Una lotta esemplare contro la privatizzazione delle aziende pubbliche
Quella che si è
scatenata a Genova per opera dei lavoratori delle aziende pubbliche (AMT –
trasporto pubblico, AMIU – igiene urbana, ASTER - manutenzioni) è una lotta
durissima, giunta al quarto giorno di sciopero ad oltranza, che sta ormai assumendo,
a dispetto del silenzio assordante della stampa nazionale, dal “Corriere della
Sera” al “manifesto”, su di essa, un rilievo generale ed una portata, per
l’appunto, nazionale. Ieri, proprio quando il sindaco Marco Doria intendeva
procedere alla privatizzazione di fatto delle aziende di cui il Comune è il
principale azionista, una massa compatta di lavoratori ha invaso ogni angolo
dell’aula consiliare, esprimendo la stessa rabbia e la stessa determinazione
che si erano potute percepire la sera prima nella Sala Chiamata del Porto, dove
si era svolta l’assemblea dei lavoratori dell’AMT decisi a difendere il posto
di lavoro messo a repentaglio, oltre che da una scadente gestione aziendale,
dalle scelte antipopolari delle amministrazioni di centrosinistra che si sono
succedute nel corso di questi anni. Così centinaia di lavoratori esasperati
hanno invaso la Sala Rossa
del Comune e hanno manifestato contro la decisione di regalare ai privati, con l’avallo
delle forze politiche di destra e di sinistra e con l’acquiescenza dei
sindacati confederali, interi comparti pubblici. Forte è quindi il risentimento
dei lavoratori verso un sindaco che, dopo essersi qualificato nella campagna
elettorale su posizioni formalmente di sinistra, giurando che mai e poi mai
avrebbe permesso la privatizzazione del trasporto pubblico, è diventato ora,
per sua scelta o perché spinto dalla sua maggioranza e dal suo omologo
regionale, il ‘cane di paglia’ della triade, formata da proprietari
immobiliari, petrolieri e armatori, che domina la città. Ecco perché è giusto
chiedere ad un sindaco sedicente di sinistra, quale si è ridotto ad essere
Marco Doria, un gesto di coerenza e di dignità: le dimissioni.
Vi è da
osservare, peraltro, che l’offensiva privatizzatrice non è solo genovese, come insegnano le vicende di ATAF a Firenze e di
ATAC a Roma. Genova semmai si distingue nel panorama nazionale per la
determinazione con cui i lavoratori rispondono a questa offensiva e per la
tradizione di lotta e di solidarietà proletaria che si manifesta in tutte le
loro mobilitazioni sociali. Una tradizione ben rappresentata da alcuni degli
slogan riportati sugli striscioni dei lavoratori delle aziende pubbliche
comunali: “Oggi come ieri / rossi e tranvieri”, “Vicini al popolo sardo”,
“Grazie alla città per la solidarietà”. E proprio su quest’ultimo punto giova
attirare l’attenzione: nonostante i notevoli disagi causati dallo sciopero dei
lavoratori, la popolazione guarda ad essi con tolleranza e in molti casi con
simpatia, avendo compreso la portata generale della battaglia che è stata
ingaggiata, ossia la superiorità di un’azienda pubblica rispetto ad un’azienda
privata nella quantità e nella qualità della erogazione dei relativi servizi. Sennonché
due cose si percepiscono sempre più nettamente a partire da questa lotta
esemplare: la necessità urgente di dotare il movimento dei lavoratori di casse
di resistenza che permettano di sostenere economicamente essi e le loro famiglie
in caso di agitazioni prolungate (basti pensare che i lavoratori delle aziende
comunali perdono le frazioni di stipendio corrispondenti ai giorni di durata
dello sciopero e rischiano una multa di 700 euro al giorno per non aver
ottemperato alla precettazione del prefetto), ma anche la necessità
improrogabile di dotare il movimento dei lavoratori di un partito comunista che
sostenga, coordini e indirizzi le loro lotte, come avveniva nei periodi più
difficili della loro storia (periodi che stanno ora ritornando).
Infine, una
noterella in margine a questa cronaca merita di essere aggiunta: su uno degli
striscioni esposti dai lavoratori si poteva leggere quanto segue: “Renzi
assente ingiustificato / come potrai guidare lo Stato?”. In effetti, il grande
privatizzatore Matteo Renzi, avendo capito che a Genova spirava un forte vento
di lotta di classe, ha preferito dare forfait e non si è presentato al
dibattito, programmato da tempo, con Cuperlo.
Spartacus
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