FUTURO SI INDIETRO NO
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Lo slogan della manifestazione nazionale della CGIL che avrà luogo a Roma domani "Futuro si indietro no "è disvelatore della volontà di rendere inoffensivo il suo significato. Parlo di volontà e non di errore o altro dal momento che avendo letto la piattaforma rivendicativa dello sciopero di domani mi sono reso conto, con sgomento, della assenza di richiesta di radicali misure rivolte a dare una risposta alla grave ed anche infelice condizione dei lavoratori italiani. Che vuole dire "indietro no"? l'obiettivo è forse quello del mantenimento delle condizioni attuali e di non peggiorarle ancora? Indietro sarebbe un obiettivo concreto positivo, anzi positivissimo, se si riferisse ad un ritorno alla indicizzazione dei salari e delle pensioni ed alla situazione precedente la legge trenta nonchè al minuto prima delle privatizzazioni che hanno appesantito le bollette per i servizi (acqua,luce,gas,igiene urbana.....) Tornare indietro sarebbe fare un magnifico passo avanti per la sicurezza ed il reddito dei lavoratori e il welfare. Ma la CGIL non chiede di non tornare indietro dalle condizioni attuali che sono tra le peggiori che siano mai state inflitte ai lavoratori italiani. "Futuro si", l'altra parte dello slogan non chiarisce di quale futuro si parla ma, dal momento che non c'è nessuna volontà di attaccare la legge trenta, dal momento che non si chiede niente al padronato ed il sostegno ai salari viene individuato soltanto nelle misure di sgravi fiscali, dal momento che non si dice una parola contro le privatizzazioni, il futuro che la CGIL chiede è più o meno l'Italia di oggi, la peggiore che ci sia mai stata ancora più di quella che diede luogo alle grandi manifestazioni degli anni sessanta culminate nello Statuto dei diritti dei Lavoratori sostenuto sempre più debolmente dalla CGIL. E' doloroso constatare come pur sapendo delle condizioni schiavistiche di molti lavoratori specialmente stranieri non si rivendichi l'adozione del Salario Minimo Garantito per legge.
In questi giorni molti si sono chiesti perchè mai la reazione alla crisi economica dei lavoratori italiani sia assai meno marcata di quello di altri lavoratori europei che si sono spinti fino al sequestro dei managers. La risposta sta nella solitudine dei lavoratori italiani che sono sovrastati da tre Confederazioni Sindacali filogovernative e filoconfindustriali (Cisl,Uil, UgL) e da una grande Confederazioni che subisce un processo di crescente istituzionalizzazione sotto la spinta della sua corrente maggioritaria, una corrente che si muove in funzione degli interessi "partitici" del PD e della sua cultura liberista. I liberi sindacati di basi sono discriminati e non vengono ammessi alle trattative pur essendo assai rappresentativi della parte più combattiva dei lavoratori italiani.
Domani il grande corteo dei lavoratori italiani sarà pieno di una forte carica di cambiamento, un sentimento profondo che richiede giustizia sociale e dignità, esprimerà una volontà di radicale rottura della situazione attuale che sarà tradotto dalla CGIL in una politica soft di assecondamento della manovra governativa e della confindustria.
Dopo il 4 aprile ci sarà un 5 aprile in cui la grande mobilitazione sarà servita soltanto per mostrare al Governo quanto sia importante trattare anche con la CGIL. Trattare naturalmente entro rigidissimi steccati neoliberisti e di ulteriore dissoluzione del diritto del lavoro quale si è formato fino agli accordi di concertazione del 93. Ma questo non conta. Conta sedere al tavolo dei vincenti..
Pietro Ancona
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