lunedì 8 febbraio 2010

a proposito di un filmtv su Franco Basaglia

Basaglia Franco, Foucault Michel
Tra filosofia e antipsichiatria: i percorsi di Foucault e Basaglia


di Pierangelo Di Vittorio*

Il termine 'antipsichiatria' designa comunemente una serie di movimenti, sorti negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, che hanno sviluppato una critica radicale della psichiatria tradizionale e promosso esperienze di trasformazione. A quasi mezzo secolo di distanza, l’antipsichiatria ha ancora qualcosa da dire, trattandosi di un fenomeno complesso, per certi versi ambivalente, nel quale sono racchiuse alcune poste in gioco attuali.
Il dialogo sotterraneo tra Michel Foucault e Franco Basaglia offre qualche spunto in questa direzione.

La resistenza al potere psichiatrico
I movimenti dell’antipsichiatria interrogano il presupposto implicito su cui riposa la pratica psichiatrica: le "relazioni di potere" che sottendono ogni aspetto della vita manicomiale (M. Foucault, Il potere psichiatrico. Corso al Collège de France 1973-1974, Feltrinelli, 2004, p. 295). Szasz, Laing, Cooper e Basaglia denunciano gli 'eccessi' del potere psichiatrico rifiutando di trincerarsi dietro la presunta 'neutralità' del loro sapere e del loro intervento tecnico. Viene così minata la logica di 'messa sotto tutela' dei pazienti che travalica qualsiasi finalità terapeutica e non può essere giustificata in termini scientifici. Questo ritratto dell’antipsichiatria ha l’indubbio merito di sgombrare il campo da una serie di luoghi comuni. Rischia, tuttavia, d’incollarsi ai movimenti degli anni Sessanta-Settanta a scapito di una prospettiva di più lunga durata. A ben guardare, infatti, le forme di 'resistenza' alla psichiatria vanno di pari passo con il suo sviluppo nella prima metà del sec. XIX. Il successo del movimento alienista è consacrato, in Francia, dalla legge del 30 giugno 1838, grazie alla quale gli psichiatri ricevono un’esorbitante delega di potere ponendosi di fatto come gli unici depositari del destino dei malati. Subito, però, si manifestano delle voci di dissenso: Frère Hilarion e Garsonnet sono tra i rari casi di pazienti che, dopo un soggiorno in manicomio, denunciano la miseria della condizione di malati di mente (R. Castel, L’ordine psichiatrico. L’epoca d’oro dell’alienismo, Feltrinelli, 1980).

Radicalità filosofica ed etica
Solo un secolo più tardi queste testimonianze troveranno un'eco politica. Ciò avverrà soprattutto attraverso il relais della filosofia: alla base dei gesti che si è soliti ricondurre all’antipsichiatria si trovano, infatti, sia il 'rovesciamento del platonismo' di Marx, Nietzsche e Freud, sia la fenomenologia di Husserl con il suo appello a ritornare alle 'cose stesse'. Tuttavia, la radicalità di questa matrice filosofica, quando non mediata da concreti processi di trasformazione, ha finito per innescare degli atteggiamenti politici velleitari, in alcuni casi estremistici. Lo stesso Foucault, nel corso degli anni Settanta, prenderà le distanze in modo abbastanza netto dal pathos filosofico-rivoluzionario che aveva dominato le sue analisi fin dai tempi della Storia della follia: nell’incontro tra i linguaggi esclusi della follia e della letteratura egli vedeva, infatti, l’annuncio di una catastrofe della razionalità moderna dalla quale sarebbe sorta l’alba di un nuovo pensiero. Nonostante simili esiti, l’antipsichiatria non può essere ridotta a questa pericolosa miscela di filosofia e politica, peraltro così caratteristica del Novecento. Nelle pieghe di questi movimenti, c’è anche una radicalità di carattere propriamente 'etico' che rappresenta ancora oggi una sfida importante. È possibile interpretare il ruolo, al tempo stesso, terapeutico e politico della psichiatria in modo diverso dall’alienismo e dalla sua tradizione? È possibile un rapporto terapeutico che non sia fondato su un assoluto squilibrio di potere tra il medico e il paziente? È possibile un mandato politico che non si riduca alla difesa della società dal pericolo di cui si ritiene che i malati di mente siano portatori? Se tutto ciò è possibile, lo è nella misura in cui si riesce a operare una profonda trasformazione nel rapporto con se stessi e con gli altri. Anche questa risposta, rimasta forse inascoltata, fa parte della storia della cosiddetta antipsichiatria e, più in generale, dei movimenti di trasformazione della psichiatria, tra i quali vanno ricordati quello della 'psicoterapia istituzionale', promosso in Francia da François Tosquelles, e quello 'antiistituzionale', guidato in Italia da Franco Basaglia.

I percorsi incrociati di Foucault e Basaglia
Sovrapponendo i percorsi di due personaggi diversi come Foucault e Basaglia, ciò che emerge con chiarezza è il profilo di un’epoca nella quale la trasformazione fu anche un’avventura soggettiva. Non si può trasformare il mondo senza trasformare se stessi, senza esporsi al rischio di diventare altri da ciò che si è: su questo punto le esperienze di Foucault e di Basaglia coincidono profondamente. Nel 1961, Basaglia è chiamato a dirigere il manicomio di Gorizia. Dopo diversi anni trascorsi nella clinica universitaria di Padova, nel corso dei quali ha abiurato il positivismo abbracciando la cultura fenomenologica ed esistenziale, il suo più grande desiderio è "portare alle ultime conseguenze la comprensione della follia" (F. Basaglia, F. Ongaro Basaglia, A. Pirella, S. Taverna, La nave che affonda, Raffaello Cortina, 2008, p. 18). Scopre, invece, che il manicomio è la negazione di ogni possibilità di comprendere. I malati sono, infatti, sepolti sotto una malattia che è in massima parte il risultato di anni e anni di istituzionalizzazione. Immediatamente, Basaglia decide di riformare l’ospedale psichiatrico sperimentando una comunità terapeutica sul modello di quella realizzata da Maxwell Jones in Scozia. Sempre nel 1961, escono tre libri fondamentali per gli sviluppi successivi del movimento che, nel 1978, condurrà alla legge di riforma 180: I dannati della terra di Frantz Fanon, Asylums, la condizione sociale del malato di mente e di altri internati di Erving Goffman, la Storia della follia nell’età classica di Michel Foucault. L’attenzione 'filosofica' di Basaglia, pur seguendo sentieri diversi rispetto alla sua originaria vocazione fenomenologica, resterà sempre viva, a testimonianza di come, per un tecnico, sia possibile mettersi alla prova di problemi e interrogativi più generali, senza per questo abbandonare il proprio terreno specifico. Qualche anno dopo, Foucault offrirà una versione quasi speculare di questo stile di vita fondato sulla capacità di mettersi costantemente in gioco, di sorprendersi, di spiazzarsi. Nel 1971 rilascia un’intervista a un quotidiano tunisino dove annuncia la costituzione del G.I.P (Groupe d’Information sur les Prisons). Il giornalista lo incalza, non riuscendo a capacitarsi di come il grande filosofo possa aver deciso di dedicarsi unicamente a un’azione di carattere 'pratico'. Allora, Foucault prima esprime senza reticenze lo shock della ricezione della Storia della follia da parte di Laing, Cooper e Basaglia, i quali a sua insaputa se ne sono impossessati vedendovi una sorta di giustificazione storica delle loro pratiche, poi dichiara: "Allora diciamo che sono un po' geloso e che adesso vorrei fare le cose io stesso. Invece di scrivere un libro sulla storia della giustizia, che poi sarebbe ripreso da altri i quali rimetterebbero praticamente in discussione la giustizia, vorrei cominciare da qui e poi, chissà, se vivo ancora e non sono finito in prigione, ebbene scriverò un libro" (M. Foucault, “Un problème m’intéresse depuis longtemps, c’est celui du système pénal”, in Id., Dits et écrits. 1954-1988, 4 voll., Paris, Gallimard, vol. II, p. 209). Al di là della battuta, Foucault ha sottolineato in diverse occasioni quanto il suo orientamento filosofico negli anni Settanta sia stato influenzato dalle lotte nei manicomi, negli ospedali, nelle prigioni (M. Foucault, “Intervista a Michel Foucault”, in Id., Microfisica del potere. Interventi politici, a cura di A. Fontana e P. Pasquino, Einaudi, 1977).

Dalla critica delle scienze umane al problema del governo
La corrispondenza tra Foucault e Basaglia è anche un continuo andirivieni tra le analisi storiche e le esperienze pratiche, dove i confini tendono a sfumare e non si sa più a chi attribuire la paternità delle une e delle altre. Il punto di partenza, sancito dall’incontro tra la Storia della follia e l’esperimento di trasformazione in corso a Gorizia, è un’analisi critica dei nessi tra i meccanismi di potere e le scienze umane (A. Pirella, “Michel Foucault in Italia, o la critica della psichiatria”, in Id., Il problema psichiatrico, Ass. Centro di Documentazione di Pistoia, 1999). Poi i percorsi s’intrecciano, in maniera sempre più stretta. Nel corso Il potere psichiatrico, Foucault analizza i meccanismi 'disciplinari' sui cui si fonda il manicomio, gli stessi che Basaglia aveva cominciato a smontare a Gorizia fino a realizzare, a Trieste, il primo esperimento di psichiatria senza manicomio. Facendo un passo indietro scopriamo poi che Basaglia, dopo un soggiorno negli Stati Uniti nel corso del quale verifica sul campo il funzionamento dei nuovi dispositivi di salute mentale istituiti dall’amministrazione Kennedy, matura sul finire degli anni Sessanta un’acuta consapevolezza delle insidie di quella che Foucault, dieci anni dopo, chiamerà 'biopolitica'. Infine, è in termini propriamente foucaultiani che l’esperienza di Basaglia assume tutta la sua portata storica e politica: per la prima volta, infatti, la logica della gestione dei malati di mente è sospesa, e diventa possibile affrontare il problema di come, e a quale prezzo, essi sono 'governati' nelle nostre società. Un problema che è ancora un banco di prova decisivo per ogni società democratica.

*Dottore di ricerca in filosofia presso le Università di Lecce e di Strasburgo, svolge attività di ricerca presso l’Università di Bari. Ha pubblicato Foucault e Basaglia (Verona 1999) e, con Mario Colucci, Franco Basaglia (Milano 2001).

Pubblicato il 3/03/2009














.






Il termine 'antipsichiatria' designa comunemente una serie di movimenti, sorti negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, che hanno sviluppato una critica radicale della psichiatria tradizionale e promosso esperienze di trasformazione. A quasi mezzo secolo di distanza, l’antipsichiatria ha ancora qualcosa da dire, trattandosi...

Nessun commento: