Dalla parte di Landini
Ci sono sciacalli della politica e della lotta sociale italiana che gioiscono della sconfitta della Fiom nella faccenda Bertone. La Fiom sarebbe stata sconfitta dalla sua stessa rappresentanza operaia che ha in maggioranza ha votato il si allo scellerato referendum imposto da Marchionne e si sarebbe avviluppata in un mare di contraddizioni da Pomigliano a Mirafiori alla Bertone oggi, avrebbe tenuto comportamenti dissimili e tali da vare dubitare della saldezza della sua impostazione dell'azione e delle scelte.
Io credo invece che la Fiom si sia comportata benissimo in tutti e tre le situazioni e che per quanto a qualcuno possa sembrare paradossale anche hanno scelto bene i delegati aziendali a invitare a votare se. La situazione in uno stabilimento chiuso da anni non aveva alternativa: "scegliere tra la fine della fabbrica annunziata dal padrone o continuare a testimoniare diritti che si ritengono inalienabili. La scelta, in un contesto dominato da continue minacce alla occupazione e da processi di degrado di interi distretti industriali, non poteva che essere obbligata: si sceglie il lavoro. Questa è la scelta operaia e non è contraddetta dalla Fiom che dice no e dice che i diritti non si debbono manomettere.
Turba molto l'assedio che continua ad essere posto alla Fiom quando la considerazione che bisogna fare è se è compatibile con la libertà e la democrazia il potere enorme che Marchionne ha avuto in tutte le vicende Fiat e se non sarebbe giusto sollevare il problema nelle sedi istituzionali e politiche di una limitazione appunto di questo potere a norma della Costituzione repubblicana che parla di diritti ed anche di funzione sociale dell'impresa che non è un luogo in cui si possono manomettere diritti conquistati e confermati dall'ordinamento costituzionale dello Stato.
Debbono stare molto attenti CGIL e PD a non schierarsi dalla parte di Landini il quale non è un "duro" estremista ma un dirigente appartenente alla tradizione riformistica del sindacalismo italiano che comprende anche Vittorio Foa e una cultura di intransigentismo per quanto riguarda i diritti e di flessibilità per quanto riguarda i rapporti di lavoro.
Il mio maestro di sindacalismo Peppe Grado mi insegnò una massima che all'apparenza è banale: diritti e doveri. L'operaio deve collaborare al successo della impresa che è anche la sua impresa ma deve avere fino all'ultimo centesimo di quello che gli spetta eed essere tutelato nella sua salute e nei diritti che derivano dal lavoro: ferie, malattia e quanto altro.
Chi pone in alternativa diritti e lavoro è fascista e vorrebbe precipitare l'Italia in un lager di operai disperati che si affannano come scimmie impazzite in fabbriche spinte al massimo della cosidetta produttività e che sfruttano l'energia umana delle persone senza ritegno. La fabbrica non può e non deve diventare un lager come vorrebbe Marchionne. L'elogio che spesso Marchionne fa agli operai che vivono nella spettrale Detroit e sono disposti a tutto pur di avere un tozzo di pane e dei sindacalisti americani che sono kapò è inaccettabile e dovrebbe essere respinto dalle forze politiche che credono nella democrazia. Quando sparisce il diritto in fabbrica presto sparisce anche nella società. Sparisce il diritto dell'operaio alla pausa ed il diritto del magistrato ad esercitare in autonomia la sua professione.
Per questo bisogna sostenere la Fiom con tutte le sue contraddizioni. La Fiom vive immersa nella cultura della CGIL che è diventata iperrealista verso il padronato e che ha rapporti con Cisl ed Uil che sono oramai apertamente dalla parte della Confindustria. Questa cultura genera contraddizioni. E' un problema della democrazia italiana non piegare e "recuperare" Landini alla realtà della Confindustria ma recuperare tutta la CGIL alla resistenza ed al contrattacco della sconfitta operaia subita,
Pietro Ancona
già membro dell'Esecutivo della CGIL e del CNEL
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