martedì 13 aprile 2010

Il prof.Gallino sull'art.18

Lavoro, Gallino: “Dal Pd un’azione debole che aiuta il governo”
di Sara Farolfi, il manifesto, 8 aprile 2010

Sul «collegato lavoro» il parlamento ascolterà la prossima settimana le parti sociali. L'obiettivo è correggere rapidamente la legge che il presidente della Repubblica ha rimandato alle Camere la settimana scorsa, e arrivare alla sua approvazione entro la fine di aprile. Ma Napolitano ha richiesto modifiche sostanziose. «Ha espresso una forte critica al processo dell'arbitrato», osserva il sociologo torinese Luciano Gallino, a fronte della quale «anche gli emendamenti proposti dal Pd non sono che piccole limature, addolcimenti»: «Un'azione molto debole - la definisce Gallino - mentre ora bisognerebbe sostenere l'impostazione di Napolitano».Il presidente della Repubblica è stato chiaro.
Chiarissimo direi. Il ministro Sacconi e altri esponenti del governo si sono appesi a quel passo della lettera del presidente che definisce «apprezzabile» l'introduzione di strumenti idonei a semplificare e accelerare la risoluzione delle controversie di lavoro. Ma dopo questo, che è l'unico elemento di consenso, Napolitano avanza critiche molto dure su diversi punti specifici del provvedimento. Intanto richiama le pronunce della corte costituzionale che ha dichiarato illegittime le norme che prevedono il ricorso obbligatorio all'arbitrato. Rileva con forza che la stipula del contratto con clausula compromissoria non può avvenire nella fase di costituzione del rapporto di lavoro, che per il lavoratore è il momento di maggiore debolezza. E critica la possibilità che un'eventuale clausula compromissoria comprenda anche la richiesta di decidere secondo equità e non per legge. Quest'ultimo punto è gravissimo: significa togliere dall'ambito della legge un'altra grossa parte del diritto del lavoro, perchè la valutazione secondo equità può permettersi di ignorare la legge.

Qual'è l'obiettivo?
Aggirare la contrattazione collettiva a favore di quella individuale. Quando un lavoratore deve decidere al momento dell'assunzione se ricorrere o meno al tribunale o se servirsi o meno dell'arbitrato, e via dicendo, quello diventa un pilastro della contrattazione individuale, che introduce nuove disuguaglianze e complica sempre più la rappresentatività del sindacato.

Se questo è l'obiettivo, come può rispondere il sindacato?
In qualche misura si è mossa la Cgil, anche se in ritardo a mio avviso. C'è un punto però nella lettera di Napolitano dove, in riferimento all'avviso comune raggiunto tra sindacati e imprese ad eccezione della Cgil, si dice che resta decisivo il tema di un equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contrattazione individuale. In altre parole solo il legislatore può stabilire le condizioni entro le quali si esprime la volontà di ricorrere all'arbitrato, non si può fare con accordo sindacale. Il sindacato deve premere su questi punti e può farlo a partire dal messaggio alle camere del presidente della Repubblica.

Il Partito democratico ha presentato emendamenti al testo del governo, come li valuta?
Fanno un piccolo passo nella direzione indicata da Napolitano ma ne restano molto distanti. Quella del presidente è una forte critica al processo dell'arbitrato. Giraci attorno o addolcirlo ripresentandolo in altre forme è un'azione debole. Già lo era stata per la verità perchè, sebbene siano in commissione lavoro, la legge è andata avanti due anni senza che da parte del Pd si levassero forti voci. E ora, davanti a una presa di posizione del presidente Napolitano, che io non mi aspettavo così precisa, bisognerebbe sostenere quella impostazione, corredata peraltro da una quantità di riferimenti alla materia di notevole peso: le limature e gli addolcimenti vanno incontro al governo.

Nei giorni scorsi alcuni deputati Pd hanno presentato un disegno di legge per introdurre il contratto unico d'inserimento. Una proposta, per restare in tema di articolo 18, che va incontro anche alle esigenze delle imprese. Cosa ne pensa?
Tra licenziamenti, mobilità, vendita di rami d'azienda e quant'altro, sostenere che le imprese abbiano difficoltà a licenziare significa non volere guardare alla scabra realtà delle cose. Nel merito del contratto unico, si tratta di una forma contrattuale molto simile a quella proposta in Francia, sotterrata perchè tre milioni di persone sono scese in strada a cominciare dagli studenti. È una proposta che apre alla flessibilità del licenziamento una porta dorata.

(8 aprile 2010)

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