domenica 30 agosto 2009

valore legale titolo di studio

Valore legale del titolo di studio
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Avrete certamente notato che la discussione sul valore legale del titolo di studio si è spenta. Dotte argomentazioni di tanti "studiosi" e pennivendoli di regime volevano dimostrare come il valore legale della laurea era una cosa negativa che livellava verso il basso mentre, invece, era necessario sapere da quale Università venivi diplomato dal momento che la facoltà di legge dell'ateneo x non è certo la stessa dell'ateneo ipsilon... etc..
Lo scopo sottinteso di questa polemica era una avversione dei ceti professionisti ed economici benestanti inseriti pienamente nel sistema, nei confronti della mobilità sociale verso l'alto. Il figlio del contadino o del pescivendolo che diventa medico o avvocato o ingegnere? La cosa non è mai stata troppo gradita e la reazione è stata di due tipi: una chiusura corporativa rigidissima degli ordini e la voglia di squalificare, togliere valore al titolo di studio, abolire i concorsi, rendere assolutamente elastica la valutazione e la possibilità di inserimento. Tuttavia la borghesia italiana era un po' diversa di quella di oggi dedita alla xenofobia ed al ricatto degli immigrati e delle vittime della legge Biagi. Non ostacolò per decenni la crescita dei ceti "bassi". Si è pertanto creata una aspettativa di progresso attraverso la scuola che la destra al potere sta distruggendo spietatamente.
La mia generazione viene da una realtà in cui le classi sociali si distinguevano dal vestito. I borghesi "galantuomini" con il cappello, gli operai con la coppola. Ad occhio nudo si distingueva l'operaio dal professionista e non solo durante la settimana lavorativa ma in piazza, la domenica, in chiesa a messa.
Partita da questa realtà la mia generazione ha avuto il privilegio di vivere un movimento ascensionale strepitoso nella scala sociale: milioni di figli di operai e di contadini e di piccoli pover artigiani che riusivano a diventare "dottori", a realizzare un titolo che consentiva l'accesso alle alte cariche della pubblica amministrazione e della magistratura. Questo con l'aiuto di un movimento progressista straordinario per la sua incisività e capacità di "acculturazione", L'Unità, l'Avanti!, il Calendario del Popolo venivano diffusi da una rete di volontari a milioni di copie. Nelle sezioni si parlava di tutto a cominciare da Gramsci per finire a Dante. Questo movimento ascensionale ora è diventato discensionale. La laurea non serve più a niente ed è per questo che non interessa più agli occhiuti guardiani della diseguaglianza abolirne il valore legale (anche se non credo che ne abbiamo abbandonato completamente il proposito. Lo hanno accantonato.)
Leggo le lettere ai giornali. Una ragazza di 24 anni laureata in scienze politiche fa la shampista. Un'altra di 27 anni è disperata perchè guadagna troppo poco, quasi niente. Ogni giorno si registrano voci dolenti di una generazione delusa, umiliata, disperata. Non solo la diseguaglianza ha ripreso tutto il vigore che aveva prima, ma quello che conta non è il titolo di studio ma il ceto al quale si appartiene.
Se tuo padre ha una farmacia, uno studio legale, uno studio professionale, sei salvo, avrai il tuo futuro assicurato. Se non appartieni al ceto medio-alto il tuo titolo di studio è un pezzo di carta privo di valore. Il movimento che dagli anni sessanta in poi ha segnato la più grande promozione di ceti sociali della storia d'Italia si è bloccato, è finito anzi si è invertito. Oggi macina verso la dequalificazione. Tuo padre è muratore? lo farai anche tu seppur laureato il filosofia. Ma tuo figlio non avrà la laurea.
Il colpo mortale alla mobilità è stato inferto dall'attacco ai professori ed al personale della scuola che creerà quaranta mila infelici e disperati e dalla diminuzione del valore reale dei salari delle famiglie operaie. Una famiglia operaia riusciva a laureare un figlio fino agli anni novanta. Ora non più. Tutto quello che guadagna serve a pagare bollette e per una alimentazione che non è più neppure quella di una volta. La carne bovina vi è quasi scomparsa. Si mangia pollo o tacchino che sembrano di plastica.
La destra ha mandato in frantumi il patto sociale, ha distrutto la coesione. Questa condizione di reimpoverimento veloce traumatica trascina in un naufragio sociale le nuove generazioni. Molti di loro hanno retribuzioni cosi basse che se non fosse per l'aiuto di noi anziani nonni e padri non potrebbero comprare i pannolini ai figli e non avrebbero di che pagare l'affitto.
Questo, si dice, è il prezzo pagato alla efficienza, alla "modernità", alla capacità competitiva. Mi domando di chi e mi convinco ancora di più che ci vuole una "sinistra" diversa di quella ruffiana del padronato che siede in Parlamento. Il liberismo è una malattia mortale per l'Italia. E' all'origine della regressione barbarica in corso.
pietroancona@tin.it

1 commento:

Renzino l'Europeo ha detto...

Gli ideologi della c.d. "abolizione del valore legale" sono allo sbando, devastati dalle loro stesse contraddizioni.
Basti vedere che questo Ministero sta imponendo numerose norme dal centro, contro la c.d. "autonomia" delle sedi.
MA il punto e' che il titolo di studio non e' un pezzo di carta, come affermano i seguaci di Einaudi. Un titolo di studio e’ un certificato, che attesta l’avvenuto accertamento del possesso di conoscenze e competenze secondo i canoni del corso di studio frequentato, e nel quale siano state superate le prove di esame parziali e finale.
Se ci sono problemi negli esami universitari (e scolastici in generale), e’ li’ che bisogna intervenire con gli strumenti di controllo e di valutazione esterna (all’istituzione), che pongano in essere un sistema di garanzia della qualita’ della formazione e dei titoli rilasciati.