lunedì 25 ottobre 2010

La lotta per la giustizia e la libertà di Arundathi roy

Associazione Solidarietà Proletaria (ASP)
CP



Dichiarazione di Arundathi Roy



Scrivo questo da Srinagar, nel Kashmir. I giornali di questa mattina dicono che potrei essere arrestata con l’accusa di sedizione per quello che ho detto nelle ultime assemblee pubbliche sul Kashmir. Ho detto quello che milioni di persone qui dicono ogni giorno. Ho detto quello che io e altri commentatori dicono e scrivono da anni. Chiunque si preoccupi di leggere le trascrizioni dei miei discorsi vedrà che fondamentalmente erano appelli per la giustizia. Io ho parlato per la giustizia del popolo del Kashmir che vive sotto una delle dittature militari più brutali del mondo; per i Pandit del Kashmir che vivono la tragedia di essere stati scacciati dalla loro terra natale; per i soldati Dalit uccisi in Kashmir le cui tombe io ho visitato sui mucchi di spazzatura nei loro villaggi a Cuddalore; per i poveri indiani che pagano materialmente il prezzo dell’occupazione e stanno imparando a vivere nel terrore di quello che sta diventando uno stato di polizia.

Ieri andavo a Shopian, la città delle mele del Kashmir del Sud, che è rimasta chiusa per 47 giorni lo scorso anno, per protesta contro il brutale stupro e assassinio di Asiya e Nilofer, le due giovani i cui corpi furono trovati nelle acque basse del ruscello sotto casa loro, e i cui assassini non sono ancora stati portati di fronte ai giudici. Ho incontrato Shakeel, marito di Nilofer e fratello di Asiya. Ci siamo seduti in un circolo di persone pazze di dolore e rabbia, che avevano perso ogni speranza di avere “insaf” – giustizia – dall’India, ed erano convinte che ora “Azadi” – la libertà – era la loro unica speranza. Ho visto giovani che tiravano pietre a cui avevano sparato negli occhi. Ero con un giovane che mi raccontava di tre suoi amici, adolescenti del distretto di Anantnag, che erano stati imprigionati e a cui erano state strappate le unghie come punizione perché avevano lanciato pietre.

Nei giornali c’è chi mi accusa di fare “discorsi d’odio”, di voler mandare a pezzi l’India. Quello che dico, invece, nasce dall’amore e dall’orgoglio. Nasce dal fatto che non voglio che le persone siano uccise, stuprate, imprigionate, che vengano loro strappate le unghie per costringerli a dire che sono indiani. Viene dal fatto che voglio vivere in una società che si sforza di essere giusta. Pietà per la nazione che deve mettere a tacere gli scrittori che dicono quello che pensano. Pietà per la nazione che ha bisogno di mettere in prigione chi chiede giustizia, mentre gli assassini comuni, gli assassini di massa, i truffatori delle corporazioni, i saccheggiatori, gli stupratori e tutti quelli che depredano i più poveri dei poveri viaggiano liberi.



Arundathi Roy

26 ottobre 2010.







Da L’avatar urbano dell'operazione Green Hunt

di Arundhati Roy.



(The Dawn-Operation Green Hunt' s Urban Avatar)



(....). La stessa sera (il 4 giugno), verso le sette, due uomini in moto si sono avvicinati alla mia casa di Nuova Delhi e hanno cominciano a lanciare pietre contro la mia finestra. Una pietra ha mancato di poco un bambino piccolo che giocava nella via. Alcune persone incollerite si sono raccolte e gli uomini sono fuggiti. Negli istanti successivi, è sopraggiunta una Tata Indica con a bordo un uomo che affermando di essere un giornalista di Zee TV, ha chiesto se si trattava “della casa di Arundhati Roy” e se c’erano stati problemi. Ovviamente si voleva mandare in scena “la rabbia popolare” per alimentare i nostri canali televisivi che sono dei veri e propri pescecani. Fortunatamente per me, in questa occasione non gli è andata bene. Ma è successo dell’altro.

Il 5 giugno il Dainik Bhaskar a Raipur ha pubblicato una nuovo articolo dal titolo “Himmat ho to AC kamra chhod kar jungle aaye Arundhati” (Se ne ha il coraggio, Arundhati lasci la sua camera climatizzata e venga nella giungla), nel quale Vishwaranjan, il Direttore generale della polizia del Chhattisgarh, mi sfidava ad affrontare la polizia riunendomi ai maoisti nella foresta.

Immaginate: la DGP ed io, da uomo a uomo.

Per non essere da meno, il laeder del Bharatiya Janata Party di Chhattisgarh, la signora Poonam Chaturvedi ha annunciato alla stampa che io meriterei di essere uccisa in mezzo ad un incrocio, e che qualsiasi altro traditore del mio stampo dovrebbe essere condannato a morte. (Forse qualcuno dovrebbe dirle che questo tipo di incitamento diretto alla violenza costituisce un reato per il codice penale indiano).

Mahendra Karma, capo della sanguinaria milizia “popolare” Salwa Judum, responsabile di innumerevoli stupri ed assassini, ha avviato un’azione penale contro di me.

Martedì 8, il quotidiano hindi Nayi Duniya, ha riportato la notizia che alcune denunce nei miei confronti sono state presentate in due diversi commissariati nel Chhattisgarh, a Bhata Pada e Teli Bandha, da privati cittadini contrari al mio “dichiarato sostegno ai maoisti”.

Si tratta di quello che i servizi segreti militari chiamano psyops (operazioni psicologiche)? O dell'avatar urbano dell’operazione Green Hunt?

Da quando un'agenzia di stampa governativa aiuta il Ministero dell'Interno a costruire un dossier su coloro che esso intende eliminare, inventando prove, quando le prove non esistono? Che forse PTI stia provando a consegnare i più noti tra noi al pubblico linciaggio in modo che il governo non debba rischiare la sua reputazione internazionale arrestandoci o eliminandoci?

O è una maniera per produrre forzatamente una grossolana polarizzazione e per abbassare in maniera ridicola il livello del dibattito: se tu non sei con “noi” , allora sei un maoista! E non sei soltanto un maoista, ma un maoista stupido, arrogante e chiassoso.

Qualunque cosa sia, è pericoloso e vergognoso, ma questa non è una novità. Chiedete a qualunque abitante del Kasmir o ad un qualunque giovane musulmano che è stato imprigionato come “terrorista”, senz’altra prova che le rivelazioni infondate dei mass media. Chiedete a Mohammed Afzal, condannato a morte “per soddisfare la coscienza collettiva della società”.

Adesso che l’operazione Green Hunt ha iniziato a battere alle porte di gente come me, immaginate quel che arriva a fare a militanti e ai lavoratori politicizzati che al contrario di noi sono dei perfetti sconosciuti. Alle centinaia di persone imprigionate, torturate ed eliminate.(....)

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