sabato 21 marzo 2009

la legge biagi ha intossicato il diritto del lavoro

La legge Biagi ha intossicato il diritto del lavoro
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Il discorso fatto dal Presidente della repubblica in memoria di Biagi è inaccettabile. Non si possono spacciare per idee motrici di rinnovamento il vasto armamentario che la legge sviluppata sulla base delle indicazioni del giuslavorista e che è opera della destra asociale razzista ha offerto al padronato per eludere la instaurazione di rapporti di lavoro rispettosi dei diritti che la Costituzione garantisce : il diritto ad un salario dignitoso dentro un'azienda che non deve essere finalizzata soltanto al profitto ma anche ad assolvere ad un ruolo sociale. Il Presidente ha attaccato come estremisti coloro i quali contestano la legge trenta. Ma estremista è certamente chi, usa la legge, per negare presente e futuro ai suoi dipendenti non a caso definiti "atipici". La legge Biagi ha intossicato il diritto del lavoro con una congerie di possibilità nessuna delle quali scaturisce direttamente dalla modernità della produzione e del ciclo economico. Un milione di cocopro realizzano "progetti" che esistono soltanto nella fantasia dei loro sfruttatori. Tutte le forme in cui si articola il precariato italiano e che riguardano diversi milioni di lavoratori in grande parte giovani che sono incanutiti in durissimi percorsi di contratti a termine a volte rinnovati molte volte a riprova della loro artificiosità, del loro essere un sotterfugio giuridicamente spesso inattaccabile, per tenere con il cuore in gola ed a basso costo una mano d'opera umiliata sono invenzioni di un laboratorio di destra sociale, una officina per la demolizione del limpido diritto del lavoro che vantava l'Italia. Aggiungo che non escludo una diretta responsabilità della legge trenta e di tutti i marchingegni diabolici che la contornano come le agenzie di lavoro interinale, le cooperative fasulle, le compagnie, nella terribile mortalità che il lavoro oggi comporta. Quattro morti al giorno sono certamente anche il prodotto terribile dell'uso di persone spesso mandate al massacro senza alcuna preparazione professionale. Mi piace ricordare che la torre Eiffel fu costruita in due anni in condizioni estreme di difficoltà ambientali e non ebbe alcun infortunio mortale tra i suoi carpentieri. La incompetenza produce spesso l'incidente e la responsabilità non può essere attribuita a chi soccombe pur di avere un pò di salario.
Nella celebrazione di oggi il terrorismo è diventato secondario rispetto i contenuti proposti da Biagi e dalla sua scuola che oggi annovera Sacconi tra i suoi maggiori esponenti. Questa è stata la svolta di oggi: lo Stato radunato attorno alle sue tre massime cariche non tanto per condannare il terrorismo come risposta inaccettabile e sbagliata al conflitto sociale quando per sacralizzare un orientamento giuslavoristico che è tra le cause più importanti della depressione che affligge oggi l'Italia: un paese in cui milioni di lavoratori sono tenuti a pane e acqua e minacciati dalla crescita di un precariato che divora la sicurezza delle famiglie, che apre grossi processi di dequalificazione, che mantiene in condizioni umilianti tantissime persone che non possono più fronteggiare l'esistenza con un solo stipendio ed anche con due stipendi o salari stentano moltissimo a galleggiare in una società in cui i ricchi sono sempre più ricchi e i lavoratori sono diventati assai poveri: la legge Biagi ha contribuito alla diffusione della infelicità, della incertezza, dell'ansia che attanaglia milioni di persone.
Oggi lo Stato non ha fatto un momento di lotta al terrorismo ma a quanti ritengono inaccettabili prospettive di vita come quelle offerte dalla legge trenta e da tutte le altre che sono armoniche ad essa. Oggi lo Stato si è schierato con il padronato e si è messo contro la popolazione lavoratrice. Non credo proprio che il paternalismo di chi indica la strada tracciata da Biagi ai giovani potrà essere uno stimolo per la crescita. Lavorare con scadenze trimestrali (a volte financo settimanali) per pochi spiccioli non aiuta nè le crescita delle persone nè quelle del sistema Italia. Il futuro dell'Italia è nella sicurezza dei lavoratori, nel loro benessere,nella possibilità di mantenere bene una famiglia, fare studiare i figli. Non è con il feroce uso di marchingegni che hanno dato dignità giuridica alla illegalità dello sfruttamento che andremo lontani. Fabbriche ed uffici popolati da persone insoddisfatte e pieni di problemi di sopravvivenza non produrranno che danno. Le persone non possono essere "usa e getta". Hanno diritti che prima o poi saranno rivendicati.
L'intervento delle massime cariche dello Stato a difesa del precariato rappresenta una brutta novità nella deriva a destra di questo nostro Paese.

Pietro Ancona
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