lunedì 29 luglio 2013

L'Occidente in Egitto

 La mani in pasta dell'Occidente in Egitto

la signora Caterina Ashton, ministro degli esteri della Unione Europea, membro della Camera dei Lord, esponente della grande borghesia anglosassone, si è recata in Egitto per visitare in carcere il Presidente destituito Morsi probabilmente non recargli un messaggio dell'Occidente di invito alla resa incondizionata ai nuovi governanti dell'Egitto. In cambio della libertà e magari di una sorta di accordo politico con i militari ed i neoliberisti del governo.
   Il messaggio non è dell'Europa che non conta proprio niente ma è degli USA che non si vogliono esporre dopo avere presieduto alla formazione del nuovo governo che ora si trova in grosse difficoltà per la rivolta dei Fratelli Musulmani che non si rassegnano di essere passati dalle stelle alle stalle.
  Vedremo gli sviluppi in seguito. Finora si può dire che la reazione dei Fratelli Musulmani in Egitto è motivata soltanto dalla collera per avere perso il potere e dalla voglia di recuperarlo. Non ci sono contenuti politici diversi da questi. I Fratelli Musulmani sono responsabili di molto sangue che è stato versato a cominciare dal sangue della Libia. Hanno manipolato la rivoluzione tunisina i cui leaders laici sono stati freddati. Hanno partecipato all'aggressione della Siria contribuendo alla distruzione di uno dei paesi più belli e prosperi del mondo arabo ed alla morte di oltre centomila persone. Sono corresponsabili della fine della Libia, della morte di Gheddafi. Insomma sono stati la mano armata degli USA in Africa ed in Medio Oriente. Ora si ribellano in Egitto perchè gli USA hanno scelto di cavalcare una altra tigre e li hanno posati.
  I popoli arabi ed il mondo non avranno niente di buono dai Fratelli Musulmani e da quanti collaborano con gli americani. Solo un movimento panarabo laico socialista basato su parole d'ordine chiare come pane, lavoro, libertà, socialismo potrà dare qualcosa ed essere una speranza. In atto le lotte sono lotte di potere tra gruppi che non esprimono una alternativa al colonialismo.

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