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Liberazione 08/03/2010
Tronti: «Ora uno sciopero generale contro l’attacco ai diritti del lavoro»
Alle 19 Ferrero incontra Napolitano
Intervista a Mario Tronti, presidente del Centro per la riforma dello Stato
Che fare? L’eterna domanda di sempre si ripropone di fronte alla sfacciata
manovra del governo Berlusconi e del padronato che con la legge 1167-B sono
riusciti ad aggirare l’intero sistema dei diritti del lavoro costruito negli
ultimi decenni del Novecento, in particolare in quegli anni 70 che furono
anni di libertà ed emancipazione. Potremmo dire che l’ultimo capitolo degli
anni 70 rimasto ancora aperto è stato chiuso con il voto del Senato di
lunedì scorso. Ma questo esito arriva davvero così imprevisto? La domanda è
strettamente legata al che fare, soprattutto nel momento in cui giungono le
prime critiche sull’insufficiente reazione dell’opposizione. Rifondazione
aveva già predisposto dei quesiti referendari in attesa che la nuova
normativa assumesse una veste definitiva. Il giuslavorista PierGiovanni
Alleva ne ha spiegato su queste pagine i presupposti tecnici. Non solo, ma i
giuristi del lavoro attendono al varco la nuova legge per sollevare
eccezione d’incostituzionalità alla prima vertenza. Ma tutto questo è
sufficiente? La discussione è aperta: per Sergio Cofferati la via del
referendum è un’arma spuntata. A fronte dell’enorme sforzo di mobilitazione
per la raccolta delle firme è ormai fin troppo facile condizionare l’elettorato
affinché non si mobiliti inficiando così, attraverso il mancato quorum, il
voto finale. L’ex segretario della Cgil propone la strada della proposta di
legge d’iniziativa popolare come leva tribunizia per informare e mobilitare
i lavoratori e le loro famiglie, suscitando così una forte reazione di
massa. La Cgil fino ad ora è parsa poco reattiva. Colpiti dalla crisi i
lavoratori si arrampicano sui tetti per difendere disperatamente i posti di
lavoro. Mai come oggi la forza lavoro appare vulnerabile e indifesa.
«Governo e padronato – spiega Mario Tronti – registrano un grande momento di
debolezza del movimento sindacale. Le confederazioni sono divise, la Cgil
isolata, i lavoratori sulla difensiva. Siamo di fronte ad un affondo della
politica del governo, un attacco mascherato che stavolta, come dice Luciano
Gallino, invece che sparare con le Corazzate sui diritti dei lavoratori sta
utilizzando i sottomarini».
Che fare, allora?
Intanto hanno ragione quelli che hanno denunciato il ritardo della Cgil e
dei partiti del centrosinistra. A parte i diversi rimedi (referendum,
eccezione di costituzionalità), nell’immediato la cosa più importante è la
reazione da costruire subito. La Cgil deve modificare i contenuti dello
sciopero generale previsto per il 12 marzo. Quanto è accaduto cambia il
senso della mobilitazione. La Cgil deve registrare questo passaggio
chiamando i lavoratori ad opporsi alla controriforma del diritto del lavoro.
Occorre correggere e drammatizzare questo momento anche per conquistare i
lavoratori delle altre confederazioni. Vanno denunciate con durezza le
scandalose posizioni di Uil e Cisl.
Ormai anche la destra ha una certa presa sul mondo del lavoro. Penso alla
Lega nelle fabbriche del Nord ma anche alla destra sociale. Sarebbe
interessante sentire cosa ha da dire sulla questione una candidata come la
Polverini.
Il rapporto con le altre forze sindacali non può essere sempre di vertice ma
deve rivolgersi all’intera forza lavoro, alla base, indipendentemente dall’appartenenza
organizzativa. Siamo di fronte ad un punto di passaggio molto serio. Per
questo bisogna arrivare a far percepire quanto rischiosa sia sulla pelle
delle persone, sul proprio futuro e la propria vita, l’idea dell’arbitrato
che cade in mano a figure disposte a soluzioni vicine all’interesse
padronale e non dei lavoratori. Questo è un tema che fa breccia. Serve un
appello al partito democratico perché si dia una mossa. Questa legge
colpisce una parte importante del suo elettorato. Deve prendere posizione e
uscire dalla propria ambiguità.
Ma il Pd si mostra una forza politica sempre più estranea alle tematiche
sociali?
Bisogna stanarli, prendere alcune iniziative. Stiamo elaborando con il
“Tavolo del lavoro”, una struttura del Crs, un appello in appoggio dello
sciopero generale. Chiamiamo anche le forze intellettuali e politiche a una
convocazione il giorno precedente. In questo momento ci si deve stringere
intorno alla Cgil, che resta l’elemento di resistenza, e nello stesso tempo
spingerla a una maggiore aggressività che la fase richiede. Sono convinto
che esistono le condizioni. Il disagio nel mondo del lavoro è molto forte.
Non è possibile che gli operai si trovino utilizzati solo come soprammobili
sul palco di Sanremo. Serve un nuovo richiamo alla società civile in
generale per ridare visibilità al tema del lavoro. Questione molto più
importante dell’oscuramento per un mese dei talk show. E’ evidente che va
introdotta una diversa gerarchia dei problemi individuando le contraddizioni
centrali. C’è un problema di orientamento politico che i grandi partiti
hanno perso.
Non è forse un effetto del paradigma totalizzante dell’antiberlusconismo? Il
discorso legalitario e giustizialista si sovrappone alla questione sociale
sollevando un problema di egemonia culturale che disarma i lavoratori.
Sostengo da sempre che l’antiberlusconismo è una cosa che finisce per
occultare i problemi veri del paese e delle persone in carne e ossa, della
quotidianità difficile di chi lavora. Alla fine rischia di nascondere le
contraddizioni reali, anche del campo avverso. Bisogna fare breccia nelle
persone reali che sono implicate molto più da questi temi e molto meno dei
problemi della par condicio.
Paolo Persichetti
in data:08/03/2010
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