sabato 4 gennaio 2014

Aldo Penna sul discorso di Napolitano

 Ricevo via email da Aldo Penna, poeta e scrittore palermitano e socialista d'annata come il sottoscritto, e pubblico questo penetrante e desolato commento al discorso di Napolitano (che io ho definito spento)




Il discorso di fine anno del Capo dello Stato (espressione più calzante di Presidente della Repubblica) è un'abile miscela di luoghi comuni della retorica partitica alternata a parole toccanti presi a prestito dalla vasta area della disperazione che si rivolge alla massima autorità repubblicana inviando le sue suppliche. Il tentativo di entrare in empatia con l'Italia che soffre è stato un espediente mal riuscito. Troppa distanza e ignoranza dei problemi di milioni di persone per chi è ospite
dei Palazzi da lunghi decenni.

Alla lettera di un piccolo imprenditore disperato: "Sono stato imprenditore fino al 2001 (un calzaturificio con 15 dipendenti) e in seguito alla sua chiusura sono stato impiegato presso altri calzaturifici. Attualmente sono disoccupato... Di sacrifici ne ho fatti molti, e sono disposto a farne ancora. Questo non spaventa né me né i nostri figli.  Non può essere che solo noi «semplici cittadini» siamo chiamati a fare sacrifici. FACCIAMOLI INSIEME. Che comincino anche i politici.". Il Capo dello
Stato risponde con parole che si commentano da sole: "Mi sembra un proposito e un appello giusto, cui peraltro cercano di corrispondere le misure recenti all'esame del Parlamento in materia di province e di finanziamento pubblico dei partiti".

Fermiamoci un momento. Al grido di dolore e alla richiesta di equità non si può replicare citando due provvedimenti che sono la plateale smentita di quelle affermazioni. Al finanziamento pubblico dei partiti è stato solo cambiato nome. Le risorse del 2xmille verranno sempre dal pubblico erario e si tratterà ancora di centinaia di milioni di euro. Le Province sono ben lontane dall'essere abolite e i costi dove sono state messe in discussione, come in la Sicilia, sono quasi identici.

Veronica una ragazza di 28 anni laureata, e da tre anni alla ricerca di occupazione, domanda: "senza l'entusiasmo dei giovani una Nazione perde il futuro. Io credo ancora nell'Italia, ma l'Italia crede ancora in me?".
E il Capo dello Stato risponde: "Ecco, vedete, aggiungo io, una domanda che ci deve scuotere".
Se la scossa di cui si parla è l'operare dell'attuale Governo c'è da preoccuparsi perché somiglia all'elettroshock: o ti uccide o ti rende demente. Se invece la scossa sono le parole del premier attuale, magari quelle pronunciate al Circolo della Stampa per l'incontro di fine anno con i giornalisti, ha ragione. Quelle parole scuotono, ma solo l'indignazione degli italiani. 

Pensate, nei dieci minuti di introduzione, prima di rispondere alle domande dei giornalisti, il Presidente del Consiglio invece di fare appello all'energia di una nazione, di presentarsi come il coraggioso capitano di un vascello che solca mari perigliosi, suscitando lo spirito di corpo, e l'orgoglio di popolo, parlando di riscatto e speranza, cita il tratto distinguente, a suo parere, di questa fase travagliata: il ricambio generazionale. Il ricambio di generazione non del Paese, immerso nelle
paludi immobili del conservatorismo in ogni campo, ma della classe politica.

Dimenticando di avere gli anni di Clinton alla fine del suo mandato, Letta, senza avvertire nessun senso del ridicolo, ritiene se stesso fulgido esempio di questo ricambio che muterà l'Italia. Come nell'Unione Sovietica i "giovani" cinquantenni del Komsomol, l'Unione della Gioventù del Partito Comunista, erano associati al potere oramai pingui e ingrigiti, Letta giudica un valore questo passaggio di testimone, non di rottura, tra una  generazione e un'altra.

E infatti i giovani campioni di questo rinnovamento sono esibiti da chi li ha nominati, ma assicurano perfetta continuità nei metodi e nei valori che hanno impoverito e reso profondamente diseguale questo paese.
Citare la strabiliante cifra di 85 miliardi di euro pagati ogni anno per mantenere uno di più alti debiti pubblici del mondo e non spendere una parola o un fatto concreto sulle ragioni di quel debito, significa sorvolare sulle cause della malattia chiedendo al malato di scusare il medico se mentre agonizza lui è impegnato a giocare a monopoli con le spoglie di un paese.

I cerchi magici costruiti in questo trentennio e resi solidi dalla scellerata applicazione della legge Bassanini sono oramai un'idrovora parassitaria che drena preziose risorse e trasforma i governi pro tempore in sceriffi di Nottingham, sempre pronti a imporre nuove tasse piuttosto che ristabilire equità e giustizia.
In attesa dell'arrivo di un Cuor di Leone, e con pochi Robin Hood disposti a distribuire a chi non ha, l'inizio del nuovo anno non promette bene. Come nella parabola del fico sterile, la gente chiede: "da tre anni vengo cercando frutti e non ne trovo." e il governo, vignaiolo incapace, come se non avesse avuto tempo, risponde: "lascialo ancora quest'anno, finché gli zappi intorno e gli metta il concime". 


Aldo Penna

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