a differenza dell'esercito romano che fu strumento importante di elevazione sociale dei miles, i marines dell'impero USA sono poveri disgraziati destinati alla pazzia ed al suicidio. Statistiche su venticinque milioni di veterani danno risultati impressionanti che vale la pena di studiare per capire che cosa è oggi l'Impero e della strumentalità dello esercito di professionisti della morte rispetto le multinazionali che governano il pentagono spa.
Pietro Ancona
Morti silenziose: l’epidemia di suicidi tra i militari USA
Venerdì 13 Agosto 2010 14:13
Si verificano nella solitudine e nella segretezza tra i soldati statunitensi che combattono o hanno combattuto nelle guerre che George W. Bush ha iniziato e Barack Obama continua. Giugno è stato il mese più crudele: si sono suicidati 32 soldati, un numero superiore a quello di qualsiasi mese della guerra del Vietnam. Undici non erano in attività e sette di rimanenti prestavano servizio in Iraq e/o Afghanistan. Sono cifre ufficiali (www.defense.gov, 15-7-10). Nel 2009 si sono tolti la vita 245 soldati e la cifra sarà superiore quest’anno: 145 si sono suicidati nel primo semestre e 1713 hanno tentato senza riuscirci. Il tasso è più alto di quello corrispondente alla popolazione civile USA.
Il militare Tim Embree ha testimoniato il 25 febbraio di fronte alla Commissione per le questioni relative ai veterani della Camera dei Rappresentanti. Ha parlato a nome dei 180.000 associati dei Veterani Statunitensi dell’Iraq e dell’Afghanistan (IAVA la sua sigla in inglese), Paesi nei quali è stato mandato a combattere due volte. “L’anno passato si sono tolti la vita con le proprie mani più soldati di quelli caduti in combattimento in Afghanistan –ha detto–. La maggioranza di noi conosce un compagno che lo ha fatto tornando a casa e le cifre non includono neanche chi si suicida al termine del servizio: sono fuori dal sistema e le loro morti di solito vengono ignorate” (//iava.org, 15-7-10). Come se non fossero esseri umani, ma solo materiale di scarto.
Embree ha ricordato le cifre pubblicate dal settimanale Army Times, che divulga notizie dell’ esercito e possibilità di carriera nell’istituzione: “18 veterani si suicidano ogni giorno e si registra una media mensile di 950 tentati suicidi tra i veterani che ricevono qualche tipo di trattamento dal dipartimento federale competente (www.armytimes.com, 26-4-10)”. Si tratta di veterani di tutte le guerre che gli USA ha scatenato in terre straniere e soffrono, in generale, di PTSD. Prima lo si chiamava nevrosi da guerra o stress da combattimento o shock o con altri nomi. Il PTSD li riunisce tutti.
La pubblicazione mensile Archives of General Psychiatry ha divulgato una ricerca indipendente su 18.300 soldati esaminati a tre mesi e un anno di distanza dal loro invio in Iraq: dal 20 al 30 per cento soffrivano di PTSD e una depressione profonda colpiva il 16 per cento (//archpsyc.amaassn.org, giugno 2010). Si spiega la difficoltà dei veterani a reinserirsi nella vita civile, la violenza familiare di cui sono protagonisti, i matrimoni rotti, la tossicodipendenza e i suicidi. A fine 2009, secondo cifre del Dipartimento dei Veterani del governo, più di 537mila dei 2,04 milioni che hanno prestato servizio in Iraq e Afghanistan hanno chiesto assistenza medica (www.ptsd.va.gov, febbraio 2010).
La difficoltà si aggrava perché tornano in un Paese con una disoccupazione sempre più alta. Secondo una ricerca della IAVA, il 14,7% dei veterani sono disoccupati, un 5% al di sopra della media nazionale (//iava.org, 2-4-10). Aumenta così il numero di coloro che hanno perso la casa. Un rapporto della National Coalition for the Homeless indica che il 33% vive all’addiaccio e che un milione e mezzo corre il rischio di rimanere senza casa a causa della povertà e alla mancanza di sostegno pubblico (www.nchv.org, settembre 2009). Non sono presenti in queste cifre i veterani che físicamente non sono in grado di cercare e mantenersi un lavoro.
Kevin e George Lucey, genitori di un soldato che si è tolto la vita, hanno raccontato una delle tante storie che stanno dietro i numeri. Il 22 giugno 2004 il loro figlio Jeff, di 23 anni, si è impiccato nel seminterrato della casa (www.democracynow.org, 9-8-10). Faceva parte del corpo dei marines ed era tornato dall’Iraq a luglio dell’anno precedente. La madre ha raccontato che nel mese in cui aveva partecipato all’invasione scriveva lettere alla fidanzata nelle quali parlava delle “cose immorali” che stava facendo. Una volta a casa, Jeff cominciò a dire frasi sconnesse su Nassiriya, la città al sudest di Baghdad in cui ha avuto luogo la prima grande battaglia degli invasori contro l’esercito regolare iracheno. Un giorno ricevette sua sorella Amy con le lacrime agli occhi dicendole che era un assassino. Prima di suicidarsi, lasciò sul letto le targhette d’identificazione di due soldati iracheni che aveva ucciso anche se erano disarmati. Jeff era solito guardarle spesso.
Gli psichiatri e gli psicologi militari non hanno sufficienti conoscenze per affrontare questo disagio. Mark Russel, comandante della Marina specializzato in malattie mentali, ha scoperto che il 90% del personale che svolge queste funzioni non ha la formazione necessaria per curare il PTSD. Si limita a prescrivere farmaci come il Paxil, il Prozac o il Neurontin, che accentuano e addirittura provocano i sintomi, e a rimandare i soldati alle loro unità (www.usatoday, 17-1-07).
Lunedì scorso il presidente Obama ha dichiarato in un convegno di veterani invalidi ad Atlanta che il suo governo sta facendo il massimo sforzo per prevenire il suicidio e altre conseguenze del PTSD. Per il padre di Jeff questa è pura ipocrisia.
Juan Gelman
http://www.senzasoste.it/le-nostre-traduzioni/morti-silenziose-l-epidemia-di-suicidi-tra-i-militari-usa
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
"Paxil, il Prozac o il Neurontin"
oppure, quando poi smettono di prendere i farmaci, vanno in crisi d'astinenza e sparano sulla folla!
Posta un commento