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From: pietroancona@tin.it
Il Burka e la Francia
Senza alcun dubbio esiste una strumentalizzazione della questione Burka della destra italiana ed europea. E' un modo per criminalizzare l'Islam e la diversità culturale. Un volere l'omologazione ai nostri usi e costumi contro la multiculturalità ed il rispetto (non tolleranza) degli altri.
Ciò detto non condivido l'opposizione all'orientamento del Parlamento francese per l'abolizione del Burka. Prima di tutto perchè non credo e non crederò mai che un essere umano ami stare dentro una prigione ambulante che giunge financo a provocare sofferenze fisiche e seri disturbi. Qualcuno ha fatto l'esperienza di vivere per un mese dentro un Burka ricavandone sofferenza psichica e fisica e disturbi assai seri di sinderesi, cioè di relazionamento con il mondo.
L'idea che le donne costrette ad indossare il Burka debbono liberarsene da sole, per loro crescita interiore è del tutto astratta e prescinde dalle condizioni reali. E' giusto che il meglio scacci il peggio e che l'universalità dei valori si fondi con il relativismo delle culture.
I nostri emigranti in America si portarono appresso la loro cultura del delitto d'onore. La soppressione fisica, praticamente impunita, della donna in qualche modo affidata al patrocinio dell'uomo perchè moglie, sorella,parente. Ma in USA vigeva la pena di morte per l'omicidio, per qualsiasi tipo di omicidio, e si guardarono bene dal punire le loro donne come erano usi a fare in Italia
e come fecero praticamente fino al 5 ottobre 1981! Non sono bastate all'Italia trentacinque anni di democrazia regolata da una meravigliosa Carta Costituzionale per abrogarlo prima!
Molte delle terribili leggi feudali furono abolite per intervento esterno. Le guerre napoleoniche ed i Codici introdotti negli Stati creati in Europa a seguito delle conquiste fecero fare un grandissimo balzo in avanti nella tutela dei diritti.
Insomma la contaminazione culturale e l'imposizione esterna di una norma non è detto che siano lesive dell'autonomia che si vorrebbe tutelare con il mantenimento di costrizioni feudali inaccettabili secoli dopo la nascita delle democrazie e del socialismo. Una legge contro l'orrenda pratica delle mutilazioni genitali può forse offendere l'autonomia delle donne? Infine sono convinto che non esiste donna al mondo che voglia vivere prigioniera di un vestito che la tiene separata da tutti. Se si facesse un referendum tra le donne costrette a portare il Burka dubito molto che una sola di loro voterebbe per tenerselo.
Se la Francia laica aiuta con una sua proibizione le donne a liberarsi da una umiliante schiavitù sarà benemerita. In fondo il Burka è una sorta di Harem. Lo scopo è identico: esclusione dal mondo per essere disponibili ad un padrone!
Pietro Ancona
ARTICOLO DEL MANIFESTO DA ME COMMENTATO
05/02/2010
IL BURQA, VELO DELLA COSCIENZA da Antonella Caranese* Daniela Spiga**
La Commissione di studio del Parlamento francese si muove verso il divieto
per le donne di indossare il burqa e il niqab nei luoghi pubblici: presto
una legge potrebbe vietarne l'uso nelle scuole, ospedali, trasporti pubblici
e uffici statali. Il divieto di indossare burqa e niqab per le donne
musulmane è stato invocato dalla maggior parte dei partiti di destra dei
paesi dell'Unione europea, Italia compresa: qui da noi, infatti, la Lega ha
presentato un'analoga proposta di legge, sulla quale la ministra Carfagna si
è espressa immediatamente a favore, così come, in maniera trasversale, molte
donne di destra e di sinistra.
Vietato il burqa, per legge o per decreto: strappiamo, con l’imposizione
normativa, alle immigrate il niqab dalla faccia.
Fuori dalle scuole europee le sottomesse alla religione. Se vogliono stare
nei nostri civilissimi Paesi, che si mettano anche loro microgonna e
push-up, esattamente come facciamo noi, che abbiamo conquistato, sebbene
solo formalmente, la libertà di farci valutare al primo sguardo.
Davvero crediamo così di avere dato “pari opportunità” alle immigrate?
Vietando loro di essere diverse da noi? È autentico questo improvviso,
prepotente e improcrastinabile interesse per l’emancipazione femminile? E
siamo sicure/i che legiferare sul corpo delle donne, come se non
appartenesse alle donne stesse, in quanto persone, ma piuttosto allo Stato e
più precisamente al Governo, sia il modo giusto?
Anche il Consiglio Comunale di Imola si è occupato del tema il 13 gennaio
scorso, a seguito ad una mozione presentata dal Consigliere Mondini (UCD)
che addirittura, da un punto di vista meramente maschile (noi diciamo anche
maschilista) voleva imporre per regolamento di escludere dai benefici
economici comunali le donne che indossano il burqa o il chador oltre che
chiedere l’affissione di un cartello, alle porte della città, inneggiante
alla non disponibilità della nostra città ad accogliere donne velate. In
questo senso abbiamo accolto con favore il dissenso espresso sia dalla
Commissione Pari Opportunità, nella quale si è svolta una discussione ampia
e non condizionata da pregiudizi. sia della maggioranza del Consiglio
comunale, che respinto questa imposizione ideologica, ritenendo di gran
lunga più importante favorire l’autodeterminazione femminile, oltre alla
piena integrazione culturale e sociale delle donne islamiche.
Citando Lidia Ravera “Tutte velate, vuole la Legge Coranica. Tutte svelate,
vuole la Legge Italica. E le donne continuano a venire vestite e spogliate,
obbligate e ricattate, costrette a piegarsi o comandate a ribellarsi”.
Noi vogliamo esprimere la nostra opinione e porre una domanda: ma in tutto
questo inseguirsi di opinioni, tutte assolute e giuste, dove è finito il
rispetto per le donne Afghane? Dove è finito l’obiettivo di risolvere l’oppressione
delle popolazioni afghane e irachene? Il tutto si risolve forse attraverso
le missioni militari, che ci ostiniamo ipocritamente a chiamare di pace?
Siamo sicure, noi donne italiane, di favorire la liberazione delle donne
straniere imponendo loro di mostrarsi senza velo? O viceversa questo è il
modo più semplice di lavarci la coscienza, evitando la fatica della
conoscenza e del confronto, per incoraggiare piuttosto la loro autonoma
affermazione e autodeterminazione?
Noi temiamo che il proibizionismo favorirà l’integralismo religioso delle
donne immigrate che, trovando incomprensibile e offensivo il nostro
intervento normativo, potrebbero marcare la distanza, rifugiandosi nella
loro “perfetta e rassicurante” identità culturale e religiosa.
L’altro timore, ancora più grave, è che i divieti producano segregazione,
con il rischio di donne fisicamente rinchiuse in casa da mariti-padroni che
non accetteranno di far uscire mogli madri sorelle e figlie “svelate”.
Come donne consapevoli e di sinistra, non possiamo limitarci a dare una
risposta semplice ad un problema complesso.
Anche noi riteniamo una inaccettabile violenza l’imposizione del burqa e la
costrizione alla completa velatura del viso.
Ma non crediamo a facili risposte normative. Non vogliamo sentirci con la
coscienza a posto con divieti di cui non è possibile valutare la portata. Né
vogliamo voltare le spalle e disinteressarci del problema.
Le donne migranti, con diverse tradizioni culturali o religiose, devono
essere aiutate, sostenute e difese se e quando vogliano ribellarsi a padri
padroni, ad usanze intollerabili, alla limitazione della loro libertà
personale. Questo richiede un costante lavoro di solidarietà e vicinanza, di
conoscenza reciproca e di difficile confronto.
Solo così le donne si potranno affrancare dai loro oppressori, che
strumentalizzano religione, usi e costumi per perpetrare l’endemico male che
è quello del patriarcato, del maschilismo e del sessismo.
Noi, donne occidentali, abbiamo alle spalle decenni di lotte che hanno
portato alla limitazione del patriarcato, almeno nelle sue componenti più
violente ed impositive, senza peraltro essere ancora riuscite a superarlo
completamente.
Noi, donne occidentali, dobbiamo evitare che le donne ingabbiate nel burqa
passino dalla tutela dei talebani e dei komeinisti a quella dei leghisti,
dalla persecuzione dell’integralismo islamico a quella della presunta
superiorità morale dell’Occidente.
Le donne, tutte, hanno diritto alla autodeterminazione e alla libertà,
religiosa, culturale e di genere.
Ma ricordiamoci che non esistono scorciatoie. E che le donne devono liberare
sé stesse, con l’aiuto di altre donne. Nessuno può arrogarsi il diritto di
farlo al loro posto, senza il loro coinvolgimento e la loro condivisione.
* responsabile questioni di genere
** responsabile migranti Federazione PRC-SE di Imola
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