La manifestazione della CGIL
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Bella, bellissima, vibrante la manifestazione della CGIL ieri a Roma. Un tentativo di arginare lo sgretolamento ulteriore della condizione dei lavoratori, una denunzia forte, fortissima del lavoro perduto, non sempre per ragioni obiettive, spesso per calcoli di speculazione di chi vuole sempre di più, ancora di più rompendo con gli obblighi morali e civili dell'impresa che la Costituzione carica di responsabilità sociali e che all'art.41 così definisce il ruolo dell'imprenditore: " non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali”. Naturalmente, a parte i pochi imprenditori "illuminati" che hanno fatto di tutto per armonizzarsi con
gli interessi dei lavoratori e del territorio, questa norma è del tutto disattesa specialmente da quando siamo entrati nell'era della globalizzazione che è anche quella della liberazione degli spirits animals
del capitalismo alla ricerca di profitti immediati che travolge anche aziende sane, che producono e vendono bene, ma non abbastanza per i sogni miliardari dei loro proprietari.
Il tono generale della manifestazione era dato dalla difesa dell'occupazione e dalla critica del disinteresse del governo che realizza il suo interventismo soltanto con gli ammortizzatori sociali e non con politiche industriali e progetto di lungo periodo per la difesa del tessuto economico del Paese.
Ma è destinata a fare la fine di quella del 20 ottobre "contro" il governo Prodi. Non modificherà nè superficialmente nè profondamente la situazione dal momento che dalla CGIL, dal comizio di Epifani, non vengono indicazioni valide per la difesa del salario, della stabilità, del welfare, dei diritti. Epifani ha agitato per l'ennesima volta lo spettro della crisi con "il peggio deve ancora venire" raccolto stamane dai massmedia che ha l'effetto di raggelare il sangue e di accorciare tutti gli obiettivi al livello di quello della difesa del posto magari a qualsiasi condizione. Ha anche proposto a Cisl ed UIL uno sciopero unitario comune per il fisco. A parte il fatto che Cisl ed UIL sono profondamente integrati in una politica della Confindustria e del Governo che è basata sulla demolizione delle tutele giuridiche e sindacali per rendere sempre più "flessibile" e sempre più a buon prezzo la merce lavoro, l'obiettivo di uno sciopero per il fisco che si traduce in una detassazione delle tredicesime (si è ancora in tempo?)
porterebbe pochi spiccioli alle famiglie dei lavoratori dipendenti che non recuperano niente di
quel dieci percento di ricchezza nazionale che è passato di mano in questi ultimi anni a vantaggio della borghesia produttiva e delle professioni e del ceto politico e manageriale delle privatizzazioni.
Insistere sulla politica unitaria con CISL ed UIL è suicida, é mettersi nella condizione di subire il dictat di chi è oramai immerso in un processo di istituzionalizzazione parastatale e paraindustriale del Sindacato. Dall'unità sindacale possono venire soltanto danni ai lavoratori. Non siamo più alla grande stagione delle lotte unitarie per le riforme degli anni settanta guidate da Lama, Carniti e Benvenuto.
Almeno dal 1993 in poi le cose sono profondamente cambiate e la CGIL, sebbene trattenuta e condizionata dalla sua generosa e combattiva base di milioni di lavoratori e pensionati, è stata largamente coinvolta in una gestione sindacale la cui agenda è sempre stata dettata dal padronato e dal Governo e che ha prodotto vulnus e ferite profonde ai diritti ed alla condizione sociale sempre più retrocessa verso una condizione addirittura ottocentesca anteriore alla nascita del movimento operaio.
Ricordo per tutti i famigerati accordi di luglio con il governo Prodi e gli accordi Alitalia che hanno rivoluzionato in senso deregolation addirittura illegale il rapporto di lavoro.
La riorganizzazione del lavoro dipendente pubblico e privato non viene adeguatamente negoziata se si accettano le privatizzazioni, le esternalizzazioni, il ricorso alle agenzie interinali, alle cooperative ed a tutti i marchingegni di elusione inventati dalla legge Sacconi-Maroni.
La manifestazione di ieri resterà una commovente testimonianza di una volontà di lottare per il cambiamento ed il recupero della dignità operaia perduta per il successo dell'ideologia dell'Impresa a cui tutto deve essere sacrificato. La CGIL ascolterà le indicazioni del PD che spinge verso l'accettazione dei contenuti dell'accordo separato e paralizza qualsiasi tentativo di cambiare in meglio lo stato delle cose. Bersani parla di centralità del lavoro ma la sua prima simbolica visita da Segretario è stata per gli artigiani emiliani.
Sacconi, il Ministro pronube della "complicità padronato-imprese" ha imputato alla CGIL di essere rimasta ancorata alle ideologie del Novecento. Magari fosse vero!!!
Pietro Ancona
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www.spazioamico.it
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