martedì 24 maggio 2011

Non basta sconfiggere Berlusconi

Non basta sconfiggere Berlusconi

Numerosi sono i commenti al rapporto Istat 2010 che descrive una Italia in declino ed in certi settori addirittura boccheggiante. La presentazione del rapporto ha coinciso con una relazione della Corte dei Conti che diffida dalla riduzione del carico fiscale almeno per i prossimi dieci anni e con gravi notizie che giungono dalla cantieristica italiana con la proposta di smobilitazione dei cantieri di Castellammare e Genova.
Molti si affrettano ad attribuire la responsabilità del disastro soltanto al governo Berlusconi ed alla linea di rigore acefalo del Ministro Tremonti. Ma input notevoli all'impoverimento del paese giungono da organismi internazionali come l'Ocse, il FMI e la stessa UE che sembrano ossessionati del conseguimento di obiettivi di riduzione della spesa pubblica e dei salari. C'è sempre un enorme dito dietro l'Italia che le intima a non fare la fine della Grecia ed il peso sulle scelte economiche nazionali di Mastricth e di Lisbona sta diventando davvero opprimente. Inoltre altre responsabilità sono legate alla egemonia della ideologia liberista sia nel governo come nell'opposizione che ha creato una situazione per certi versi surreale e grottesca: l'opposizione non rimprovera al governo di essere liberista ma di applicare male il liberismo proponendosi come migliore esecutrice dei dettati che imperano nell'Occidente e che stanno creando problemi gravi a centinaia di milioni di lavoratori e di appartenenti al ceto medio. Bersani non rimprovera a Berlusconi le liberalizzazioni, ma la loro cattiva realizzazione. L'opposizione non si rende conto che l'Italia ha bisogno di fare stare relativamente bene tutta la sua popolazione e che la spinta feroce della dottrina "l'uomo vale quello che produce" può anche abbassare i costi alla Fiat ma tutta Pomigliano d'Arco e Torino vivranno peggio con meno operai e pagati male. Esiste una economia complessiva da alimentare. Si possono avere aziende ricche in un paese poverissimo e maltrattato. E' questo c he vogliamo? Vogliamo una Suv costosa ma competitiva realizzata da operai a 1100 euro al mese? Non sarebbe meglio produrre cose accessibili a tutti pagando meglio i lavoratori che le producono?
La responsabilità del declino italiano è anche da attribuire alla voglia dei comunisti di farsi perdonare di essere tali. Dopo la caduta del muro di Berlino e l'abiura della Bolognina del gruppo dirigente nazionale c'è stata una corsa febbrile alla smobilitazione del cardine fondamentale del benessere italiano: l'industria pubblica. I maggiori economisti del PCI hanno teorizzato le privatizzazioni. Inoltre Prodi ha liquidato grande parte del patrimonio pubblico in pochi mesi. Molti settori sono quasi spariti del tutto come l'acciaio e la chimica ed il sistema delle Partecipazioni Statali criminalizzato e sfottuto come quello dei panettoni di Stato è stato smantellato. Una enorme capacità scientifica ed economica è andata perduta. Ora ci restano soltanto l'ENI e la Finmeccanica ma la guerra di Libia forse le ridurranno a pezzi.
Gli accordi di concertazione del 93 con la triangolazione sindacati-governo-padronato hanno rovinato venticinque milioni di lavoratori che, dopo avere perduto la scala mobile, sono obbligati a chiedere aumenti salariali soltanto dentro i margini della "inflazione programmata". Dal 93 ad oggi questo infernale marchingegno ha ribassato di almeno il quaranta per cento la massa salariale italiana che è passata dal 68 per cento del PIL al 56 per cento ed ora è di nuovo in picchiata dopo la crisi del ccnl e la pratica delle deroghe.
Cgil Cisl UIL condividono responsabilità gravissime nel precariato imposto a sei milioni di giovani ed ora esteso a tutti i nuovi assunti. Hanno anche la faccia di bronzo di celebrare una volta l'anno i padri della precarietà come D'Antona o Biagi.
Per rovesciare la situazione non basta mandare a casa il governo Berlusconi. Bisogna abbracciare una nuova dottrina che abbia molti elementi di socialismo e che sia capace di strutturare azioni di alta utilità sociale. Bisogna abrogare la legge Biagi, fissare un Minimo Salariale Garantito, ripubblicizzare subito settori essenziali come le ferrovie e le comunicazioni. Ma il PD ed i suoi alleati sono ora e sempre iperliberisti!!!
Il programma elaborato dalla Plaza de Sol spagnola, a differenza di quelli del popolo viola e della meschinella opposizione italiana, contiene elementi di grande interesse e che riguardano anche il sistema politico. Liberismo e bipolarismo sono inscindibili. Se si vuole democrazia economica ci vuole un sistema elettorale proporzionale. Gli spagnoli hanno capito un nesso fondamentale della modernità.
Pietro Ancona
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