sabato 19 giugno 2010

Barbarie del decreto-ricatto Marchionne

Barbarie del decreto-ricatto Marchionne

Marchionne, il grande stratega planetario, il salvatore della Fiat come lo ha definito sbavando di ammirazione Piero Fassino, è molto nervoso per il fatto che al suo schioccar di frusta il Sindacato non sia tutto accorso ai suoi piedi. Certo, Cisl,Uil, UGL,e Fismic (?) hanno firmato senza discutere il suo decreto e, tanto per salvare la faccia, hanno pietito ed ottenuto la cosidetta "clausola di raffreddamento" una norma che dà un minimo di procedura alle punizioni della Fabbrica-Caserma ma non ne corregge la fondamentale lesione del diritto costituzionale. Ma il Sindacato che incarna le ragioni dei lavoratori è la Fiom e la sua resistenza innervosisce la Fiat ed il padronato italiano. Resiste la Fiom nonostante l'assedio sempre più duro e petulante di tutto il benpensantismo nazionale, di una CGIL imbarazzata che preferirebbe trovarsi altrove e di un PD che è il partito Fiat più affidabile che la famiglia Agnelli abbia in Italia. Pd affidabile assai di più del PdL che è sempre stato ostile alla Fiat e capeggiato dal parvenu Berlusconi a suo tempo gli fece sfregio di presentarsi ad un incontro sgommando su possenti BMV e Audi. Fassino ha quasi intimato ieri agli operai di accettare l'accordo riconoscendo che è duro e che è fuori legge versandovi sopra la maramaldesca criminalizzazione dell'addebito della scarsa produttività degli operai.
Se le cose Fiat vanno male non è perchè le auto prodotte non siano il meglio o perchè c'è una burocrazia dei piani alti dell'azienda degna di un ministero sovietico ma perchè gli operai sono assenteisti e magari, come si è permesso di scrivere Statera, rubano....
Il PD pencola fortemente dalla parte di Marchionne. Il portavoce per i problemi del lavoro Fassina
e l'ineffabile Letta junior si affrettano a rassicurare che "l'accordo di Pomigliano non sarà un precedente o um modello....perchè si rendono conto di quanto sia indigesto e velenoso e lo vogliono far passare fingendo di criticarlo....
Marchionne si sta comportando stupidamente.La stupidità di una persona che vive fuori dal mondo, nel chiuso del suo regno di managers e supermanagers che guadagnano milioni di euro e che non sanno più come e dove vive la gente. Managers che si servono di specialisti, professori universitari che
studiano come fare dell'operaio la parte vivente del macchinario di fabbrica e stabiliscono il numero di
movimenti che si debbono fare in un giorno magari saltando il pasto e con un cronometrista alle calcagna anzi incorporato della stessa linea di produzione. Ieri il Nostro è stato assai incauto ed ha attaccato a testa bassa gli operai di Termini Imerese già licenziati seppur con data appena differita offendendoli e consegnandoli alla canea di pennivendoli che non attendono di meglio per mettere alla gogna i fannulloni ed i ladri difesa dalla Fiom. Lo stesso Bonanni che ha quattro palmi di pelo sullo stomaco si è allarmato per l'errore di "comunicazione" di Marchionne ed è intervenuto invitandolo ad "avere pazienza", ad essere meno fremente, più cauto. Bonanni sa come fare per spezzare le reni alla resistenza operaia e confida in un quadro generale della politica che si muove in senso favorevole alle pretese Fiat. La stessa idea della fiaccolata degli imploranti che avrebbe dovuto
ripetere la grande marcia dei quarantamila che invocarono il ritorno al lavoro a Torino trenta anni fa
è stata un errore. La manifestazione non è riuscita e nonostante la probabile mobilitazione della camorra per il suo successo. Sappiamo che la camorra ha interessi che oggi coincidono con quelli
del successo della sfida Marchionne.
Ma il piatto della partita Marchionne è troppo indigesto e tuttora non si riesce a costruire un clima di isolamento della Fiom, di criminalizzazione degli operai, di sostegno alle "innovazioni", alla "modernità" del nuovo catechismo della vita in Fiat. La tesi del conservatorismo dei sindacalisti della Fiom, del loro non farsi carico delle problematiche della globalizzazione, stenta a penetrare una opinione pubblica che, questa volta, non si è lasciata infinocchiare dagli Ichino, dai Boeri e della falsa "saggezza" del gruppo dirigente del PD. La cultura dei costituzionalisti democratici è entrata in campo accanto agli operai ed alla Fiom dando splendore, lucidità e forza di argomentazione giuridica alle loro tesi.
L'entità del pericolo che incombe su venti milioni di lavoratori italiani è stato avvertito. Anche se il cosidetto referendum darà una maggioranza ai si, la convinzione di essere trascinato all'indietro nel gorgo di una barbarie premoderna persiste e resterà nell'aria. I si sono obbligati da uno stato di necessità, dalla responsabilità dei lavoratori verso le loro famiglie sfruttata cinicamente contro di loro.
L'ordito della Fiat contro i diritti è riscontrato da una accelerazione degli attacchi del governo alla Costituzione. Fino a quando resterà questa Costituzione anche se
l'accordo sarà attuato nessuno potrà garantire nè la Fiat nè il capitalismo italiano da un pronunciamento della Corte, da una sentenza del Giudice. Per questo la destra italiana
con i suoi immumerevoli consiglieri e specialisti è impegnata freneticamente nelle riforme politiche. Questa destra non viene contrastata dal PD dove tutto il gruppo dirigente a cominciare dai torinesi Chiapparino e Fassino si è schierato con la Fiat e con il nuovo Vangelo del Capitalismo italiano e della sua Ideologia di dominio.
Pomigliano D'Arco è il grimaldello scelto dal capitalismo per imporre la sua definitiva supremazia sui lavoratori che vengono spogliati dei diritti contrattuali e costituzionali e privati del sindacato come loro rappresentante collettivo. Non a caso è stato scelto come terreno di scontro
un territorio affollatissimo ed in preda ad una profonda crisi economica e sociale
punto importante del lavoro nero. Le nuove prescrizioni dettate da Marchionne sebbene firmate da quattro sindacati non sono state oggetto di trattativa. La firma sindacale è una presa d'atto, una risposta al ricatto "prendere o lasciare". Se la Fiom dovesse firmare firmerebbe la condanna a morte del diritto dei lavoratori di avere un Sindacato, un soggetto collettivo che li rappresenta e ne tutela gli interessi. Non sarà mai più come oggi e sarà come se ogni singolo lavoratore accettasse a titolo personale il suo nuovo status. Il Sindacato come soggetto collettivo e conflittuale, elemento di una dialettica degli opposti, scompare per dare posto alla "americanizzazione" agiuridica del lavoro, alla solitudine del singolo lavoratore anche se presta la sua attività assieme a migliaia di suoi colleghi. La nuova fabbrica sarà un lager dove il peso della gerarchia diventerà assai più incombente di quanto non lo sia oggi.
Non è vero quanto affermano dirigenti del PD come Letta che il decreto Marchionne di Pomigliano resterà una eccezione. Niente di quanto si distrugge del diritto è una eccezione. Non si torna indietro dalle nuove norme. Non lo è stata la legge Biagi che fu confermata dal governo Prodi e consacrata dagli accordi del 2007 la quale continua a produrre precariato che si aggiunge agli infelici sei o sette milioni di schiavi cocopro e similibus. Non lo sarà l'allegato lavoro che attacca alle spalle l'art.18 ed apre la strada alla abrogazione dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori. La fabbrica Marchionne diventerà la Nuova fabbrica italiana. Non a caso Ichino ne parla come di una cosa da mostrare agli investitori esteri perchè vedano in Italia la Cina d'Europa.
Non è neanche detto che la produzione della Panda abbia un futuro luminoso, un mercato in espansione nei prossimi anni. Se dovesse andare male ci troveremo senza lavoro e senza diritti, ci ritroveremmo riportati indietro nel tempo. La proposta "giudiziosa" di coloro che invitano a stringere i denti
ed accettare perchè in futuro le cose potranno migliorare e finchè c'è vita c'è speranza per il meglio
è molto debole perchè l'industria automobilistica non ha un brillante futuro e sarebbe meglio cominciare a pensare ad una industria diversa ed ad un modello di sviluppo basato sui consumi collettivi e su una diversa priorità nell'uso delle risorse. Inoltre l''asiatizzazione dell'Italia è difficile da realizzare dal momento che le famiglie operaie hanno costi incomprimibili e crescenti imposti dalla privatizzazione dei servizi e dal deperimento del welfare. Il lavoratore italiano non si può portare al livello dell'ex contadino cinese, espulso dalla sua terra ed arruolato come schiavo di un mostruoso PIL che deve gonfiarsi ogni anno. Meglio adattare l'industria italiana al livello dei salari europei senza la follia di continui abbassamenti che fomenterebbero tensioni incontenibili e puntare verso una coesione sociale in cui gli italiani tornano ad essere una nazione che costruisce solidarmente il suo cammino nel mondo. Meglio nessuna fabbrica al posto della fabbrica lager di Marchionne che accelererà la decomposizione della unità nazionale e della sua civiltà proprio nel 150 anniversario della fondazione dello Stato. Se dovesse perdere il referendum la Fiat scoprirebbe il suo bluff. Non tornerebbe in Polonia. Non è in grado di deteriorare i suoi rapporti con l'Italia specialmente dopo la condanna a morte di Termini Imerese ed il ridimensionamento dei suoi impianti del Nord. Dovrà rinunziare alla soverchieria. Mi auguro che la Fiom abbia un cuore fortissimo, capace di reggere la tensione enorme che si accumula sui suoi dirigenti. Finora il dopo Rinaldini appare una prosecuzione
intelligente, colta e motivata della sua tradizione.
Pietro Ancona
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