Un summit di complici
In una giornata segnata in nero dal suicidio del giovane laureato pugliese lasciatosi andare dal treno in corsa oppresso da una invincibile disperazione, nello scenario di un paese devastato dalla crisi e da violente ingiurie lanciate contro i lavoratori da Berlusconi e Marchionne, gli uomini più potenti della politica e dell'imprenditoria, si è riunito il summit voluto dalla Marcegaglia
per aggregare sindacati e forze imprenditoriali e finanziarie al suo progetto.
Epifani ha sfoggiato uno scilinguagnolo che non gli è abituale per condannare i lavoratori di Livorno e Treviglio ma non ha trovato niente da ridire sulla inaccettabile frase di Marchionne delle bestie fuggite dallo zoo o sull'attacco di Berlusconi ai professori licenziati dalla scuola..
La riunione è stata fatta sull'agenda proposta dalla Confindustria e definisce un progetto conveniente al padronato di cui sono vittima i lavoratori che vengono adescati da qualche piccolo miglioramento fiscale e degli ammortizzatori sociali ma dovranno sudare sangue per salari sempre più bassi e senza speranza di aumento e fruire di un welfare sempre più scadente di scuola, sanità e pensioni. La parola d'ordine è produttività e competitività per le imprese mentre lo Stato deve liberarsi del suo debito riducendo la spesa sociale per rientrare nei parametri proposti dall'UE.
La linea "lavoro in cambio di diritti" trova nuovo alimento nell'accordo messo a punto ieri in un summit mafioso preparato senza alcuna consultazione dei lavoratori che non sono soggetti della trattativa ma oggetto passivo di un accordo che ridurrà il loro peso sociale, le loro difese giuridiche, la loro condizione civile. Lavoratori italiani tra i peggio pagati dello Ocse, con un salario medio di appena mille euro mensili, che dovranno a parità di retribuzione produrre di più . Una scelta di politica economica e sociale che spreme il possibile ai venti milioni di lavoratori dipendenti ed alle loro famiglie lasciando inalterati i redditi del manageriato e dell'oligarchia politica, le rendite quasi non tassate, i profitti delle imprese e della finanza, i patrimoni, le ricchezze.
Si tratta di una linea che solleva perplessità dentro la stessa destra liberista che capisce come un regime di basse retribuzioni inchioda i consumi e deprime la produzione. L'Italia
avrebbe bisogno di un innalzamento considerevole dei consumi interni possibile soltanto attraverso un cospicuo aumento delle retribuzioni. Ma questa linea viene esclusa categoricamente per ragioni politiche legate agli interessi degli esportatori e della Fiat che prevalgono sui bisogni della generalità delle piccole e medie industrie e dello stesso sistema Paese.
La riunione di ieri è parte dell'anomalia italiana di organizzazioni sindacali e padronali legati da un groviglio di interessi e da una burocrazia che arriva financo a contrapporre gli interessi dei lavoratori iscritti a quelli dei loro sindacati. Le aziende raccolgono e provvedono a trattenere ai dipendenti per versarli ai loro sindacati le quote di contribuzione. Anche l'Inps e le amministrazioni dello Stato sono preposte allo stesso compito. Inoltre, per accordi contrattuali, quote consistenti di salario vengono gestite da enti bilaterali come la Cassa Edile. Non si tratta in generale di organismi che esaltano l'autogestione di servizi e forme di sussidiarietà autonome ma di superfetazioni burocratiche che i lavoratori subiscono e sentono spesso estranee. Il devastato campo del Tfr ha dato vita a finanziarie che sono di gran lunga meno convenienti dell'accantonamento delle imprese. Insomma enormi interessi economici e sociali uniscono e rendono "complici" le rappresentanze sindacali dei lavoratori e del padronato e ne tracciano una dinamica di relazioni che prescinde del tutto dalla condizione reale del lavoro italiano.
Non ho dubbi che il bilancio conclusivo degli accordi che si aprono oggi sarà di peggioramento dello stato attuale che è pur il peggiore degli ultimi trenta anni. Aumentano precarizzazione e svalutazione della prestazione lavorativa. Il lavoro non è più un diritto garantito dalla Costituzione ma una merce il cui valore varia a seconda del mercato politico in cui si svolge. Il contratto nazionale, fondamentale istituzione che ha garantito diritti in una realtà in cui la contrattazione aziendale o integrativa praticamente non esiste, viene sbriciolato dalle deroghe. Milioni di lavoratori italiani non avranno più un contratto nazionale!!!
Ancora non abbiamo in Italia il Sindacato americano sospirato da Marchionne fatto di
guardiaspalle più o meno brutali dell'ufficio risorse delle aziende che controllano il rendimento dei loro colleghi e denunziano coloro che restano dietro o si rivoltano contro le forme più umilianti ed eccessive di sfruttamento. Ma in compenso abbiamo confederazioni sindacali potenti, forti di milioni di deleghe, che con una loro firma cambiano la vita ai milioni di persone senza neppure sentirle oppure facendo finta di sentirle come è stato per il taroccatissimo referendum del 2007 sugli accordi Prodi.
In questi ultimi tempi la Cisl e l'Uil hanno partecipato attivamente al banchetto dei padroni mentre la CGIL si è limitata a fare da palo, da ospite in piedi ed a tenere d'occhio la Fiom
contenendone le spinte più genuine. Ma non sempre la CGIL ha fatto da palo. Ha partecipato attivamente agli accordi Alitalia che hanno aperto l'era della deregolation e dei nuovi obblighi che stiamo vivendo. Ora si accinge a "sanare" le sue divergenze con Cisl ed Uil dovute alla resistenza della sua combattiva motivata e culturalmente elevata base sociale.
La democrazia scompare anche ad opera delle istituzioni e delle strutture a cui ha dato vita il cui ruolo traligna e diventa veleno sociale. Mentre in Francia, in Spagna, in Grecia i sindacati continuano ad esserne strumenti dei lavoratori nel conflitto sociale in Italia non è così e non basta neppure la truffa del "refuso" di Sacconi che porta la pensione oltre i settanta anni per scuoterli dalla nicchia filogovernativa e filoconfindustrialista che si sono scavati.
Le porte del fascismo sociale sono state aperte dai sorrisi e dall'aria soddisfatta di Epifani e della Marcegaglia incuranti della crescente infelicità e della disperazione di tanta parte della nostra gente. La Fabbrica Italia lavorerà a pieno ritmo ma la devastazione dei diritti alla fine screditerà il sistema italiana. Una nazione non può vivere a lungo sulla sofferenza della sua forza produttiva. Bassi salari, orari di lavoro estenuanti, impoverimento materiale e sociale di milioni di persone avrà un effetto depressivo che si riverbererà negativamente sul prossimo futuro. Futuro già negato a sei milioni di biagizzati che continueranno a sopravvivverà fino a quando i loro vecchi genitori che li mantengono vivranno. Ma non oltre.
Pietro Ancona
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