venerdì 11 giugno 2010

Antonio Gramsci ed il PCI

Gramsci ed il PCI

Rifletto su Gramsci sul suo lascito politico e mi domando perchè è la citazione preferita dei comunisti che ne richiamano il pensiero quando affrontano questioni cruciali del nostro tempo.
Credo che la ragione, la causa di tanta attualità del suo pensiero, sia dovuta alla sua eresia. Gramsci, fondatore del PCI, era un eretico e come tale fu trattato dal suo Partito, dalla tenebrosa e possente organizzazione del comunismo internazionale. Il comintern dove Togliatti era dirigente di rilievo ne ignorava il pensiero ma lo teneva sotto controllo. L'atteggiamento dei comunisti verso di lui fu come quello della Chiesa nei confronti di
pensatori eretici e poi finiti sul rogo o comunque discriminati ed isolati. Gramsci non condivise l'atteggiamento assunto dalla terza internazionale nei confronti della socialdemocrazia definita socialfascismo e da combattere ancora più duramente dei nemici di classe perchè, come diceva Togliatti, bisogna "tagliare l'erba del nostro vicino". Per quanto non sapesse molto di quanto succedeva in Unione Sovietica certamente era allarmato dei segni di una degenerazione verso il totalitarismo di Stato.
Credo che il comunismo gramsciano finisca con lui. Il PCI è un'altra cosa. Il PCI è stata forgiato dal togliattismo frutto lungamente maturato negli uffici del comintern e dell'URSS. La commistione tra interessi statali, di potenza con quelli di partito è fortissima. L'idea che gli interessi del Partito siano da anteporre a quelli della classe lavoratrice e, se del caso, dello stesso socialismo che è alla base della dottrina togliattiana non sarebbe mai stata condivisa da Gramsci. Gramsci avrebbe sempre preposto
gli interessi dei lavoratori e del socialismo a quelli del Partito. Inoltre la sua idea del Partito non era esattamente quella di Togliatti e dei suoi successori. Questo lo deduco dalla lettura di Ordine Nuovo
e dai Quaderni del Carcere. La struttura cardinalizia del PCI, la sua cultura sapienziale paragonabile a quella dei gesuiti, il "centralismo democratico", la disciplina ferrea, non sarebbero mai state accettati
dal nostro pensatore che non cessava mai di pensare e di correggersi. Gramsci non avrebbe votato la radiazione del gruppo del "Manifesto" come fece Ingrao.
Il PCI isolò Gramsci in galera. Forse il silenzio dei suoi compagni che non gli rivolgevano la parola per paura di compromettersi con il partito fu la cosa più dolorosa della sua lunga detenzione. Credo che anche suoi parenti come la cognata Titiana furono usati dal Partito e dal Comintern per monitorarne continuamente il pensiero. La storia dei rapporti di Gramsci con la sua famiglia andrebbe tutta riscritta. Anche il destino dei suoi figli è degno di approfondimento e non è soltanto una faccenda privata.
Dubito molto che Gramsci avrebbe condiviso il duplice strappo di Berlinguer (non si può governare con il 51 per cento e l'adesione alla Nato del cui ombrello si sentiva protetto). Dubito che avrebbe condiviso la Bolognina e la deidentificazione del comunismo italiano. Il suo comunismo era frutto originale della cultura del socialismo italiano e non avrebbe avuto bisogno dei pentimenti e dei "mi vergogno" dei Veltroni...
Pietro Ancona

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