venerdì 7 agosto 2009

franco rasetti scienziato e maestro di umanità

Franco Rasetti
(Castiglione del Lago, 1901 - Waremme [Belgio], 2001)





Compagno di studi di E. Fermi all'Università di Pisa, dopo un periodo trascorso presso l'Università di Firenze, per dar vita con Fermi a un gruppo di ricerca, fu chiamato da O.M. Corbino a Roma dove ricoprí la cattedra di Spettroscopia. Si dedicò inizialmente a ricerche di spettroscopia e compí importanti studi sull'effetto Raman nei gas.

Tra il 1934 e il 1938 collaborò con Fermi alle fondamentali ricerche sui neutroni (radioattività indotta, neutroni lenti). Trasferitosi poi in Canada (1939-47) e negli Stati Uniti, si dedicò a ricerche sui raggi cosmici (ha per primo eseguito la misura diretta della vita media del muone) e di spettroscopia nucleare. Si è poi dedicato a studi naturalistici, in particolare riguardanti la paleontologia.

Rasetti, che aveva compiuto 100 anni il 10 agosto scorso, è morto il 6 dicembre 2001 in Belgio, dove viveva da 20 anni. Dopo aver trascorso molti anni negli Stati Uniti, il grande fisico sperimentale si era trasferito in Belgio, patria della moglie Marie Madeleine Hennin.

LO SCIENZIATO CHE DISSE NO ALLA BOMBA ATOMICA
Dimenticato da tutti, Franco Rasetti, appartenne al gruppo di via Panisperna e rifiutò di partecipare al progetto Manhattan

nbsp; (News ITALIA PRESS – 01.06.00) Era considerato "il fratello maggiore" del gruppo e per anni trainò gli altri nelle ricerche della fisica nucleare, dando vita a un sodalizio destinato a passare alla storia come quello dei "ragazzi di Via Panisperna". Per anni si dedicò anche alla difesa dell'indipendenza degli studi fisici, rifugiandosi infine in un ostinato silenzio e nell'amore per la paleontologia. Franco Rasetti fu in effetti un vero "grande" del panorama italiano d'inizio secolo e scelse gli Stati Uniti per sfuggire al delirio delle leggi razziali fasciste e naziste.
Non ha ricevuto nessun premio Nobel questo astrofisico appassionato di geologia e paleontologia, nonostante fosse compagno di studi di Enrico Fermi; ma lui si accontentò della tranquilla cattedra della Laval University di Québec in Canada e della successiva cattedra al Johns Hopkins di Baltimora.
Franco Rasetti vide la luce a Castiglione del Lago, nel 1901, e la sua infanzia fu subito segnata da ottimi risultati scolastici. Ragazzo attento e scrupoloso, il giovane si indirizzò ben presto verso il campo della fisica e a soli 21 anni conseguí la laurea in Fisica presso l'università di Pisa. Nel 1930 ottenne invece la cattedra di spettroscopia nell'Università di Roma, proponendosi come uno dei piú brillanti studiosi del panorama universitario italiano ed europeo.
Ma per il giovane e brillante studioso degli elettroni arrivò ben presto il tempo delle amarezze. Nel 1939, insieme a tanti altri studiosi italiani fu posto davanti a una scelta obbligata: le leggi razziali lo costrinsero infatti a prendere la strada dell'esilio e di portare altrove le sue conoscenze sulla fisica nucleare, sempre piú interessanti e sempre piú pericolose da gestire. Franco Rasetti accettò quindi di buon grado il modesto incarico di professore presso l'università Laval di Québec, nell'estate del 1939, e iniziò subito a impiantare un nuovo laboratorio per lo studio sulla fisica nucleare e sui raggi cosmici. Con grande forza d'animo costruí da solo e con l'esclusivo aiuto delle proprie mani 60 contatori Geiger-Muller e i relativi circuiti elettronici, per la misurazione della vita media del "muone" ( si chiamano cosí i mesoni - neutroni lenti- dei raggi cosmici) in laboratorio. In pochi mesi realizzò quindi un vero e proprio miracolo nella piccola università canadese, immersa nella maestosa natura nordamericana e isolata da altre comunità scientifiche.
Rasetti però capí che i suoi studi sulla fisica nucleare avrebbero presto attirato altre richieste da parte della nazione ospitante. In Europa la guerra infuriava e arrivavano voci allarmanti sui progressi della scienza nazista nel campo della fissione nucleare. Altri italiani avevano nel frattempo raggiunto i porti sicuri degli Stati Uniti, portando con sé le terribili esperienze della dittatura e della guerra e se l'immane catastrofe bellica convinse i piú ad accettare di lavorare nel progetto Manhattan, sotto l'ala protettrice di Enrico Fermi, Rasetti rifiutò un primo invito a collaborare con gli scienziati inglesi trasferiti dall'Inghilterra a Montréal intorno a progetto nucleare che sarebbe poi confluito in quello di Los Alamos.
Dopo un'approfondita riflessione declinai l'offerta; ci sono poche decisioni mai prese nel corso della mia vita per le quali ho avuto un minor motivo di rimpianto. Ero convinto che nulla di buono avrebbe potuto scaturire da nuovi e piú mostruosi mezzi di distruzione, e gli eventi successivi hanno confermato in pieno i miei sospetti. Per quanto perverse fossero le potenze dell'Asse, era evidente che l'altro fronte stava sprofondando in un livello morale (o immorale) simile nella condotta della guerra, come testimonia il massacro di 200mila civili giapponesi a Hiroshima e Nagasaki. Con queste parole taglienti, il fisico italiano avrebbe ricordato, negli anni postbellici, la sua scelta di campo e il suo progressivo isolamento dal resto della comunità scientifica internazionale.
Gli anni di fuoco, tra il '43 e il '45, furono davvero anni cruciali per il mondo della fisica. Impegnati in una strenua corsa, gli scienziati aderenti all'Alleanza, dovettero affrontare infiniti problemi tecnologici e logistici, il tutto accompagnato dal grave peso della scelta morale. Forse tutti sapevano cosa avrebbero prodotto i loro studi e nessuno però immagino i spaventosi risultati della soluzione finale.
Rasetti intuí tutto. Aveva già capito l'enorme potenza nascosta negli elettroni e pronta ad essere trasformata nella piú grande forma di energia. Ma lui apparteneva al gruppo degli scienziati "puri" e rivendicò sempre la propria autonomia. Per non intralciare ulteriormente gli studi e per non creare imbarazzi alle autorità britanniche, Rasetti scelse cosí volontariamente di abbandonare il campo della fisica di guerra e di abbracciare un'antica passione accantonata in anni di frenetici calcoli ed esperimenti del microcosmo.
Io sono rimasto talmente disgustato dalle ultime applicazioni della fisica (con cui, se Dio vuole, sono riuscito a non aver niente a che fare) che penso seriamente a non occuparmi piú che di geologia e di biologia. Non solo trovo mostruoso l’uso che si è fatto e si sta facendo delle applicazioni della fisica, ma per di piú la situazione attuale rende impossibile rendere a questa scienza quel carattere libero e internazionale che aveva una volta consideravo dotate di un senso della dignità umana si prestino ad essere lo strumento di queste mostruose degenerazioni. Eppure è proprio cosí e sembra che neppure se ne accorgano... Le parole del fisico, scritte all’amico Enrico Persico (suo successore nella cattedra di Fisica all’Università Laval) segnarono in pratica l’addio dello scienziato al suo piú grande amore. E l’abbandono di Rasetti non fu certo perdita di poco conto. L’uomo che decise di lasciare i neutroni aveva anticipato risultati, pur lavorando in condizioni logistiche approssimative, che anni dopo portarono al Nobel un altro italiano, Emilio Segré.
Ma lo studioso non cambiò piú la sua decisione. Staccatosi da quel mondo che ora vedeva con la lente dell’osservatore critico, Rasetti si gettò nello studio dei fossili e sfogò in questa nuova branca scientifica l’inesauribile vena intuitiva. La Paleontologia (...scienza pacifica e ancora libera da interessi politici!...) trovò nell’italiano un vero e proprio tesoro, e il Canada, per merito dell’ormai ex fisico nucleare, assurse agli onori della cronaca per i suoi giacimenti fossili scoperti in pochi anni di ricerca assidua. In un lasso di breve tempo Rasetti rovistò tutta la zona del Québéc, per un raggio di almeno 800 chilometri, riducendo in poltiglia tonnellate di roccia. In tre anni l’italiano pubblicò decine di trattati scientifici acquisendo la fama di uno dei migliori specialisti della fauna dell’epoca Cambriana. Assiduo collaboratore del prestigioso U.S. National Museum, analizzò migliaia di reperti e non abbandonò mai questo filone scientifico.
Nel 1947 Franco Rasetti ebbe l’unico sussulto per una nuova avventura, accettando di trasferirsi alla Johns Hopkins University di Baltimora. Nell’ateneo del Maryland l’ormai isolato professore, riaprí in minima parte il capitolo della fisica accettando la cattedra di insegnamento. Ma nella stessa università egli insegnò anche geologia, paleontologia, entomologia e botanica, abbandonando in sostanza il gruppo di uomini che negli anni avrebbero trovato fama e successo negli istituti di fisica americani. Ma tutto questo non toccò mai l’orgoglio di Rasetti. Alla fama e al Nobel (che avrebbe sicuramente conquistato con le sue straordinarie intuizioni scientifiche), preferí il silenzio e il malumore dei colleghi, che mal sopportavano la sua totale integrità morale. E il silenzio ammantò il resto della sua vita scientifica: la comunità della scienza dimenticò i suoi grandissimi contributi e non lo premiò di nessuna onorificenza, testimone scomodo di un mondo che aveva perso la sua verginità nell’olocausto di Hiroshima.

Generoso D'Agnese/News ITALIA PRESS

http://gircse.marginalia.it/sciascia/rasetti.htm

2 commenti:

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

Caro signore,

sarebbe meglio se lei scrivesse in italiano. Io non conosco la lingua
da lei adoperata per commentare.
Pietro