mercoledì 31 marzo 2010

lettera a Stefano Folli, conduttore Prima Pagina Radio3

Caro Folli,

il signor Ricolfi dovrebbe citare altre dati a proposito di regioni che producono più di quanto consumano. Bisognerebbe vedere quanto "esportano" nelle regioni che consumano più di quanto producono.

Mi pare un calcolo miope e stupido. Chi tende la corda in questo modo rischia di finirvi impiccato.

In quanto all'art.18 ed alla ipotesi risarcitoria lei sa bene che le imprese se ne serviranno per liberarsi dei quarantenni e dei cinquantenni che, appunto per la loro anzianità aziendale, costano di più. Lei crede che queste persone troveranno occupazione dopo il licenziamento? Lei crede che la persona umana possa essere ridotta ad un usa e getta delle imprese che lei serve con la sua penna magari per potere accumulare all'estero centinaia di miliardi come abbiamo visto dallo scudo fiscale?

Pietro Ancona

art.18

Non bisogna riformare l'arbitrato ma abolirlo del tutto in caso di licenziamento. In questo senso non basta la "volontarietà" chiesta dal Quirinale. La "volontarietà" non salva il principio costituzionale della tutela del lavoratore che potrebbe essere indotto "volontariamente" ad adire all'arbitrato.

Rinvio alle Camera della 1167

Il Capo dello Stato non ha firmato l'indecente legge 1167 che vanifica l'art.18 e peggiora o rende impossibile l'accesso alla giustizia dei lavoratori. Dobbiamo di ciò essergli grati. Non ha voluto passare alla Storia come l'affossatore del diritto alla giusta causa mettendo il suo timbro su una legge che considera il lavoratore alla pari con il suo datore di lavoro e non minus habent bisognoso di tutele giuridiche.. Questa scelta di Napolitano è stata compiuta nonostante l'esistenza di un vasto partito di avversari e liquidatori dei diritti dei lavoratori fondato venticinque anni fa da Ezio Tarantelli con la sua campagna per abolire la scala mobile e poi sviluppata nel tempo da Massimo D'Antona che ha dato gli "instrumenti" giuridici per la privatizzazione del pubblico impiego e più avanti ancora da Marco Biagio fornitore dell'officina
per la precarizzazione. Questi personaggi sono stati uccisi dalle Brigate Rosse che hanno con ciò creato una sorta di mito sacralizzato della loro disastrosa dottrina. Non si può parlare male o criticare coloro che hanno pagato con la vita la loro convinzione ideologica e dottrinaria. Ed infatti il sacrificio del sangue versato ha imbarazzato o addirittura bloccato i critici di una linea che si è risolta in un grave imbarbarimento delle relazioni sociali ed in un costante impoverimento della maggioranza della popolazione lavoratrice. Avere truffato i lavoratori ed i pensionati con un meccanismo di copertura dall'inflazione fasullo ha generato un meccanismo di povertà. L'Italia della scala mobile e del contratto a tempo indeterminato era prospera e felice. Oggi, la crisi che investe le aziende e distrugge il commercio, è dovuta ad un drastico abbattimento dei consumi interni determinato dai bassi salari
e dalla mancanza di futuro per tante generazioni. I lavoratori sono infelici in continua ansia per il posto e per le bollette da pagare. Se avessimo Sindacati non felloni e collaborazionisti, dovremmo
rivendicare la scala mobile, il contratto a tempo indeterminato per tutti, l'abolizione delle
leggi che hanno menomato conquiste come quelle dell'orario di lavoro, sganciato le aziende dai loro obblighi sociali, ridotto il diritto ad un giusto ed equo processo con l'introduzione dell'onere delle spese per il lavoratore soccombente.
Il rinvio alle Camere della 1167 riguarda l'art.31 e l'art.20.. Ma tutta la legge è impregnata di una volontà di smobilitazione dei presidi legislativi esistenti a tutela dei diritti dei lavoratori. Muove nell'ottica della cosidetta sussidiarietà sostenuta da Sacconi che prevede la privatizzazione della legge, (già qualcuno nelle università italiane si improvvisa teorico dell'esercizio privato e tra privati della legge del lavoro).
Il rinvio è stato causato dalla brutalità e dall'impudenza di norme votate senza tenere in alcun conto il dettato costituzionale e la dottrina esistente. Ma ha influito la frattura nel campo di Agramante. Ichino e Treu, noti liberisti, si sono dissociati e l'ex Ministro del Lavoro Damiano si è lamentato di commissioni arbitrali che potrebbero avere rappresentanti dei sindacati locali (cobas o altri) al loro interno. Vorrebbe conservare il monopolio mafioso della rappresentanza a Cgil, Cisl, e Uil.
Cisl ed Uil si erano affrettati ancora prima della promulgazione della legge a sottoscriverla assieme al Governo ed alle associazioni padronali. Volevano mettere il Quirinale e l'opinione pubblica davanti al fatto compiuto di una volontà che sfidava ed isolava la CGIL che aveva dissentito. Ma la CGIL aveva percepito la collera del mondo del lavoro e l'aveva voluto rappresentare, sia pure insufficientemente, nello sciopero del 12 marzo. Tra le forze politiche bisogna notare che il PD, pur votando contro, non era dispiaciuto della legge e D'Antoni ed altri si sono spinti fino a difenderla pubblicamente.
Le forze che operano contro la giusta causa sono proterve, arroganti e difenderanno le loro posizioni. Non è detto che le Camere si ripresenteranno al Quirinale con una legge limpida, priva di ambiguità. Non bisogna riformare l'arbitrato ma abolirlo del tutto in caso di licenziamento. In questo senso non basta la "volontarietà" chiesta dal Quirinale. La "volontarietà" non salva il principio costituzionale della tutela del lavoratore che potrebbe essere indotto "volontariamente" ad adire all'arbitrato.
Non vorrei che fosse stato concordato tra i tecnici del Quirinale e del Governo un testo di richieste alle Camere che avranno l'effetto della classica montagna che partorisce il topolino.
Insomma, tutti contenti e soddisfatti della riaffermata legalità costituzionale della Repubblica ma alla fine fregati nel merito.

Pietro Ancona
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http://www.repubblica.it/economia/2010/03/31/news/napolitano-articolo-3042552/

http://www.eguaglianzaeliberta.it/articolo.asp?id=1223

http://angolo-ata.blogspot.com/2010/03/il-processo-di-lavoro-2010.html










http://www.corriere.it/politica/10_marzo_31/napolitano-rinvio-camere-legge-lavoro_6a4a3042-3cb1-11df-80d0-00144f02aabe.shtml

martedì 30 marzo 2010

La sentenza Pallavidini di Claudio Moffa

25 marzo 2010
La sentenza Pallavidini ha stabilito con correttezza ineccepibile i confini e i poteri di due funzioni centrali della Repubblica, quelle del giudice e del docente. Il docente si assentò dalla cerimonia della “memoria” – che quest‟anno nella sua nuova scuola si è svolta di pomeriggio – e ha vinto la causa contro l‟USR piemontese che lo aveva ingiustamente sanzionato.
NOVITA’ A TORINO: IL GIUDICE NON PUO’ SOSTITUIRSI ALLO STORICO, IL DOCENTE PUO’ ESPRIMERSI CRITICAMENTE SU ISRAELE E OLOCAUSTO IN AULA, SENZA PARTECIPARE ALLA CERIMONIA DEL 27 GENNAIO
di Claudio Moffa
Dalla sentenza:
“Il ricorrente ha riconosciuto al riguardo di aver avuto, nella classe I E il giorno 26 gennaio 2007, una discussione con alcuni studenti scaturita da una richiesta di un‟alunna in ordine al motivo per cui egli non celebrasse il giorno della memoria: di aver detto che “a mio insindacabile giudizio, era celebrativa e strumentale: serviva ormai solo a creare nell’opinione pubblica un clima sempre più favorevole alla politica israeliana, aggressiva e militarista nei confronti del popolo palestinese e dei paesi arabi confinanti” (doc. 4 ricorrente); di aver quindi detto, a seguito dell‟affermazione di un altro studente secondo cui Hezbollah era un gruppo terroristico e che l‟Iran voleva la distruzione di Israele, che “Hezbollah era un esercito partigiano di popolo e che il presidente iraniano non vuole la distruzione di Israele e che questa è tutta propaganda occidentale, la sua analisi dei rischi di dissoluzione dello stato di Israele è tutta diversa da quanto propongono i media. Dissi che era un presidente democraticamente eletto ed era un punto di riferimento della lotta antimperialista internazionale come il presidente Chavez”.
Si può. Si può in classe. Si può nell’orario di lavoro come docenti. Si può criticare la politica dello Stato di Israele, la sua natura di Stato coloniale, il suo uso strumentale del cosiddetto Olocausto a fini di oppressione del popolo
palestinese. Si può dire la verità sui movimenti di liberazione nazionale del Vicino e Medio Oriente, tali perché radicati nel popolo ed espressione di un paese occupato o aggredito militarmente da forze straniere, dunque “esercito partigiano di popolo”, nulla a che vedere col terrorismo transnazionale e stragista di Al Qaeda. Si può anche non partecipare alla Giornata della Memoria, perché tutti questi comportamenti sono protetti - come è corretto che sia - non solo dagli articoli 21 e 33 della Costituzione, ma anche dalla normativa vigente, in particolare il decreto legislativo 297/1994.
In breve, questo è il contenuto essenziale della sentenza 4490/2009 con cui la giudice del lavoro Daniela Paliaga ha accolto il ricorso del prof. Renato Pallavidini contro l’Amministrazione scolastica torinese che, succube dell’attacco criminale di Repubblica e di altri consimili giornalacci, lo aveva sanzionato fino a fargli perdere uno scatto di anzianità lavorativa per un episodio risalente al gennaio 2007: quando una studentessa aveva chiesto al docente cosa pensasse di Hezbollah e perché non partecipasse alla giornata della Memoria e lui, Pallavidini, aveva risposto con naturalezza e con pieno senso della propria autonomia di docente, che Hezbollah è un movimento di liberazione e che Israele usa l’Olocausto per meglio opprimere i palestinesi e rendersi immune dalle critiche della comunità internazionale.
Una sentenza importante, dunque, quella del giudice torinese, che giunge alla sua conclusione lungo due binari: uno, procedurale, che mette in evidenza la “totale genericità degli addebiti” mossi dall’Amministrazione al docente, tutti privi di prove certe, viziati da astrattezza e in sede dibattimentale mal fondati su testimonianze de relato; il secondo, quello fondamentale e veramente innovativo per una casta giudiziaria spesso prona ai diktat del Sinedrio mediatico, che affronta il merito del contenzioso dando ragione anche da questo punto di vista al ricorrente Pallavidini.
La genericità degli addebiti e la mancanza di prove
Le contestazioni a Pallavidini erano 6. Alcune di contorno, relative a una presunta sciatteria del docente nello svolgimento del suo lavoro: non puntualità nell’aggiornamento del registro di classe, incongruenze nell’attribuzione dei voti nei compiti in classe, assenze da scuola comunicate tardivamente. Fra questi addebiti minori merita di essere segnalata come variante tragicocomica dell’aggressione subita dal docente torinese la seguente annotazione dell’ispettore: “nell‟ultima pagina del compito di filosofia di un‟allieva il voto 9 sarebbe stato accompagnato dal giudizio: „e il prossimo anno la partita decisiva sarà Juve – Pizzichettone. Per lo scudetto della C2‟ ”. Una battuta che dovrebbe suscitare semplicemente simpatia. Ma evidentemente la mente degli Inquisitori non è capace di aprirsi al sorriso e passare ad altro capitolo più sostanzioso: tutto è utile pur di punire il “colpevole” anche - dentro un percorso lavorativo confortato da un curriculum professionale al di sopra della media - una frasetta ironica annotata come “fuori luogo” con “ineccepibile” meticolosità dall’ispettore.
Altre contestazioni pretendevano di mostrizzare l’immagine complessiva di Pallavidini: “esternazioni indebite” sulla sua vita privata agli studenti, uso di “epiteti maschilisti” verso
le studentesse. Alle spalle la separazione del docente. Ma comunque anche in questo caso nulla di provato.
Infine, ecco il vero casus belli dell’aggressione mediatico-amministrativa del 28 gennaio 2007, elencato non a caso come il primo degli addebiti al docente: il prof. Pallavidini – recitava la lettera dell’Amministrazione - avrebbe “abusato della funzione rivestita al fine di far valere le proprie visioni politiche con affermazioni riguardanti la „giornata del ricordo‟ in contrasto con le prescrizioni e le finalità contemplate nella legge n. 211 del 20 luglio 2000”, abuso che si sarebbe concretizzato anche con “comportamenti intimidatori nei confronti degli studenti”.
E’ il “cuore” del processo e della sentenza. Proceduralmente è un’accusa anch’essa sminuita da una relazione dell’ispettore che non ha più la valenza di un rapporto di pubblico ufficiale a causa della privatizzazione del rapporto di lavoro. Nel merito è un addebito viziato, di nuovo, dall’assenza di prove documentali e testimoniali (le testimonianze sono al massimo de relato, cioé indirette, persone che riferiscono quel che avrebbero detto altre persone). Inoltre, le espressioni attribuite al docente sono generiche, non riferite ad alcun episodio accertato: “oggetto della prova – recita la sentenza - è esclusivamente una espressione sintetica e valutativa, priva di qualsiasi indicazione delle condotte che la giustificherebbero e che dunque non consentirebbe al giudice di accertare la verità dei fatti e compiere autonomamente detta valutazione che, come si è sopra ricordato, appartiene soltanto al medesimo”
Il secondo binario: il giudice affronta il merito delle accuse a Pallavidini
Attenzione a quest’ultima frase, la doppia “rivendicazione” da parte del Giudice di espressioni precise, letterali, non valutative (il “fatto”) quale base per una valutazione compiuta, e dell’avocazione a sé, in quanto Autorità Giudiziaria e giudicante della “valutazione” delle suddette espressioni (il “giudizio”): attenzione, perché in essa, fuoriuscendo da una lettura meramente giuridica dell’evento-sentenza, si può racchiudere tutto il senso del processo Pallavidini e si potrebbe dire di tutti processi occorsi negli ultimi anni in Italia per presunti reati di opinione contro sua Maestà Israele e il suo Dio protettore, l’Olocausto. Ne parlerò fra breve, nelle conclusioni, intanto procediamo con l’analisi della sentenza.
Dunque, le prove documentali e testimoniali fin qui esaminate sono inaffidabili e inconsistenti. Cosa resta dunque a disposizione dell’Autorità giudicante? “La presente decisione – è la risposta– può e deve essere presa unicamente su ciò che è stato ammesso dal medesimo ricorrente nell‟audizione da parte della Preside in data 29 gennaio 2007 (allegato 2 resistente), nella nota del 30 gennaio 2007 (documento 1 resistente) nelle sue giustificazioni del 21 marzo 2007 (doc. 4 ricorrente) e nel presente giudizio”.
E’ il “cuore” del contenzioso. Leggiamo: “Il ricorrente ha riconosciuto al riguardo di aver avuto, nella classe I E il giorno 26 gennaio 2007, una discussione con alcuni studenti scaturita da una richiesta di un‟alunna in ordine al motivo per cui egli non celebrasse il
giorno della memoria: di aver detto che “a mio insindacabile giudizio, era celebrativa e strumentale: serviva ormai solo a creare nell’opinione pubblica un clima sempre più favorevole alla politica israeliana, aggressiva e militarista nei confronti del popolo palestinese e dei paesi arabi confinanti” (doc. 4 ricorrente); di aver quindi detto, a seguito dell‟affermazione di un altro studente secondo cui Hezbollah era un gruppo terroristico e che l‟Iran voleva la distruzione di Israele, che “Hezbollah era un esercito partigiano di popolo e che il presidente iraniano non vuole la distruzione di Israele e che questa è tutta propaganda occidentale, la sua analisi dei rischi di dissoluzione dello stato di Israele è tutta diversa da quanto propongono i media. Dissi che era un presidente democraticamente eletto ed era un punto di riferimento della lotta antimperialista internazionale come il presidente Chavez”.
“Il ricorrente – recita ancora la sentenza - ha invece negato recisamente in ogni occasione di aver compiuto le due affermazioni che in alcuni allegati alla memoria difensiva gli vengono attribuite e cioè che il presidente dell‟Iran avrebbe ragione a volere la distruzione di Israele e che Hezbollah sarebbe il suo idolo politico”
E’ a partire da queste queste limpide “ammissioni” – in realtà si tratta di opinioni condivise da miliardi di persone in tutto il mondo, e da milioni di cittadini in Italia, nonché da una parte consistente degli esperti in Vicino e Medio Oriente - che il Giudice procede verso la Decisione: evitando esplicitamente - anche questo è da sottolineare come elemento cruciale e qualificante della Sentenza – di sostituirsi allo storico, di fare cioè egli stesso lo storico o il politologo pretendendo di entrare nel merito delle affermazioni di Pallavidini, e attenendosi invece al puro profilo giuridico da vagliarsi alla luce delle libertà costituzionali e della connessa normativa vigente in difesa della libertà di insegnamento.
Scrive la Giudice Daniela Paliaga: “Appare essenziale a questo punto sottolineare come la presente decisione ha ad oggetto unicamente la rilevanza disciplinare delle affermazioni che possono ritenersi accertate e dunque, facendo ben attenzione a non scivolare sul piano del giudizio personale, storico o politico, deve limitarsi a verificare se il docente abbia o meno travalicato i limiti di quelle libertà costituzionali di manifestazione del pensiero e di insegnamento che anche il decreto legislativo 297/1994 ribadisce, laddove all’art. 1 afferma di garantire ai docenti “la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale” e qualifica il relativo esercizio come “diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni”
E’ vero, prosegue la sentenza, sia il Ministero convenuto, sia il Collegio di Disciplina per il personale docente nel parere del 5 ottobre 2007 hanno “usato espressioni di aperto riconoscimento della libertà di opinione e di insegnamento censurando l‟operato del ricorrente sotto il solo profilo di un abuso della funzione docente che sarebbe posto in essere attraverso l‟imposizione agli studenti delle proprie opinioni” ma tale contestazione è infondata perché “la manifestazione di opinioni nette, pur radicali, non è certo di per sé sufficiente per configurare sempre e comunque
una prevaricazione rispetto allo studente ed un‟assenza del citato “confronto aperto di posizioni culturali” tale da determinare uno sviamento della funzione docente”. Troppi i fattori contestualizzanti da vagliare per poterla avallare e rendere credibile: “La configurabilità o meno di tali effetti dipende evidentemente dal contesto, dai toni e dalle parole usati, dall‟età e formazione degli studenti a cui tale manifestazione di opinioni è diretta, essendo ovviamente ben diverso che le stesse affermazioni siano compiute ad esempio nei confronti di bambini che frequentano le scuole elementari ovvero di studenti liceali o magari universitari”.
Orbene, nel caso specifico, quelle del prof. Pallavidini sono senz’altro “precise e radicali opinioni personali su delicate questioni internazionali” ma “sono state manifestate a studenti di liceo classico – dunque ben in grado per età e preparazione culturale e come dimostra il dibattito in cui si sono inserite – di riceverle come tali e distinguerle dall‟insegnamento. Non sono state pronunciate nel contesto di una lezione (che riguardava tutt‟altro) ed allo scopo di determinarne l‟apprendimento acritico da parte degli studenti, bensì nell‟ambito di una breve discussione provocata da specifiche domande degli studenti stessi … Esse non contenevano d‟altronde alcun riferimento alle tragiche vicende storiche a cui la legge 211/2000 dedica il “Giorno della Memoria”, né alcunché che possa essere qualificato come svilimento o addirittura negazione delle stesse”.
La negazione del mobbing, con una motivazione che richiama il ruolo specifico - nell’ingiusta sanzione subita da Pallavidini - dei mass media.
Le richieste del ricorrente erano però due, non solo la sanzione ma anche il mobbing subito negli anni, al cui interno sarebbe andato ad inserirsi – aveva denunciato Pallavidini - il “caso” esploso il 26 gennaio 2007: un filo rosso di discriminazioni di cui si possono trovare i riferimenti negli articoli sul suo caso e nelle sue interviste su questo stesso sito (21e33.it). Il Giudice Paliaga ha però negato la configurabilità di “una condotta persecutoria riconducibile al cd. mobbing” fondata cioè su una “serie reiterata e continua di condotte caratterizzate, nel loro insieme, dallo scopo o quanto meno, dall‟effetto di persecuzione e di emarginazione” ai danni del docente, onde per cui assolve l’Amministrazione dalla denuncia di responsabilità di questo ulteriore danno per il ricorrente. Ma la assolve con una allusione importante, con una motivazione cioè che richiama lo stesso scenario cui accennavo in precedenza, lì dove sottolineavo la doppia sacrosanta “rivendicazione” del Giudice di doversi e volersi attenere ai fatti, e di essere Egli – e non l’Amministrazione e i documenti da essa prodotti, fra cui anche diversi articoli e citazioni di stampa – l’Autorità giudicante. Leggiamo la condanna e l’assoluzione:
“Per tutti questi motivi sopra esposti, la sanzione inflitta dal ricorrente risulta priva di giustificazione e dunque illegittima e come tale, in accoglimento della relativa domanda di parte ricorrente, deve essere annullata … ne deriva la condanna dell‟Amministrazione convenuta al pagamento delle somme trattenute a tale riguardo, anche in applicazione della sanzione necessaria di cui all‟art. 497 dlgs. 297/1994. La seconda domanda di parte del ricorrente appare invece infondata e va respinta …
Tutto ciò che emerge in atti, tuttavia, è una sollecitudine ed un‟estensione dell‟indagine ispettiva - ... chiaramente dovuti al tenore della reazi0ne di alcune famiglie ed alla risonanza che la stessa ha avuto sulla stampa”.
Le famiglie per inciso erano due: quella di Elena Lowenthal de La Stampa la cui figlia era capitata proprio nella classe di Pallavidini e quella di un Procuratore presso il Tribunale di Torino. Quanto alla stampa, i veri responsabili e promotori del “caso” Pallavidini erano stati i soliti giornalacci e i soliti pennivendoli del Sinedrio che di volta in volta assalgono le “teste libere” del mondo della scuola e dell’Università italiane. Da questi fattori inquinanti le libertà costituzionali, il Giudice del Lavoro di Torino ha preso opportunamente le distanze, e in tal modo ha potuto, sulla base di una vera autonomia della sua funzione giudicante, decidere quel che ha deciso: che le pur radicali espressioni usate da Pallavidini in classe, in un’aula della Scuola pubblica italiana, nell’ambito peraltro di un dibattito provocato dagli stessi studenti, erano legittime e possibili perché così recita la Costituzione e la normativa vigente italiana. Non si può non sottolineare la novità giurisprudenziale della sentenza di Torino, rispetto ai tantissimi casi in cui, fuori e dentro le Aule dei Tribunali, le libertà costituzionali e normative sono state e sono disattese: un appunto che introduce alcune riflessioni finali.
Conclusioni: chi ha vinto e chi ha perso nella causa di Torino
Il prof. Pallavidini ha ottenuto l’abolizione della sanzione di 15 gg di sospensione con relativa riattribuzione della quota stipendio trattenutagli, la restituzione dello scatto di anzianità negatogli a seguito del provvedimento e un risarcimento delle spese giudiziarie. Ma non è solo lui ad aver vinto la causa di Torino: ha vinto la categoria dei docenti tutti, che grazie alla sentenza Paliaga ha ottenuto il riconoscimento formale, beninteso dentro gli indirizzi generali ministeriali, della propria individuale autonomia contro una tendenza micrototalitaristica che si è andata affermando negli ultimi due decenni, per la quale il singolo docente dovrebbe sottoporsi ad una offerta formativa rigidamente prefissata dall’organo collegiale degli insegnanti: una follia che genera in continuazione situazioni di mobbing contro il tanto decantato “diverso”. Un “diverso” in realtà riconosciuto come tale, come doc, solo in base a un senso e un luogo comune imposto dal martellamento mediatico (si ha diritto ad essere “diversi” come gay, lesbiche, trans ma non a esprimere opinioni diverse sull’Olocausto).
Inoltre, hanno paradossalmente vinto anche l’Amministrazione scolastica e la Magistratura italiana: la prima si è riscattata dal misfatto compiuto ai danni di un suo bravo docente in quell’inverno 2007, quando restò succube e travolta, oltre che dall’attivismo di alcuni nemici più o meno personali del professore torinese, anche e soprattutto dello scandalismo mediatico della solita stampaccia pseudo progressista, che aggredendo selvaggiamente Pallavidini lese e interferì anche la sua autonomia, l’autonomia cioè dell’Amministrazione scolastica e del Ministero della Pubblica Istruzione. La seconda, la Magistratura, per motivi consimili: perché la sentenza Paliaga investe principi di giurisprudenza tipici di tanto dibattito degli ultimi dieci-quindici anni: primo, per valutare serenamente occorrono fatti e prove certe, affermazione banale da un punto di vista giuridico ma spesso disattesa da giudici iperideologizzati che si sentono investiti di
chissà quale missione etica (a senso unico); secondo, il giudice deve fare il giudice e non lo storico, deve astenersi cioè dall’entrare nel merito dei contenuti didattici contestati e applicare la legge e la Costituzione italiane.
Così ha fatto la giudice Paliaga. Decretando indirettamente la sorte dell’unico vero sconfitto della vicenza Pallavidini: il giornalismo-canaglia che si ammanta di progressismo per imporre col terrorismo psicologico le “sue” sentenze alla Magistratura e i “suoi” provvedimenti disciplinari agli organi dello Stato. Una indecenza da professionisti della disinformazione, che nel caso Pallavidini ha toccato l’apice con l’ignobile perizia psichiatrica dell’estate 2007 in cui venne chiesto al docente torinese nientemeno dei suoi genitori e nientemeno della sua opinione sul Partito democratico. Pazzesco. La sentenza Paliaga segna un punto di svolta netto rispetto a tutto questo.
Ma non bisogna pensare che essa metta la parola fine a questa guerra per la libertà di opinione e di insegnamento in Italia. In difesa della coraggiosa giudice Paliaga potrebbe essere necessario “vigilare” in caso di possibili ritorsioni dirette o indirette da parte dei soliti poteri forti, nei confronti del suo corretto operato. Più in generale il braccio di ferro col totalitarismo olocaustico continua. Rincuorarsi e vedere le cose al positivo è l’effetto benefico della sentenza Pallavidini. Abbassare la guardia sarebbe sbagliato e impossibile, almeno fino a che in tutta l’Europa non siano state abrogate le leggi liberticide che nella Francia hanno perseguitato per due decenni Garaudy e Faurisson, in Polonia vogliono perseguire chi “neghi” “i crimini del comunismo”, e in Germania hanno portato allo scempio dell’incarcerazione dell’avvocato Sylvia Stolz, colpevole di aver usato in aula argomentazioni “negazioniste” per difendere i suoi clienti “negazionisti”.
Claudio Moffa

CONCORRENTI E NON ALTERNATIVI

CONCORRENTI E NON ALTERNATIVI


Delle elezioni appena concluse bisognerebbe analizzare a fondo tre questioni: la colonizzazione del Nord ad opera della Lega che straripa verso le regioni centrali del Paese; l'astensionismo, il ruolo del PD.
La lega colonizza il Nord usando come arma il suo sostegno a Berlusconi per ottenere cessioni sempre più sostanziose di potere. Astuto partito di lotta e di governo. Di lotta, nel territorio, contro gli immigrati e la sinistra demonizzata sopratutto per le tasse. Quello che resta del PdL nel Nord è oramai sotto l'influenza dei leghisti. Bossi annunzia la sua candidatura a Sindaco di Milano come coronamento di un progetto. I leghisti hanno fatto una lunga marcia nella politica italiana. Il loro percorso è stato segnato da alcune pietre miliari che hanno cambiato la civiltà giuridica di questo paese: le leggi sulla sicurezza e l'introduzione della discriminazione etnica, le ronde, la riforma della scuola con il contingentamento dei bambini degli immigrati. Dalla condanna dei leghisti che piantano la bandiera della Repubblica Veneta sul Campanile di San Marco e dalle elucubrazioni filosofiche di Miglio è stata fatta tanta, tantissima strada. Oggi il Paese in cui vince la lega è diverso, profondamente cambiato, incattivito,
sfasciato. La Rivoluzione Leghista è quasi compiuta. Credo che si accontenteranno del federalismo fiscale soltanto se riterranno conveniente continuare a drenare risorse da Roma "ladrona". Se le cose andassero male per l'Italia erigeranno subito una linea Gotica.
Come tutti coloro che hanno fatto una rivoluzione di destra, i leghisti sono una massa fanatizzata dall'odio verso i diversi e per i comunisti ed hanno un fortissimo spirito di clan. Non esitano ad eleggere il figlio di Bossi senza farsi turbare da scrupoli morali. Accettano di eleggere l'igienista dentale di Berlusconi nel listino di Formigoni. Governeranno con spirito discriminatorio. Soltanto i loro fedeli saranno ammessi a godere dei diritti finora riconosciuti a tutti. La pubblica amministrazione sarà la fortezza presidiata dalle loro guardie verdi.
L'astensionismo nasce dalla crescente somiglianza tra "destra" e "sinistra", termini impropri per indicare la coalizione di Berlusconi e quella del PD. Perchè votare Penati al posto di Formigoni? Che cosa hanno di diverso? Penati e grande parte degli amministratori pd sono stati durissimi con gli immigrati al pari e più della Lega e del PDL. Il Sindaco di Padova è giunto al punto di segare le panchine dei parchi per sottrarle all'uso dei poveri. Da Cofferati a Veltroni è stata una gara di ruspe per spazzare via le povere baraccopoli dei Rom. Senza alcuna pietà! Senza alcun rispetto per i diritti garantiti dalla Costituzione e da tante Convenzioni internazionali.!
Il Pd non è forza alternativa al PDL ma concorrente. Concorre per la rappresentanza dello stesso blocco sociale, dello stesso "mercato" di voti. Bersani ha fatto una levataccia per andare a parlare con gli operai Fiat di Torino ma il suo partito collabora intensamente alla distruzione dei diritti dei lavoratori. La legge 1167 che abbatte l'art.18 e rende difficilissimo l'accesso alla giustizia ai lavoratori è stato varata
con una finta opposizione del PD. La destra ha fatto a pezzi il diritto del lavoro, ha precarizzato il lavoro, abbassato i salari con la sostanziale compiacenza del PD che ha eletto autentici squali della Confindustria nei suoi gruppi parlamentari. Quando Bersani parla di centralità del lavoro forse si riferisce alle imprese. Il lavoro tutelato dalla Costituzione è stato quasi cancellato dal PD che si accinge a dare una mano all'ultima spallata di Sacconi per sconfiggere definitivamente il movimento operaio: l'abolizione dello intero Statuto dei Diritti dei lavoratori. Naturalmente in nome della "modernità".
Il centro-sinistra non esiste più da quando Prodi ha ammutolito la sinistra presente nel suo governo obbligandola ad accettare gli accordi-capestro stipulati con i sindacati del luglio 2007. La sinistra,
colpevolizzata di creare difficoltà al governo, veniva annientata nella sua identità politica e sociale ed il suo elettorato disperso.
Veltroni ha stipulato una conventio ad escludendum con Berlusconi modificando la legge elettorale
e nello stesso tempo ha scomunicato la sinistra dichiarando la sua "autosufficienza". La sinistra è stata cacciata via dal Parlamento umiliata dalle cocenti delusioni del suo elettorato e dalla vulgata del "voto utile".
Il centro-sinistra è morto pur essendo una pallida prosecuzione dell'ulivo che era comunque una civilissima e democratica alternativa politica alla destra.
Il ruolo del PD è di concorrenza con il PDL. Ha ragione il Cardinale Tosi quando dice che la politica è lo scontro di Oligarchi che si contendono il potere. Oligarchi che sottraggono con i loro stipendi favolosi e i tanti privilegi risorse alla collettività. La politica in Italia costa più dell'intero servizio sanitario: oltre cento miliardi di euro l'anno!! Il professionismo politico è il più redditizio ed i politici sono accomunati dai palazzi del potere, dagli agi, dagli stessi consumi. Quando i programmi sono eguali e privilegiano la stessa borghesia parassitaria che ha scoperto da tempo il business della pubblica amministrazione per quale motivo il cassintegrato, il precario, l'insegnante espulso dalla riforma, il pensionato al minimo, l'utente tartassato dalle bollette dovrebbero andare a votare?
Il successo di Vendola è l'unica nota positiva perchè si realizza su un programma alternativo e non concorrente. Sbaglierebbe Vendola se accogliesse l'invito di Veltroni ad una collaborazione basata sempre su paletti da fissare a sinistra e su fumosi programmi nella sostanza simili a quelli della destra.
Mi auguro che Vendola abbia la capacità di pensare ad una sinistra che non abbia dentro di sè personaggi come Veltroni e D'Alema e che sia un movimento distante e diverso dal PD.
La sinistra può ripartire dal suo 6% conquistato in queste elezioni per aprirsi una strada verso il Parlamento. Questo se non cede ad esigenze di gruppi locali ansiosi di stare comunque nelle stanze dei bottoni.
Pietro Ancona
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http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/03/29/news/urne_chiuse_al_via_lo_spoglio_ma_finora_ha_vinto_l_astensione-2987246/
http://www.polisblog.it/post/977/ore-12-patto-berlusconi-veltroni-per-il-porcellum-in-salsa-auropea-no-di-eurodeputati-e-partitini
http://www.liberazione.it/news-file/576082077.htm

lunedì 29 marzo 2010

iNDAGATO RAFFAELE LOMBARDO

La notizia di una indagine giudiziaria a carico del Presidente della regione siciliana Raffaele Lombardo giunge mentre sono in corso le elezioni regionali e di quasi cinquecento comuni e province. La reazione di Lombardo è stata immediata. Ha respinto le accuse come "spazzatura". Ha dichiarato di non dimettersi. Ha convocato la giunta regionale a Catania incassandone la solidarietà compresa quella dei due assessori-magistrati. Anche il PD che appoggia la giunta Lombardo contro i cosidetti "lealisti" di Schifano e Alfano ha confermato la sua fiducia rinviando allo sviluppo degli eventi possibili ulteriori decisioni.
Mi ha molto colpito la dichiarazione della Dr.ssa Caterini Chinnici magistrata e figlia di magistrato, martire della mafia, capofila di diverse generazioni di magistrati che si sono dedicati anima e corpo alla lotta alla mafia fino agli attuali Ingroia, Scarpinato ed altri. Ha detto che, essendo garantista, aspetta lo svolgimento dei fatti ed intanto invita il Presidente a continuare nel suo lavoro. Non ho nulla contro il garantismo e ritengo che nessuno debba essere criminalizzato o ritenuto colpevole fino al giudizio definitivo. . Tuttavia mi ostino a credere che questa norma debba valere per tutti tranne che per i politici e per le persone investite da grandi e delicate responsabilità di governo. Non è accettabile, ad esempio, il comportamento di chi, colpito da un mandato di cattura, resta al suo posto al governo incoraggiato da un Presidente del Consiglio che ha fatto della Magistratura il bersaglio della sua azione di sfascio della Costituzione. Non è neppure accettabile che
una incriminazione come il concorso esterno in associazione mafiosa venga ritenuta insufficiente per una sospensione dalle attività politiche ed amministrative in attesa di un chiarimento. Solleva gravi interrogativi la querela ai giornalisti di Repubblica accusati non tanto di dire il falso ma di "violazione del segreto istruttorio". Tasto assai delicato che si riconnette a tutta la questione della libertà di informazione sollevata dalle intercettazioni finite sui giornali. Un uomo politico serenamente consapevole della propria innocenza non ha niente da temere da notizie che, se sono "spazzatura" come le definisce, non potranno sporcarlo.
Dopo il Presidente Cuffaro condannato per concorso esterno in associazione mafiosa ora è la volta della possibile incriminazione di Raffaele Lombardo. Penso che sia da ipocriti affrontare la questione senza tenere conto del contesto degli interessi che gravitano attorno alla Regione e che sono diventati colossali. E' difficile fare piena luce anche se a volte qualche imprenditore si lamenta di non potere competere con certi colleghi che hanno pieno accesso alle risorse regionali. Il Presidente della Confindustria ha avuto recentemente un premio per la sua attività rivolta a fare della Confindustria una forza antimafia. Ma non sappiamo niente degli affari che si intrecciano attorno alla massima erogatrice di finanziamenti e di investimenti in Sicilia e dei meccanismi che promuovono i "privilegiati" ai quali tutte le porte chiuse per tanti sono sempre spalancate. Non mi pare che attraverso la Sicindustria ne sappiamo della mafia più di prima.
Al blocco sociale controllato dai potenti dell'imprenditoria siciliana fanno riferimento trasversalmente
i partiti presenti in ARS dopo la esclusione mafiosa decretata contro coloro che hanno meno del 5 per cento di voti. Una massa enorme di denaro viene drenata attraverso le privatizzazioni
di tutti i servizi. Anche i beni culturali sono gestiti da una SPA. Quasi niente viene più gestito dalla regione "in economia" e questo genera un impoverimento storico della sua cultura amministrativa. Il modello privatistico dominante anche a livello municipale e provinciale rende molto più costosi i servizi, impoverisce il patrimonio pubblico di conoscenza, fa proliferare caterve di amministratori
superpagati. E' uno scandalo che ci siano emolumenti nell'ordine di centinaia di migliaia di euro quando molte famiglie avrebbero bisogno di aiuti solo per sopravvivere.
Credo che bisognerebbe aprire il capitolo del rapporto tra questa fase liberistica della Regione e la Mafia dal momento che, nonostante tutti i successi riportati in campo aperto da Magistratura e Polizia, non sembra debellata se il Presidente della Regione sembra essere sospettato di esserne collaboratore esterno. Vogliamo leggere il bilancio della Regione illustrandolo con gli appalti ed i lavori conferiti voce per voce ed a chi e come e quando?
Pietro Ancona
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http://www.asca.it/regioni-LOMBARDO__CHINNICI_(SICILIA)__SOLIDARIETA__AL_PRESIDENTE-481903--.html
http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?art_id=899836
http://palermo.repubblica.it/cronaca/2010/03/29/news/lombardo_sotto_inchiesta_a_catania_concorso_esterno_con_la_mafia-2975502/?ref=rephp

domenica 28 marzo 2010

PORNOGRAFIA BIPARTISAN

PORNOGRAFIA BIPARTISAN?

Il monologo commercial-pornografico di Luttazzi con la minuziosa descrizione di uno stupro anale
accolto con mugugni di piacere orgasmico dalla folla del Palazzetto dello Sport non mi è piaciuto e mi anche indotto a giustificarne il suo allontamento dalla Rai. Lo youtube del monologo è probabilmente il più richiesto in internet e questo era nei calcoli del suo autore. Ci sono tanti, tantissimi modi, di depravare la comunicazione stuzzicando la voglia di proibito e di pornografico esistente in ognuno di noi. Luttazzi non ha contribuito alla causa della libertà sessuale e della piena e libera partecipazione
ad essa dei generi. Ha cinicamente fatto della pornografia spacciandola per altro.
Le reazioni delle esponenti del femminismo nazionale allo show è stato debole e "manierata".Lidia Ravera ha dato un buffetto quasi affettuoso a Luttazzi perdonandogli in fondo in fondo la squallida
ed inaccettabile rappresentazione della donna.
Il coito anale è quanto di più vicino ci possa essere alla predazione della donna oggetto del piacere maschile.
Questa rappresentazione della donna predata "inculata" che ha mandato in visibilio lo stesso Santoro
che ne godeva con intensi mugolii di piacere lancia un messaggio di piena omologazione a quello venuta dalla villa di Berlusconi, dal suo grande lettone, dalle "quindicine" delle donne-squillo che si
sono alternate e continuano ad alternarsi nel suo harem aperto ad altri vecchioni del suo giro. La donna di Luttazzi può essere stuprata per via anale, le squillo di Berlusconi fanno di tutto a pagamento e non esitano a riferirlo, quasi vantandosene, in TV. Che c'è di diverso in queste donne?
Anche la reazione del Papa e della Chiesa allo scandalo della pedofilia si muove nella stesse temperie culturale-. Se ci pensate bene, la Chiesa non condanna la pedofilia ed i preti pedofili quanto coloro che li denunziano. Oggi il Papa si è spinto fino a chiedere a Dio di dargli la forza per non farsi "intimidire" come se il problema fosse questo e non del terribile cancro che impesta la Chiesa in tutti i Continenti. La Chiesa continuerà ad essere pedofila, a proteggere i preti che si sono lasciati beccare,
a criminalizzare la stampa, gli avvocati, i giudici, che si sono permessi di giudicare gli stupratori.
Un clima da basso impero avvolge l'Italia e ne dissolve la moralità. Funzionari dello Stato accettano come regalia prestazioni sessuali di professioniste. Un presidente della regione, sposato e padre di una bambina, spende migliaia di euro in squallidi rapporti con transessuali. I vertici della Chiesa non si fanno scrupoli della moralità di Berlusconi purchè' continui a sganciare un fiume di denaro e di privilegi.

Qualche tempo fa, il testo di una canzone dedicata ad uno stupro pedofilo, viene propagandata dallo spettacolo di Fabio Fazi come prodotto artistico, opera d'arte. Vi si parla di una "donna di undici anni e mezzo" e di un orco settantenne che schiatta nello sforzo di stuprarla. Una bambina per il signor Gino Paoli è una "donna di undici anni e mezzo." Tutto sommato Fazio non ha fatto una piega
ed ha lasciato che il messaggio pedofilo passasse come "arte". Lo stesso è accaduto da Pippo Baudo sempre con l'autore di "pettirosso".
Quando io ero ragazzo Palmiro Togliatti nascondeva al Partito ed all'Italia la sua relazione con Nitte Jotti. Anche se si chiamata Togliatti aveva un sacrosanto terrore del PCI che poteva espellerlo per la sua condotta nella vita privata. Ricordo che il Direttivo della federazione socialista di Agrigento della quale facevo parte di riunì d'urgenza per espellere un compagno sorpreso ad intrattenersi con un ragazzino. I dirigenti dovevano essere irreprensibili in famiglia e nella società.
Quando l' opposizione condivide con la maggioranza la stessa morale perde la sua identità, la sua bussola. Pensate se la morale dei giacobini fosse stata identica a quella della nobiltà che si sollazzava
al trianon di Versailles. Ad ogni politica corrisponde una morale. Se la morale del Palazzetto dello Sport è simile a quella di Villa Certosa anche la politica sarà simile. L'identità della sinistra è fatta di valori che si ispirano alla libertà e non al libertinismo gaudente dei sazi oligarchi della politica italiana.
La sessualità ed il sentimento amoroso nella cultura progressista non possono essere la pornografia berlusconiana e la perversione pedofila dei preti.
Pietro Ancona
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sabato 27 marzo 2010

lettera all 'ex ministro del lavoro del governo prodi

Caro Onorevole Damiano,

leggo su Repubblica di oggi che lei si lamenta della composizione delle Commissioni arbitrali della 1167- La legge che probabilmente sarà timbrata da Napolitano dal momento che nè il PD nè la CGIL ne hanno chiesto il rinvio alle Camere prevede che i rappresentanti sindacali siano scelti in base alla loro rappresentatività "territoriale"- Lei, mostrando di paventare la presenza nel territorio di sindacati di comodo, li vorrebbe scelti sulla base della rappresentatività nazionale.

Questo costituirebbe una rendita di posizione di comodo, mafiosa, a favore delle Confederazioni Nazionali ed escluderebbe i sindacati di base, i cobas e quanti altri sono nati in questi anni in dissenso con le Confederazioni e la loro politica consociativa con il padronato.
Come si dice in Sicilia " a sciarra è pa cutra"! Il suo dissenso riguarda la tutela di un sindacalismo confederale che, attraverso favori legislativi ,perpetua un potere che non merita più da anni.
Insomma, a conti fatti, vorrebbe rendere questa legge più odiosa e prevaricatrice di quanto non lo sia di suo.
Speravo tanto che lei auspicasse che la CGIL non mandasse propri rappresentanti nelle Commissioni Arbitrali. Cosa logica dal momento che non ha firmato assieme a CIsl UIL e gli altri
l'accordo. Ma tra la logica e la realtà spesso tante cose non quadrano.
Cordiali saluti.
Pietro Ancona

Gli orchi del Papa

GLI ORCHI DEL PAPA
La reazione della Chiesa allo scandalo dei preti pedofili è uno scandalo in sé e suscita allarme. La Chiesa mostra fastidio, impazienza e disprezzo per le critiche. Non smentisce come falsi o non avvenuti i tantissimi casi di pedofilia che emergono dal buio e dal silenzio per la rottura di un muro di omerta ed di ingiustizia per vittime spesso appartenenti a poverissime famiglie e socialmente deboli. Tanti delitti contro l'infanzia sono stati perpetrati e probabilmente continuano a perpetrarsi negli orfanotrofi e nelle istituzioni religiose spesso controllate da Orchi ed Orchesse che violano l'innocenza di sfortunati bambini e bambine. Nei casi di stupro il comportamento delle autorità religiose è identico dappertutto, in tutte le latitudini. I colpevoli vengono coperti, spesso allontanandoli dal luogo dei misfatti. Esemplare il caso di Agrigento in cui Il Vescovo ha avuto l'arroganza di instaurare una causa per risarcimento danni alla "immagine" della Chiesa dopo la denunzia del giovane abusato in seminario per anni da un prete che, dopo di lui, allontanato, ha continuato a molestare ed abusare dei bambini.
Non è un caso che un avvocato d'ufficio del Vaticano come Vittorio Messori interviene con un lungo articolo in cui la responsabilità dei Preti Orchi non viene neppure evocata e si concentra sulla criminalizzazione di quanti denunziano il Grande Scandalo. Dice Messori che la colpa di tutto è degli studi legali americani, di avvocati alla ricerca di parcelle, che hanno indotto migliaia di persone a rivolgersi alla Magistratura. Messori, trascinato dal suo raccapriccio per
una avvocatura avida di guadagni , trascura di parlarci del particolare che i Giudici americani hanno dovunque condannato i prelati che, oltretutto, quasi sempre si sono dichiarati colpevoli. Anche la Giustizia degli USA "interessata" a colpire la Chiesa?
Si parla di cultura "anglosassone" particolarmente rigida e prevenuta verso i cattolici. Ma gli scandali in Germania in Austria ed in Italia a quale cultura dobbiamo attribuirli ?
Insomma la reazione della Gerarchia è del tutto simile a quella di Berlusconi di fronte a chi gli contesta i reati e gli abusi di potere. Parla di complotti e di menzogne. L'ultima paranoia dall'apparato massmediatico clericale è quella di un complotto che "non a caso" nasce in America e trova nel NYT il suo strumento. Ma quale sarebbero i poteri forti che si muovono? In ogni caso, la verità non sembra interessare. Non si smentiscono i fatti, le migliaia e migliaia di vittime,
ma ci si offende con i giornali che ne parlano. Si vorrebbe che una coltre di silenzio continuasse a coprire il martirio di bambini, un martirio che dura da secoli, conosciuto da sempre e da sempre tollerato dai Papi che bruciavano le streghe e gli eretici nei roghi ma non hanno mai condannato un membro pedofilo della Chiesa.
Non esiste un solo caso di pedofilia scoperto e denunziato all'interno della istituzione. Non c'è un solo vescovo che possa dire di avere scoperto e denunziato alla Magistratura un sacerdote della sua diocesi. Tutti i casi conosciuti vengono fuori faticosamente, spesso dopo decenni, sempre per iniziativa delle vittime o dei loro familiari oppure fortuitamente.
Questo la dice lunga sul futuro della pedofilia nella Chiesa. La lettera del Papa agli irlandesi è acqua fresca, un sotterfugio imposto dalle circostanze, un tentativo di cavarsela con un po' di penitenza.
E' una risposta insufficiente ed inadeguata dal momento che non é accompagnata dall'apertura degli archivi. Solo la pubblicazione degli archivi dell'ufficio della Inquisizione , dell'autodenunzia e della denunzia dei pedofili potrebbe rendere attendibile il pentimento e la redenzione della Chiesa. Ma questo non si realizzerà come non si realizzeranno le riforme che dovrebbero guarire il corpo sacerdotale dai suoi terribili vizi sessuali. Dovrebbe cambiare radicalmente la concezione della donna ed ammetterla al sacerdozio e finirla con la misogenia; consentire ai preti di sposarsi, avere un diverso approccio con le tante questioni reclamate dalla società civile come i diritti degli omosessuali e delle
donne, il diritto alla contraccezione. Tutte le posizioni che vengono espresse dalla Chiesa su questioni fondamentali della vita e della morte urtano sempre di più con la sensibilità della società e di molta parte degli stessi cattolici.
In ultimo vorrei riflettere su una circostanza. Gli scandali vengono alla luce in società "forti" come quella statunitense ed europea. Nelle società dominate dalla miseria e dal bisogno non emergono. Non sappiamo quasi niente della pedofilia della Chiesa Cattolica in Africa e molto poco sappiamo della pur cattolicissima America Latina.
Si stanno creando tensioni dentro il popolo dei cattolici che potrebbero portare ad una scissione.
Tantissimi cattolici non sopportano più l'arroganza e la superbia della Gerarchia. In fondo, le condizioni che indussero Martin Lutero non erano maggiori e più intollerabili di quelle di oggi. Lo stupro di diecine di migliaia di bambini e bambine é assai di più della vendita delle indulgenze e della corruzione dei palazzi apostolici.
Pietro Ancona
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http://it.wikipedia.org/wiki/Pedofilia_e_Chiesa_cattolica#Il_caso_Marchese.2C_abusato_da_don_Bruno_Puleo

giovedì 25 marzo 2010

IL SINISTRO ROGO DEL DIRITTO

Il sinistro rogo del diritto
Il rogo delle leggi officiato dal Ministro alla "semplificazione" padano leghista e separatista Calderoli apre l'anno dell'attacco frontale alla Costituzione. La legge delle leggi, il patto civile che ha riscattato l'Italia dal fascismo ed ha scolpito i diritti di cittadinanza degli italiani, è prossima ad essere demolita dalla destra spero senza la collaborazione del PD. La Costituzione subirà una trasfigurazione e diventerà il "pronunciamiento"del Caudillo e dei suoi bravi, gli conferirà tutti i poteri, ridurrà il Parlamento ad una larva peggiore di quella che è già diventato, azzererà il bilanciamento creerà tante fiscalità quante sono le regioni
Il rogo di Calderoli, demagogicamente propagandato come antiburocrazia, in effetti brucia le norme ispirate al diritto per sostituirle con i decreti e con le leggi sulla sicurezza e sul lavoro che hanno dato base giuridica al razzismo, alle privatizzazioni, alla mercificazione dei lavoratori.
Leggi "semplificate" per rendere più spiccia l'ingiustizia sociale, la prepotenza, lo sfruttamento dei
deboli. Le leggi non saranno più a garanzia di tutti ma strumenti di oppressione delle classi protette dalla Oligarchia. Le leggi creeranno obbligazioni a vantaggio di speculatori protetti dal Regime e collocati in posizione di rendita.
Non siamo in presenza di un nuovo Giustiniano che riordina e crea una tela alla legislazione esistente e le dà un senso consono alla qualità che tutte le leggi debbono avere e cioè l'equità ma di qualcosa che probabilmente ha a che fare con la volontà
taluni ceti della borghesia a non essere vincolati da obblighi generali e di sfuggire attraverso una maglia più larga alle sanzioni. Bisognerebbe vedere bene cosa è andato bruciato nel rogo ed a vantaggio di chi. Non credo affatto che la sostituzione di leggi regionali a quelle bruciate sarà un miglioramento. Le Regioni sono preda di una avidissima oligarchia politica e delle bande di profittatori che la sorreggono e fonte di sempre più gravi ingiustizie. Siamo costretti a pagare balzelli alle Regioni a cominciare dall'irpef per finanziare delle terribili sanguisughe come il sistema pensionistico siciliano o l'immenso potere economico degli Angelucci fatto di ospedali privati sovvenzionati dal Servizio Sanitario.
La legislazione imposta dalla destra è antidiritto.Impone sempre di più gli interessi dei privati ai contribuenti a cominciare delle filiere per l'accertamento e la riscossione dei tributi sempre più in mano a società spregiudicate che non esitano a caricare di oneri ed a vendere i beni degli inadempienti.
Come negli USA se vuoi accedere alla sanità deve pagare un balzello ad una società privata assicuratrice, anche in Italia i diritti saranno sostituiti dai servizi che il cittadino potrà comprare solo
se ne avrà i mezzi.
Le leggi non saranno più di tutti ma soltanto delle classi dominanti che le faranno per creare obbligazioni alle classi subalterne. Un nuovo medievo viene dopo la crisi del capitalismo industriale che sopravvive facendo dello Stato business.
Questo è il messaggio del rogo appiccato dal ridanciano e rubizzo Calderoli.

Pietro Ancona
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mercoledì 24 marzo 2010

lettera a Dino Greco, Direttore di Liberazione

Caro Direttore,

oggi Epifani si compiace del successo del tesseramento della CGIL che continua a crescere mentre i lavoratori rovinano verso la disoccupazione con salari bassi e sempre meno diritti. L'ultimo sarà tolto a giorni, dopo le elezioni, quando Napolitano timbrerà la 1167.
A parte il fatto che questo tesseramento va discusso per verificare quale sono i meccanismi che lo producano e quanta azienda c'è dentro mi chiedo se dei miliardi che la CGIL incassa si potesse destinare una piccola parte come fondo di Solidarietà per il lavoratori e le loro famiglie.
Non sarebbe sbagliato organizzare vacanze estive per i figli dei cassintegrati e dei licenziati o intervenire nel pagamento delle mense dei bambini i cui genitori sono in strettezze ed altre iniziative di questo genere. Per evitare le umiliazioni come quelle che abbiamo letto in questi giorni.
Il sindacato nacque come Mutualità e non sarebbe male se mostrasse un pochino del suo volto umano nascosto dalla supponente burocrazia che negli ultimi venti hanno ha letteralmente restituito al padronato tutti i diritti conquistati fino agli anni ottanta.
La vostra posizione verso la CGIL (la trattate come un Mostro Sacro, un Tabù) deve essere laicizzata. Le critiche non hanno mai fatto male a nessuno e la CGIL di oggi assomiglia molta a quella che fece scappare Di Vittorio un secolo fa.
Pietro Ancona
già segretario generale CGIL sicilia. Pensionato.
http://www.rassegna.it/articoli/2010/03/23/60183/tessere-la-cgil-tocca-quota-57-milioni

martedì 23 marzo 2010

aborto, lavoro, pedofilia

Aborto, lavoro e pedofilia.

L'appello della Cei di ieri per un voto contro l'aborto è stato corretto dalla precisazione di un gruppo di vescovi liguri e dallo stesso cardinale Bagnasco in una dichiarazione che suona strana e strumentale
nello stesso tempo. Forse i sensori della Chiesa avevano avvertito perplessità nell'elettorato italiano. Che cosa c'entra l'aborto con le elezioni regionali? .
Hanno pertanto voluto fare una correzione che non chiarisce niente ma aggiunge altre ragioni di dissenso. Sostiene la Cei che le questioni della bioetica sono su un piano di eguaglianza dalle questioni sociali e che aborto e lavoro hanno lo stesso valore.
Io non credo proprio che le questioni della bioetica siano della stessa qualità e dello stesso interesse delle questioni sociali. Sono sfere diverse che hanno molto poco o niente in comune. Difendere il lavoro dalle sopraffazioni padronali è certamente un dovere, anzi un valore ma siamo in un ordine di
questioni che non sono alla pari con quelle etiche poste dalle religioni o dalla cultura laica.
Discutere della nascita e della morte, del diritto della donna ad abortire e dal malato terminale a concludere dignitosamente la propria vita sono questioni inconfrontabili con quelle sociali. Non possono essere legate nello stesso mazzo. I diritti individuali sono della persona. I diritto sociali sono
sopratutto delle popolazioni, delle comunità. Il mio diritto a morire con decenza senza essere ingozzato contro la mia volontà è diritto primario ed assoluto che precede ogni altra mia prerogativa
nel sociale.
Ma forse la questione dell'aborto copre interessi diversi.
La Chiesa, quando amministra beni terreni, proprietà immobiliari, attività commerciali si secolarizza e costituisce un suo interesse che non sempre coincide con quello della comunità e spesso lo confligge. Quante migliaia di appartamenti ha il Vaticano a Roma? Quanti alberghi, quanti ristoranti, quante agenzie ed attività economiche? Quanti miliardi di tasse sottrae all'erario italiano?
Affrontare la campagna elettorale con l'indicazione di non votare i candidati che sono per la libertà di
aborto può servire per occultare interessi reali concreti ed assai terreni che si ritiene possano essere garantiti da personaggi allineati alle indicazioni della Cei.
Questo appello di Bagnasco segue da vicino gli elogi fatti da Berlusconi al Papa per la sua lettera
sulla pedofilia. In verità la lettera del Papa che non a caso ha lasciato insoddisfatti e con l'amaro in bocca è un espediente retorico che non chiarisce il fenomeno della pedofilia presente nella Chiesa nei cinque continenti con diecine di migliaia di vittime. Il Papa
non affronta nessuna delle questioni che stanno alla radice della pedofilia e che riguardano innanzitutto la concezione della donna e del celibato. La Chiesa ha risposto in modo arrogante, protervo alle critiche
ed alle richieste di giustizia che provengono da tante parti del mondo. Sostenere che la pedofilia esiste anche fuori dalla Chiesa non ne attenua le responsabilità. Finora non risulta che siano stati presi provvedimenti per scacciare la pedofilia dalle sacrestie, dagli oratori, dagli orfanotrofi. Tutti gli scandali sono stati scoperti da autorità laiche o denunziati dalle stesse vittime. Non risulta la esistenza di un contrasto attivo. Di attivo c'è soltanto l'omertà o la richiesta di silenzio alle vittime ed alle loro famiglie spesso povere e ricattabili.
Insomma, questa Chiesa si caratterizza sempre di più per la sua deriva oscurantista e di destra. Il suo Magistero appare sempre di più esercitato a favore dei Palazzi del Potere. Mantiene rapporti cordiali con Berlusconi sulla base di un continuo scambio di favori
Non si cura del fatto
che lancia al suo popolo trattato come un gregge segnali di accreditamento di quanto di peggio ci possa essere sul piano morale e politico per l'Italia.
Pietro Ancona

http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
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http://www.repubblica.it/politica/2010/03/23/news/bagnasco-2843004/

Cpme l'Occidente costrinse il comunismo a diventare dittatura

CORRIERE DELLA SERA.it


Lettere al Corriere
sergio romano
scrivi
La lettera del giorno |Martedi' 23 Marzo 2010
1918: GLI ALLEATI IN RUSSIA PER SOFFOCARE LA RIVOLUZIONE
Ho letto che un contingente dell’Esercito degli Stati Uniti d’America sbarcò in Russia nel 1917-18 e combattè per un periodo i bolscevichi. Ci saprebbe dare qualche dettaglio o anche qualche testo dove vengono descritti questi, pressoché sconosciuti, avvenimenti storici del secolo scorso?

Paolo Cernaz, Milano,


Caro Cernaz, Il contingente americano inviato in Russia nel 1918 comprendeva 10.000 uomini ed era considerevolmente inferiore a quelli del Giappone (60.000) e della Gran Bretagna (40.000). Vi furono anche due divisioni francesi, due divisioni greche e contingenti minori fra cui quello italiano (circa 1.500 uomini). Vi fu poi, soprattutto negli Urali e in Siberia, una Legione cecoslovacca composta da circa 50.000 esuli politici e prigionieri cechi e slovacchi dell’esercito austro-ungarico. Avevano combattuto insieme all’esercito zarista sino alla rivoluzione d’Ottobre e sarebbero dovuti salpare da Vladivostok verso l’Europa occidentale alla fine della guerra, ma si scontrarono lungo il viaggio contro alcune formazioni dell’Armata Rossa e divennero da quel momento uno dei corpi contro-rivoluzionari maggiormente impegnati nel conflitto. I giapponesi intervennero per approfittare del collasso russo dopo la rivoluzione bolscevica, e cercarono di occupare una buona parte della Siberia, dal porto orientale di Vladivostok al Lago Baikal. Gli occidentali, invece, presentarono il loro intervento come la prosecuzione della guerra contro i tedeschi in Europa orientale. Quando la Germania dovette piegarsi alla necessità di un armistizio, nel novembre del 1918, le sue forze armate, vittoriose sul loro fronte occidentale, controllavano ancora il Baltico e buona parte dell’Ucraina. Come ricorda Nicholas Riasanovsky nella sua «Storia della Russia dalle origini ai giorni nostri» edita da Bompiani, occorreva evitare che s’impadronissero degli arsenali militari custoditi nei porti settentrionali di Murmansk e Arcangelo. Ma negli anni della guerra civile i corpi di spedizione delle potenze occidentali non furono neutrali. Non presero parte ai combattimenti, ma bloccarono le coste russe con le loro flotte, occuparono Odessa e Batum sul Mar Nero, aiutarono le unità bianche dell’esercito zarista che stavano combattendo in quei mesi contro l’Armata Rossa. Lasciarono la Russia nel 1920, ma alcuni dei loro governi si schierarono a fianco della Polonia contro i russi nella guerra del 1920-21 e fornirono armi all’esercito polacco. È questa la ragione per cui ancora oggi, nella storiografia sovietica e russa, si parla di una strategia dell’assedio messa deliberatamente in opera dalle potenze occidentali per spegnere sul nascere la rivoluzione bolscevica. La tesi non è infondata.




Martedi' 23 Marzo 2010






























CORRIERE DELLA SERA.it


Lettere al Corriere
sergio romano
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La lettera del giorno |Martedi' 23 Marzo 2010
1918: GLI ALLEATI IN RUSSIA PER SOFFOCARE LA RIVOLUZIONE
Ho letto che un contingente dell’Esercito degli Stati Uniti d’America sbarcò in Russia nel 1917-18 e combattè per un periodo i bolscevichi. Ci saprebbe dare qualche dettaglio o anche qualche testo dove vengono descritti questi, pressoché sconosciuti, avvenimenti storici del secolo scorso?

Paolo Cernaz, Milano,


Caro Cernaz, Il contingente americano inviato in Russia nel 1918 comprendeva 10.000 uomini ed era considerevolmente inferiore a quelli del Giappone (60.000) e della Gran Bretagna (40.000). Vi furono anche due divisioni francesi, due divisioni greche e contingenti minori fra cui quello italiano (circa 1.500 uomini). Vi fu poi, soprattutto negli Urali e in Siberia, una Legione cecoslovacca composta da circa 50.000 esuli politici e prigionieri cechi e slovacchi dell’esercito austro-ungarico. Avevano combattuto insieme all’esercito zarista sino alla rivoluzione d’Ottobre e sarebbero dovuti salpare da Vladivostok verso l’Europa occidentale alla fine della guerra, ma si scontrarono lungo il viaggio contro alcune formazioni dell’Armata Rossa e divennero da quel momento uno dei corpi contro-rivoluzionari maggiormente impegnati nel conflitto. I giapponesi intervennero per approfittare del collasso russo dopo la rivoluzione bolscevica, e cercarono di occupare una buona parte della Siberia, dal porto orientale di Vladivostok al Lago Baikal. Gli occidentali, invece, presentarono il loro intervento come la prosecuzione della guerra contro i tedeschi in Europa orientale. Quando la Germania dovette piegarsi alla necessità di un armistizio, nel novembre del 1918, le sue forze armate, vittoriose sul loro fronte occidentale, controllavano ancora il Baltico e buona parte dell’Ucraina. Come ricorda Nicholas Riasanovsky nella sua «Storia della Russia dalle origini ai giorni nostri» edita da Bompiani, occorreva evitare che s’impadronissero degli arsenali militari custoditi nei porti settentrionali di Murmansk e Arcangelo. Ma negli anni della guerra civile i corpi di spedizione delle potenze occidentali non furono neutrali. Non presero parte ai combattimenti, ma bloccarono le coste russe con le loro flotte, occuparono Odessa e Batum sul Mar Nero, aiutarono le unità bianche dell’esercito zarista che stavano combattendo in quei mesi contro l’Armata Rossa. Lasciarono la Russia nel 1920, ma alcuni dei loro governi si schierarono a fianco della Polonia contro i russi nella guerra del 1920-21 e fornirono armi all’esercito polacco. È questa la ragione per cui ancora oggi, nella storiografia sovietica e russa, si parla di una strategia dell’assedio messa deliberatamente in opera dalle potenze occidentali per spegnere sul nascere la rivoluzione bolscevica. La tesi non è infondata.




Martedi' 23 Marzo 2010





)


















? | Giorgio Mazzola

NEI CINEMATOGRAFI
Popcorn e lattine | Filippo Testa

lunedì 22 marzo 2010

IL GRANDISSIMO BUGIARDO

IL GRANDISSIMO BUGIARDO
Se qualcuno pensa che più bugiardo di Berlusconi non c'è nessuno si sbaglia di grosso: Obama è il più grande bugiardo affabulatore e venditore di patacche per oro colato di tutti i tempi. Oggi ha battuto ogni record vendendosi per una grande riforma civile che concederebbe a tutti i cittadini USA il diritto alla salute ed alla cure sanitarie quello che in realtà è il più grande regalo alle Compagnie di Assicurazioni che sia mai stato immaginato: l'obbligatorietà per tutti di stipulare una polizza pena una multa di 750 euro o del 2% del proprio reddito se questo supera certa limiti. 40 milioni di cittadini obbligati per legge a stipulare una assicurazione privata quanto dovranno versare? Quanti miliardi di dollari? Un fiume di dollari pari a quello versato ai banchieri ed ai finanzieri truffaldini e forse maggiore.
Per convincere i suoi riottosi cowboy a votare si è impegnato a stralciare l'aborto. Se una donna americana vorrà abortire dovrà farlo a spese sue. Inoltre non si ritoccheranno rle spaventose tariffe che fanno della sanità americana la più costosa del mondo ed un lucroso affare pari a quello delle guerre. Una parte dei soldi per finanziarne l'accesso ai nuovi disgraziati utenti saranno prelevati dal fondo Medicare creato dal Presidente Johnson nel 1965. Uno spostamento di fondi che intacca
e ridurrà le prestazioni esistenti per gli ultrasessantacinquenni già abbastanza scarse e contingentate.
Tutto quello che Obama fa è "storico". Ha dichiarato, facendosi scortare dai due precedenti presidenti Clinton e Bush, "storico" l'impegno degli USA per i terremotati di Haiti. Tutti i feriti di quel terremoto che hanno avuto la disgrazia di finire negli ospedali USA hanno subito imputazioni degli arti. Sarebbe stato troppo costoso ospedalizzarliee curarli.. Meglio tagliare . Chi cavolo pensano di essere? Inoltre, ad oltre due mesi dal sisma, gli haitiani muoiono come mosche per denutrizione,
mancanza di cure, mancanza di alloggi. Si riparano come possono. Dei miliardi raccolti in tutto il mondo per loro non c'è traccia. O sono stati intercettati dalle ONG potenti strumenti sussidiari delle multinazionali o dell'Esercito o sono finiti al governo USA che si era imposto come capifila dei soccorritori. Ma Obama ha incamerato il suo intervento nella questione haitiana dondolandosi davanti alle TV di tutto il mondo, facendo la ruota come un tacchino e dicendosi continuamente: Quanto sono bravo, come è storico quello che faccio!
E' impressionante il rullo di tamburi di tutta la stampa occidentale sulla legge approvata dal Congresso. Il Congresso dei Ricconi dal momento che quasi il cinquanta per cento della popolazione povera non va a votare perchè non ha un partito.
Obama è già entrato tra i Grandi Presidenti della storia degli USA e del mondo. La sua testa sarà scolpita accanto a quelle degli altri quattro suoi colleghi nelle Montagne Rocciose?
Resta il fatto che la Sanità USA resta la peggiore e la più cara del mondo. E' basata sul profitto assicurato ai privati che scartano quanti avrebbero bisogno di cure lunghe e magari costose. La gente per curarsi deve vendersi, se la possiede, la casa. I cittadini americani non hanno diritto alla salute.
Con la grande riforma del nostro Imbonitore, continueranno a non averne diritto.
Pietro Ancona
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http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2010/03/riforma-sanitaria-usa-cosa-prevede-obama.shtml?uuid=aaeecdb4-3587-11df-af19-fb5280f1a15c&DocRulesView=Libero
http://www2.consiglio.regione.lombardia.it/wai/PALCO/istituzione/documenti/cenni_viaggioUSA_IIIcomm06.pdf

domenica 21 marzo 2010

una lezione a Napolitano

IL colore della democrazia
di Barbara spinelli (la stampa di oggi)



L’8 marzo scorso, forse per rassicurare gli italiani, il Presidente della Repubblica ha fatto alcune considerazioni singolari, sul coraggio e la politica. Ha detto che «in un contesto degradato, di diffusa illegalità, essere ragazzi e ragazze perbene richiede talvolta sacrifici e coraggio»: in questi casi estremi sì, «è bello che ci sia» questa virtù. Ma in una democrazia rispettabile come la nostra, «per essere buoni cittadini non si deve esercitare nessun atto di coraggio». Profonda è infatti negli italiani «la condivisione di quel patrimonio di valori e principi che si racchiude nella Costituzione». Legge e senso dello Stato sono nostre doti naturali: il che esclude il degrado della legalità. I toni bassi sono lo spartito di sì armoniosa disposizione.

Il fatto è che non siamo in una democrazia rispettabile, e forse il Presidente pecca di ottimismo non solo sull’Italia ma in genere sullo stato di salute delle democrazie. Certo, non s’erge un totalitarismo sterminatore.
Ma Napolitano avrà forse visto il terribile esperimento mostrato alla televisione francese, qualche giorno fa. Il documentario si intitola Il Gioco della morte, e mette in scena un gioco a premi in cui i candidati, per vincere, ricevono l’ingiunzione di infliggere all’avversario che sbaglia i quiz una scarica elettrica sempre più intensa, fino al massimo voltaggio che uccide.
La vittima è un attore che grida per finta, ma i candidati non lo sanno. Il risultato è impaurente: l’81 per cento obbedisce, spostando la manopola sui 460 volt che danno la morte. Solo nove persone si fermano, udendo i primi gemiti del colpito. Sette rinunciano, poi svengono.

Difficile dopo aver visto il Gioco dire che siamo democrazie rispettabili, dove legge e Costituzioni sono interiorizzate. Quel che nell’uomo è connaturato, in dittatura come in democrazia, non è la legge ma l’abitudine a «non pensarci», l’istinto di gregge, e in primis il conformismo. Il «contesto degradato» è nostro orizzonte permanente. È quello che Camus chiama l’assurdo: il mondo non solo non ha senso ma neppure sente bisogno di senso, ricorda Paolo Flores d’Arcais in un saggio sullo scrittore della rivolta (Albert Camus filosofo del futuro, Codice ed., 2010).

Coraggioso è chi invece «si dà pensiero», chi s’interroga sul male e per ciò stesso diventa, in patria, spaesato. Flores conclude: «Venire al mondo equivale a far nascere un dover essere». In effetti sono tanti e giornalieri, gli atti di coraggio di cui si può dire: vale la pena.
È coraggioso chi in gran parte d’Italia non paga pizzi alle mafie. Sono coraggiosi il poliziotto o il giudice che resistono alle pressioni della malavita o della politica. Soprattutto il servitore dello Stato è chiamato al coraggio, in un’Italia unificata dalla lingua ma non dal senso dello Stato. Coraggioso è chiunque sia classe dirigente, e con il proprio agire, scrivere, fare informazione, influenza l’opinione con la verità. Non so se sia bello, dire no. È comunque necessario, specie in Italia dove paure e conformismo hanno radici possenti. Il coraggio, siamo avvezzi a vederlo come gesto di eccezionale purezza mentre è gesto di chi ­ fu Borsellino a dirlo ­ in cuor suo lo sa: «È normale che esista la paura. In ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio». Così come c’è un male banale, esiste la banalità quotidiana del coraggio.

Forse bisogna tornare alle fonti antiche, per ritrovare questa virtù.
Nella Repubblica, Platone spiega come il coraggio (andreia) sia necessario in ogni evenienza, estrema e non. Esso consiste nella capacità (dell’individuo, della città) di farsi un’opinione su ciò che è temibile o non lo è, e di «salvare tale opinione». L’opinione da preservare, sulla natura delle cose temibili, «è la legge e impiantarla in noi attraverso l’educazione», e il coraggio la conserva «in ogni circostanza: nel dolore, nel piacere, nel desiderio, nel timore» (429,c-d). La metafora usata da Platone è quella del colore. Immaginate una stoffa, dice: per darle un indelebile colore rosso dovrete partire dal bianco, e sapere che il colore più resistente si stinge, se viene a contatto con i detersivi delle passioni.

Il colore della democrazia è la resistenza a questo svanire di tinte, a questo loro espianto dal cuore (il cuore è la sede del coraggio). Compito dei cittadini e dei custodi della repubblica è «assorbire in sé, come una tintura, le leggi, affinché grazie all’educazione ricevuta e alla propria natura essi mantengano indelebile l’opinione sulle cose pericolose, senza permettere che la tintura sia cancellata da quei saponi così efficaci a cancellare: dal piacere, più efficace di qualsiasi soda; dal dolore, dal timore e dal desiderio, più forti di qualsiasi sapone» (430,a-b).

In Italia la democrazia è stinta più efficacemente perché le leggi e i custodi ci sono, ma l’innesto è meno scontato di quanto si creda. Berlusconi lavora a tale espianto da anni, e ora lo ammette senza più remore: alla legalità contrappone la legittimità che le urne conferiscono al capo. I custodi delle leggi li giudica usurpatori oltre che infidi. Legittimo è solo il capo, e questo gli consente di dire: «La legge è ciò che decido io». I contropoteri cesseranno di insidiarlo solo quando pesi e contrappesi si fonderanno: quando, eletto dal popolo, conquisterà il Quirinale.

Se la democrazia fosse rispettabile non ci sarebbe un capo che s’indigna perché scopre d’esser stato intercettato mentre ordina di censurare programmi televisivi sgraditi, e i cittadini, forti di indelebili tinture, gli direbbero: le tue telefonate non sono private come le nostre, le intercettazioni sono a volte eccessive ma chiamare l’autorità garante dell’informazione o il direttore di un telegiornale Rai, per imprimere loro una linea, è radicalmente diverso. Ognuno ha diritto alla privacy, e anche noi abbiamo criticato gli eccessi delle intercettazioni. Ma l’abuso di potere che esse rivelano è in genere ben più impaurente del cannocchiale che lo smaschera. Schifani dice: «È preoccupante la fuga di notizie» e di fatto lo riconosce: sono le notizie a inquietarlo. Anche dire questa semplice verità è coraggio quotidiano.

L’intervento sui programmi televisivi si fa specialmente sinistro alla luce di show come Il Gioco della morte. Non dimentichiamo che un esperimento simile si fece nel luglio 1961 all’università di Yale, guidato dallo psicologo Stanley Milgram. A ordinare gli elettroshock, allora, c’erano autorevoli biologi in camice grigio. Oggi l’autorità si fa giocosa, è una bella valletta a intimare, suadente: «Alzi il voltaggio!». Il pubblico applaude, ride. A opporsi è stato un misero 20 per cento, mentre il 35 s’oppose nel caso Milgram. Ne consegue che la televisione ha più potere di scienziati in camice, sulle menti: il coraggio diminuisce, il conformismo aumenta. Philip Zimbardo, organizzatore di test analoghi a Stanford nel 1971, racconta come nessuno di coloro che rifiutarono di infliggere i 460 volt chiese a Milgram di fermare l’esperimento, o di visitare l’urlante vittima degli elettroshock.
Questo significa che la televisione non è più solo una caja tonta, una scatola tonta, come dicono in Spagna. È una cassa da morto, che trasforma lo studio televisivo in Colosseo di sangue: lugubri, le risate sono le stesse.

Ci sono sere a RaiUno in cui prima viene un notiziario menzognero (che dà per assolto Mills, che presenta il giurista Hans Kelsen come critico ante litteram della legalità), poi seguono programmi dai nomi ominosi: Affari Tuoi, I Raccomandati, in un crescendo di catodiche manipolazioni.

Presto vedremo, in Tv, la morte in diretta sotto forma di varietà. Kierkegaard dice in Aut-Aut che l’ultimo ad apparire, alla fine del mondo, sarà il Buffone: «Accadde in un teatro, che le quinte presero fuoco. Il Buffone uscì per avvisare il pubblico. Credettero che fosse uno scherzo e applaudirono; egli ripeté l’avviso: la gente esultò ancora di più. Così mi figuro che il mondo perirà fra l’esultanza generale degli spiritosi, che crederanno si tratti di uno scherzo».

venerdì 19 marzo 2010

Cremaschi e l'art.18

CREMASCHI E L'ART.18


Ci sono tanti modi per assecondare una politica compreso quello di avversarla. Importante che
l'avversione abbia tempi che non possono più influire sulla sua realizzazione. Cremaschi, importante leader della sinistra sindacale, segretario della Fiom, sapeva assieme a tutta la Fiom ed a tutta la CGIL che il collegato lavoro era in laboriosa gestione al Senato e che sarebbe stato posto in approvazione.
La data di approvazione era conosciuta da tutti. Tuttavia si è giunti al varo della legge che viene giudicata da lui stesso come il più grave attacco a tutti i diritti dei lavoratori senza intervenire, senza spendere una parola. Si è lasciato che il PD facesse una blanda ed assai compiacente opposizione, limitandosi alla limatura di qualcuno degli aspetti più odiosi e vessatori.
Ora Cremaschi critica la legge approvata dal Parlamento ed in attesa di essere promulgata dal Capo dello Stato e ne chiede il boicottaggio ai lavoratori nel caso di sua approvazione.
Sacconi ha rimproverato alla CGIL di non essere mai intervenuta durante i quattro passaggi che la legge ha avuto in Parlamento durante una incubazione lunga ben due anni. Può spiegare La CGIL come mai non si è fatta viva e non ha allarmato i lavoratori italiani su quanto si stava tramando alle loro spalle in Parlamento? Come mai Cremaschi e la Fiom hanno aspettato di essere posti davanti al fatto compiuto?
Ora, se Napolitano firma, non ci sarà più niente da fare. La CGIL può certo non partecipare alle Commissioni di arbitrato e potrà ricorrere alla Corte Costituzionale. Ha escluso il ricorso al referendum. Ci vorranno anni ed intanto la legge opererà sui molteplici fronti dai quali aggredisce i diritti dei lavoratori ed impone
uno jus di vera e propria menomazione fatta di divieti e di condizioni onerose.
Sono anni che l'agenda sindacale viene imposta o dal padronato o dal governo ed le Confederazioni si limitano ad apporre la loro firma su scelte che nel tempo sono diventate sempre più scellerate.
L'opposizione che oggi fa la Fiom risulta anacronistica e perdente. Avrebbe dovuto farla prima e spingere la CGIL alla difesa dell'ultimo fortilizio rimasto. Gli stessi giuslavoristi e costituzionalisti che si sono schierati a difesa dell'art.18 non hanno avuto l'aiuto necessario dal Sindacato.
Si ha l'impressione che l'attenzione della CGIL sia tutta concentrata alla contemplazione del suo stesso ombelico. Le mozioni non significano più niente ed il prossimo Congresso sarà dominato da questioni che le hanno abbondantemente superate. Forse si sta discutendo nelle stanze alte della CGIL soltanto dei seggi e degli incarichi da ripartire. In Sicilia si dice "la sciarra e pa cutra". La lite è per la coperta, per la roba e chi se ne infischia di tutto il resto.
Ho sempre sperato in una autoriforma della CGIL, nella sua capacità di attingere al grande animo generoso del suo popolo per riconquistarne i diritti perduti.
Ma le mie speranze sono vanificate di quanto succede nella realtà. La realtà è di una CGIL che ha cessato di impegnarsi non solo per il cambiamento ma anche per il puro e semplice mantenimento dei diritti esistenti.
Pietro Ancona
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giovedì 18 marzo 2010

Idee velenose e brividi alla schiena

Idee velenose e fastidio alla schiena

Il Ministro Sacconi ha lamentato un "fastidio alla schiena" causatogli dalle critiche alla 1167 di cui è padre gelosissimo. Ha fatto anche sapere che non "tollererà" nessuna modifica. La creatura che ha partorito è perfetta e coloro che oggi la osteggiano se ne pentiranno come hanno fatto per la loro opposizione alla legge Biagi ed alla soppressione della scala mobile. Il "fastidio alla schiena" del ministro gli è stato provocato dal "linguaggio violento" e dalle "idee velenose" di Niki Vendola il quale ha definito la 1167 un "colpo alla nuca dei lavoratori" definizione che traduce correttamente in immagine
"l'aggiramento" all'art.18 di cui ha parlato tutta la stampa italiana. .
Quando il Ministro parla di "fastidio alla schiena" forse allude al brivido di paura di chi si sente minacciato da un possibile terrorista che, ispirato dalle parole di Niki Vendola ed imbevuto dell'odio
che secondo Berlusconi sarebbe il passo successivo all'invidia sociale, potrebbe attentare alla sua vita. La stessa accusa fu fatta a Cofferati quando per avere criticato il libro bianco di Biagi fu criminalizzato addirittura come mandante morale del suo omicidio. L'accusa gli venne dall'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga a cui si unì il coro latrante della destra.
Ora Sacconi sembra volere evocare il martirio. Si vorrebbe consegnare alla storia come il Ministro della "complicità sociale" vittima di assatanati estremisti.
Intanto si accinge a raggiungere Modena dove si celebrerà il ricordo del grande antigiuslavorista Marco Biagi. A Modena si studierà l'evoluzione dell'antigiuslavorismo in gran parte trasfuso nella legge trenta e che è prossimo a sfociare nella imposizione di obblighi. Aver annichilito le tutele e stabilito che i lavoratori non sono minus habent , normare l'abuso ed il fumus della elusione non sembra più sufficiente. Bisogna andare avanti e, non avendo tanti altri diritti da togliere, si passa alla imposizione degli obblighi e degli abusi. Questi cominciano ad essere introdotti dalla 1167. L'obbligo di non adire ad un Tribunale ed a subire la privatizzazione della legge nell'arbitrato. Il diritto del lavoro è stato assaltato a più riprese da torme di topi roditori esperti sopratutto nelle procedure. Accanto all'arbitrato sono state messe vere e proprie trappole procedurali. Dalla lettura del "collegato lavoro" si evince uno sforzo per rendere difficoltosa e piena di trabocchetti la difesa del lavoratore. Molti dei suoi diritti vengono trasferiti ai Sindacati ed é questa la novità sconcertante denunziata dall'ANM, e dalle associazioni dei giuslavoristi e dei giuristi democratici: la privatizzazione della Legge.
Anche Bonanni si schiera spavaldamente a difesa della 1167 e ne attribuisce a "lobby" nostalgiche della prima Repubblica le ostilità. Non esita a definire "lazzaroni" quanti non la pensano come lui. Secondo il dizionario , il lazzarone è una canaglia, un mascalzone e come tale venivano disprezzati dai nobili della corte borbonica i popolani napoletani. Bonanni si mostra anche deluso di Ichino e lo accusa di protervia e di avere proposto il contratto unico che, questo si, avrebbe davvero cancellato l'art.18.
Ora le lobby sono potenti organizzazioni che attraverso loro campagne di persuasion, in Italia si chiamano tangenti, influenzano i Parlamenti a cominciare dal Congresso USA per proteggere o imporre i loro interessi. Ci sono le lobby di fabbricanti di armi che hanno impedito il controllo delle vendite o quelle della sanità privata o delle assicurazioni. Considerare i critici della 1167 una lobby a me sembra una enormità, una sparata. In quanto alle nostalgie per la Prima Repubblica io, a differenza di Bonanni, penso che siano assai giustificate. La prima Repubblica garantiva i diritti dei lavoratori. La Seconda Repubblica è la palude fascista nella quale stiamo affondando ed é un mondo capovolto nel quale alcuni potenti sindacati sono dalla parte dei padroni e ne tutelano gli interessi contro i lavoratori.
A fronte del vittimismo protervo e degli insulti di Bonanni e Sacconi ieri non si sono levate voci forti e chiare a difesa dell'art.18. Bersani é intervenuto alla Camera per spiegare come sarebbe assai più bravo di Tremonti e di Berlusconi nel tirare fuori dalla crisi l'economia italiana. Non ha speso una sola parola sulla legge 1167. La CGIL si affida ad un comunicato del solito addetto ai lavori più che altro per lamentare il fatto che il Ministro del Lavoro ha concluso un accordo con Cisl e UIL prima della promulgazione della legge.
Siamo alla ripetizione di un film già visto per la riforma del contratto. Solo che qui siamo in presenza di una legge, cioè di una demolizione di diritti che potranno essere restaurati soltanto da un altra legge. Che forse non verrà mai. I governi di centro-sinistra non hanno mai cambiato le leggi dei governi di centro-destra in materia sociale. Bisogna quindi intervenire ora e subito con una grande mobilitazione popolare. Ma non arrivano segnali al riguardo neppure dalla Fiom o dalla Mozione Due. Soltanto la sinistra "radicale" ha fatto e continua a fare quello che può. Grazie a Vendola ed a Ferrero.
Pietro Ancona
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http://www.agi.it/economia/notizie/201003081401-eco-rt10124-lavoro_vendola_attacco_ad_art_18_e_colpo_a_nuca_lavoratori
http://notizie.virgilio.it/notizie/economia/2010/3_marzo/17/art18_sacconi_stop_linguaggio_violentoda_fastidio_alla_schiena,23434958.html

mercoledì 17 marzo 2010

La sgridata

La sgridata

Non credo molto alla sgridata che Obama e la Clinton stanno facendo a Netanjhau per la questione degli insediamenti abitativi nella zona palestinese di Gerusalemme ed in Gisgiordania. Sono anni che
Gerusalemme è sottoposta ad una spietata pulizia etnica nel silenzio compiaciuto degli Usa. Migliaia di case di palestinesi sono state demolite dalle mostruose ruspe degli israeliani. In conseguenza di ciò è stata revocata la cittadinanza a migliaia di famiglie che diventano apolidi nella loro terra e non sanno dove andare . In Gisgiordania le costruzioni di nuove abitazioni di coloni non si sono mai fermate. Gli insediamenti disarticolano l'unità territoriale della Palestina facendone un labirinto allucinante pieno di check point che rendono difficilissima la vita della gente. In effetti, a seguito dei bombardamenti, all'imprigionamento della sua popolazione in un territorio infetto da uranio e fosforo, agli omicidi "mirati" ed alle tante altre sevizie di stampo nazista inflitte dalla "sola democrazia" del Medio Oriente, l'opinione pubblica mondiale è sempre meno propensa a giustificare il comportamento di Israele come difesa dal terrorismo. Può darsi che tenendo conto di questo gli Usa hanno iscenato la sgridata, e anche per riportare Abu Mazen al tavolo del negoziato e continuare l'interminabile farsa della "trattativa di pace" che copre propagandisticamente l'espansione colonialista di Israele. Gli USA ed Israele hanno bisogno di consentire ad Abu Mazen di continuare a stare dalla loro parte senza sputtanarsi per isolare i patrioti di Hamas.
Non dobbiamo dimenticare che alla costruzione del muro di acciaio egiziano profondo trenta metri, munito di marchingegni capaci di annegare e distruggere chiunque cerchi di superarlo partecipano gli americani (ed anche gli italiani). Il muro isolerà per sempre la popolazione di Gaza dal resto del mondo. Nessuno potrà più entrare ed uscire senza il permesso dell'esercito israeliano.
Tra qualche giorno del dissenso Usa-Israele non resterà traccia e tutto riprenderà come prima. Gli Usa ed Israele non vogliono la pace ma proseguire nella loro opera di espansione e di colonizzazione.
Non c'è alcuna giustificazione che possa farci accettare l'occupazione dei territori palestinesi, dello Iraq, dell'Afghanistan e la prossima aggressione dell'Iran. L'Iran non costituisce un pericolo specialmente per chi ha distrutto per due volte il Libano e bombardato Gaza. La futuribile bomba atomica iraniana potrà soltanto cercare di fronteggiare l'enorme arsenale di bombe nucleari israeliane
delle quali nessuno parla e che costituiscono un pericolo per l'umanità.
Pietro Ancona
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martedì 16 marzo 2010

il teatro delle bugie

Il teatro delle bugie
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L'articolo di Repubblica di ieri mattina con la notizia della perplessità del Presidente della Repubblica sulla ratifica della legge 1167 era stato accolto come un raggio di sole in una plumbea giornata di pioggia. L'articolo era talmente circostanziato e documentato da fare ritenere assolutamente attendibili le critiche formulate dal Quirinalle all'impianto della legge anti art.18. Subito dopo tutto il fronte dei fautori della legge si è messo in movimento per pressare il Quirinale e fargli capire che non deve tergiversare sul bottino più sostanzioso che il padronato è riuscito a scippare ai lavoratori dopo la legge Biagi. Sacconi, il Ministro della "complicità sindacati-padronato" ha emesso acutissimo strillo di protesta ed ha malignamente rinfacciato al PD e alla stessa CGIL il fatto che
la legge ha subito ben quattro passaggi d'aula senza suscitare particolari contrarietà ed opposizioni.
Insomma ha fatto sapere a Napolitano che il fronte anti art.18 è bipartisan. Chiamato in causa, il PD, con una nota di Damiano e Berretta, si limita a chiederne una modesta limatura per rendere meno brutale il tritacarne dell'arbitrato. Contemporaneamente Sergio D'Antoni, ex segretario della Cisl ed autorevole esponente del PD, interviene per spezzare la sua lancia a favore dell'arbitrato. Anche la CGIL è intervenuta ma, a differenza della CISL che ha preso posizione ufficiale a favore con la sua segreteria, si è limitata ad un commento di Fulvio Fammoni. Giudizio negativo e basta. Non si chiede niente al Presidente, non si invitano i lavoratori a protestare, a creare nei posti di lavoro un movimento di contestazione. Il grande pitone a più teste del sindacalismo italiano inghiottirà la 1167 come ha inghiottito la legge 30 e quant'altro si è fatto con il governo ed il padronato per cancellare diritti o restituire miglioramenti ottenuti.
Cazzola, grande coautore della 1167, già segretario della CGIL in quota sinistra socialista, chiede bon ton. Non bisogna premere sul Quirinale specialmente se si chiede di bloccare il misfatto e rinviarlo agli autori. Ichino, furbissimo e scaltrissimo, cerca di stornare l'attenzione, di minimizzare: "non vi preoccupate, tanto la legge è incostituzionale e non sarà applicata", scrive ! Ma anche la legge Biagi è incostituzionale ed è una miniera di elusione e di evasione della Costituzione, eppure è in piena opera, ha già fatto milioni di vittime ed altre ne continuerà a fare. Non solo, ma continua ad essere celebrata dal mondo accademico come una delle pietre miliari del nuovo giuslavorismo. Dal 19 marzo e per tre giorni l'Università di Modena è impegnata in un seminario di studi sull'opera di Biagi. Osservo con amarezza che tanta attenzione non è mai stata dedicata all'opera di Brodolini ed al suo Statuto dei Diritti accolto dalla borghesia italiana di malagrazia e con malcelata ostilità come peraltro viene accolta dai potenti ogni cosa riguardante la giustizia sociale e l'eguaglianza. L'establiscement non gradisce la diffusione dei diritti.
La Repubblica fondata sul Lavoro si accinge a celebrare come un grande eroe del pensiero, come un grande riformatore, l'autore di un libro bianco definito da Cofferati dal contenuto "limaccioso". La riforma Biagi consiste essenzialmente nel prevedere un numero quasi infinito di rapporti di lavoro dal cocopro alla prestazione a partita iva, una miniera inesauribile di possibilità di elusione dei diritti delle persone. Infatti, tutti gli infelici che prestano la loro attività sub specie legge trenta non soltanto
hanno perso quasi tutti i diritti, ma si debbono accontentare di retribuzioni meschine. Una ragazza due volte laureata, master, tre lingue, adibita al lavoro di segreteria guadagna non più di 700 euro al mese.
Cinque e forse più milioni di lavoratori biagizzati vivono nella precarietà e se licenziati non possono fruire di nessun ammortizzatore sociale. Questo governo ha fatto qualcosina per alcuni di loro che però non deve costare più di duemila euro annui. L'entusiasmo con il quale tantissimi ragazzi e ragazze hanno raggiunto la laurea è stato spento da una imprenditoria disumana che riesce ad imboscare centinaia di miliardi di euro all'estero. La laurea non é più strumento di promozione sociale e di qualificazione. La legge Biagi l'ha totalmente stroncata ed ha stroncato le speranze nutrite per tutta una vita dalle sue vittime. Quello che conta è il censo, la famiglia, Se sei avvocato e tuo padre è contadino puoi solo andare a servizio per pochi soldi da un altro avvocato il cui padre era avvocato. Lo stesso per tutte le professioni. I laureati figli di poveri sono stati brutalmente riproletarizzati e la legge Biagi li ha rimessi al loro posto.
Sacconi conta di portare a Modena al convegno su Biagi lo scalpo dell'art.18. La porta della precarizzazione universale è spalancata!
Intanto si comincia a costruire un nuova volgata dopo le tante "modernizzazioni" che hanno devastato e ridotto in macerie i diritti. Qualcuno comincia a parlare della bellezza della privatizzazione del diritto. Se sono le parti sociali e non la legge a regolare il conflitto non è forse meglio? Qualcuno si infila nella porta aperta dall'arbitrato per cancellare le tutele stigmatizzate come privilegi, ingessature, lacci e lacciuoli.
Pietro Ancona
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http://www.asca.it/news-ART_18__CISL__ARBITRATO_E__STRUMENTO_IN_PIU__PER_CONTROVERSIE_LAVORO-901860-ORA-.html

lunedì 15 marzo 2010

Indecenti pressioni per ratificare la legge contro l'art.18

Le indiscrezioni di Repubblica sono state smentite dal Quirinale a seguito del brutale intervento di Sacconi ed anche delle pressioni di autorevoli ambienti del PD che vorrebbero il timbro del Capo dello Stato sulla legge che aggira l'art.18 e priva i lavoratori della tutela del Giudice.

Il regime in materia sociale è bipartisan da un pezzo. I lavoratori sono soli davanti ad un padronato che viene armato di leggi per meglio umiliarlo. Gli ex comunisti completano la transizione al campo padronale iniziata alla Bolognina. La CGIL, finora, osserva il silenzio.
Pietro Ancona

http://www.repubblica.it/economia/2010/03/15/news/napolitano_articolo_18-2663717/

domenica 14 marzo 2010

il giorno dopo la manifestazione

Il giorno dopo la manifestazione

La manifestazione di ieri per fermare il deterioramento della democrazia e gli abusi della cricca che si è impadronita del è stata un successo, una boccata d'ossigeno tra i miasmi della crisi. Un Ministro della Repubblica che afferra per la collottola un giornalista per una domanda non gradita rivolta a Berlusconi. Un altro Ministro che ostenta una faccia minacciosa da cane mastino e che manda subito gli ispettori a Trani dopo la pubblicazione di intercettazioni telefoniche che disvelano pressioni mafiose, illecite e padronali del Presidente del Consiglio. Palazzo Chigi che annunzia la bomba sull'aereo di Berlusconi con l'evidente scopo di vittimizzarlo e criminalizzare l'opposizione che con le sue critiche alimenta un clima di odio...e tantissime altre cose che sono diventate insopportabili come le campagne denigratorie di Brunetta per i pubblici dipendenti, lo sfascio della scuola pubblica, il degrado del servizio sanitario.....
Non c'è dubbio che la composta e qualificata manifestazione di ieri ha alzato un argine alla degenerazione e avviato una alternativa, un possibile cambiamento di maggioranza.
Non si è chiamato in causa il Presidente della Repubblica ed è stato un bene. La destra avrebbe speculato se si fossero alzate critiche verso il Capo dello Stato. Ma si deve sapere che le critiche restano e che, nei confronti di Napolitano, la fiducia è esaurita. Sono troppe le porcherie che sono state timbrate dal Quirinale. Alcune di esse ci hanno squalificato nel mondo specialmente presso i popoli che hanno immigrati in Italia, che conoscevano l'Italia come il Paese civile dei tempi di Fanfani, Moro, Nenni e che con sconcerto ed orrore ora assistono
alla degradazione bestiale dello sfruttamento imposto ai loro migranti, ai campi miserrimi dei rom devastati dalle ruspe, all'imprigionamento in carceri orribili di diecine di migliaia di "irregolari" che magari sono diventati tali per la sadica normativa dei permessi di soggiorno.
Il compito del Capo dello Stato non è quello di non fare incazzare Berlusconi perchè altrimenti questi minaccia sfragelli ed alza con insolenza la voce. Non deve firmare leggi equivoche e quella distrugge l'art.18 con artefizi legulei.
La firma alle leggi del Capo dello Stato è a garanzia del diritto di tutti i cittadini e non del solo governo.
La questione fondamentale che si è posta la manifestazione di ieri è il ripristino della normalità, il rispetto delle regole della democrazia,il rispetto per lo Stato e delle sue istituzioni. Tutte cose giuste che vanno sostenute ma che non debbono offuscare problemi che sono stati evocati soltanto nell'intervento di Ferrero. Non possiamo sottacere che la questione del degrado dei diritti dei lavoratori è stata elusa e dubito che tutto il PD condivida la necessità di abrogare la legge 1167 e la legge Biagi. Meno che mai la Bonino che vorrebbe abolire financo quello che resta dei contratti collettivi di lavoro. Le privatizzazioni che hanno messo in ginocchio le famiglie italiane con l'aumento delle bollette, la politica di ascarismo colonialistico di partecipazione alle stragi della Nato , la terribile condizione delle carceri dove cento persone all'anno si suicidano restano nodi cruciali da sciogliere. E con esse tante altre cose. Non c'è libertà nel paese se non c'è libertà nei posti di lavoro!
Se siamo giunti quasi a raschiare il fondo del barile della giustizia sociale non è soltanto per il ruolo svolto dalla destra ma anche per il consociativismo del PD, la manipolazione bipartisan delle leggi elettorali sempre più autoritarie , la difesa miope ed arrogante dei privilegi della Oligarchia dei politici, il degrado del ruolo del Sindacato collaborazionista . Le Regioni per le quali si va a votare costituiscono buchi neri per l'uso delle risorse. Formigoni in Lombardia e Lojero in Calabria hanno fatto la stessa cosa: servire i ceti dominanti e parassitari ed appesantire di tasse i cittadini contribuenti.
La Pubblica Amministrazione è diventata esosa e sempre più frequentemente affida la riscossione delle imposte a società private. Se non paghi ti vendono la casa come è accaduto a diecine di migliaia di persone specialmente nella Campania di Bassolino.
Se non fosse per l'enorme macigno della questione democratica non si dovrebbe andare a votare . Ma questo non è possibile. L'astensionismo di sinistra favorirebbe la destra che aumenterebbe il suo autoritarismo e lo sfascio di ogni regola. Ma le Regioni sono diventate troppo costose e non danno servizi. Dobbiamo anche sapere che è tutta da discutere la funzione
del centro-sinistra e del sindacato. La necessità di impedire alla destra di tornare al potere non può diventare un alibi per abbandonare gli interessi delle masse popolari e i diritti del lavoro.
Berlusconi ha già annunziato la sua manifestazione del venti marzo prossimo. Una scelta eversiva, irresponsabile ed anomala. Chi sta al governo e ricorre alla piazza è eversivo. Vuole schiacciare l'opposizione non soltanto dentro il Parlamento ma anche dentro la società. Un Capo del Governo che ricorre alla Piazza dopo avere attaccato il Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale, la Magistratura, la Stampa che non gli è servile, è golpista. Vuole forzare la mano e fare il suo comodo.
Pietro Ancona
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