LE CARTE A POSTO
a deportazione avvenuta dei lavoratori africani da Rosarno, un esodo protetto dai carabinieri dalla lupara dei mafiosi che hanno profittato dell'allontanamento forzato per non corrispondere il misero dovuto (I mafiosi come i killers della Pinkerton del novecento sindacale americano e la polizia come
gli sceriffi)
come usano fare verso gli irregolari, finalmente il Segretario Generale della CGIL Guglielmo Epifani apre bocca e si concede ad una intervista all'Unità dove si diffonde anche a parlare della Polverini (che deve stare attenta alle cattive compagnie), della Bonino, di Berlusconi, di Craxi, di Bersani. Insomma, una intervista come occasione da non sprecare soltanto a parlare degli immigrati ma anche di quanto sta oggi realmente al centro dell'interesse della Oligarchia nazionale.
La deportazione dei migranti è stata fatta nelle peggiori condizioni possibili. Lo Stato ha ubbidito ad una intimazione della mafia non tenendo conto della volontà dei singoli lavoratori. Molti di loro volevano restare, non sapevano e non sanno dove andare, le mete dei Centri di Accoglienza sono soltanto stazioni dai quali ripartire non si sa per dove come e quando. Mi chiedo quale legittimità abbia un allontanamento che coinvolgeva anche persone perfettamente in regola con le leggi come i rifugiati politici.
L'intervista di Epifani che io ho letto avidamente nella speranza di poter chiedere scusa per le critiche
che gli avevo rivolto per il silenzio e la mancanza di reazione e di proposte della CGIL mi ha enormemente deluso. E' un commento agli avvenimenti fatto da una persona civile ed a volte anche angosciata per il dramma che gli scorre sotto gli occhi. Come se dal palco di un teatro in cui si svolge
la rappresentazione della tragedia di uomini umiliati offesi e vilipesi uno spettatore, una persona perbene facesse le sue osservazioni. Niente di più. Non dice che cosa farà la CGIL e quindi deduco che non farà niente.
Non propone la legge sul Salario Minimo Garantito che avrebbe efficacia e darebbe uno strumento giuridico prezioso agli sfruttati ma si limita a chiedere "un minimo retributivo e contributivo per i lavoratori dei campi". Ma questo c'è già nel contratto di lavoro e non è efficace. Eppure sono almeno venti anni che si hanno zone di degrado salariale spaventoso e non solo in agricoltura ma anche nei cantieri navali e dappertutto.
Epifani parla partendo da un punto di vista inaccettabile e non veritiero di una violenza (si suppone dei braccianti neri) generata da condizioni di insopportabilità. Si affretta a dire che non è buonista ed in qualche modo dà per buona l'idea che la destra ha radicato nella comunicazione italiana di un legame tra criminalità e clandestinità. I quattro milioni di immigrati presenti in Italia provengono tutti dalla clandestinità. Sono tutti criminali? Bisogna stare attenta alla equazione clandestinità-criminalità quando per le leggi vigenti in Italia si può diventare clandestini perdendo il lavoro. Ma Epifani non chiede la revisione delle leggi sulla sicurezza. Non attacca i politici e la ndrangheta calabrese che divorano insieme le risorse della Calabria. Gli stipendi dei Palazzi della Regione, le consulenze, i compensi degli amministratori delle tante società finto-miste pubblico-private, si mangiano da soli grandissima parte delle entrate. Miliardi di euro divorati dai "politici" e dalle loro parentele e clientele!
Avrebbe dovuto dire di essere buonista non di negarlo. Epifani sa bene che il termine buonista è stato coniato (almeno politicamente) dalla lega per disprezzare i valori di rispetto della dignità umana, giustizia, rispetto dei diritti altrui tipici della tradizione democratica e civile dell'Italia. Sbaglia a non dirsi "buonista" quando Maroni si dichiara "cattivista".
E così la CGIL con l'intervista di Epifani ed il comunicato della segreteria regionale calabrese ritiene di aver messo a posto le sue carte. Burocraticamente la cosa non fa una grinza. Resta la inquietante senzazione che i migranti, come i precari, come gli stiliti che popolano come le antenne tv i tetti delle fabbriche e degli uffici in disarmo, restino soli. Non c'è più un punto di raccordo, un progetto di lotta, una unificazione dei movimenti verso obiettivi di cambiamento. Non c'è niente. Proprio niente. Ma, si sa, "i tempi sono cambiati". Parlare di lotta di classe è persino ridicolo!!
Pietro Ancona
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