mercoledì 29 giugno 2011

note su un accordo

Note su un accordo

Preceduto da incontri di una diplomazia segreta che ha preso slancio da quanto si è capito che il centro-destra non sarà riconfermato alle elezioni del 2013 ci è stato spiattellato oggi l'ultimo dei tanti accordi interconfederali dettato dalla Confindustria e materialmente scritto dal suo ufficio studi. L'accordo va letto assieme ai suoi precedenti, al dibattito che si è sviluppato su Pomigliano e su Torino ed è frutto ideologico e politico della voglia del centro-sinistra di mostrarsi più scaltro e più dotato di mezzi nella gestione delle politiche imposte dalla Unione Europea. L'accordo farà trovare il grosso del lavoro sporco già fatto alla compagine che si installerà a Palazzo Chigi al posto di Berlusconi e Tremonti.
Questo accordo come alcuni di quelli che lo hanno preceduto compie una operazione giuridica e politica di enorme portata: sposta la soggettività contrattuale dai lavoratori ai "sindacati" e non a tutti soltanto a quelli ammessi nel cerchio magico della legittimità anticomunista. Gli accordi non vanno approvati dai lavoratori ma dal sindacato per almeno il 50 per cento dei rappresentati della RSU, una percentuale che non ha alcuna importanza dal momento che i tre stammo assumendo tante di quelle affinità elettive da poter presto fondersi in un unico supersindacato a cui vengono assegnati quasi d'ufficio dodici milioni di iscritti. E' un processo giuridico e giuslavoristico guidato da menti raffinatissime che porta genericamente il titolo di sussidiarietà e che prevede la privatizzazione della giustizia del lavoro ed il graduale quasi impercettibile spostamento del sindacato da rappresentante dei lavoratori o del lavoratore (se è il caso) a soggetto c he agisce con una propria autonomia ed un proprio potere di somministrazione di diritti rispetto il quale il lavoratore viene del tutto passivizzato in una figura che da sola non conta più assolutamente niente. E' quello che è accaduto nel sindacalismo americano di stampo neoliberistico.
Tutto il gruppo dirigente del PD è impegnato con Confindustria e con i superpoteri europei
a realizzare il disegno che ha trovato oggi un suo momento importante nell'accordo stipulato.
In sostanza si realizza un momento di una manovra che in Grecia sta costando quasi una rivoluzione per mettere insieme quello che in modo silenzioso e con una perfetta triangolazione con il governo in Italia si sta realizzando senza che le classi dirigenti ne paghino dazio: quaranta miliardi di tagli pagati per il 95 per cento dai redditi di lavoro e di pensione e strumenti al padronato per una gestione totalitaria delle aziende.
Tutto quello che si fa a livello istituzionale e delle grandi organizzazioni sociali contraddice le spinte profonde che sono venute dal referendum contro il nucleare e la privatizzazione. Il PD sembra sospinto a destra piuttosto che a sinistra dal sentimento popolare che si innalza dal paese. E' diventato sordo, sordissimo alle migliaia di proteste dei precari, della scuola, degli operai e tira avanti per la sua strada che è la stessa dei governi di centro-destra e socialisti europei.
L'obiezione all'accordo è venuto da Cremaschi e da Landini. Obiezione data per scontata e tuttavia terribile nel suo isolamento politico e sociale. Pur rispondendo ad interessi fondamentali ed irrinunziabili dei lavoratori italiani, le gravissime denunzie scivolano senza lasciare profonde tracce nel corpo enorme dei gruppi dirigenti delle tante categorie che fanno capo alla CGIL. La logica che prevale in questo corpo è quella di un centralismo autoritario dal quale bisogna avere fegato per dissentire specialmente per chi ha scelto di fare un funzionario sindacale a tempo pieno.
Come ha giustamente detto oggi Susanna Camusso l'accordo di oggi chiude un periodo e ne apre nuovo. La CGIL non è più in bilico tra moderatismo ed autonomia di classe. Ha scelto per sempre il moderatismo e di stare con Bonanni e con Angelletti. Bonanni è il vero leader della nuova fase unitaria. Napolitano nè è l'alto patrocinatore. Che importa se i lavoratori ne ricaveranno soltanto amarezze delusioni disagi e povertà? Se si leggono gli atti fondamentali del fascismo dal 1926 al 1938 si scopre una somiglianza impressionante con gli accordi dei tre con la Confindustria e con il Governo di oggi. Ma il processo di deidentificazione della classe lavoratrice non era sollecitato ed attuato con forme così penetranti come quelle di oggi.
Pietro Ancona
già sindacalista della CGIL e membro del CNEL
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it di Giuseppina Ficarra

giovedì 23 giugno 2011

la verità sulla Siria di Assad



Il piano di destabilizzazione della Siria

di Thierry Meyssan
Le operazioni condotte contro la Libia e la Siria mobilitano gli stessi attori e le stesse strategie. Ma i loro risultati sono molto diversi perché questi stati non sono comparabili. Thierry Meyssan analizza il parziale fallimento delle forze coloniali e contro-rivoluzionarie e pronostica un nuovo passaggio del pendolo nel mondo arabo.

Rete Voltaire | Beirut (Libano) | 17 giugno 2011
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Il ministro degli Affari Esteri francese Alain Juppé e la sua omologa statunitense Hillary Clinton, il 6 giugno a Washington. © Dipartimento di Stato. Il tentativo di rovesciare il governo siriano, per molti aspetti è simile a quanto è stato fatto in Libia, sebbene i risultati siano assai diversi a causa delle particolarità sociali e politiche. Il progetto di spezzare questi due Stati è stato impostato il 6 Maggio 2002 da John Bolton, quando era sottosegretario di stato nell’amministrazione Bush, la sua attuazione da parte dell’amministrazione Obama, nove anni dopo, nel il contesto del risveglio arabo, non avviene senza problemi.

Come in Libia, il piano originale era quello di suscitare un colpo di stato militare, ma ben presto si è rivelato impossibile per la mancanza degli ufficiali necessari. Secondo alcune fonti, un progetto simile è stato anche considerato per il Libano. In Libia, il complotto fu scoperto e il colonnello Gheddafi ha fatto arrestare il colonnello Abdallah Gehani. In tutti i casi, il progetto originario è stato rivisto nel contesto dell’inaspettata "primavera araba".

L’azione militare
L’idea principale era quindi causare problemi in una zona ben definita, e di proclamare un emirato islamico che servisse da base per lo smantellamento del paese. La scelta del distretto Daraa si spiega col fatto che si torva sul confine con la Giordania e le alture del Golan occupate da Israele. Sarebbe stato così possibile rifornire i secessionisti.

Un incidente è stato creato artificialmente, chiedendo agli studenti di impegnarsi in delle provocazioni. Ha funzionato al di là di ogni aspettativa a causa della brutalità e della stupidità del governatore e del capo della polizia locale. Quando le manifestazioni iniziarono, dei cecchini furono posizionati sui tetti per uccidere a caso, sia tra la folla che tra la polizia, uno scenario identico a quello utilizzato a Bengasi per provocare la ribellione.

Altri scontri sono stati pianificati, di volta in volta, nei distretti di confine, per assicurarsi una base di supporto, prima al confine col Libano settentrionale, e poi al confine con la Turchia.

I combattimenti sono stati condotti da piccole unità, spesso composte da quaranta uomini, unendo individui reclutati sul posto e un inquadramento di mercenari stranieri delle reti del principe saudita Bandar bin Sultan. Bandar stesso è giunto in Giordania, dove ha supervisionato l’inizio delle operazioni in collaborazione con funzionari della CIA e del Mossad.

Ma la Siria non è la Libia e il risultato è stato ribaltato. Infatti, mentre la Libia è uno stato creato dalle potenze coloniali, combinando con la forza Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, la Siria è una nazione storica che è stata ridotta alla sua forma più semplice dalle stesse potenze coloniali. La Libia è spontaneamente in preda a delle forze centrifughe, mentre al contrario la Siria attrae forze centripete, che sperano di ricostruire la Grande Siria (che comprende Giordania, Palestina occupata, Libano, Cipro, e parte dell’Iraq). La popolazione della Siria di oggi non può che opporsi al progetto di partizione.

Inoltre, si può paragonare l’autorità del colonnello Gheddafi e quello di Hafez el-Assad (padre di Bashar). Sono saliti al potere nello stesso periodo e usando la loro intelligenza e brutalità per imporsi. Invece, Assad non ha preso il potere, e non intendeva neanche ereditarlo. Ha accettato la carica alla morte di suo padre, perché suo fratello era morto, e solo la sua legittimità familiare poteva evitare una guerra di successione tra i generali di suo padre. Se l’esercito è venuto a cercarlo a Londra, dove ha esercitato la professione di oculista, è il suo popolo che l’ha insediato. E’ senza dubbio il leader politico più popolare in Medio Oriente. Fino a due mesi fa, è stato anche l’unico che viaggiava senza scorta, e non era riluttante a fare dei bagni di folla.

L’operazione militare per destabilizzare la Siria e la campagna di propaganda che l’accompagnava, sono state organizzate da una coalizione di stati coordinati dagli Stati Uniti, così come la NATO sta coordinando gli Stati membri e non membri dell’Alleanza per stigmatizzare e bombardare la Libia. Come notato sopra, i mercenari sono stati forniti dal Principe Bandar bin Sultan, che è stato improvvisamente costretto ad intraprendere un tour internazionale in Pakistan e Malesia, per incrementare il suo esercito personale dispiegato da Manama a Tripoli. Si può citare, così, come esempio l’installazione di un centro di telecomunicazioni ad hoc nei locali del Ministero delle Telecomunicazioni libanese.

Lungi dall’aizzare il popolo contro il "regime", il massacro ha provocato un risveglio nazionale attorno al presidente Bashar al-Assad. I siriani, consapevoli che si cerca di puntare alla guerra civile, hanno fatto blocco. In totale nelle manifestazioni anti-governative hanno partecipato tra 150.000 e 200.000 persone, su una popolazione di 22 milioni di persone. Al contrario, alle manifestazioni filo-governative hanno partecipato folle che il paese non aveva mai visto prima.

Le autorità hanno reagito agli eventi con calma. Il presidente ha anche avviato le riforme che voleva intraprendere da molto tempo, e che la maggioranza della popolazione tratteneva per paura che occidentalizzasse la società. Il Partito Baath ha accettato il multipartitismo senza cadere nell’arcaismo. L’esercito non ha represso i manifestanti, al contrario delle affermazioni dei media occidentali e sauditi, ma ha combattuti i gruppi armati. Purtroppo, i suoi alti ufficiali, addestrati in Unione Sovietica, non hanno dimostrato considerazione per le vittime civili del fuoco incrociato.

La guerra economica
La strategia occidentale-saudita si è poi evoluta. Washington, rendendosi conto che l’azione militare non sarebbe stata, nel breve periodo, in grado di immergere il paese nel caos, ha deciso di agire sulla società nel medio termine. L’idea è che la politica del governo al-Assad stava creando una classe media (l’unica effettiva garanzia di democrazia) e che è possibile rivolgere la classe media contro di lui. Per questo, si doveva causare un collasso economico del paese.

Tuttavia, la principale risorsa della Siria è il suo petrolio, anche se il volume di produzione non è paragonabile a quella dei suoi ricchi vicini. Per venderlo aveva bisogno di avere degli asset nelle banche occidentali che servono come garanzia per le transazioni. Basta congelare questi beni per uccidere il paese. E’ quindi necessario offuscare l’immagine della Siria per fare ammettere alle popolazioni occidentali le "sanzioni contro il regime".

In linea di principio, il congelamento dei beni richiede una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma questo è improbabile. La Cina è già stata costretta a rinunciare al suo diritto di veto durante l’attacco alla Libia, rischiando di perdere il proprio accesso al petrolio saudita, probabilmente non vi si è opposta. Ma la Russia poteva farlo, altrimenti perdeva la sua base navale nel Mediterraneo che vedrebbe la flotta del Mar Nero soffocare dietro i Dardanelli. Per intimidirla, il Pentagono ha schierato l’incrociatore USS Monterey nel Mar Nero, solo per dimostrare che le ambizioni navali russe sono irrealistiche.

In ogni caso, l’amministrazione Obama può risuscitare la Syrian Accountablity Act del 2003 per congelare i beni siriani senza attendere una risoluzione delle Nazioni Unite, e senza la necessità di un voto del Congresso. La storia recente ha dimostrato, soprattutto nei confronti di Cuba e Iran, che Washington può facilmente convincere i suoi alleati europei ad allinearsi alle sanzioni che decide unilateralmente.

Così oggi la vera sfida si sposta dal campo di battaglia ai media. L’opinione pubblica occidentale prende tanto facilmente lucciole per lanterne non sapendo molto della Siria, e crede nella magia delle nuove tecnologie.

La guerra mediatica
In primo luogo, la campagna di propaganda focalizza l’attenzione dell’opinione pubblica sui crimini imputati al "regime", per evitare qualsiasi domanda su questa nuova opposizione. Questi gruppi armati, infatti, non hanno nulla a che fare con gli intellettuali che per protestare hanno scritto la Dichiarazione di Damasco. Provengono dall’ambiente estremista religioso sunnita. Questi fanatici rifiutano il pluralismo religioso nel Levante e sognano uno stato che gli assomiglia. Non stanno combattendo il presidente Bashar al-Assad perché lo trovano troppo autoritario, ma perché è alawita, vale a dire, ai loro occhi eretico.

Pertanto, la propaganda anti-Bashar si basa sull’inversione della realtà. Per esempio, il caso divertente, notiamo, del blog "A Gay Girl in Damascus" creato nel febbraio 2011. Questo sito web pubblicato in inglese dalla giovane Amina, è diventato una fonte per molti media atlantisti. L’autore ha descritto le difficoltà di una giovane lesbica nel vivere sotto la dittatura di Bashar e la terribile repressione della rivoluzione in corso. Donna e gay, godeva della simpatia protettrice degli utenti occidentali che si sono mobilitati quando fu annunciato il suo arresto da parte dei servizi segreti del "regime".

Tuttavia, è risultato che Amina non esistesse. Intrappolato dal suo indirizzo IP, uno "studente" di 40 anni degli Stati Uniti, Tom McMaster, è stato il vero autore di questa mascherata. Questa propagandista, che avrebbe dovuto preparare un dottorato di ricerca in Scozia, era presente al congresso dell’opposizione filo-occidentale in Turchia, che ha chiesto l’intervento della NATO. Ed era lì, ovviamente, non in qualità di studente.

La cosa più sorprendente della storia non è l’ingenuità degli utenti, che hanno creduto alle bugie della pseudo-Amina, ma la mobilitazione dei libertari per difendere coloro che li combattono. Nella laica Siria, la vita privata è tutelata. L’omosessualità è vietata nei testi, non repressa. Può essere difficile viverla in famiglia, ma non nella società. Al contrario, coloro che i media occidentali presentano come dei rivoluzionari e che consideriamo, al contrario, come dei contro i rivoluzionari, sono violentemente omofobi. Costoro propongono persino di introdurre pene corporali, anche la pena di morte, per alcuni, per punire questo "vizio".

Questo principio di inversione è applicato su larga scala. Ricordiamo i rapporti delle Nazioni Unite sulla crisi umanitaria in Libia: decine di migliaia di lavoratori migranti in fuga dal paese, per sfuggire alle violenze. I media atlantista avevano concluso che il "regime" di Gheddafi doveva essere rovesciato e bisognava sostenere i ribelli a Bengasi. Ma non è il governo di Tripoli a essere responsabile di questa tragedia, ma i cosiddetti rivoluzionari della Cirenaica, che andavano a caccia di persone di colore. Guidato da una ideologia razzista, lo hanno accusati di essere tutti al servizio del colonnello Gheddafi e li linciavano quando ne catturavano uno.

In Siria, le immagini di gruppi armati appostati sui tetti che tirano a caso sulla folla e sulla polizia, sono trasmessi dalle televisioni nazionali. Ma queste immagini sono riprese dai canali sauditi e occidentali, per attribuire questi crimini al governo di Damasco.

In definitiva il piano per destabilizzare la Siria non funziona perfettamente. Ha convinto l’opinione pubblica occidentale che questo paese è una dittatura terribile, ma ha saldato la stragrande maggioranza della popolazione col governo. Alla fine, ciò potrebbe diventare pericoloso per i progettisti del piano, soprattutto Tel Aviv. Abbiamo appena assistito, nel gennaio-febbraio 2011, a una ondata di rivoluzioni nel mondo arabo, seguito in aprile-maggio da un’onda contro-rivoluzionaria. Il pendolo non ha completato il movimento.

Thierry Meyssan

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Traduzione di Alessandro Lattanzio


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Fonte : “Il piano di destabilizzazione della Siria”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 17 giugno 2011, www.voltairenet.org/a170493

Intellettuale francese, presidente-fondatore del Rete Voltaire e della conferenza Axis for Peace. Pubblica analisi di politica internazionale nella stampa araba, latino-americana e russa. Ultimo libro pubblicato: L’Effroyable imposture : Tome 2, Manipulations et désinformations (éd. JP Bertand, 2007). Recente libro tradotto in italiano: Il Pentagate. Altri documenti sull’11 settembre (Fandango, 2003).

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Fonte : “Il piano di destabilizzazione della Siria”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 17 giugno 2011, www.voltairenet.org/a170493
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El plan de desestabilización contra Siria

il capitalismo e altro

il capitalismo sta mettendo l'umanità con le spalle al muro rubando il futuro ai giovani facendo vivere di stenti i vecchi c hiudendo gli ascensori sociali delle università e rendendo le fabbriche inferni umani peggiori di quelli inventati da Metropolis. La rivoluzione sociale si rende necessaria e fatale se si vuole recuperare la dignità che la razza umana sta perdendo a causa dei mostri sociali di Bilderberg.

In tutto l'Occidente sono in corso di esecuzione programmi di impoverimento materiale e dei diritti delle popolazioni. Si taglia sanità, pensione,scuola per fare pagare meno tasse ai ricchi ed ai supericchi. Si tagliano salari per dare più profitto alle imprese. Ed ai peggioramenti non c'è mai fine. Un miliardo di esseri umani stanno male per fare stare meglio qualche milione di ricconi e riccastri


questo terribile marchingegno della "speranza di vita" che sostituisce una statistica manipolabile alla certezza dei diritti maturati priverà i nostri figli delle pensioni che potranno raggiungere solo in età veneranda e di ridottissimo valore
http://www.repubblica.it/economia/2011/06/23/news/pensioni_aumento_et-18098273/?ref=HREC1-1

Ritirare trenta mila soldati per lasciarne in Afghanistan sessanta mila non è la pace nè l'anticamera della pace. L'occupazione imperiale continua e continuano i bombardamenti con i drone. Continua a scorrere il sangue. Gli USA dovrebbero spiegare agli afghani ed al mondo che ci stanno a fare tra quelle montagne. Hanno ragione i patrioti talebani a con farsi incantare dai discorsi "di pace" di Obama.

martedì 21 giugno 2011

Precari d'Italia

Collocamento pubblico, abrogazione legge Biagi e SMG (Salario Minimo Garantito)

La cattiveria profonda di una certa Italia che ha spesso la prevalenza sull'altra o sulle altre affiora prepotente nella questione del precariato. Ieri "la Repubblica" pubblicava in prima pagina la foto di un ragazzo con una maschera di gesso bianco ed un cartellone in mano in cui era scritto: "Sono il fantasma del precario"! Il giornale ha dedicato tre intere pagine ricche di testimonianze e di servizi a questo dramma tipico del le generazioni che hanno completato gli studi dopo l'approvazione del pacchetto Treu e della legge Biagi. Generazioni a cui sono state spezzate le ali, fatte da ragazzi e ragazzi che laureati, spesso hanno due lauree, hanno dei masters, corsi di specializzazione, insomma superqualificati che vengono traumatizzati da un mercato del lavoro che indica loro la via dell'incertezza e di salari a volte talmente umilianti da essere incredibili. Non è soltanto "La Repubblica" a fare simili denunzie e non solo da ora. Ricordo che questo importante giornale liberal raccolse migliaia e migliaia di lettere di precari nei primi anni di applicazione della legge trenta. Anche Liberazione, il Fatto, il Manifesto, tutta la stampa italiana descrivono in termini di grande allarme sociale il fenomeno. Ma se andiamo a vedere le redazioni di questi giornali esse sono gremite da precari che ne garantiscono i servizi da fantasmi. Nel giornalismo come in tutte le altre professioni si è creato un lumpenproletariat magari dotato degli stessi titoli e provvisto delle stesse qualità professionali dei "normali" giornalisti o dipendenti o professionisti ma asserviti da una condizione di lavoro infinitamente peggiore. Conosco giornalisti pagati a 30 euro il pezzo e a mesi di distanza dalla sua consegna. Anche negli studi legali o di architetti o di ingegneri accade lo stesso. Sostanzialmente il solo che ha la possibilità di accedere alla titolarità dello studio è il figlio del proprietario. La borghesia si trasmette per via parentale e chiude la porta in faccia a quanti ritenevano di potere accedere alla professione soltanto attraverso in corso onorevole di studi. E' davvero stupefacente che il giornale che denunzia il precariato come male sociale lo pratica abbondantemente e direi spietatamente con molti suoi dipendenti. Questa scissione delle redazioni in un gruppo di "normali" circondati da molti moltissimi ed intercambiali provvisori ha portato il giornalismo professionista ad essere sempre più conservatore e financo reazionario. Pochi di noi rammentano le memorabili riunioni delle redazioni per stabilire la linea redazionale o esprimere il consenso alla scelta del Direttore indicata dalla Proprietà. Ora se ne stanno tutti con due piedi in una scarpa! Il precariato di tantissimi bravi colleghi è sempre sotto i loro occhi a testimoniare la condizione che li attende se tirano troppo la corda con gli editori!
Oramai tutta la generazione dei biagizzati è vicina ai quaranta anni o li ha superati. Molti sono precari nello stesso posto di lavoro da anni. Perchè in effetti posti di lavoro davvero precari non ne esistono. Esistono posti di lavoro stabili occupati da precari!
Nei confronti dei precari il Potere fa muro di gomma. Il Papa depreca la loro condizione ma le attività commerciali ed industriali di tutte le organizzazioni che fanno capo alla Chiesa si servono senza alcuno scrupolo dei precari ed anche di un uso disinvolto delle ONLUS. Comunione e Liberazione ha un impero economico in cui soltanto una piccola parte di dipendenti non è precaria. Lo stesso dicasi delle organizzazioni sindacali che hanno diecine di migliaia di dipendenti cocopro e precari di tutte le varietà. Anche i partiti e le associazioni professionali e di categoria. Infine lo Stato si serve del precariato in un sistema integrato con le esternalizzazioni, i sub appalti e tutte le diavolerie inventate dai privati per spolpare il meglio la pubblica amministrazione.
Lo stesso Presidente della Repubblica non è esenta da questa schizzofrenia: è solidale con i giovani privi di futuro ma ogni anno celebra con riti solenni carichi di significati simbolici le figure di Marco Biagi e di D'Antona che furono tra i massimi manipolatori del diritto alla stabilità del lavoro.
Il precariato è diventata una piaga sociale che per essere guarita abbisogna di cure drastiche. La prima cura è l'abrogazione della legge Biagi e di tutte le leggi e leggine che lo hanno reso legale. Su questo punto l'attuale Parlamento e quasi tutti i partiti ed i sindacati sono contrari. Si accontentano di qualche spicciolo di ammortizzatore sociale e di qualche piccola attenuazione. La seconda cura è il ripristino della legge sul collocamento la 264 del 1949 che faceva obbligo ai datori di lavoro di chiedere agli uffici di collocamento la mano dopera da assumere e soltanto in termini numerici e non nominativi.La terza cura è l'istituzione di un Salario Minimo Garantito ad almeno 1000 euro mensili con pesanti sanzioni per coloro che non lo rispettassero.
Abrogazione legge biagi, ripristino legge sul collocamento pubblico e abolizione delle agenzie interinali e salario minimo garantito sono le tre rivendicazioni che potrebbero cambiare la situazione. Ma bisogna avere una immensa forza politica e sociale per realizzarle! Bisogna che la deriva liberista della società italiana venga bloccata da movimenti simili a quelli che si stanno verificando in Spagna ed in Grecia che si sono già visti in Francia ed in Inghilterra e che presto torneranno ad infiammare l'Europa attaccata dai killers di Bilderberg. Ma non è detto che il vento gentile del referendum non diventi un tempestoso vento di scirocco atto a cancellare la ingiustizia di milioni di persone private del loro stesso futuro!
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it di Giuseppina Ficarra

http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/6B14FBAE-7A2A-4A9C-9693-1938563A81E2/0/L26449.pdf

domenica 19 giugno 2011

graffiti da facebook

la dimensione nazionale dei partiti non regge più. Il destino di ognuno di noi viene fabbricato altrove. Lo sviluppo della politica liberista della Unione Europea condiziona pesantemente tutto. Anche i referendum verranno vanificati dalle norme di privatizzazione imposte da Bruxelles.Bisogna rifondare i partiti in senso europeo o proporsi la separazione dall'Europa.

Il debito nazionale
Caro Professore, L'enorme debito pubblico italiano di 1800 miliardi di euro non è costituito in gran parte da titoli acquistati da cittadini italiani? Perchè l'Italia dovrebbe essere sottoposta a misure draconiane come quelle greche o addirittura a fall...imento dal momento che deve soldi in grande parte a se stessa? Le chiedo inoltre:non sarebbe opportuno non negoziare i titoli di Stato ed emetterli a rendimenti fisso? Le agenzie di rating non sarebbe opportuno che si astenessero dal fare le pagelle alle Nazioni? Cordiali saluti. Pietro AnconaMostra altro
Di: Pietro Ancona

il destino dei servi
Mentre i nostri soldati sono sempre in Afghanistan, gli americani trattano con i talebani e si preparano ad uscirne (forse debbono spostare i loro uomini in altri e nuovi scenari di guerra)

In prigione tre giovani libici
Condivido e mi associo dichiarandomi umiliato per l'atto di illiberalità e di complicità con l'aggressione che ci riporta al nostro passato coloniale in funzione però soltanto di killers. Via i patrioti libici! Viva la Libia di Gheddafi!


Massacri coloniali
Nove civili massacrati a Tripoli dalla Nato. L'ONU non fa rispettare le sue deliberazioni e si comporta con la Nato come Don Abbondio con Don Rodrigo. Avalla e fa compiere le atrocità dell'Occidente. Viva Gheddafi! Viva la Libia!

Bellissima escamotage di Angelina Joli a Lampedusa, parole e sentimenti veri di solidarietà, Un riflessione sul mare che non dovrebbe essere la tomba degli esseri umani ma il mezzo per la salvezza.


In Sicilia
Involuzione infinita del PD siciliano: dal sostegno a Lombardo alla proposta di alleanza con il terzo polo. Inutile dire che i contenuti sono quelli del moderatismo meridionale, il peggiore esistente! Bisognerebbe creare un movimento di tutto quello che sta a a sinistra del PD in alternativa a questo. Chi lo farà?

sabato 18 giugno 2011

le prigioni di Israele

SETTIMANA PRO ISRAELE A MILANO. Cominciamo dalle prigioni.
LE PRIGIONI ISRAELIANE O L'INFERNO IN TERRA.
di Ralph Schoenman (*), da: lahaine.org, 14.6.2011

Le carceri israeliane sono essenzialmente carceri politiche. I reclusi sono soprattutto palestinesi sospetti, accusati e, a volte – sulla base di confessioni sotto coercizione – “condannati” per aver realizzato, incitato o progettato atti di resistenza, pacifici o armati. Nonostante non ci siano statistiche sulla popolazione penale, il numero dei prigionieri che scontano lunghe condanne in carceri di massima sicurezza sfiora con ogni probabilità i 3.000; ci sono 30 donne palestinesi incarcerate a Neve Tertza, senza contare quelle portate dal Libano. Gli avvocati stimano che ogni anno vengano imprigionati nelle carceri israeliane 20.000 palestinesi, tra i quali più di 640 bambini.
All’interno delle frontiere del 1967 ci sono dieci carceri: Kfar Yonah, Prigione centrale di Ramle, Shattah, Damun, Mahaneh Ma’siyahu, Beersheba, Tel Mond (per giovani), Nafha, Ashquelon e Neve Tertza.
Nei territori occupati dal 1967 ci sono 9 carceri: Gaza, Nablus, Ramallah, Belen, Fara’a, Jerico, Tulkarem, Hebron e Gerusalemme.
Ci sono centri regionali di detenzione a Yagur (Jalameh) e Atlit, vicino ad Haifa, Abu Kabir a Tel Aviv e il Moscobiya (Complesso Russo) a Gerusalemme. A questi vanno aggiunti le caserme generali della polizia ad Haifa, Accra, Gerusalemme e Tel Aviv, i 18 distretti di polizia in tutto lo stato e i 40 posti di polizia nei territori occupati, tutti utilizzati per interrogare e torturare i detenuti.
Anche le installazioni militari di tutto il paese servono da centri di interrogatorio e tortura. I prigionieri concordano sul fatto che il più selvaggio di questi è quello di Armon ha-Avadon, conosciuto come il “Palazzo dell’Inferno” e “Palazzo della Fine”. Si trova a Mahaneh Tzerffin, vicino a Sarafand.
Infine, per custodire la grande quantità di prigionieri portati dal Libano durante l’invasione del 1982 e i giovani catturati nelle retate contro la mobilitazione di questi mesi, sono stati attrezzati accampamenti di detenzione che non hano altro riparo che tende. Sono diventati famosi per l’inumanità delle condizioni e per la tortura sistematica i centri di detenzione di Meggido, Ansar II (a Gaza) e Dhahriyeh.

Trattamento discriminatorio.

Le differenze tra le carceri per palestinesi nei territori occupati dal ’67 e nell’Israele di prima del ’67, cioè da entrambi i lati della “zona verde” non sono molto grandi. La prigione di Ashquelon, quella di Nafhta, la grande ala della prigione di Beersheba e l’ala speciale della prigione di Ramle, anche se si trovano nell’Israele di prima del ’67, sono grandi centri di detenzione per i palestinesi dei territori occupati dal 1967: la Margine Occidentale, Gaza Damun e tel Mond si utilizzano per la gioventù palestinese.
L’ubicazione fisica delle carceri influisce poco sulle condizioni. Le autorità carcerarie israeliane mantengono una rigorosa segregazione tra gli accusati di crimini e i giudicati di delitti “contro la sicurezza”, o prigionieri politici.
Dato che solo pochi ebrei sono prigionieri politici e solo pochi palestinesi – soprattutto dei territori occupati – sono prigionieri comuni, la separazione è di fatto una segregazione tra prigionieri ebrei e detenuti palestinesi. Non è permesso alcun contatto o comunicazione. Stanno in prigioni separate o in ali diverse della stessa istituzione.
Si fanno distinzioni anche tra i prigionieri palestinesi dei territori occupati dal ’67 e reclusi arabi israeliani, che sono palestinesi e drusi residenti in Israele da prima del 1967 ed hanno cittadinanza israeliana. Le condizioni di prigionia dei prigionieri del Margine Occidentale e di Gaza a volte sono peggiori di quelle degli “israeliani” di prima del ’67.
Ad alcuni – anche se non a tutti – dei prigionieri israeliani di prima del ’67 viene concesso un letto o un materasso. Godono di questo “privilegio” circa il 70% degli israeliani di prima del ’67. Possono anche ricevere una visita ogni due settimane e scrivere due lettere al mese. Gli si concedono 3 coperte in estate e 5 in inverno.
I prigionieri dei territori occupati dal ’67 dormono per terra in inverno e in estate. Gli si concede un materasso di gomma di mezzo centimetro di spessore, una visita e una lettera al mese.
Mentre lo spazio vitale medio per prigioniero nelle carceri europee è di 10,5 mq., nelle prigioni per palestinesi del Margine Occidentale e di Gaza essi godono di un decimo di questo spazio: 1,5 mq. per recluso.

Regime amministrativo per decreti.

La burocrazia carceraria è legge essa stessa. All’entrare in questo dominio il cittadino perde tutti i suoi diritti. Viene sottomesso all’autorità completamente arbitraria di persone selezionate per la loro durezza.
IL Decreto delle Prigioni (rivisto nel 1971) consta di 114 articoli. Non contiene nessuna clausola o paragrafo che definisca i diritti del prigioniero. Questo decreto detta una serie di norme legalmente vincolanti al Ministero dell’Interno ma è lo stesso Ministro che formula queste norme mediante decreto amministrativo. Nessuna disposizione stabilisce gli obblighi dell’autorità e non c’è clausola che garantisca ai prigionieri un livello di vita minimo.
In Israele è permesso per legge internare venti reclusi in una cella di non più di 5 metri per 4 e 3 di altezza. Spazio che comprende un gabinetto aperto. I prigionieri possono restare confinati in tali celle per 23 ore al giorno.

Il rapporto Kutler.

Il giornalista israeliano Yair Kutler pubblicò nel 1978 su Ha’aretz una vasta inchiesta sulle condizioni fisiche nelle carceri ubicate nell’Israele di prima del ’67. Yair Kutler chiama la vita carceraria in Israele “l’inferno in terra” e descrive ogni carcere in dettaglio. Il suo racconto è sconvolgente.
Kfar Yonah: alti funzionari chiamano questo carcere “Kevar Yonah” (la tomba di Yonah). E’ il centro di detenzione che terrorizza chiunque varchi la sua porta. I detenuti lo hanno chiamato “Meurat Petanim” o “il covo dei cobra”.
“Il ricevimento che aspetta i reclusi lì fino ad essere giudicati è orripilante”. Le celle sono terribilmente fredde e umide. I materassi squallidi, gibbosi e sudici, sono superaffollati. La maggior parte dei reclusi non hanno altro posto dove mettersi se non sul pavimento. L’odore dominante di escrementi umani, di sudore e di spazzatura non si allontana mai dalle celle chiuse con sette catenacci. Nell’ala D ci sono tre stanze in cui sono ammucchiati dodici, diciotto e venti detenuti.
Carcere Centrale di Ramle: Ramle è una delle prigioni più dure di Israele. E’ una vecchia caserma di polizia che era stata utilizzata come stalla per la cavalleria. Superaffollata e maleodorante, alberga settecento reclusi. Molti prigionieri non dispongono di un letto, di un angolo o di pochi metri quadrati. Spesso cento uomini devono dormire per terra. Ci sono 21 celle di isolamento. La luce solare non vi entra mai. Sono chiuse ermeticamente. Appesa al soffitto c’è una lampadina accesa giorno e notte. Oltre alle celle di isolamento Ramle dispone di una serie di celle sotterranee. Sono di 2 metri per 80 per 2 metri di altezza. Sono buie, sporche e puzzano terribilmente. Non ci sono finestre né lampadine. Una piccola apertura nella porta lascia penetrare un debole riflesso della luce del corridoio. Prima di mettere un prigioniero nella cella lo denudano e gli danno un camicione sporco. Una volta al giorno lo lasciano andare al gabinetto; per il resto del giorno e per la notte deve trattenersi. Può orinare in un tubo incastrato nella porta. Non ha diritto né ad una uscita all’aria né alla doccia. Spesso ci sono bastonate. Il più utilizzato è “il metodo della coperta”. Alcune guardie coprono la testa del prigioniero e lo colpiscono finchè sviene. Per evitare il confinamento, un prigioniero deve sapere come vivere una vita di totale sottomissione e auto degradazione.
Damun: la vita a Damun è “l’inferno in terra”. “Le condizioni di vita sono tremende e provocano raccapriccio a qualsiasi visitatore che arriva in questo luogo dimenticato da Dio”. Gli edifici asorbono il freddo e l’umidità. Cinque coperte non basterebbero per riscaldarsi. “Molti sono malati e la maggioranza disperata”. L’ala dei giovani ha condizioni ancora peggiori. L’affollamento è così terribile che i giovani possono sgranchirsi per due ore ogni quindici giorni e questo intervallo a volte si allunga.
Shuttah: Il sovraffollamento è terribile. L’odore si sente a grande distanza … Le celle sono buie, umide e gelate. L’ambiente è soffocante. In estate,durante il periodo di calore della valle di Bet Shean, la prigione è un inferno ardente.
Sarafand: Il “Palazzo della Fine” si trova dietro un alto reticolato che tutti i turisti che passano per l’ultimo tratto della strada da Gerusalemme a Tel Aviv possono vedere, a soli 8 chilometri dall’aeroporto Ben Gurion. E’ il perimetro di Sarafand, che ha una superficie di 16 km. quadrati e contiene i più grandi magazzino e polveriera dell’esercito. E’ anche il deposito del Fondo Nazionale Ebreo, che utilizza Sarafand per immagazzinare macchinari per la costruzione di nuovi insediamenti nell’Israele di prima del ’67 e nei territori occupati da quella data.
La relazione inesorabile tra occupazione, insediamenti, colonizzazione e il sistema di tortura inflitto ai palestinesi salta all’occhio. Sarafand - il centro della tortura - ha un significato storico.
Fu costruita prima della 2° Guerra Mondiale e servì come deposito principale regolamentare della Gran Bretagna. Fu uno dei più noti campi di concentramento per detenuti durante la rivolta palestinese contro il dominio britannico e la colonizzazione sionista della terra del 1936. Gli antichi edifici del Mandato Britannico furono semplicemente occupati dalle autorità israeliane, senza cambiare le loro funzioni, utilizzandoli per rinchiudere una nuova generazione di detenuti palestinesi. Il centro, conosciuto da ebrei e palestinesi durante l’era britannica come il “campo di concentramento” ha mantenuto il suo carattere e il suo uso.
Nafha: Un carcere politico: i prigionieri politici palestinesi non godono dello lo status di Prigionieri di Guerra ma si costruiscono accampamenti di prigionieri per loro. I suoi abitanti chiamano Nafha “il carcere politico”. Si trova nel deserto, a 8 chilometri da Mitzoe Raon e a metà della strada tra Beersheba e Eilat. E’ ubicata in una zona deserta, con terribili tempeste di sabbia. La sabbia invade tutto. Le notti sono estremamente fredde e il calore del giorno è insopportabile. Serpenti e scorpioni passeggiano per le celle. La cella tipica è di sei metri per tre. Ci sono dieci materassi per terra e non c’è spazio per altro. In un angolo un water primitivo con sopra una doccia. Mentre un prigioniero usa i servizi gli altri devono lavarsi o pulire i piatti. In una stanza come questa dieci prigionieri passano 23 ore al giorno. Per mezz’ora al giorno possono stare in un piccolo cortile di cemento di 5 metri per 15. Molti prigionieri sono malati, soffrono le conseguenze di ripetute torture e delle brutali condizioni di vita carceraria.

Pratiche di tutti i giorni nelle carceri israeliane.

I prigionieri politici hanno dichiarato molte volte che le condizioni nei centri di detenzione e nelle carceri, sia dell’Israele ante ’67 come nei Territori Occupati a partire dal ’67, sono studiate per distruggerli fisicamente e psicologicamente.
Bastonature: I prigionieri sono bastonati in tutte le carceri dell’Israele ante ’67 e dei Territori Occupati. A Ramle , questo si fa nelle celle sotterranee o “celle di isolamento”. Un certo numero di guardiani appendono il prigioniero e lo colpiscono con pugni, scarponi o manici di zappa che vengono conservati in un armadio vicino alle celle sotterranee.
Nel carcere di Damun lo si fa in modo più primitivo. Gli internati vengono bastonati pubblicamente nel cortile. Le guardie più brutali sono incaricate della “Posta”. Si tratta del veicolo di trasporto di detenuti che fa tre viaggi alla settimana dal centro di detenzione di Abu Kabir alla prigione di Shattah. Si ferma in tutte le prigioni dell’interno di Israele salvo che in quelle di Ashqelon e Beersheba. Ogni viaggio della “Posta” riporta un saldo di bastonature brutali. Al minimo pretesto le guardie fanno scendere la vittima dal veicolo ala prima fermata e “lo colpiscono sino a renderlo irriconoscibile”.
Isolamento: Legalmente, l’isolamento non è considerato una punizione. In realtà, pochi possono sopravvivere molti mesi in elle di un metro per due e mezzo per 23 ore al giorno. Ma nessun prigioniero che abbia cercato, verbalmente, di mantenere il rispetto di se stesso ha evitato periodi nelle celle di isolamento.
Lavoro: Il lavoro carcerario è lavoro forzato. E’ organizzato come “mezzo per rendere difficile la vita dei prigionieri”. Ai prigionieri politici viene assegnata deliberatamente la produzione di scarponi per l’esercito israeliano, reti di camuffamento, ecc.. A coloro che rifiutano vengono tolti “privilegi” come il denaro per la mensa, il tempo fuori dalla cella, libri e giornali, materiale per scrivere. Alcuni vengono puniti con l’isolamento. Il salario medio per questo lavoro è di 60 pesetas all’ora. Il lavoro forzato vuole massimizzare la tensione fisica e emozionale. E’anche sfruttamento.
Cibo: E’ poco. I bilanci sono esigui. La carne, le verdure e la frutta assegnate ai reclusi sono spesso confiscate dai funzionari. Uova, latte e pomodori freschi sono considerati lusso per i prigionieri.
Cure mediche: Nel 1975 un prigioniero del carcere di Damun si tagliò i polsi e le gambe. Gli altri reclusi chiamarono la guardia. Arrivò una delegazione di guardiani. L’infermiere aprì la cella, afferrò il prigioniero e senza dire una parola cominciò a colpirlo al viso. Il prigioniero cadde al suolo, l’infermiere continuò a dargli calci. I prigionieri sono rinchiusi in edifici inadeguati. D’estate soffrono un calore bruciante. D’inverno l’umidità li intride fino alle ossa. Nella prigione di Ramle, durante l’inverno, un terzo della popolazione reclusa soffre di geloni a mani e piedi per il freddo tremendo. L’unico medicamento disponibile è la vaselina, ma anche questa è disponibile raramente. I prigionieri che scontano condanne di pochi mesi lasciano le carceri con inabilità permanenti. Le condizioni di illuminazione sono così cattive che i prigionieri soffrono di un deterioramento della vista. Le affezioni alle ginocchia e le ulcere hanno un’incidenza cinque volte maggiore tra i prigionieri rispetto alla popolazione in generale.
Asafir: A partire dal 1977 i prigionieri hanno fatto sapere che vengono torturati in ogni carcere anche da un piccolo gruppo di collaborazionisti, alcuni dei quali non sono veri prigionieri ma confidenti che si fanno passare per tali. Che siano prigionieri che collaborano o confidenti infiltrati nelle carceri, si tratta di un procedimento istituzionalizzato. In ogni carcere e centro di detenzione ci sono stanze speciali riservate per i collaborazionisti, conosciuti come “asafir” o “uccelli cantori”. Tra loro abbondano i criminali pericolosi, selezionati per la loro brutalità. Altri sono reclutati tra coloro che sono incarcerati come prigionieri politici nonostante non abbiano trascorsi politici. A questi vengono concessi privilegi a seconda dei servizi che prestano.

Non sono casi isolati.

Per quanto siano famose le pretese democratiche e umanitarie di Israele, le prove presentate qui, così come quelle accumulate in tutti gli studi sulla colonizzazione e la dominazione sionista in Palestina, smascherano questa facciata.
I casi individuali esaminati qui non sono casi isolati o prodotto di circostanze eccezionali. Fondamentalmente non differiscono da altri casi. I torturatori non sono poliziotti aberranti fuori di testa. Sono membri di tutte le sezioni della polizia israeliana e delle divisioni di sicurezza e operano nel compimento della loro missione.
La violenza è la norma del trattamento dei palestinesi, che siano contadini che portano i loro prodotti al mercato o giovani che lanciano pietre, cittadini palestinesi dell’Israele ante ’67 o palestinesi residenti nei Territori Occupati nel ’67 e successivamente.
La tortura è parte fondamentale del sistema legale, la coercizione è la strada della confessione e la confessione è fondamentale per condannare.
Il trattamento fatto ai prigionieri non cambia secondo il partito che è al potere. Se il Primo Ministro Menachem Begin classificava i palestinesi “bestie a due gambe”, la brutalità sistematica imposta al detenuto palestinese non è meno severa sotto i governi di Linea Laburista. Come disse il vecchio Primo Ministro David Ben Gurion, “Il regime militare esiste per difendere il diritto a stabilire insediamenti ebrei dovunque”.

(*) Ralph Schoenman, studioso, giornalista e attivista del movimento per i diritti civili negli USA, è stato segretario generale della Bertrand Russel Peace Foundation. Tra il suoi libri “La storia nascosta del Sionismo”.

(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)





Francesco Lombardi Gli avvocati stimano che ogni anno vengano imprigionati nelle carceri israeliane 20.000 palestinesi, tra i quali più di 640 bambini.
Che sia chiaro! Prigionieri politici.
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la distanza abissale tra Bologna e Genova

La distanza abissale tra Bologna e Genova

Nella giornata di ieri due manifestazioni hanno animato la politica italiana: la conferenza del pd a Genova sul lavoro e la celebrazione del 110 anniversario della Fiom a Bologna che ha mobilitato la squadra di Santoro più Benigni più Teresa De Sio. Il successo della manifestazione della Fiom è stato enorme e reca il segno poderoso incisovi da Maurizio Landini che ha parlato come usava parlare Di Vittorio alla sua gente, ai lavoratori, al popolo. Mentre questa manifestazione suonava in piena armonia con la svolta avvenuta nella società italiana con le elezioni amministrative e sopratutto con i referendum la Conferenza di Genova è apparsa anacronistica, pensata per rassicurare il capitalismo italiano e convincerlo ad optare per il centro-sinistra. Si è parlato di un patto politico e sociale. In sostanza il PD forte della sua influenza decisiva sulla CGIL ma anche sulla Cisl e sulla Uil garantisce al capitalismo italiano che avrà la piena collaborazione dei sindacati per la realizzazione degli obiettivi di competitività e di flessibilità che costituiscono le paroline magiche che coprono una regressione all'era precontrattuale dell'economia italiana. Mentre la piazza di Bologna vibrava delle voci dei precari e di tanti rappresentanti della sofferenza sociale italiana (colpiva l'intervento sulle periferie milanesi e del movimento dei pastori sardi), a Bologna ci si rifugiava nelle stratosfere della macroeconomia e delle macropolitiche e si designava un approccio alla globalizzazione basato esclusivamente sulla mobilità e sui bassi salari e sulla cancellazione del welfare. Nessuna richiesta è stata fatta per la cancellazione della legge madre del precariato, la legge trenta o Biagi e la questione salariale ha avuto un approccio dal lato fiscale e basta come se fossero sufficienti i quattro spiccioli che si ricaverebbero da una riformicchia per sanare una situazione di salari che per venti milioni di lavoratori difficilmente superano la media di 1000 euro. Il PD si disegna come partito confindustrialista e non interclassista come era la vecchia DC o classista come il vecchio PCI. Il suo riferimento non è il lavoratore ma il lavoro. Una scelta equivoca dove per lavoro si intende tutto ma sopratutto l'impresa ed i suoi interessi che diventano interessi generali. L'operazione ideologica compiuta dal PD è davvero copernicana: non più la classe operaia come classe generale espressiva di interessi totalizzanti ma l'impresa. L'impresa diventa il centro dell'universo politico e gli industriali la nuova classe generale alla quale sono affidati i destini di tutti e della nazione.
Si tratta di una linea che giunge in ritardo ed in controcorrente con la spinta di rinnovamento che viene dalla Fiom, una linea anacronistica che tuttavia coincide con il disegno del potere capitalistico mondiale che usa il ricatto delle declassazioni delle agenzie di rating per spingere a pane ed acqua le classi lavoratrici e le popolazioni dell'intera Europa.
E' una linea perdente che punta alla buona salute delle aziende a costo della depressione dei lavoratori e delle loro famiglie e dello smantellamento dello stato sociale. Che vale se l'auto che si produce è competitiva se il prezzo è un operaio sfruttato come un limone, maltrattato nei diritti e con un salario con il quale non può campare la famiglia, mandare un figlio alla università, offrire un gelato alla famiglia la domenica?
Eppure questa linea liquidazionistica del patrimonio del movimento operaio italiano sembra ancora non sufficiente a gente come Ichino, Morandi ed altri che si riuniscono in un documento nel quale mostrano di essere più realisti del re, di chiedere più della stessa Confindustria.
Alla Conferenza del Lavoro di Genova naturalmente è stato suonato soltanto l'inno di Mameli. Potevano suonare l'Inno dei Lavoratori ad una assemblea partecipata da Confindustria, UGl, Cisl ed Uil? Non potevano!
Pietro Ancona

venerdì 17 giugno 2011

Grecia e dintorni

L'Europa è stata costruita a Maastrict come una trappola contro le sue classi lavoratrici! Il ricatto imposto dal patto di stabilità è un sostegno ai governi nazionali liberisti e di destra che se ne avvalgono per legittimare le loro azioni e le loro legislazioni. Se questa Europa non fosse riformabile bisognerebbe uscirne al più presto per non subire uno spaventoso impoverimento delle popolazioni
Maastrict ha tirato la volata a 25 governi di destra e costretto i due governi socialisti a fare politiche di destra. Il liberismo confina con l'autoritarismo che può diventare anche fascismo dal momento che le democrazie non potranno contenere la protesta dei popoli. E' difficile fare tornare indietro cinquecento milioni di persone dal welfare socialdemocratico e comunista dell'Europa pre-lisbona. L'impoverimento che si vuole imporre alle popolazioni non è soltanto economico e di servizi ma anche culturale. Si elevano le tasse universitarie e si creano ponti levatoi con i numeri chiusi delle università. La gestione liberista di politiche meritocratiche esclude i figli della popolazione lavoratrice dagli studi superiori. L'ascensore sociale è bloccato e ridiscende verso i piani sotterranei della divisione per nascita i ceti sociali.
Il ceto medio perde pezzi e la divisione per classi si sta semplificando verso i ricchi ed i poveri, coloro che girano con i Suv e tutti gli altri con vecchie utilitarie.
Le direttive europee in materia di lavoro sono orribili. Si parla di una settimana lavorative di 65 ore e si considerano superate le otto ore. Undici ore di lavoro sono considerate "normali".
La sinistra deve prendere le distanze da questa Europa dalla BCE dal FMI ed aprire le ostilità contro la legislazione rigorosamente ideologica in senso liberista del Parlamento Europeo.
L'orizzonte del capitalismo non è più Keynes e la prosperità diffusa. E' il privilegio di pochi e la sofferenza dei molti.
Pietro Ancona
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www.spazioamico.it di Giuseppina Ficarra

giovedì 16 giugno 2011

SUPERCLASS ECCO CHI CONTROLLA IL MONDO

Superclass Ecco chi governa davvero il mondo
09 settembre 2008 —
Pensate al mondo in cui viviamo come a un viaggio aereo. Quel che dovete considerare è che la stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta non l' ha mai fatto e mai lo farà. A terra, a guardare i passeggeri che s' imbarcano. Tra quelli che volano i più (siete probabilmente tra quelli) hanno un biglietto di economy. Viaggerete, ma non troppo comodi. Vi capiterà, all' imbarco, di vedere altri passeggeri che non fanno la fila, arrivano riposati da comode lounge, scompaiono attraverso porte riservate. Una tendina che le hostess premurosamente tireranno vi impedirà di vedere i privilegi di cui costoro (con un biglietto di business o first class pagato da chi li ingaggia) godranno. Qualche volta uno spiraglio vi concederà di ammirare, rosicando estasiati, poltrone che diventano letti, coperte di cachemere e schermi video personali con decine di film tra cui scegliere. Penserete di aver visto tutto, la punta dell' iceberg, il paradiso. Sbaglierete. Perché, come avrebbero dovuto mettervi nella testa a lezione di catechismo, il paradiso è qualcosa che non potete immaginare. Perché ci sono quelli che volano e non incrocerete mai. Non decollano e atterrano dai vostri comuni aeroporti. Non hanno un biglietto, hanno un aereo. Un "aereo verde". Li chiamano così perché questo è il colore che hanno tutti quanti prima di essere ripitturati con le tinte e le insegne dell' acquirente. Sono i Gulfstream che dagli hangar della casa madre in Georgia vengono spediti in aeroporti privati. A disposizione di chi? Dell' Elite. Della Superclasse. Dell' 1% che possiede il 40% delle ricchezze del pianeta. Di uno dei 37 atleti che guadagnano, nel complesso, quanto tutte le altre decine di migliaia di sportivi messi insieme. Di uno dei 14 presidenti di banca che, chiusi in una stanza, possono risolvere qualunque crisi finanziaria. Dell' unica rockstar che può farsi fotografare con i leader del G8. Del solo scrittore che pranza al "Gentiana" di Davos con Bill Clinton, Bill Gates e non paga il "bill" (il conto). L' unico modo che avete per avvicinarvi a questa remota, minuscola, esplosiva galassia è leggere Superclass di David Rothkopf, un libro che ha fatto discutere in America e ora arriva in Italia. L' incipit è un patto chiaro: "Questo è un libro sul potere. E sul fatto che è concentrato nelle mani di un numero sorprendentemente ristretto di persone nel mondo". Rothkopf è convincente perché non è un giornalista, ma un "insider": lavora nella finanza, offre consulenze ai poteri forti, si aggira per Davos, è stato accanto a Henry Kissinger. Ci dice che il principio di Pareto, per cui l' 80% dei risultati dipende dal 20% delle cause è superato. Basta molto meno del 20% dei suoi abitanti per far girare la Terra in un senso o nell' altro. Davvero bastò convocare 14 superdirigenti di banca (da Germania, Svizzera, Gran Bretagna, Stati Uniti, zero italiani, zero asiatici) per risolvere la crisi dei derivati. E davvero un nucleo ristretto e saldamente collegato determina l' agenda mondiale. Non è una teoria del complotto, non si va a parare dalle parti di Bildeberg o del Nuovo Ordine Mondiale, qui si gioca con dati di fatto. Il potere è economia, la politica viene a ruota. I ruoli sono intercambiabili. Chi ha soldi entra in politica. Chi ha finito con la politica passa a incarichi economici. Sono sempre gli stessi: dalla Casa Bianca al Carlyle Group, aguzzate la vista, cambia la foto di gruppo, non le facce che sorridono. Non è un' illusione ottica, ci governano gli stessi "happy few", i pochi felici e fortunati che stanno in cima, oltre le nuvole, dove né i nostri occhi né i nostri cannocchiali a buon mercato arrivano. Chi sono? E' abbastanza facile concordare con Rothkopf nei fondamenti. Per entrare nell' Elite devi essere maschio, avere tra i 50 e i 65 anni, una cultura classica, studi in una università che conta. Devi esserti fatto le ossa in una istituzione di rilievo. Essere ricco. E fortunato. Perché neppure tutti i requisiti aprono la porta. Perché l' iscrizione non è permanente. E attenzione: si può entrare anche da un ingresso laterale: quello degli artisti, dei predicatori, dei terroristi. Tutti dotati di un ascendente eccezionale. Fuori i nomi, allora. Ed è qui che potremmo discutere. La lista di Rothkopf comprende: ex presidenti come Clinton, ma non come Gorbaciov, include l' oligarca russo Abramovich che dinamicamente compra squadre di calcio e altri giocattoli, ma non l' 83enne svedese Birgit Rausing che su un analogo monte di soldi si limita a stare seduta. E ancora: il presidente della Banca Popolare Cinese e quello della ExxonMobil, Osama bin Laden, il Papa e il Dalai Lama (valendo il principo che anche per le religioni tre su migliaia contano), i cantanti Bono e Shakira, lo scrittore Paolo Coelho. Unico italiano citato: Silvio Berlusconi. Sarebbe curioso fare una lista della élite italiana, individuare gli occulti rettori del gioco nostrano. E poi accorgersi che fuori dei confini non dettano l' agenda neppure di un giorno d' agosto, non figurano in nessuna rubrica. - GABRIELE ROMAGNOLI

auguri!

auguri alla giovane Fiom che compie oggi 110 anni e che ha attraversato la storia stando sempre dalla parte dei lavoratori, della libertà, della democrazia

mercoledì 15 giugno 2011

Da berlusconi e TRemonti

Da Berlusconi a Tremonti

C'è un partito trasversale che tira la volata a Tremonti sperando di accelerare la fine di Berlusconi. Questo partito è largamente presente nel PD ed in molti ambienti della borghesia "gentile"che ha permesso a Milano ed altrove la vittoria della sinistra alle recenti amministrative e che ha contribuito molto al successo dei referendum. Primum vivere, delenda Berlusconi! Oggi è importante abbattere il tiranno che da tanti anni imperversa da tutte le tv d'Italia ed ha ridotto il Parlamento ad un umiliante sgabello del suo potere telecratico. Ma la scelta di Tremonti non è la più felice. Passeremmo dal liberismo rancoroso e rumoroso di Berlusconi a liberismo gelido di questo adepto di Bilderberg. Tremonti è responsabile del rovesciamento della Italia come un calzino tanto e più di Berlusconi. Ha sfasciato la scuola ed il sistema pensionistico con la collaborazione della gelmini di sacconi e dei sindacati confederali. Si è vantato in Europa di avere fatto una riforma pensionistica senza una sola ora di sciopero! IL suo progetto di riforma fiscale non diminuisce ma accentua la forbice sociale e riduce la proporzionalità della contribuzione alla ricchezza o al reddito. Tremonti ha tirato la volata al federalismo che accresce lo "statalismo" delle amministrazioni e schiaccia molto di più di quanto non accade oggi il cittadino-contribuente con nuove tasse e nuovi erogatori di tasse a livello territoriale.La scelta di Tremonti farebbe il trionfo dei liberisti bipartisan. Il partito unico del pensiero unico che tanti danni ha arrecato all'Italia cancellando la dialettica culturale e politica conservazione-socialismo che costituiva la sua migliore garanzia di sviluppo economico e di civiltà. Il Partito Unico del Pensiero Unico per prima cosa vannificherà il referendum a cominciare da quello sull'acqua ed andrà avanti con le privatizzazioni che sono state sconfitte politicamente dal popolo italiano ma che giuridicamente sono ancora possibili come ha dinmostrato ieri sera il direttore di "libero" sventolando sotto il naso di D'Alema un ddl PD.

Tremonti ha parlato di posto fisso ma è legato alla legge Biagi. Venti milioni di lavoratori e sei milioni di precari non hanno niente da sperare in un liberismo di ghiaccio senza Berlusconi ma anche senza speranze per loro.

Pietro Ancona

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lunedì 13 giugno 2011

nuovo referendum, difendere la Palestina, lo stile di vita di Bossi e della sua famiglia

Un Comitato per nuovi referendum

Mi auguro che tutte le associazioni di precariato, dei pensionati, degli studenti, dei sindacati di base costituiscano un Comitato per un Referendum abrogativo della famigerata legge biagi (30) madre di ogni sorta di sadico precariato e delle leggi che hanno praticamente distrutto il sistema pensionistico pubblico italiano.


La lotta continua contro la privatizzazione

la battaglia contro la privatizzazione inizia ora e sarà durissima. Esistono interessi nel settore come quelli dei Caltagirone e della multinazionale Suez. Non è detto che non venga messo in atto un disegno di vanificazione parziale del voto referendario. Bisoggnerà stare molto vigili e sopratutto non fare penetrare gli interessi dei privati nell'area dei partiti della opposizione.
Acea, il referendum fa tremare i manager - Affaritaliani.it
affaritaliani.libero.it
di Franco Di Grazia A Roma c’è l’Acea che, da oltre dieci anni, è una Società per azioni ”mista pubblico-privata” (51% ...


Indecente duetto Italia-Israele
indecente duetto Berlusconi.Netaniau nella conferenza stampa successiva agli accordi stipulati. Tra questi la negazione dell'Italia del voto all'ONU per il riconoscimento dello Stato palestinese ed il suo impegno a boicottare Flottille due. Una intesa piena di odio e di razzismo contro il terzo vittima: il popolo palestinese. Mai l'Italia si era spinta a posizioni così estreme c ontro la Palestina.


Bossi prima e dopo la politica

Bossi che conduce una vita molto agiata da benestante privilegiato da quando fa politica (Prima non aveva mai avuto una busta paga) dovrebbe domandarsi se la politica è soltanto un mezzo di arricchimento e di benesere personale o se serve ad altro per esempio ad amministrare bene l'Italia. IL federalismo se fosse conosciuto dagli italiani solleverebbe una rivolta contro i leghisti

domenica 12 giugno 2011

un contributo ai nemici della pace

Cara Gabanelli e redazione di Report,

avete dato il vostro contributo alla propaganda bellica della Nato contro la libertà del popolo libico. Continuano i bombardamenti all'inizio dei quali soltanto gli USA hanno scaraventato su Tripoli un centinaio di missili del valore di 100 milioni di dollari tutti caricati ad uranio impoverito per distruggere non solo le persone di oggi ma anche quelle di domani come è successo a Falluya, nel Kossovo, a Belgrado e dovunque la civiltà occidentale arrivi a mettere i suoi artigli. Avete fatto vedere un pezzo della guerra che la Libia combatte per la sua libertà. Sappiamo tutti che è una battaglia perduta perchè il mondo libero dalla tirannia americana e che rappresenta la maggioranza del genere umano non ha avuto coraggio sufficiente per andare oltre l'astensione come ha fatto invece oggi per la Siria dove era scattata la stessa trappola messa in atto a Bengasi.
La guerra contro GHeddafi che impersona l'unità e l'indipendenza del popolo libico ed è per questo che lo vogliono uccidere è guerra contro l'Italia ed i suoi immensi interessi in Libia che finora hanno prosperato nella pace. 25 miliardi di euro annui di esport import, migliaia di tecnici imprenditori ingegneri commercianti impegnati nella autentica quarta sponta della Italia. L'invidia della Francia e la decisione del tiranno americano di stroncare le piccole nazioni di cultura diversa da quella occidentale che riescono a sollevarsi dalla miseria hanno scatenato l'apocalissi.
Avreste dovuto mostrare le foto delle distruzioni di Tripoli e delle migliaia e migliaia di civili massacrati dallo zelo liberatore dell'armata del Tiranno del Mondo.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it di Giuseppina Ficarra

La Gabanelli ci parla dei crimini di Gheddafi mentre le bombe cadono su Tripoli!

Cara Gabanelli ed amici di Report

fare un servizio sui crimini di Gheddafi mentre migliaia di bombe e di missili all'uranio piovono su Tripoli e sulla Libia è veramente indecente. Si vuole motivare l'opinione pubblica sulla giustezza della prossima aggressione con truppe di terra.
Dell'uccisione del figlio e dei nipoti di Gheddafi ne parlate? Del fatto che la Libia era la più prospera nazione dell'africa con un welfare tra i più avanzati del mondo ne parlate? Del fatto che dava lavoro non solo ai seimilioni di suoi abitanti ma a tre milioni di africani ne parlate?
Dei trecento miliardi di euro che Gheddafi aveva accumulato per lo Stato libico ed ora depredato dagli avvoltoi dell'Europa ne parlate? Del più grande acquedotto del pianeta costruito da Gheddafi ne parlate?
Quando Gheddafi fece la rivoluzione i libici erano stati ridotti ad un milione da sessanta anni di dominazione coloniale italiana e poi inglese. Ora sono sei milioni e sono tutti signori. Nessuno nei quaranta anni di Gheddafi è scappato dalla Libia in Europa.
Pensate di salvarvi dagli editti di Berlusconi facendo servizi funzionali alla guerra coloniale dell'Occidente?
Con amarezza
Pietro Ancona

L'Italia ha fame di sinistra, di socialismo!

Vendola, Bersani, Letta, D'Alema, Veltroni si sentono furbi e si scavano belle nicchie a destra. Ma l'Italia ha fame di socialismo e di sinistra! Venti milioni di lavoratori e sei milioni di giovani hanno maturato una questione sociale che incombe di giorno in giorno! L'Italia ha una anima socialista profonda che sta riemergendo anche se viene tradita dai politicanti del centro- sinistra a Milano.
Pietro Ancona

i brasiliani sono esseri inferiori?

Caro Romano,

l'atteggiamento dell'Italia verso il Brasile è isterico molto sopra le righe.A momenti dichiara guerra!!!
Per quanto il caso Battisti possa avere deluso il nostro governo non credo che siano giustificate tutte le cose che sono state dette.,Anche Napolitano è stato della partita molto molto arrabbiato!
Ad essere sincero penso che ci sia una componente razzistica verso una nazione considera "inferiore". Credo che si se fosse trattato della Germania saremmo stati più politicamente corretti. Se po si fosse trattato degli USA Frattini avrebbe mandato alla sua collega Clinton letterine con il cuoricino disegnato sopra.
Pietro Ancona

per regimi carcerari rispettosi della Costituzione. No al 41 bis

sono contro l'art.41 bis e la discrezionalità mostruosa che ha lo Stato nel tenere persone in galera dopo avere scontato la pena inflitta dal Giudice. Sono contro le varie gradazioni o gironi infernali della carcerazione. Per una profonda riforma del sistema carcerario e la depenalizzazione dei reati connessi alla immigrazione. Sono anche contrario alla privatizzazione della gestione delle carceri, disumano strumento che dà ad uno o più privati la possibilità di lucrare sulla sofferenza della pena.
sono contro l'art.41 bis e la discrezionalità mostruosa che ha lo Stato nel tenere persone in galera dopo avere scontato la pena inflitta dal Giudice. Sono contro le varie gradazioni o gironi infernali della carcerazione. Per una profonda riforma del sistema carcerario e la depenalizzazione dei reati connessi alla immigrazione. Sono anche contrario alla privatizzazione della gestione delle carceri, disumano strumento che dà ad uno o più privati la possibilità di lucrare sulla sofferenza della pena.

sabato 11 giugno 2011

lettera al prof.Sabatucci che a prima pagina criticava la rigidità nel lavoro

Caro Sabatucci,

lei, piuttosto che deprecare e chiedere la fine del precariato che ha già rovinato una generazione che sta incanutendo da precaria senza futuro, se la prende con i sindacati colpevoli di avere difeso la rigidità del lavoro a tempo indeterminato. Un argomento vecchio e fasullo falsamente difensivo dei giovani che abbiamo già sentito tante volte.
Spero che lei non abbia figli che lavorano a quattrocento euro al mese come un paio di giornalisti che io conosco e che si convinca che la rigidità al contrario della precarietà è un valore. L'Italia, prima dell'avvento politico del precariato, stava molto meglio e tutti avevano un futuro.
Detesto i giornalisti politicanti che riecheggiamo cose alle quale non credono magari solo per schierarsi da una parte, nel suo caso dalla parte degli editori e della confindustria.
Pietro Ancona

un'altra civiltà sta per essere educata alla democraziia con i massacri

un'altra civiltà prossima ad essere devastata dall'Occidente Killer Turchia
pubblicata da Pietro Ancona il giorno sabato 11 giugno 2011 alle ore 13.23
Geografia
Repubblica araba siriana
Al-Jamhuriya al'Arabiya as-Suriya

Superficie: 185.227 Km²
Abitanti: 16.729.000 (stime 2001)
Densità: 90 ab/Km²

Forma di governo: Repubblica presidenziale
Capitale: Damasco (2.035.000 ab.)
Altre città: Aleppo 1.840.000 ab., Hims 300.000 ab.
Gruppi etnici: Arabi 88%, Curdi 5%, Armeni 3%
Paesi confinanti: Turchia a NORD, Libano e Israele a OVEST, Giordania a SUD, Iraq ad EST

Monti principali: Hermon 2814 m
Fiumi principali: Eufrate 675 Km (tratto siriano, totale 2760 Km)
Laghi principali: Buhayrat al Asad 600 Km²
Isole principali: -
Clima: Continentale - mediterraneo


Lingua: Arabo
Religione: Musulmana sunnita 74%, Musulmana (altro tipo) 16%, Cristiana 10
Moneta: Sterlina siriana



Grande moschea di Aleppo
Situata nel cuore del Medio Oriente, patria del primo alfabeto, della ruota, dell'agricoltura, terra in cui hanno studiato medici, scienziati, chimici, filosofi e letterati famosi, la Siria è un Paese a cui tutti siamo debitori. Le cattive notizie riportate dai mass-media che la descrivono come desertica e spoglia, popolata da fanatici inclini alla rivoluzione, non sono che un frammento negativo della realtà di questo paese. Sarà quindi una sorpresa viaggiare e scoprire che gli arabi sono estremamente cordiali e ospitali, che il patrimonio archeologico è importante e che numerose sono le testimonianze lasciate nel corso dei millenni dalle civiltà fiorite in territorio siriano a cominciare dai fenici ai greci, romani e bizantini per arrivare alle tracce lasciate dai crociati e dalle dinastie islamiche.
La Siria pur avendo una forte caratterizzazione archeologica e storica, presenta anche panorami naturalistici stupendi: le acque dell'Eufrate, il deserto, le verdi montagne dell'occidente, le oasi di palme, il Mar Mediterraneo. I viaggi organizzati sono sempre più frequenti in questo paese, ma c'è ancora possibilità per i viaggiatori più avventurosi che hanno voglia di allontanarsi dai percorsi standard di fare entusiasmanti scoperte.


Geografia e territorio

La Siria confina a nord con la Turchia, a est e sud-est con l'Iraq, a sud con la Giordania, a sud-ovest con il Libano ed Israele e a ovest con il Mar Mediterraneo. Il territorio siriano si può dividere in 4 zone distinte: la fascia costiera, la catena montuosa, la Mezzaluna fertile e il deserto. La costa uniforme che per circa 150 km si affaccia sul Mar Mediterraneo è separata dal resto del Paese dai monti Ansariyya (a ovest) e dal monte Zawiya (a est). Sorsero sulla fascia costiera i più importanti centri marittimi e commerciali del Mediterraneo. Al centro del Paese si stende la valle del Ghab attraversata dal fiume Oronte (Al-'Asi in arabo). La Mezzaluna fertile è chiamata in questo modo perché ha una forma semicircolare che parte da nord-est seguendo il fiume Eufrate, continua verso sud-ovest nella regione del Ghab, prosegue verso Homs seguendo il corso del fiume Oronte e inglobando le regioni montuose dell'Antilibano per arrivare fino alle alture del Golan. La valle dell'Eufrate, il più grande fiume che attraversa il Paese, è ricca di oasi e zone coltivate; il Tigri segna per un breve tratto il confine con la Turchia mentre il Khabur è l'unico fiume interamente siriano.
Popolazione
Donne presso Hama
Il 90% della popolazione è araba, comprese alcune minoranze beduine (circa 100.000 persone). Il restante 10% è formato da minoranze turche, circasse, curde e armene. I curdi presenti sperano di poter formare uno stato indipendente, speranza vana poiché sono stati accusati di atti di terrorismo e sono perseguitati anche in Turchia, Iraq e Iran. 300.000 sono i palestinesi che in Siria hanno trovato rifugio.
Clima
La Siria si può dividere in 4 zone caratterizzate da climi differenti: la fascia costiera le cui temperature medie diurne vanno dai 10°C in inverno ai 29°C in estate e le precipitazioni annuali raggiungono i 760 mm; le montagne dove in inverno non sono rare le nevicate; la zona coltivata attraversata dai fiumi Oronte ed Eufrate, con temperature che si aggirano intorno ai 35° C d'estate e ai 12°C d'inverno mentre le precipitazioni variano da 215 a 500 mm l'anno; il deserto, asciutto e caldo, che presenta punte massime estive di 46°C mentre in inverno è necessario coprirsi..
Lingua
La lingua ufficiale è l'arabo ma sono parlati anche l'aramaico, l'armeno, il circasso e il curdo. Imparare qualche breve frase di arabo richiede poco, ma per approfondire questa complicata lingua e scrittura sono necessari anni di studio. Nelle zone turistiche sono diffusi l'inglese e il francese
Religione
Minareto
La quasi totalità della popolazione (86%) è di fede musulmana sunnita. I musulmani sono chiamati alla preghiera 5 volte al giorno e durante il mese del Ramadan sono tenuti al completo digiuno. I cristiani rappresentano il 10% della popolazione mentre ebrei, alauiti, drusi e ismaeliti coprono il restante 4% e sono concentrati in regioni periferiche o in specifici quartieri urbani.
Storia
Sebbene non vi siano tracce di insediamenti umani pare che la prima presenza dell'uomo nell'area della valle dell'Oronte risalga ad 1 milione di anni fa; per trovare le prime testimonianze bisogna fare un salto di 500 mila anni. Tra il 10.800 e l'8.500 a.C. circa l'uomo passò da una vita nomade alla sedentarizzazione dovuta alla nascita dell'agricoltura. Proprio a seguito di questi cambiamenti culturali e sociali nacquero le prime civiltà urbane. Nel tempo le comunità divennero sempre più stabili e allo sviluppo e organizzazione dei primi centri seguì una progressiva crescita economica e commerciale che favorì la nascita degli scambi.
Verso il 3000 a.C. la Siria fu popolata dagli Amorriti e dai Cananei che si stabilirono sulla costa. I loro insediamenti e commerci attirarono l'attenzione degli egizi. Circa nello stesso periodo sorse nella zona di Mari, sull'Eufrate, una ricca civiltà che scomparve a causa dell'emergere di una nuova potenza: Ebla. Quest'ultima fondava la propria ricchezza sul commercio della lana. Gli Accadi distrussero questa città nel 2300-2250 a.C. Il 2200 a.C. fu segnato dall'arrivo degli Amorriti e dei Babilonesi il cui sovrano Hammurabi fu autore del famoso codice che da lui ha preso il nome.
Con la morte di Hammurabi e a causa dell'arrivo degli Ittiti l'impero si disgregò. Gli Ittiti vennero poi minacciati dagli Assiri che avanzarono lungo l'Eufrate e si stabilirono a Mari; dovettero interrompere l'avanzata quando sul loro cammino incontrarono gli Arami, popolo nomade che proveniva dalle zone della steppa e che, spinto dalla necessità di trovare insediamenti, si stabilì nelle pianure della Mezzaluna Fertile.
Con la conquista di Alessandro Magno nel 332 a.C. la Siria si trovava al centro di un impero che andava dall'Asia Minore alla Persia all'Afghanistan. Approffittando dello sfacelo della potenza ellenistica i romani si affacciarono in queste contrade e la Siria divenne provincia romana con capitale Antiochia. In Siria cominciò a diffondersi il cristianesimo quando Costantino si convertì e Costantinopoli diventò capitale dell'Impero romano. I secoli caratterizzati dalla dominazione bizantina furono importanti perché permisero alla Siria di vivere un lungo periodo di pace e prosperità che l'aiutarono a crescere.
Proliferarono, in seguito, numerose correnti religiose che, aiutate dalla caduta dell'Impero Romano d'Oriente e dall'avanzata dei Sasanidi contribuirono ad indebolire questa zona e la resero incline all'Islam. La Siria cadde così definitivamente sotto il controllo degli arabi ed entrò a far parte dell'impero islamico. Nel 660 salì al potere la dinastia Omayyade la cui capitale era Damasco. La salita al potere di Mu'Awiya, che si contrappose ad Alì nella successione al califfato, segnò lo scisma tra mussulmani sunniti e sciiti, seguaci di Alì. Alla fine del XI secolo giunsero in Siria i crociati dopo aver conquistato Gerusalemme. Due sovrani musulmani si distinsero in quest'epoca in Siria: Noreddino e Saladino che combatterono gli eserciti cristiani che si erano installati sulla costa. In seguito alla riunificazione religiosa della Siria con l'Egitto vi fu la definitiva scomparsa dei crociati nel 1260 sotto la dinastia dei Mamelucchi. Essi regnarono fino al 1516 quando la Siria divenne parte dell'Impero Ottomano che dominò il Paese per 4 secoli, fino alla II guerra mondiale.
Costituzione
Secondo la Costituzione del 1973 la Siria è una repubblica presidenziale. Il presidente, eletto ogni 7 anni a suffragio universale diretto, detiene il potere esecutivo che esercita in collaborazione con il governo. Il potere legislativo spetta invece al Consiglio del Popolo costituito da 250 deputati. Amministrativamente la Siria è divisa in 14 distretti.
Situazione politica
Dopo una serie di colpi di Stato militari che si succedettero nell'arco di un ventennio e un progressivo intransigente orientamento antiisraeliano, nel 1970 fu eletto Presidente Hafez el-Assad che aveva destituito il Presidente in carica Al-Atasi. Il nuovo presidente rinsaldò i legami con l'URSS e aderì all'alleanza Egitto-Libia-Sudan mentre i rapporti con la Giordania peggiorarono sensibilmente. Piegatosi al compromesso con l'opposizione religiosa che considerava poco islamica la Costituzione ed emendatala con l'imposizione di professare l'Islam da parte del Presidente, Assad andò ad assumere all'interno del mondo arabo un ruolo sempre più di primo piano (offensiva sul Golan, intervento in Libano, rottura con Arafat e sostegno ai drusi di Jumblatt e agli sciiti filoiraniani). Riconfermato Presidente nel 1985, nel 1990 in occasione dell'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq Assad si schierò contro l'Iraq facendo così cadere le accuse di proteggere il terrorismo internazionale e conseguendo un netto miglioramento dei rapporti con Gran Bretagna e Stati Uniti d'America. Riconfermato Presidente per la quinta volta nel 1999, il "leone di Damasco" riprese le trattative con Israele sospese nel 1996. La morte di Assad avvenuta nel giugno 2000 ha però precipitato la Siria nell'incertezza quanto a volontà di riforme interne e modernizzazione del Paese. Al figlio Bechar, che ha sostituito Assad alla presidenza, l'arduo compito di mantenere la Siria in una posizione di costante progresso economico e di equilibrio politico nell'intrico mediorientale.
Economia
Pastori ad un mercato di
bestiame
L'economia si basa su un sistema socialista e si sostiene attraverso: l'intervento pubblico con la nazionalizzazione delle industrie, la cooperazione ovvero la congiunzione tra il lavoro nel settore pubblico e in quello privato (settori della ricerca e dello sviluppo turistico), l'investimento privato che trova spazio nell'industria, nell'agricoltura e soprattutto nel commercio. L'agricoltura rappresenta tuttora una componente essenziale dell'economia siriana ed ha avuto un notevole sviluppo in seguito alla riforma agraria (limitazione della proprietà terriera) e alla realizzazione di imponenti opere idrauliche. Al consumo interno è destinata la produzione di frumento, orzo, miglio, riso, legumi, patate mentre cotone e tabacco vengono esportati. Vite, ulivo e agrumi vengono coltivati con successo lungo la fascia costiera. Dal sottosuolo si estraggono petrolio, gas naturale e fosfati. Le principali industrie sono quelle legate alla trasformazione dei prodotti agricoli e minerari. Il debito estero è schiacciante e caratterizza il bilancio statale. Tra i Paesi creditori anche l'Italia che è anche il principale partner commerciale della Siria da cui acquista soprattutto petrolio.

Curiosità
Nei souk delle cittadine mediorientali si possono trovare begli oggetti di artigianato e gioielli che riprendono le forme tradizionali. I tappeti diventano sempre più elaborati man mano che si va verso Oriente, ma per fortuna non più cari. Orari: i negozi dei souk in genere sono aperti dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20; chiusi il venerdì.
Cibi: Spezie da favola, di tutti i colori e i sapori: cumino, cardamomo, noce moscata, chiodi di garofano, zenzero. Ad Aleppo i pistacchi invadono ogni bottega alimentare.



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Giovanni Falcetta
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Giovanni Falcetta
















un'altra civiltà prossima ad essere devastata dall'Occidente Killer Turchia
pubblicata da Pietro Ancona

Repubblica araba siriana
Al-Jamhuriya al'Arabiya as-Suriya

Superficie: 185.227 Km²
Abitanti: 16.729.000 (stime 2001)
Densità: 90 ab/Km²

Forma di governo: Repubblica presidenziale
Capitale: Damasco (2.035.000 ab.)
Altre città: Aleppo 1.840.000 ab., Hims 300.000 ab.
Gruppi etnici: Arabi 88%, Curdi 5%, Armeni 3%
Paesi confinanti: Turchia a NORD, Libano e Israele a OVEST, Giordania a SUD, Iraq ad EST

Monti principali: Hermon 2814 m
Fiumi principali: Eufrate 675 Km (tratto siriano, totale 2760 Km)
Laghi principali: Buhayrat al Asad 600 Km²
Isole principali: -
Clima: Continentale - mediterraneo


Lingua: Arabo
Religione: Musulmana sunnita 74%, Musulmana (altro tipo) 16%, Cristiana 10
Moneta: Sterlina siriana



Grande moschea di Aleppo
Situata nel cuore del Medio Oriente, patria del primo alfabeto, della ruota, dell'agricoltura, terra in cui hanno studiato medici, scienziati, chimici, filosofi e letterati famosi, la Siria è un Paese a cui tutti siamo debitori. Le cattive notizie riportate dai mass-media che la descrivono come desertica e spoglia, popolata da fanatici inclini alla rivoluzione, non sono che un frammento negativo della realtà di questo paese. Sarà quindi una sorpresa viaggiare e scoprire che gli arabi sono estremamente cordiali e ospitali, che il patrimonio archeologico è importante e che numerose sono le testimonianze lasciate nel corso dei millenni dalle civiltà fiorite in territorio siriano a cominciare dai fenici ai greci, romani e bizantini per arrivare alle tracce lasciate dai crociati e dalle dinastie islamiche.
La Siria pur avendo una forte caratterizzazione archeologica e storica, presenta anche panorami naturalistici stupendi: le acque dell'Eufrate, il deserto, le verdi montagne dell'occidente, le oasi di palme, il Mar Mediterraneo. I viaggi organizzati sono sempre più frequenti in questo paese, ma c'è ancora possibilità per i viaggiatori più avventurosi che hanno voglia di allontanarsi dai percorsi standard di fare entusiasmanti scoperte.


Geografia e territorio

La Siria confina a nord con la Turchia, a est e sud-est con l'Iraq, a sud con la Giordania, a sud-ovest con il Libano ed Israele e a ovest con il Mar Mediterraneo. Il territorio siriano si può dividere in 4 zone distinte: la fascia costiera, la catena montuosa, la Mezzaluna fertile e il deserto. La costa uniforme che per circa 150 km si affaccia sul Mar Mediterraneo è separata dal resto del Paese dai monti Ansariyya (a ovest) e dal monte Zawiya (a est). Sorsero sulla fascia costiera i più importanti centri marittimi e commerciali del Mediterraneo. Al centro del Paese si stende la valle del Ghab attraversata dal fiume Oronte (Al-'Asi in arabo). La Mezzaluna fertile è chiamata in questo modo perché ha una forma semicircolare che parte da nord-est seguendo il fiume Eufrate, continua verso sud-ovest nella regione del Ghab, prosegue verso Homs seguendo il corso del fiume Oronte e inglobando le regioni montuose dell'Antilibano per arrivare fino alle alture del Golan. La valle dell'Eufrate, il più grande fiume che attraversa il Paese, è ricca di oasi e zone coltivate; il Tigri segna per un breve tratto il confine con la Turchia mentre il Khabur è l'unico fiume interamente siriano.
Popolazione
Donne presso Hama
Il 90% della popolazione è araba, comprese alcune minoranze beduine (circa 100.000 persone). Il restante 10% è formato da minoranze turche, circasse, curde e armene. I curdi presenti sperano di poter formare uno stato indipendente, speranza vana poiché sono stati accusati di atti di terrorismo e sono perseguitati anche in Turchia, Iraq e Iran. 300.000 sono i palestinesi che in Siria hanno trovato rifugio.
Clima
La Siria si può dividere in 4 zone caratterizzate da climi differenti: la fascia costiera le cui temperature medie diurne vanno dai 10°C in inverno ai 29°C in estate e le precipitazioni annuali raggiungono i 760 mm; le montagne dove in inverno non sono rare le nevicate; la zona coltivata attraversata dai fiumi Oronte ed Eufrate, con temperature che si aggirano intorno ai 35° C d'estate e ai 12°C d'inverno mentre le precipitazioni variano da 215 a 500 mm l'anno; il deserto, asciutto e caldo, che presenta punte massime estive di 46°C mentre in inverno è necessario coprirsi..
Lingua
La lingua ufficiale è l'arabo ma sono parlati anche l'aramaico, l'armeno, il circasso e il curdo. Imparare qualche breve frase di arabo richiede poco, ma per approfondire questa complicata lingua e scrittura sono necessari anni di studio. Nelle zone turistiche sono diffusi l'inglese e il francese
Religione
Minareto
La quasi totalità della popolazione (86%) è di fede musulmana sunnita. I musulmani sono chiamati alla preghiera 5 volte al giorno e durante il mese del Ramadan sono tenuti al completo digiuno. I cristiani rappresentano il 10% della popolazione mentre ebrei, alauiti, drusi e ismaeliti coprono il restante 4% e sono concentrati in regioni periferiche o in specifici quartieri urbani.
Storia
Sebbene non vi siano tracce di insediamenti umani pare che la prima presenza dell'uomo nell'area della valle dell'Oronte risalga ad 1 milione di anni fa; per trovare le prime testimonianze bisogna fare un salto di 500 mila anni. Tra il 10.800 e l'8.500 a.C. circa l'uomo passò da una vita nomade alla sedentarizzazione dovuta alla nascita dell'agricoltura. Proprio a seguito di questi cambiamenti culturali e sociali nacquero le prime civiltà urbane. Nel tempo le comunità divennero sempre più stabili e allo sviluppo e organizzazione dei primi centri seguì una progressiva crescita economica e commerciale che favorì la nascita degli scambi.
Verso il 3000 a.C. la Siria fu popolata dagli Amorriti e dai Cananei che si stabilirono sulla costa. I loro insediamenti e commerci attirarono l'attenzione degli egizi. Circa nello stesso periodo sorse nella zona di Mari, sull'Eufrate, una ricca civiltà che scomparve a causa dell'emergere di una nuova potenza: Ebla. Quest'ultima fondava la propria ricchezza sul commercio della lana. Gli Accadi distrussero questa città nel 2300-2250 a.C. Il 2200 a.C. fu segnato dall'arrivo degli Amorriti e dei Babilonesi il cui sovrano Hammurabi fu autore del famoso codice che da lui ha preso il nome.
Con la morte di Hammurabi e a causa dell'arrivo degli Ittiti l'impero si disgregò. Gli Ittiti vennero poi minacciati dagli Assiri che avanzarono lungo l'Eufrate e si stabilirono a Mari; dovettero interrompere l'avanzata quando sul loro cammino incontrarono gli Arami, popolo nomade che proveniva dalle zone della steppa e che, spinto dalla necessità di trovare insediamenti, si stabilì nelle pianure della Mezzaluna Fertile.
Con la conquista di Alessandro Magno nel 332 a.C. la Siria si trovava al centro di un impero che andava dall'Asia Minore alla Persia all'Afghanistan. Approffittando dello sfacelo della potenza ellenistica i romani si affacciarono in queste contrade e la Siria divenne provincia romana con capitale Antiochia. In Siria cominciò a diffondersi il cristianesimo quando Costantino si convertì e Costantinopoli diventò capitale dell'Impero romano. I secoli caratterizzati dalla dominazione bizantina furono importanti perché permisero alla Siria di vivere un lungo periodo di pace e prosperità che l'aiutarono a crescere.
Proliferarono, in seguito, numerose correnti religiose che, aiutate dalla caduta dell'Impero Romano d'Oriente e dall'avanzata dei Sasanidi contribuirono ad indebolire questa zona e la resero incline all'Islam. La Siria cadde così definitivamente sotto il controllo degli arabi ed entrò a far parte dell'impero islamico. Nel 660 salì al potere la dinastia Omayyade la cui capitale era Damasco. La salita al potere di Mu'Awiya, che si contrappose ad Alì nella successione al califfato, segnò lo scisma tra mussulmani sunniti e sciiti, seguaci di Alì. Alla fine del XI secolo giunsero in Siria i crociati dopo aver conquistato Gerusalemme. Due sovrani musulmani si distinsero in quest'epoca in Siria: Noreddino e Saladino che combatterono gli eserciti cristiani che si erano installati sulla costa. In seguito alla riunificazione religiosa della Siria con l'Egitto vi fu la definitiva scomparsa dei crociati nel 1260 sotto la dinastia dei Mamelucchi. Essi regnarono fino al 1516 quando la Siria divenne parte dell'Impero Ottomano che dominò il Paese per 4 secoli, fino alla II guerra mondiale.
Costituzione
Secondo la Costituzione del 1973 la Siria è una repubblica presidenziale. Il presidente, eletto ogni 7 anni a suffragio universale diretto, detiene il potere esecutivo che esercita in collaborazione con il governo. Il potere legislativo spetta invece al Consiglio del Popolo costituito da 250 deputati. Amministrativamente la Siria è divisa in 14 distretti.
Situazione politica
Dopo una serie di colpi di Stato militari che si succedettero nell'arco di un ventennio e un progressivo intransigente orientamento antiisraeliano, nel 1970 fu eletto Presidente Hafez el-Assad che aveva destituito il Presidente in carica Al-Atasi. Il nuovo presidente rinsaldò i legami con l'URSS e aderì all'alleanza Egitto-Libia-Sudan mentre i rapporti con la Giordania peggiorarono sensibilmente. Piegatosi al compromesso con l'opposizione religiosa che considerava poco islamica la Costituzione ed emendatala con l'imposizione di professare l'Islam da parte del Presidente, Assad andò ad assumere all'interno del mondo arabo un ruolo sempre più di primo piano (offensiva sul Golan, intervento in Libano, rottura con Arafat e sostegno ai drusi di Jumblatt e agli sciiti filoiraniani). Riconfermato Presidente nel 1985, nel 1990 in occasione dell'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq Assad si schierò contro l'Iraq facendo così cadere le accuse di proteggere il terrorismo internazionale e conseguendo un netto miglioramento dei rapporti con Gran Bretagna e Stati Uniti d'America. Riconfermato Presidente per la quinta volta nel 1999, il "leone di Damasco" riprese le trattative con Israele sospese nel 1996. La morte di Assad avvenuta nel giugno 2000 ha però precipitato la Siria nell'incertezza quanto a volontà di riforme interne e modernizzazione del Paese. Al figlio Bechar, che ha sostituito Assad alla presidenza, l'arduo compito di mantenere la Siria in una posizione di costante progresso economico e di equilibrio politico nell'intrico mediorientale.
Economia
Pastori ad un mercato di
bestiame
L'economia si basa su un sistema socialista e si sostiene attraverso: l'intervento pubblico con la nazionalizzazione delle industrie, la cooperazione ovvero la congiunzione tra il lavoro nel settore pubblico e in quello privato (settori della ricerca e dello sviluppo turistico), l'investimento privato che trova spazio nell'industria, nell'agricoltura e soprattutto nel commercio. L'agricoltura rappresenta tuttora una componente essenziale dell'economia siriana ed ha avuto un notevole sviluppo in seguito alla riforma agraria (limitazione della proprietà terriera) e alla realizzazione di imponenti opere idrauliche. Al consumo interno è destinata la produzione di frumento, orzo, miglio, riso, legumi, patate mentre cotone e tabacco vengono esportati. Vite, ulivo e agrumi vengono coltivati con successo lungo la fascia costiera. Dal sottosuolo si estraggono petrolio, gas naturale e fosfati. Le principali industrie sono quelle legate alla trasformazione dei prodotti agricoli e minerari. Il debito estero è schiacciante e caratterizza il bilancio statale. Tra i Paesi creditori anche l'Italia che è anche il principale partner commerciale della Siria da cui acquista soprattutto petrolio.

Curiosità
Nei souk delle cittadine mediorientali si possono trovare begli oggetti di artigianato e gioielli che riprendono le forme tradizionali. I tappeti diventano sempre più elaborati man mano che si va verso Oriente, ma per fortuna non più cari. Orari: i negozi dei souk in genere sono aperti dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20; chiusi il venerdì.
Cibi: Spezie da favola, di tutti i colori e i sapori: cumino, cardamomo, noce moscata, chiodi di garofano, zenzero. Ad Aleppo i pistacchi invadono ogni bottega alimentare.



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