl sconosciuta , Milano 1975, p. 28