sabato 13 febbraio 2010

lamento per il sud di salvatore quasimodo

LAMENTO PER IL SUD

La luna rossa, il vento, il tuo colore
di donna del Nord, la distesa di neve...
Il mio cuore è ormai su queste praterie,
in queste acque annuvolate dalle nebbie.
Ho dimenticato il mare, la grave
conchiglia soffiata dai pastori siciliani,
le cantilene dei carri lungo le strade
dove il carrubo trema nel fumo delle stoppie,
ho dimenticato il passo degli aironi e delle gru
nell'aria dei verdi altipiani
per le terre e i fiumi della Lombardia.
Ma l'uomo grida dovunque la sorte d'una patria.
Più nessuno mi porterà nel Sud.
Oh, il Sud è stanco di trascinare morti
in riva alle paludi di malaria,
è stanco di solitudine, stanco di catene,
è stanco nella sua bocca
delle bestemmie di tutte le razze
che hanno urlato morte con l'eco dei suoi pozzi,
che hanno bevuto il sangue del suo cuore.
Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti,
costringono i cavalli sotto coltri di stelle,
mangiano fiori d'acacia lungo le piste
nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse.
Più nessuno mi porterà nel Sud.

E questa sera carica d'inverno
è ancora nostra, e qui ripeto a te
il mio assurdo contrappunto
di dolcezze e di furori,
un lamento d'amore senza amore.

1 commento:

tino ha detto...

In questa poesia Quasimodo denuncia l’ingiustizia che pervade la terra nativa, vista come una landa arretrata economicamente e socialmente. Il Sud non è più come una terra felice, un Eden a cui voler far ritorno, ma è un territorio pieno di povertà e di ingiustizia sociale, dove domina l’arretratezza economica e la disoccupazione che costringe i fanciulli a vivere in mezzo alle montagne (nel finale anticipa addirittura la strage di Portella delle Ginestre).
Questa splendida quanto amara poesia che hai pubblicato, mi coglie particolarmente "sensibile", perché ho appena finito di leggere l'analisi sociologica del paese fatta da Ricolfi ("il sacco del Nord") in cui riemergono diverse problematiche del Sud, che Quasimodo già poeticamente coglieva più di 60 anni fa.