venerdì 6 maggio 2011

Dopo lo sciopero

Dopo lo sciopero della CGIL
Scrive Giorgio Cremaschi che lo sciopero è riuscito e che la CGIL deve andare avanti senza Cisl e senza Uil. Io aggiungo: aprendosi molto al sindacalismo di base dal quale raccogliere una profonda carica di insoddisfazione e di critica del capitalismo .ed autonomia nei posti di lavoro. Oggi abbiamo avuto conferma di una CGIL nella quale i lavoratori pur non condividendone la condotta degli ultimi anni la considerano sempre il loro sindacato partecipano alla sua chiamata di lotta anche se anacronistica e tardiva . Il messaggio che viene dallo sciopero è dato dal dualismo del linguaggio di netta denunzia della condizione umana del lavoro di richiesta di rapidi cambiamenti radicale dei partecipanti e dal discorso di Susanna Camusso che interpreta assai poco questa spinta ed è oppressa da un senso di responsabilità sbagliato e ripete burocraticamente inviti a Cisl ed Uil ad una impossibile azione comune. La Segretaria ha anche rivolto addirittura un appello alla Confindustria aspettandosi chissà che cosa da una assise del padronato italiano che comincia ad essere perplesso verso la destra ma non per questo meno aggressivo verso i lavoratori. Insomma la CGIL della Camusso vorrebbe quadrare una impossibile intesa con Cisl Uil e Confindustria voluta fortemente dal PD. Ma questa intesa può avvenire soltanto alle condizioni dettate dalla Marcegaglia e questo confligge con la spinta popolare dello sciopero. La CGIL si deve riproporre come il grande sindacato riformista e progressista di Giuseppe Di Vittorio di Fernando Santi ma anche dell'intransigentismo radicale di Vittorio Foa che riusciva a coniugare contenuti profondamente liberatori ed innovativi della condizione umana con la necessità di far crescere e salvaguardare lo sviluppo della fabbrica. Oggi siamo difronte alla proposta inaccettabile di uno sviluppo della fabbrica e della economia a costo di una profonda e radicale cessione di diritti e della salute stessa dei lavoratori. Aggiungo che il venire meno del sindacalismo di matrice cattolica e socialista della Cisl e dell'UIL alle sue grandi tradizioni ed all'azione come Pastore Carniti e Storti e per l'Uil dello stesso Benvenuto attore della stagione delle riforme e la riduzione di Cisl ed UIL a collaboratori subalterni di Confindustria e Governo non riesce ad isolare la CGIL che è sempre il sindacato per antonomasia. Sacconi ha tentato con la cordata dei "complici" e con l'ostracismo a metterla in un angolo ma senza riuscirci.
Ma la CGIL nell'ultimo decennio ha subito molto il processo degradante della cultura unitaria. Al suo interno pratica la legge Biagi e questo è inaccettabile e tende a diventare una conglomerata di servizi e di enti bilaterali. Bonanni teorizza la sussidiarietà ed il rafforzamento degli enti bilaterali in un nuovo corporativismo in cui alla lotta di classe si sostituisce il servizio. Credo che bisognerà fare chiarezza su questo punto essenziale e sciogliere la CGIL- movimento dalla CGIL- servizi rstaccandosi dagli enormi interessi che si gestiscono insieme a Cisl ed Uil ma anche al padronato italiano.
La sciopero ha legittimata l'autonomia della politica sindacale della CGIL ed il valore sociale enorme del suo disconoscimento degli accordi separati. La Fiom ha fatto molto per questa nuova condizione opponendosi fieramente alle scelte liberticide e disumane della Fiata a Napoli a Torino a Milano. Non deve essere emarginata in una sorta di ghetto dei rivoltosi.
Due giornalisti di Rai New 24 commentando oggi pomeriggio l'esito dello sciopero parlavano di una CGIL che continua ad essere "la" grande organizzazione. Ne avevano ammirazione. Io ne ho ammirazione e rabbia. Rabbia per l'influenza negativa che le politiche capitolarde del PD vi esercitano, rabbia per l'assenza di una piattaforma chiara sul salario, sul precariato, sulle pensioni, insomma su tutto. Vorrei che la CGIL chiedesse l'abrogazione della legge Biagi e lottasse con molto più vigore la politica antiwelfare delle privatizzazioni e dello splafonamento verso il basso dei salari con una legge per il Salario Minimo Garantito. Insomma piuttosto che proporre un iperealismo rivolto ad accettare il peggio delle politiche padronali e governative rilanciare il realismo della prosperità legata ai processi di miglioramento. Come ha notato il Governatore della Banca d'Italia a proposito del precariato, l'Italia non starà affatto bene se non investirà in certezze lavorative ed esistenziali. L'Italia del precariato e dei contratti derogati per degradare e sfruttare la gente è infelice e povera ed alla lunga porta indietro anche le altre classi sociali che non si salvano affondando la classe operaia.
Pietro Ancona
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