domenica 7 dicembre 2008

partecipiamo criticamente allo sciopero del 12 dicembre della CGIL

Ho scritto che lo sciopero del 12 dicembre è una cannonata a salve sparata dalla CGIL dentro lo scenario di una Italia prenatalizia coi negozi di lusso affollatissimi da signori e signore che, intervistate dalla TV, si dichiarano dedite al lusso"sfrenato" e tristi e tristanzuoli negozi e negozietti di quartieri vuoti che non hanno avuto neppure la voglia ed i soldi per una luminaria da aggiungere alle scarse luci esistenti.
Le proposte (1) della Cgil sulla crisi affrontano problemi oggi acutissimi del lavoro, del salario, delle pensioni e dei diritti.
Le soluzioni concrete che il documento avanza su queste quattro cruciali questioni non cambiano di una virgola la situazione esistente dal momento che la CGIL non si discosta dal quadro dominante dei rapporti attuali e si limita a piccoli aggiustamenti ed aggiunte che nulla innovano nella condizione dei lavoratori.
Intanto il documento sulla crisi sembra scritto in un laboratorio assai lontano dalla viva realtà della condizione del lavoro e delle masse. Le proposte che vi sono fatte sono assai sensibili agli interessi anche strategici delle aziende e delle banche. Non c'è neppure l'eco delle richieste che vengono dalle fabbriche. Per gli investimenti la sua prima preoccupazione è quella di garantire le Banche attraverso il Tesoro e tutta la parte dedicata alla macroeconomia non ha nulla di diverso dalle cose che si leggono sui giornali della Confindustria. E' stupefacente l'esclusione della CGIL dal salotto di Berlusconi. Il Governo e la Confindustria potrebbero sottoscrivere per intero un documento che è rafforzativo della linea di rigore liberistico delle politiche confindustriali e di quelle governative. Perchè hanno escluso la CGIL? E' vero che non ha firmato i contratti degli statali e del commercio per l'evidente pressione che qualcuno definirebbe massimalistica delle categorie, ma ha firmato gli accordi Alitalia che costituiscono una sorta di Caporetto dei Diritti Sindacali e non mette in discussione la legge Maroni-Sacconi nr.30 che è fondamentale nella lotta di classe che la destra ha aperto contro i lavoratori italiani per ridurli a poveracci da contentare con la socialcard. Non ha alzato un dito, la Cgil, contro la 133 che ha tritato e ridotto in polvere parte essenziale del diritto del lavoro senza neppure l'incomodo di un finto negoziato.
Quasi dimenticavo di scrivere una cosa che mi ha colpito dell'incipit del documento: la dichiarazione che la crisi economica che si è abbattuta sul mondo è peggiore di quella del 1929. Ora, nessuno di noi è in grado di stabilire che cosa è la crisi che si è dipartita dalla immensa truffaldina bolla finanziaria americana. Ma non si può neppure escludere una
enfatizzazione, un uso della crisi come shock economy, un mezzo per accaparrarsi delle risorse dello Stato per salvare banche e industrie, un mezzo per abbassare i salari dei metalmeccanici della General Motors con la complicità di sindacati che non sono controllati dai lavoratori da almeno cinquanta anni. Una occasione di riciclaggio del capitalismo giustificata dal terrorismo economico e sociale.
Per quanto riguarda il sostegno del reddito, la proposta della CGIL non va oltre la richiesta di modesti benefici fiscali. E' come se fosse una bestemmia chiedere la reintroduzione della scala mobile ed un aumento generalizzato degli stipendi e dei salari di almeno il dieci per cento alle aziende; semmai per queste si invocano contributi se, bontà loro, si impegnano ad investire nel Sud o a stipulare contratti di lavoro a tempo indeterminato.
Non starò a tediarvi con la chiosa dei vari punti del documento. Vi rinvio ad esso. Non c'è niente che possa arrecare un sollievo duraturo alla condizione del lavoro. Non c'è niente che possa recuperare una condizione diversa e più accettabile.
Se tutte le condizioni della piattaforma fossero accettate non cambierebbe niente del vuoto di prospettiva e di speranze che si stende davanti a chi dipende da una classe di
imprenditori che ha conquistato tutto il potere, non intende accettare alcun limite, vuole portare alle estreme conseguenze la cancellazione dei diritti di venti milioni di lavoratori dopo avere cancellato quelli dei pensionati che a non avranno più di che vivere appena entreranno a regime le "riforme" prodi-berlusconi.
Il problema delle privatizzazioni non viene affrontato. Eppure è il cavallo di troia per lo smantellamento dei lavoratori da tutto il comparto pubblico e, nella gestione dei servizi locali, è fonte di appesantimento delle bollette che le famiglie sono costrette a pagare.
La logica è che qualcuno deve guadagnarci per la fornitura di manod'opera agli ospedali,
alle scuole, agli uffici e per la gestione di servizi di utilità pubblica fondamentale come quelli dell'acqua, dell'energia e dell'igiene ambientale.
Penso che, sebbene le cose stiano per come le ho descritte e cioè che la piattaforma rivendicativa dello sciopero non corrisponde ai bisogni del nostro popolo, abbiamo il dovere di fare in modo che lo sciopero e la manifestazioni abbiano pieno successo e si sviluppino attorno a richieste chiare avanzate nei cortei e tra le categorie per migliori salari, fine del precariato, scala mobile, lotta alle privatizzazioni, recupero dei diritti cancellati dall'accordo sul welfare, dalla legge 133.
L'insuccesso o peggio il fallimento dello sciopero sarebbe usato dalla destra al potere per infliggere ancora piu' pesanti umiliazioni ai lavoratori, accelererebbe il processo di trasformazione dei sindacati in enti parastatali del regime oligarchico italiano. Non sarebbe soltanto il gruppo dirigente della CGIL ad uscirne sconfitto ma i lavoratori tutti.
Pietro Ancona


Pietro Ancona
(1) http://www.cgil.it/nuovoportale/Banner/SCIOPERO121208/PianoAnticrisi.pdf

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