martedì 27 gennaio 2009

Rosa Luxemburg ricordata da MRS (Movimento Radicali di sinistra)

90 anni fa: Rosa, Karl e la repressione che preannunciò il nazismo
Scritto da MRS
domenica 25 gennaio 2009
Come ogni anno, ma con particolare intensità ed emozione in questo 90° anniversario, migliaia di persone hanno commemorato a Berlino l’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, con cui si chiuse il tentativo rivoluzionario “spartachista” del gennaio 1919. Prima di essere barbaramente trucidata dalla soldataglia già in odore di nazismo, scatenata contro gli insorti dal governo socialdemocratico, la Luxemburg pronunciò un appassionato discorso in occasione del congresso di fondazione del partito comunista tedesco. Ne riproduciamo i passi più importanti, dai quali traspare, oltre all’incredibile energia di questa donna straordinaria, una serie di lucidissime intuizioni: il fallimento della socialdemocrazia (prima e dopo la guerra mondiale), il militarismo tedesco tutt’altro che finito, la necessità del socialismo per scongiurare l’incombere di una vera e propria “dittatura” (ciò che sarà appunto il regime hitleriano, di cui Rosa e Karl furono in sostanza le prime vittime) ma anche l’errore di impazienza e superficialità commesso dai suoi compagni, avviati verso un tragico destino che Rosa sembra presentire, ma che sceglie nondimeno di condividere fino in fondo.

Compagni e compagne, se noi oggi ci accingiamo a discutere e ad approvare il nostro programma, ciò non dipende soltanto dalla circostanza formale che ieri ci siamo costituiti in nuovo partito autonomo e che un nuovo partito dovrebbe approvare ufficialmente un programma. Alla base dell'odierna discussione del programma stanno grandi eventi storici, cioè il fatto che noi ci troviamo in un momento in cui il programma socialista dev'essere posto su una nuova base.
Dopo che Marx ed Engels, in seguito alle delusioni della rivoluzione del 1848, ebbero abbandonato il convincimento che il proletariato fosse immediatamente e direttamente in grado di realizzare il socialismo, sorsero in ogni paese dei partiti socialdemocratici, che accolsero un punto di vista totalmente diverso. Fu proclamato compito immediato la minuta lotta quotidiana sul terreno politico ed economico onde addestrare a poco a poco gli eserciti proletari destinati a realizzare il socialismo, quando lo sviluppo capitalistico fosse giunto a maturità. Questo rovesciamento di posizione, questo radicale spostamento della base programmatica del socialismo, rivestì, specialmente in Germania, un aspetto molto caratteristico. Per la socialdemocrazia tedesca infatti, fino al suo crollo del 4 agosto 1914, faceva testo il programma di Erfurt nel quale erano posti in primo piano i cosiddetti compiti minimi immediati e il socialismo era fatto balenare soltanto come una lontana stella luminosa, come una meta ultima.
Compagni, di fronte ai mutamenti che lo sviluppo storico ha nel frattempo determinato, noi abbiamo il dovere di intraprendere con piena chiarezza e coscienza una revisione della concezione che ha dominato nella socialdemocrazia tedesca fino al crollo del 4 agosto. Da quando, nel 1895, la guida teorica passò dalle mani di Engels a quelle di Kautsky, abbiamo assistito al fenomeno che ogni ribellione contro il "nient'altro che parlamentarismo" - la ribellione che a ogni congresso veniva da sinistra, portata da un gruppo più o meno numeroso di compagni che erano in aspra lotta contro l'impantanamento le cui minacciose conseguenze dovevano essere a tutti rese chiare - fu bollata come anarchismo, anarcosocialismo, o almeno come antimarxismo. Il marxismo ufficiale doveva servire da copertura per ogni calcolo meschino, per ogni deviazione dalla vera lotta di classe rivoluzionaria, per ogni mediocrità che condannava la socialdemocrazia e in generale il movimento operaio, anche sindacale, a deperire nella cornice e sul terreno della società capitalistica, senza alcun serio sforzo per scuoterla e scardinarla.
Ora, compagni, viviamo oggi il momento in cui possiamo dire: siamo di nuovo con Marx, sotto la sua bandiera. Se oggi noi dichiariamo nel nostro programma: il compito immediato del proletariato non è altro che fare del socialismo verità e realtà e sradicare completamente il capitalismo, noi ci mettiamo sul terreno su cui stavano Marx ed Engels nel 1848 e dal quale essi non si scostarono mai in linea di principio. Adesso si vede che cos'è il marxismo vero e che cosa era questo surrogato che per tanto tempo si pavoneggiò come marxismo ufficiale nella socialdemocrazia tedesca.
Voi vedete nei suoi rappresentanti dove è andato a finire questo marxismo. Là noi vediamo i rappresentanti ufficiali della dottrina che per decenni ci è stata ammannita come marxismo genuino e non adulterato. No, il marxismo non portava a fare politica controrivoluzionaria insieme agli Scheidemann. Il marxismo vero lotta anche contro coloro che cercano di falsificarlo, esso scava come talpa le fondamenta della società capitalistica e ci ha portato al punto che oggi la parte migliore del proletariato tedesco marcia sotto la nostra bandiera, sotto la bandiera rossa della rivoluzione, e noi abbiamo seguaci e futuri compagni di lotta là dove pare che domini ancora la controrivoluzione.
Compagni, guidati dal corso della dialettica storica e arricchiti da tutto lo sviluppo capitalistico verificatosi negli ultimi 70 anni, noi stiamo oggi, come ho già detto, nel punto medesimo in cui si trovavano Marx ed Engels nel 1848, quando essi per la prima volta spiegarono la bandiera del socialismo internazionale.
Settant'anni di sviluppo del capitalismo sono stati sufficienti a portarci così lontano che noi oggi possiamo seriamente pensare a eliminare il capitalismo dal mondo. Più ancora: non soltanto noi siamo oggi in grado di assolvere a questo compito, non soltanto questo è il nostro dovere verso il proletariato, ma soprattutto il suo adempimento è oggi la sola speranza di salvezza per l'esistenza della società umana. Poiché, compagni, che altro questa guerra ha lasciato sopravvivere della società borghese, se non un cumulo enorme di rovine? Formalmente tutti i mezzi di produzione e anche moltissimi strumenti di potere quasi tutti decisivi sono ancora nelle mani della classe dominante: su ciò non ci facciamo illusioni. Ma tutto ciò che con essi si può fare, all'infuori di spasmodici tentativi di ristabilire lo sfruttamento mediante bagni di sangue, altro non è che caos. Si è andati così lontano che ormai il dilemma innanzi a cui si trova l'umanità si presenta così: o il tramonto nel caos o la salvezza per opera del socialismo. Le classi borghesi sono nell'impossibilità di trovare una qualsiasi via d'uscita dalle conseguenze della guerra mondiale, che rimanga sul terreno del loro dominio di classe e del capitalismo. E cosi è accaduto che noi oggi viviamo nel più preciso significato della parola la verità che appunto Marx ed Engels per la prima volta hanno enunciato come base scientifica del socialismo in quel documento grandioso che è il Manifesto comunista: il socialismo diventerà una necessità storica. Il socialismo è diventato una necessità, non solo perché il proletariato non vuol più vivere nelle condizioni di vita che gli riservano le classi capitalistiche, ma anche perché, se il proletariato non adempie al suo dovere di classe e non realizza il socialismo, la rovina sovrasta tutti noi assieme.
Ora, compagni, questa è la base generale su cui poggia il nostro programma, che noi oggi adottiamo ufficialmente. Esso si trova in cosciente opposizione alla separazione delle rivendicazioni immediate, cosiddette minime, per la lotta politica ed economica, dallo scopo finale socialista considerato come un programma massimo. Per noi non esiste ora nessun programma minimo e massimo: il socialismo è tutt'uno, e questo è il minimo che noi oggi dobbiamo riuscire a realizzare.
Compagni, il nostro odierno congresso, che anzi, come credo di poter affermare con orgoglio, è il congresso costitutivo dell'unico partito rivoluzionario socialista del proletariato tedesco, questo congresso viene per caso a coincidere, o piuttosto, se devo essere precisa, niente affatto per caso, con una svolta nello sviluppo della stessa rivoluzione tedesca. Si può affermare che con gli avvenimenti degli ultimi giorni la fase iniziale della rivoluzione tedesca è conclusa, che noi ora entriamo in un secondo più avanzato stadio dello sviluppo, e che è dovere di noi tutti, e in pari tempo fonte di una migliore e più approfondita conoscenza per il futuro, esercitare l'autocritica, affrontare un serio esame critico di quel che abbiamo fatto, operato e trascurato per accrescere la nostra capacità di procedere oltre.
Vogliamo gettare uno sguardo indagatore sulla prima fase testé conclusa della rivoluzione. Il suo punto di partenza fu il 9 novembre. Il 9 novembre fu una rivoluzione piena di incertezze e di debolezze. Non dobbiamo meravigliarcene. Era la rivoluzione che sopravveniva dopo i 4 anni di guerra, dopo 4 anni durante i quali il proletariato tedesco, grazie all'educazione ricevuta dalla socialdemocrazia e dai liberi sindacati, ha mostrato una tale dose di ignominia e di rinnegamento dei suoi doveri socialisti, di cui non v'è esempio in nessun altro paese. Non ci si può attendere, se si rimane sul terreno dello sviluppo storico - e noi lo facciamo proprio in quanto marxisti e socialisti - che nella Germania che ci ha offerto il quadro pauroso del 4 agosto e dei quattro anni successivi, si potesse vedere di colpo il 9 novembre 1918 una grandiosa rivoluzione classista, cosciente dei suoi fini; e quel che noi abbiamo vissuto il 9 novembre era per tre quarti piuttosto il crollo dell'imperialismo esistente che la vittoria di un nuovo principio. Era semplicemente venuto il momento in cui l'imperialismo, come un colosso dai piedi d'argilla e internamente marcio, doveva crollare; e quel che venne dopo fu un movimento più o meno caotico, senza direttive, assai poco cosciente, in cui il legame unitario, il principio permanente di salvezza, era riassunto in un'unica parola d'ordine: la formazione dei consigli degli operai e dei soldati. Questa è la parola d'ordine dell'attuale rivoluzione, che le ha dato subito la impronta particolare della rivoluzione proletaria socialista, nonostante tutte le insufficienze e debolezze del primo momento.
Noi possiamo dire con certezza: in qualsiasi paese dopo la Germania venga a scoppiare la rivoluzione proletaria, il suo primo gesto sarà la formazione dei consigli operai. Appunto in ciò noi abbiamo il legame unitario internazionale della nostra avanzata, questa è la parola d'ordine che distingue nettamente la nostra rivoluzione da tutte le precedenti rivoluzioni borghesi, ed è assai caratteristico per le contraddizioni dialettiche, in cui si muove questa, come del resto tutte le rivoluzioni, che essa già al 9 novembre nel lanciare il suo primo grido, si potrebbe dire il suo vagito, abbia trovato la parola che ci guida al socialismo: consigli degli operai.
In ciò da un lato è il segno che l'attuale rivoluzione sta sotto la legge prepotente della necessità storica la quale ci garantisce che passo passo giungeremo alla nostra meta nonostante tutte le difficoltà, gli imbrogli e i veri e propri misfatti; ma d'altro lato, confrontando la chiarezza della parola d'ordine con la prassi inadeguata che vi è associata, va detto che questi erano proprio i primi passi infantili della rivoluzione, la quale ha ancora uno sforzo immenso da compiere e un lungo cammino da percorrere per svilupparsi fino alla piena realizzazione delle sue prime parole d'ordine.
Compagni, questa prima fase dal 9 novembre fino ai giorni scorsi è caratterizzata da illusioni in ogni direzione. Che cosa può caratterizzare meglio l'intima debolezza della rivoluzione del 9 novembre se non il suo primo risultato, che alla testa del movimento si siano posti uomini che due ore prima dello scoppio della rivoluzione avevano considerato loro dovere di aizzare contro di essa e di renderla impossibile: gli Ebert-Scheidemann con Haase! Il cosiddetto governo “socialista” ha il compito in realtà di tenere a freno le masse e soffocare la rivoluzione socialista. Tutte le illusioni si sono dileguate nel nulla. Si è visto che l'unione di Haase con Ebert-Scheidemann sotto l'insegna del socialismo non significava altro in realtà che una foglia di fico su una politica semplicemente controrivoluzionaria. Fu il sangue delle vittime della Chausséstrasse il 6 dicembre, il sangue dei marinai trucidati il 24 dicembre, che ha suggellato per le grandi masse questa conoscenza e questa verità; quel che avete incollato assieme come un cosiddetto governo “socialista” non è altro che un governo della controrivoluzione borghese, e chi tollera ancora questa situazione, lavora contro il proletariato e contro il socialismo.
Non v'è nulla che sia altrettanto dannoso alla rivoluzione come le illusioni, non v'è nulla che le sia più utile della chiara, aperta verità. Io posso richiamarmi all'opinione di un classico dello spirito germanico, che non fu un rivoluzionario del proletariato, ma un rivoluzionario intellettuale della borghesia: io penso a Lessing che in uno dei suoi ultimi lavori, quando era bibliotecario a Wolfenbúttel, ha scritto queste frasi per me molto interessanti e simpatiche: «Io non so se sia dovere sacrificare la felicità e la vita alla verità... Ma so che, quando si vuole insegnare la verità, è dovere insegnarla tutta o niente, insegnarla chiara e tonda, senza enigmi, senza riserve, con piena fiducia nella sua forza... Perché quanto più grossolano è l'errore, tanto più breve e diritta è la via alla verità; per contro l'errore più raffinato ci può tenere eternamente lontani dalla verità, quanto più difficilmente ci appare chiaro che è un errore... Chi pensa di portare all'uomo verità soltanto sotto maschere o vernici di ogni specie, potrà ben essere il suo ruffiano ma certamente non ne è stato mai innamorato».
Compagni, i signori Haase, Dittmann ecc. hanno voluto portare all'uomo la rivoluzione, la merce socialista, sotto maschere e vernici d'ogni genere; essi si sono rivelati i ruffiani della controrivoluzione. Oggi noi siamo liberi da queste doppiezze, la merce sta innanzi alla massa del popolo tedesco nella brutale e massiccia figura del signor Ebert e di Scheidemann. Oggi neppure il più ottuso può disconoscerla: ecco la controrivoluzione in carne ed ossa.
Con la commedia della politica socialista la finiranno molto presto; e se voi leggete il nuovo programma di questi signori, vi accorgerete che nella seconda fase procedono a tutto vapore verso l'aperta controrivoluzione o, per meglio dire, verso la restaurazione delle precedenti condizioni prerivoluzionarie. Per rafforzare la propria posizione presso l'unica classe di cui esso rappresenta realmente gli interessi, la borghesia, il governo si vedrà costretto a condurre una politica controrivoluzionaria sempre più violenta. Dalle richieste pubblicate oggi nei giornali di Berlino, emerge chiaramente il desiderio di rafforzare, come si dice, la sicurezza del Reich tedesco, ciò che in buon tedesco significa introdurre lo stato d'assedio contro gli elementi "anarchici", "rivoltosi", "bolscevichi", in altre parole socialisti. Ebert e Scheidemann saranno spinti dalle circostanze alla dittatura con o senza stato d'assedio. Ma da ciò deriva che noi, appunto a cagione dell'evoluzione precedente e della logica stessa delle cose, a cagione della necessità di violenza che pesa su Ebert-Scheidemann, giungeremo, nella seconda fase della rivoluzione, a vedere contrasti molto più aspri e lotte di classe molto più accese di quanto non sia stato finora.
Solo nelle ultime settimane gli scioperi hanno cominciato a estendersi notevolmente in modo del tutto spontaneo. Noi vogliamo ora proclamarlo: è proprio nella natura di questa rivoluzione che gli scioperi si sviluppino sempre di più, che essi debbano diventare sempre più il punto centrale, il momento fondamentale della rivoluzione. Questa è allora una rivoluzione economica e con ciò diventa una rivoluzione socialista. Ma la lotta per il socialismo può essere combattuta soltanto dalle masse, immediatamente, petto contro petto con il capitalismo. Solo allora sarà una rivoluzione socialista.
Certo coloro che non pensano si rappresentavano diversamente il corso delle cose: si credeva che sarebbe stato necessario soltanto rovesciare il vecchio governo e porre in sua vece un governo socialista, poi si sarebbero emanati i decreti che instauravano il socialismo. Anche questa non era che un'illusione. Il socialismo non può esser fatto mediante decreti, neppure da un governo socialista radicale. Il socialismo dev'esser fatto dalle masse, da ciascun proletario. Là dove essi sono legati alla catena del capitale, là dev'essere spezzata la catena. Solo questo è socialismo, solo così il socialismo può essere attuato.
Io vorrei anche qui affermare vigorosamente, possiamo dirlo con orgoglio e nessuno lo contesterà: noi della Lega di Spartaco, il Partito comunista della Germania, siamo i soli ad essere dalla parte degli operai che scioperano e che lottano. Deriva da ciò che nella prossima fase della rivoluzione gli scioperi non solo si estenderanno sempre più, ma saranno al centro, nel punto nevralgico della rivoluzione, respingendo in secondo piano i problemi meramente politici. Assisterete così a un enorme inasprimento della situazione sul terreno della lotta economica, giacché in questo modo la rivoluzione giunge al punto in cui non si scherza più con la borghesia. La borghesia può concedersi delle mistificazioni sul terreno politico, dove una mascherata è ancora possibile, dove gente come Ebert-Scheidemann può ancora presentarsi con etichetta socialista, ma non là dove è in gioco il profitto. Allora essa porrà il governo Ebert-Scheidemann davanti all'alternativa: o farla finita con gli scioperi, ed eliminare la minaccia di soffocamento che questo movimento di scioperi rappresenta per essa, oppure i signori Ebert-Scheidemann saranno bell'e liquidati. Essi saranno sommersi o per far posto a un tentativo di controrivoluzione che si raccoglie alla rinfusa o per un'esplicita dittatura militare sotto Hindenburg, oppure dovranno cedere il passo alle altre forze controrivoluzionarie.
Noi dovremo difendere insieme con il socialismo e con gli interessi della rivoluzione anche gli interessi della pace mondiale, e questa è proprio la conferma della tattica che soltanto noi spartachisti abbiamo sostenuto in ogni occasione durante i 4 anni di guerra. Pace significa rivoluzione mondiale del proletariato! Non v'è altra via per ristabilire e garantire realmente la pace che la vittoria del proletariato socialista.
Tuttavia vorrei ricordare alcune insufficienze della rivoluzione tedesca che non sono state superate con la prima fase, ma mostrano chiaramente che noi purtroppo non siamo ancora in grado di assicurare la vittoria del socialismo rovesciando il governo. Io ho cercato di spiegarvi che la rivoluzione del 9 novembre fu soprattutto una rivoluzione politica, mentre essa deve ancora diventare una rivoluzione essenzialmente economica. Ma essa è stata anche una rivoluzione soltanto cittadina, la campagna è rimasta finora pressoché immobile. Sarebbe un'illusione sperare di realizzare il socialismo senza l'agricoltura. In generale l'industria non può essere trasformata nel senso dell'economia socialista senza un'immediata combinazione con un'agricoltura socialisticamente organizzata. Il concetto più importante dell'ordinamento economico socialista è l'eliminazione del contrasto e della separazione fra città e campagna. Questa separazione, questa opposizione, questo contrasto è un fenomeno puramente capitalistico che dev'essere subito eliminato se ci vogliamo porre da un punto di vista socialista. Se vogliamo operare sul serio una trasformazione socialista, voi dovete rivolgere la vostra attenzione tanto alla campagna quanto ai centri industriali, e qui purtroppo non siamo neppure al principio del principio. Questo lavoro dev'essere fatto seriamente non solo per la considerazione che senza l'agricoltura non possiamo socializzare, ma anche perché, quando poco fa abbiamo enumerato le ultime riserve della controrivoluzione contro di noi e contro i nostri sforzi, noi non abbiamo tenuto conto di un'importante riserva, che sono i contadini. Proprio perché essi finora sono rimasti immobili, sono ancora una riserva per la borghesia controrivoluzionaria. E la prima cosa ch'essa farà, se la fiamma dello sciopero socialista le brucia le calcagna, sarà la mobilitazione dei contadini, di questi fanatici sostenitori della proprietà privata. Contro questa minacciosa forza controrivoluzionaria non c’è altro mezzo che portare la lotta di classe nelle campagne, mobilitando contro i contadini benestanti il proletariato senza terra e i piccoli contadini.
Da ciò si deduce quel che dobbiamo fare per assicurare le premesse necessarie al buon esito della rivoluzione, e io vorrei perciò riassumere così i nostri compiti immediati: dobbiamo in futuro prima di ogni altra cosa sviluppare in tutte le direzioni il sistema dei consigli operai. Voi sapete che una demolizione continua del sistema dei consigli degli operai e dei soldati è stata intrapresa dalla controrivoluzione. In Assia il governo controrivoluzionario li ha generalmente soppressi, in altri posti sono stati strappati loro di mano gli strumenti di potere. Noi perciò non dobbiamo soltanto sviluppare questo sistema ma dobbiamo introdurvi anche gli operai agricoli e i piccoli contadini. Noi dobbiamo scavare dal basso lo Stato borghese non più dividendo ma unificando potere pubblico, legislazione e amministrazione, e portarli ovunque nelle mani dei consigli degli operai.
Compagni, è un immenso campo che dobbiamo arare. Dobbiamo prepararci dal basso a dare ai consigli degli operai una tale potenza che, se il governo Ebert-Scheidemann o un altro simile viene rovesciato, questo sia soltanto l'atto conclusivo. La conquista del potere non si realizza tutta d'un colpo ma progressivamente, incuneandosi nello Stato borghese fino a occuparne tutte le posizioni e a difenderle con le unghie e con i denti. E la stessa lotta economica, secondo la mia concezione, dev'essere condotta mediante i consigli operai. Anche la direzione delle lotte economiche da avviare su strade sempre più ampie dev'essere nelle mani dei consigli operai. I consigli operai devono avere tutto il potere nello Stato. Dobbiamo lottare passo a passo, corpo a corpo, in ogni Stato, in ogni città, in ogni villaggio, in ogni comune, per trasferire ai consigli degli operai tutti gli strumenti del potere statale che devono essere pezzo a pezzo strappati alla borghesia. Ma per questo anche i nostri compagni, per questo i proletari devono essere dapprima educati. Anche là dove i consigli degli operai esistono, manca la coscienza dei compiti a cui essi sono chiamati. Noi dobbiamo innanzitutto insegnare alle masse che il consiglio degli operai deve diventare in tutte le direzioni la leva del meccanismo statale, che esso deve assumere tutti i poteri e convogliarli tutti nella medesima corrente della rivoluzione socialista. Da ciò sono ancora mille miglia lontane quelle stesse masse operaie che sono già organizzate in consigli degli operai, fatta eccezione naturalmente di piccole minoranze di proletari che hanno chiara coscienza dei loro compiti. Ma è esercitando il potere che una massa impara a esercitarlo. Non c'è nessun altro mezzo di insegnarglielo. I proletari si educano gettandosi all'azione.
Secondo me la storia non ci fa le cose così comode come nelle rivoluzioni borghesi, quando bastava rovesciare al centro il potere ufficiale e sostituirlo con una dozzina di uomini nuovi. Noi dobbiamo lavorare dal basso e questo corrisponde precisamente al carattere di massa della nostra rivoluzione, i cui scopi vanno al fondo della costituzione sociale; risponde al carattere dell’odierna rivoluzione proletaria il fatto che noi dobbiamo conquistare il potere politico non dall'alto ma dal basso. Il 9 novembre rappresentò il tentativo di abbattere il potere borghese, il dominio di classe - un debole, incompiuto, incosciente, caotico tentativo. Quel che ora si deve fare è di dirigere con piena coscienza tutta la forza del proletariato contro le principali fortezze della società capitalistica. In basso, dove ciascun imprenditore ha di fronte a sé i suoi schiavi salariati, in basso dove tutti gli organi esecutivi del dominio politico di classe si trovano di fronte all'oggetto del loro dominio, alle masse, là dobbiamo passo passo strappare dalle mani dei nostri dominatori i loro strumenti di potere e porli nelle nostre mani. Disegnato in questo modo, il processo appare forse un tantino più lungo di quanto si sarebbe inclini a raffigurarselo in un primo momento. lo credo salutare per noi porci innanzi agli occhi con piena chiarezza tutte le difficoltà e complicazioni di questa rivoluzione. Giacché io spero che la descrizione delle grosse difficoltà e dei compiti che ci si ammassano dinanzi non operi su nessuno di voi, come non opera su di me, nel senso di raffreddare la vostra energia; al contrario, quanto più gravoso è il compito, tanto più raccoglieremo tutte le forze, e non dimentichiamolo: la rivoluzione sa attuare la propria opera con enorme celerità. lo non mi accingo a profetizzare quanto tempo occorra per questo processo. Chi di noi sta a fare i conti, che c'importa se la nostra vita basta appena allo scopo? Importa soltanto che noi sappiamo con chiarezza e precisione quel che si deve fare; e che cosa ci sia da fare io spero di averlo detto nelle sue linee fondamentali, con le mie deboli forze.
(Rosa Luxemburg)

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Commenti (4)

1. 25-01-2009 17:21
Migliaia in piazza ieri a Berlino per commemorare Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, i rivoluzionari leader del socialismo tedesco assassinati il 15 gennaio 1919 nel corso dei moti spartachisti. Numerose personalità della sinistra, compresi dirigenti del partito «Die Linke», hanno deposto corone di fiori sulle tombe nel cimitero di Friedrichsfelde, nella parte orientale di Berlino.(Reuters)Quote:
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Registrato
Giancarlo

2. 25-01-2009 17:25
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di Oskar Lafontaine (LINKE)

Ogni partito ha bisogno di personalità di spicco e di modelli per la sua autodefinizione programmatica e culturale. Come ogni anno nel mese di gennaio, decine di migliaia di persone hanno onorato Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht nell’anniversario del loro assassinio. Un mare di fiori rossi per ricordare la donna e l’uomo le cui convinzioni politiche sono ancora oggi alla base della nostra politica. Rosa Luxemburg ha sintetizzato in modo geniale il nesso inseparabile fra libertà, democrazia e socialismo: la libertà senza uguaglianza è sfruttamento, l’uguaglianza senza libertà è oppressione. Senza democrazia non c’è socialismo e senza socialismo non c’è democrazia. La donna politica purosangue, l’oratrice irresistibile ha analizzato, come nessun altro, la rivoluzione tedesca del 1918-19 e i motivi del suo fallimento. Sulla “Rote Fahne” (Bandiera rossa) lamentava la disonestà della SPD (Partito socialdemocratico), l’indecisione della USPD (Partito socialdemocratico indipendente) e l’imbarazzo dei dirigenti della rivoluzione. Si attirò l’odio mortale di coloro che i suoi articoli mettevano a nudo. L’eredità di Karl Liebknecht è ”abbasso la guerra”.
Il 2 dicembre 1914, Liebknecht fu il solo a votare nel Reichstag contro la concessione dei crediti per finanziare la guerra. Oggi non possiamo immaginare di quale coraggio dovesse dar prova per proseguire per la sua strada di fronte all’entusiasmo per la guerra in Germania e all’atmosfera che regnava nel Reichstag. Incarnò in seguito, in Germania e all’estero, la protesta contro la guerra. L’assassinio di Rosa e Karl fu progettato e sistematicamente perpetrato. Nel dicembre 1918 sui muri di Berlino vi erano manifesti che invitavano a “uccidere Liebknecht”: “Centinaia di morti proletari / Karl, Rosa, Radek ed i loro compari / nessuno di loro è fra i morti proletari”. Questi versi furono pubblicati dal giornale socialdemocratico Vorwärts (Avanti) il 13 gennaio 1919 e il socialdemocratico Noske diede l’ordine che portò alla cattura e all’assassinio di Luxemburg e Liebknecht. L’assassinio del 15 gennaio 1919 fu il preludio delle migliaia di omicidi dei mesi seguenti nel periodo di Noske, dei milioni di assassini degli anni successivi nel periodo di Hitler. Sebastian Haffner ha scritto che questo crimine è ancora impunito e illumina con la sua luce incandescente il presente tedesco come un raggio laser.
Nello spirito di Luxemburg e Liebknecht la nuova sinistra analizza gli errori dei tentativi di socialismo falliti. Coltiva la memoria delle vittime dello stalinismo. Ma c’è ben altro nell’eredità di Rosa e Karl: pensioni miserabili, bassi salari, bambini poveri seppelliscono anche oggi la democrazia; lo sfruttamento e l’emarginazione non sono eliminati. Sono sempre più numerosi coloro che non possono prender parte alla vita sociale. Non c’è democrazia senza socialismo.



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Registrato
Giancarlo

3. 26-01-2009 23:02
90 anni fa: Rosa, Karl e la repressione
Mentre si legge questo lungo testo, e man mano che si procede, s'avverte la grande energia che questa donna eccezionale sprigionava, utilizzandola come veicolo per analisi e idee chiare da difendere, obiettivi da raggiungere, entusiasmi da conservare integri con il fermento e il calore propri degli ideali del socialismo. E in nome della verità, con la massima dedizione, non importa per quanto tempo...la giustizia sociale val bene tanto impegno!
http://www.radicalsocialismo.it
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parvati

4. 27-01-2009 19:45
l'Aquila tedesca
Lenin aveva grande rispetto di Rosa. La considerava un'aquila del pensiero marxista,una grande rivoluzionaria, una persona speciale, un capo naturale delle classi lavoratrici tedesca.
Fu uccisa in circostanze drammatiche, di grande violenza. Ma il suo pensiero si è radicato in profondità nella socialdemocrazia tedesca che è cosa ben diversa dallo spregevole governo che l'ha fatta uccidere da luridi sicari. Nel pensiero comunista il suo pensiero è rimasto estraneo dal momento che attraverso i testi
dell'istituto tipografico di Mosca abbiamo conosciuto soltanto le opere di Lenin, di Stalin e le criminalizzazioni delle tante correnti che il bolscevismo aveva generato.
In Italia c'è una sorta di venerazione ipocrita per Gramsci strumentalizzato dal PCI per giustificare le sue svolte e una incredibile nostalgia per Craxi con frequenti viaggi ad Hamamet e grandi preparativi per il decennale della morte.
Dobbiamo ripristinare la buona abitudine di
tenere viva la memoria dei grandi pensatori e dirigenti del socialismo magari con convegni e studi e incontri in luoghi che furono scanari delle loro storie.
Dobbiamo avere maggiore rispetto e maggiore fiducia di noi stessi che rappresentiamo la continuazione di un filo della storia italiana che si diparte dal settecento e continua a rinverdire sempre.
Infatti, per quanto terribili o ridicole possano essere le crisi della sinistra, le sue scissioni, a volte la sua letterale scomparsa, c'è qualcosa che rigermoglia sempre e mette nuove foglioline che danno speranza.
Pietro

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