"MENO CONFLITTI, PIU' SERVIZI". E LA CGIL MINACCIA QUERELA
Un servizio sull'Espresso spiega tutte le attività "collaterali" di Cgil, Cisl e Uil: dai patronati ai Caaf, dagli Enti bilaterali a banche e fondi pensione. Durissima la lettera del segretario generale che minaccia il ricorso al tribunale.
"Perdiamo iscritti, e la Cisl potrebbe diventare nel medio periodo il più grande sindacato italiano". Quando Susanna Camusso ha lanciato questo allarme durante l'ultimo Comitato direttivo, lo scorso 23 febbraio, tra gli uomini della Cgil girava una voce inquietante: in provincia di Milano la Cisl sarebbe già il primo sindacato. A quel punto, le parole del segretario generale hanno messo in chiaro a tutti che non c'è più molto tempo per invertire la tendenza che porterebbe a uno storico sorpasso. Occorre fare in fretta, cambiare pelle, trovare nuovi canali di contatto con i lavoratori, attivarsi su nuovi fronti, proprio come sa fare bene la Cisl. Ed entrare in concorrenza con il sindacato guidato da Raffaele Bonanni soprattutto sul terreno dei nuovi business, quelli che fanno da compensazione alla difficoltà di trovare nuovi iscritti, e da argine alla crisi della contrattazione.
Lo slogan del futuro potrebbe essere: "meno conflitti e più servizi". In sostanza, premere l'acceleratore sulle attività collaterali: quella dei patronati, ma soprattutto i nuovi filoni come la consulenza fiscale e previdenziale agli iscritti, quella sulle vertenze legali, o attività più propriamente economiche come gli enti bilaterali, fino alla presenza nei consigli di amministrazione di banche, fondi pensione, fondi sanitari. Avendo ben presente un rischio. Diventare un sindacato-gestore, che si fa ente economico e giuridico, comporta la tentazione di trasformarsi in centro di potere, o luogo di smistamento di pratiche clientelari. Come ha dimostrato la "parentopoli" romana, che ha visto dirigenti sindacali più preoccupati di collocare figli e nipoti all'Atac, l'azienda pubblica di trasporto della Capitale, che della bontà del servizio pubblico.
D'altra parte, è dall'inizio degli anni Novanta, grazie alla concertazione, che il sindacato ha via via dato spazio a comitati paritetici, commissioni congiunte, organismi di vigilanza, tutti luoghi decisionali in cui i rapporti con imprese e governo si confondono. Prendiamo l'Inpdap e l'Inps: l'attività di vigilanza che i sindacati svolgono nella previdenza pubblica si traduce in un "Comitato di indirizzo e vigilanza" che ha ben 24 membri perché deve far posto alle associazioni dei lavoratori dipendenti (una decina), degli autonomi, dei datori di lavoro. Poltrone, e gettoni di presenza per tutti: 810 mila euro i compensi e i rimborsi pagati nel 2009 (sia pure in calo quasi della metà per effetto dei tagli di Tremonti). Senza contare l'ufficio di presidenza del Comitato, per il cui funzionamento l'Inps spende 221 mila euro, e il cui vertice è di pertinenza dei rappresentanti dei lavoratori dipendenti, ed è attualmente affidato a uno storico dirigente della Cgil, Guido Abbadessa (il quale prima ricopriva lo stesso incarico all'Inpdap).
Il nodo, per il sindacato, è quello dei soldi. Dagli oltre 5,7 milioni di tesserati (di cui 3 milioni pensionati) la Cgil ricava una cifra complessiva - stimando 10 euro mensili a testa - di oltre 680 milioni di euro all'anno, che servono a tenere in piedi una struttura poderosa, con 16 mila funzionari e sedi in tutto il paese; con lo stesso criterio di calcolo la Uil (con 2.184.000 tessere, tra cui 575 mila pensionati) incassa 250 milioni e la Cisl (con 4,5 milioni di tesserati di cui 2,2 pensionati) 540. Se declina l'introito delle tessere, per tenere in piedi la baracca occorre dunque trovare nuove entrate. Quali?
Il santo patronato.
I patronati (l'Inca-Cgil, l'Inas-Cisl, l'Ital-Uil) sono stati il primo business in cui il sindacato si è diversificato. Le entrate complessive di tutti i 27 patronati ammontano a circa 370 milioni di euro (dato 2009 tratto dalla Relazione generale sulla situazione economica del paese) e vengono dal disbrigo delle pratiche su contributi, pensioni, infortuni, immigrazione, ammortizzatori sociali, invalidità civili e previdenza sociale. Chi paga? Il ministero del Welfare, che gira al sindacato un contributo dello 0,226 per cento (ora ridotto da Tremonti allo 0,178) sul monte contributi delle pratiche che si concludono positivamente. L'Inca incassa circa 85 milioni, l'Inas 64 milioni, al terzo posto le Acli, con circa 40 milioni di contributi. Un legame così forte, quello con il ministero del Welfare, che il ministro Maurizio Sacconi sta studiando come compensare il taglio del collega dell'Economia: un'ipotesi è quella di appaltare alle sedi estere del patronato la selezione di badanti e colf da collocare nel mercato del lavoro italiano. Un affare con un potenziale di circa 20 milioni di euro. Nei patronati il sindacato occupa una parte consistente della sua "forza lavoro": sono 1.723 gli operatori della Cgil, 1.100 quelli della Cisl (le Acli arrivano a occupare ben 5.000 persone, volontari inclusi). Numeri di un'azienda medio-grande. Ma i patronati sono anche strategici sul piano delle tessere: si stima che metà delle pratiche pensionistiche risolte diano luogo a nuovi iscritti.
Tu litighi, io incasso.
Gli uffici-vertenze si occupano di risolvere i contenziosi con le aziende, e non hanno contributi pubblici ma entrate volontarie. Vi ricorrono i singoli lavoratori o le cause collettive. Una singola vertenza genera mediamente tra i 1000 e i 2000 euro (ma alcune hanno prodotto anche 40 mila euro) e per ogni causa vinta il 10 per cento resta al sindacato. L'ufficio vertenze della Cgil-Lazio, per esempio, ha incassato in un anno un milione di euro.
Caaf in rosso.
Poi ci sono i Caaf, i centri di assistenza fiscale che aiutano nella compilazione della dichiarazione dei redditi. Come "intermediari fiscali", sono diventati società a responsabilità limitata, cioè società di capitali i cui soci di riferimento sono i sindacati e le loro articolazioni territoriali. Peccato che da un po' i Caaf siano spesso in passivo, causa eccesso di dipendenti. Quello della Cgil del Lazio, ad esempio, ha accumulato un debito di 14 milioni e deve ricorrere a un taglio sui circa 150 lavoratori, che potrebbero andare a ingrossare le fila di quei "licenziati dalla Cgil" che stanno conducendo una vertenza contro il sindacato di Susanna Camusso. Per sanare il rosso, una mano la potrebbe dare l'Inps, che ha deciso di abolire il servizio di ricezione gratuita dei moduli 730 che fino all'anno scorso potevano essere consegnati presso i suoi sportelli. Questo aumenterà il giro d'affari dei Caaf e il conto che presentano allo Stato. Anche se è prevista una tariffa pagata dall'utente, il Caaf ottiene infatti un contributo pubblico per ogni pratica svolta (730, Unico, Ici): l'assegno staccato dal Welfare si aggira intorno ai 200 milioni annui. A cui si aggiungono i soldi pagati dall'Inps per la realizzazione degli Isee (l'indice di situazione economica delle famiglie), un servizio che nel 2009 ha fatto incassare ai Caaf 102 milioni. I vertici dei Caaf, come i presidenti dei patronati, vengono nominati dalle segreterie provinciali e regionali: l'Inca-Cgil è diretto da Morena Piccinini, che prima era componente della segreteria confederale, così come lo era Antonino Sorgi, presidente dell'Inas-Cisl, mentre il presidente di Ital-Uil, Giampiero Bonifazi, fa anche parte del Cnel, grande area di parcheggio di dirigenti sindacali.
Sbarco nella finanza.
Le strutture che stanno ridisegnando il sindacato di domani sono gli Enti bilaterali. Secondo la legge Biagi dovrebbero servire a regolare il mercato del lavoro, programmare attività formative, di fatto, servono ad allevare nuove leve burocratiche e mini-apparati. Il numero dei loro componenti non è mai meno di tre per parte sindacale (quanti quelli dei datori di lavoro. E questo per ogni categoria nazionale, per ogni struttura provinciale o regionale. Le categorie sono 89, i sindacati più rappresentativi sono almeno 4 o 5, le provincie oltre 120 e le regioni 20: viene fuori una schiera di qualche migliaio di funzionari. Tutti pagati da aziende e lavoratori: il contributo per finanziarli si calcola infatti sull'imponibile previdenziale del monte dei salari (in media 0,20 per cento a carico delle aziende, altrettanto a carico dei lavoratori).
Nomenklatura sanità.
Da quando il Tfr alimenta la previdenza complementare, la gestione dei fondi sanitari è diventata ambitissima. Nonché inevitabilmente numerosa. Prendiamo il fondo Sanimpresa: funziona dal 2003 per gestire l'assistenza sanitaria ai dipendenti della Confcommercio di Roma insieme a Cgil, Cisl e Uil. Ebbene, il consiglio di gestione è formato da 36 persone, metà espressione delle imprese e metà dei sindacati. Come il Fonchim, fondo pensione dei chimici, che ha 2,5 miliardi di patrimonio ed è governato a un'assemblea di delegati formata da 31 rappresentanti delle imprese e 31di parte sindacale. Poi c'è il consiglio d'amministrazione (7+7) il Collegio dei Revisori (2+2) e la Consulta dei soci fondatori (9+9), con spese generali pari a 1,5 milioni di euro oltre al milione per il personale. Analogo il caso del Fondo Cometa, per i metalmeccanici, che ha un'assemblea di delegati più grande (45+45), un cda di 6+6.
Tutti insieme appassionatamente.
Infine Cgil, Cisl e Uil insieme sono tra i fondatori dell'Unipol, che ha da poco dato vita alla holding finanziaria Ugf. Dentro: assicurazioni, banche, fondi di investimento, leasing e altre attività finanziarie. Tra i 25 membri del consiglio di amministrazione della Ugf - che stacca un compenso di 50 mila euro all'anno ciascuno più 1.500 euro di gettone di presenza alle riunioni - accanto a uno della Cgil, uno della Cisl e due della Uil, ci sono amministratori che provengono dai sindacati di artigiani, commercianti e agricoltori (Cna, Confesercenti e Cia). Un curriculum per tutti dà l'idea di quanta carriera possa fare un sindacalista che entra nei nuovi ranghi manageriali, quello di Sergio Betti: carriera nella Cisl in Toscana, poi consigli degli enti bilaterali edile e agricolo, cda dell'Università di Siena, della Camera di Commercio, del patronato Inas ed oggi, oltre che nel cda di Ugf, è presidente di Marte. Che cosa è? La prima società di brokeraggio assicurativo creata direttamente da un sindacato, la Cisl. Che è già, certamente il primo sindacato: almeno per il suo senso degli affari.
Salvatore Cannavò
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