venerdì 2 ottobre 2009

lettera ad un giovane algerino

Caro Karim,

vorrei aggiungere alle cose egregiamente dette dal Prof.Romano il fatto che l'islamismo ha preso il posto del socialismo. Ha riempito un vuoto di ideologia e di identità.Prima del fallimento dell'URSS tutti i popoli dei paesi del cosidetto terzo mondo aderivano ad un movimento mondiale che aveva nella Jugoslavia di Tito la capofila. Il movimento dei paesi cosidetti non allineati che si incrociava con gli ideali del socialismo che avevano costituito il fulcro anche di grandi civiltà arabe come quella creata in Irak dal Partito di Sadam Hussein e che ne aveva garantito uno strepitoso progresso culturale tecnico ed industriale oggi stroncato nel sangue dal colonialismo dell'Occidente. Un movimento che rafforzava la causa della pace e garantiva un equilibrio meno sbilanciato verso l'Occidente.
Dopo la crisi dell'URSS e del comunismo mondiale il mondo islamico trovò la sua ragione di coesione antiimperialistica nello islamismo a scapito della laicità e della libertà insite nel movimento di liberazione socialista.
L'islamismo ha dato identità a quanti lottano contro i tiranni dei paesi arabi e contro la feroce dittatura mondiale degli USA.
Pietro Ancona


(la lettera del ragazzo algerino e la risposta di Sergio Romano)



La lettera del giorno |Venerdi' 2 Ottobre 2009
LE VACANZE IN ALGERIA DI UN RAGAZZO NATO IN ITALIA
Sono uno studente di 18 anni, nato in Italia ma di padre algerino, e ho quindi molti parenti laggiù. Spesso vado in vacanza a Orano e constato (anzi constatiamo perché mio padre può fare confronti con gli anni dell’occupazione francese e quelli dopo l’indipendenza) un processo culturale a ritroso nel quale la popolazione si chiude in un islamismo talvolta estremizzato. Questo è molto preoccupante in un Paese che 50 anni fa non era meno occidentale dei Paesi europei. La colpa può essere di questa corrente anti-islamica diffusa un po’ ovunque (soprattutto in Italia) che provoca una reazione quasi difensiva dei Paesi coinvolti?


Karim Rachedi , zappadero@hotmail.it




Caro Rachedi,
Il quadro da lei descritto non è soltanto algerino e concerne tutti i Paesi mu­sulmani. Il fenomeno ha mol­te cause e una di esse, per l’ap­punto, è l’indipendenza. Per rafforzare l’identità nazionale dei loro popoli, i nuovi leader promossero anzitutto l’inse­gnamento dell’arabo e apriro­no le porte dei loro Paesi, in tal modo, all’influenza di quella casta religiosa che ave­va conservato e coltivato la conoscenza della lingua cora­nica. Il caso algerino è partico­larmente indicativo.
Alla metà degli anni Settan­ta il presidente dell’Algeria era Houari Boumediene, lea­der del Fronte di liberazione nazionale, veterano della guerra d’indipendenza, mu­sulmano e tuttavia convinto che la religione non dovesse dettare la politica dello Stato. Ma Boumediene introdusse l’insegnamento dell’arabo, al posto del francese, in tutte le scuole e in quasi tutte le facol­tà universitarie della Repub­blica. Per le esigenze di que­sto nuovo curriculum scola­stico mancavano tuttavia gli insegnanti e fu necessario ri­correre a maestri e professori provenienti da altri Paesi ara­bi: la Siria, l’Iraq, l’Arabia Sau­dita e soprattutto l’Egitto. Ar­rivarono così in Algeria mae­stri e professori che si erano formati soprattutto nelle scuole religiose, dove l’arabo era necessario per la lettura del Corano, e che appartene­vano in buona parte alla Fra­tellanza musulmana, vale a di­re al capostipite di tutti i mo­vimenti radicali e fondamen­talisti nati nell’universo mu­sulmano durante il secolo scorso. I loro allievi furono i bambini del baby boom, nati dopo l’indipendenza. Aumen­tò così negli anni seguenti il numero delle ragazze che por­tavano il velo e dei ragazzi che gettavano la cravatta (un simbolo dell’Occidente) per indossare calzoni a mezza gamba, più adatti alle abluzio­ni rituali, e scarpe aperte sul calcagno, più comode per chi deve lasciarle sulla soglia del­le moschee.
Abbastanza lento e gradua­le a tutta prima, il fenomeno fu bruscamente accelerato dalla crisi economica e politi­ca di quasi tutti i regimi che avevano adottato, per la mo­dernizzazione dei loro Paesi, i modelli europei ispirati dalle economie delle democrazie occidentali e da quelle dirigi­stiche del sistema sovietico. Non so quando suo padre sia arrivato in Italia, ma nessuno meglio di lui, probabilmente, può descriverle la crisi del­l’economia algerina alla fine degli anni Ottanta, le elezioni vinte dal Fronte islamico del­la salvezza e la lunga guerra civile degli anni seguenti: una drammatica sequenza di tragici eventi da cui l’islami­smo uscì, nonostante le sue sconfitte, moralmente forte.
Lei si chiede, caro Rachedi, se l’islamizzazione sia stata fa­vorita dai pregiudizi e dal­­l’ostilità di una parte delle so­cietà occidentali (l’Italia non è l’esempio peggiore). È pro­babile. Ma non dimentichi, per un quadro più completo, le altre cause che ho cercato di descrivere.

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