giovedì 1 novembre 2012

Chi e perchè non è andato a votare

Chi e perchè non è andato a votare Molti tra i giornalisti e gli opinionisti si sono avventurati nella spiegazione del fenomeno astensionistico delle elezioni siciliane cercando di interpretarne il senso. Molti politici di rilievo voltano la faccia dall'altra parte come se ne fossero soltanto infastiditi. Costoro domani avranno dimenticato che il 53 per cento degli aventi diritto su una massa enorme di elettori fatta di quattro milioni e mezzo di siciliani non è andata a votare. Il commento peggiore il più isterico lo ha fatto Michele Serra quando ha detto che coloro che non hanno votato hanno perso diritto di parola. Ilvo Diamante ha un approccio più serio e più calmo allo argomento che affronta non privo anche lui di pregiudizi sull'oggetto da esaminare quando si riferisce al clientelismo dei siciliani come se questo fosse una sorta di stimmata antropologica della politica che si svolge in Sicilia. Apro parentesi: naturalmente non si sogna nemmeno di definire clientelismo il gigantesco sistema di interessi e di relazioni che si intreccia con la Regione Lombardia con Formigoni con Comunione e Liberazione e la Compagnia delle Opere. Non è forse voto di scambio quello di tante confraternite commerciali ed industriali con il PDL e la lega Nord? Chiusa parentesi e torno a Ilvo Diamante che definisce il non voto siciliano un voto. In effetti il non voto è un voto nel senso che ha un grosso contenuto politico che deve essere tenuto in considerazione. Diamante ne da una spiegazione che solo in parte convince. Io penso che dobbiamo porci altri interrogativi. Chi non è andato a votare?Non sono andati a votare sopratutto i ceti spinti verso l'emarginazione della zona di sofferenza sociale dalla rottura della solidarietà nazionale avvenuta con il governo Berlusconi e ribadita dal governo Monti. Rottura della solidarietà con un complesso processo di ristrutturazione del welfare e dei diritti che sono stati ad uno ad uno in gran parte cancellati. Negli ultimi venti anni abbiamo avuto un impressionante trasferimento di risorse dal lavoro dipendente al profitto ed alla rendita. La massa monetaria del lavoro dipendente è dimagrita di almeno il venti per cento. . Penso che moltissimi degli insegnanti che hanno perduto il loro posto a seguito dello sfascio della scuola pubblica scientificamente predisposto dalla Commissione Israel per la Gelmini che l'ha portato avanti con ferocia classista poi ribadita dal suo successore nel governo Monti; non sono andati a votare coloro che sono stati umiliati ed hanno avuto le ali spezzate dalla legge Biagi che da quanto opera li ha condannati al precariato; non vanno a votare gli operai a mille euro al mese che non hanno alcuna speranza di migliorare la loro grama vita perchè guardandosi attorno si vedono circondati da moltissimi assai più disgraziati di loro; non vanno a votare coloro che sanno di non potere più contare su una pensione decente come quella dei loro genitori. Non sono andati a votare coloro che hanno perduto il lavoro e dubitano di trovarlo. Non sono andati a votare quanti stanno incanutendo da precari o da disoccupati nelle case di genitori sempre più anziani. C'è in questo una grande responsabilità della CGIL. I lavoratori hanno constatato di non essere stati difesi in tornanti decisivi della loro vita: hanno perso la garanzia dell'art.18 ed il diritto ad un contratto nazionale di lavoro (art.8). Hanno perso il diritto ad un collocamento rispettoso dei loro diritti. Vengono assunti attraverso la legge Biagi che è quanto di più malvagio si potesse pensare per spingere la gente al suicidio. Sanno che la CGIL di fatto ha contribuito alla stesura della legge Fornero. Questo voto di astensione è un voto potenziale per un forte partito comunista che attualmente non viene percepito come una forza capace di influire sul corso degli eventi. Come ha onestamente riconosciuto Paolo Ferrero l'esperienza del governo Prodi ha rotto il rapporto di fiducia tra il popolo comunista e PRC e questo rapporto non è stato ancora ricostituito. Ma l'astensione ha un significato più profondo e riguarda la società italiana, lo Stato, la Costituzione. La classe operaia lato sensu si è sentita maltrattata e poi espulsa dallo Stato democratico che è rimasto soltanto appannaggio e feudo della borghesia italiana. Non ritiene di poter sperare in niente dal momento che la democrazia è degenerata in oligarchia. La classe operaia non conta più niente e la Costituzione non garantisce più dal momento che ognuno è abbandonato a se stesso e la speranza è morta per tutti. Sono andati a votare i ceti per i quali lo Stato continua ad esistere ed a tenere conto della loro esistenza. I ceti benestanti, l'alta borghesia, quanti ricavano lucro e fanno affari con le privatizzazioni. Molti di costoro si lamentano per la pressione fiscale. Ma la pressione fiscale opprime soltanto i poveri e le classi subalterne. Il gettito è assicurato sopratutto dai redditi fissi dei lavoratori e dei pensionati. Alla pressione fiscale della pubblica amministrazione bisogna aggiungere il costo di bollette sempre più salate dovute al regime di monopolio concesso a servizi privatizzati. Si è spezzata l'unità nazionale delle classi sociali. Qualcosa di simile è avvenuto molti anni fa negli USA in cui metà degli elettori non votano. Non votano perchè sanno che repubblicani e democratici non li rappresentano e difendono sopratutto i ricchi e le multinazionali. In Italia il bipolarismo ci sta portando alla americanizzazione. Ma in Italia c'è sempre la cultura sedimentata da un lungo periodo di lotte e da un forte movimento comunista e socialista che è stato superbo fino a quando non si è autodistrutto. Non è detto che la classe operaia resti fuori dallo Stato per sempre come succede negli Usa. Pietro Ancona

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