Il precariato ideologico
Il precariato non nasce dalla crisi o da difficoltà obiettive delle aziende. E' una scelta politica bipartisan dei partiti che sono in Parlamento che serve a riallontanare quanti si stavano unificando nel ceto medio verso i bordi marginali della società. Fa parte di un piano studiato a Bilderberg per distruggere il ceto medio e ricacciare indietro l'ascensore con i nuovi arrivati. Infatti non esiste posto di lavoro precario tranne quello stagionale o eccezionale. E' il lavoratore precario chiamato ad occupare un posto di lavoro stabile che non gli viene assegnato per una discriminazione politico-sociale che discende dall'ideologia classista. Le classi dominanti si erano spaventate del 68, della sua spinta egalitaristica e della propulsione verso l'alto che aveva impresso ai ceti operai che avevano conquistato la possibilità di comprarsi una casetta, avere l'automobile, mandare i figli a scuola, farli laureare. Prima del 68 nelle fabbriche la mensa operaia era divisa da quella degli impiegati e si avevano due distinti contratti di lavoro. Il 68 è stato un grande fatto di civiltà! Il precariato viene organizzato scientificamente dalla legge Biagi che non sarà mai seriamente intaccata in questo ciclo della politica perchè fa comodo ai partiti alle istituzioni alle cooperative ai sindacati che tengono al guinzaglio centinaia di migliaia di dipendenti ad una media inferiore ai 700 euro mensili e senza diritti. Il contratto unico triennale che si accingono a varare (ma non per sostituire tutte le tipologie degli atipici) è una truffa, un grimaldello per espugnare l'art.18 già preannunziato dal ddl dei senatori del PD.
Se ci fosse una volontà politica positiva nello Stato si potrebbe stabilire che i contributi di legge vengono erogati soltanto a coloro che rispettano il contratto di lavoro e non hanno precari. Le redazioni dei giornali sono popolate da tanti giornalisti pagati a pezzo, a giornata, a servizio per pochi spiccioli. Se non avessero papà e mamma che li finanziano morirebbero di fame e di stenti. Se un giornale riceve una parte dei 150 milioni che lo Stato graziosamente elargisce dovrebbe garantire il rispetto del contratto dei suoi giornalisti. Per tutti. Non lo fa e questo succede perchè anche i deputati ed i senatori tengono a stecchetto i loro "portaborse" con compensi di fame e la speranza sempre più evanescente per tanti di sistemarli se sapranno servirli per bene.
Bisognere estendere a tutto il lavoro la copertura dell'art.18 e limitare il precariato soltanto ai lavori stagionali o occasionali. Ma il vento che soffia va da un'altra parte e vorrebbe precarizzare tutto il lavoro. Questo non per superare la crisi ma per strumentalizzarla soltanto per i ceti abbienti escludendo venti milioni di italiani e le loro famiglie. Se passa l'abolizione dell'art.18 l'Italia degraderà e sarà un paese di infelici e di ansiosi imbottiti di pillole tranquillanti per potere reggere lo stress della provvisorietà e l'assenza di futuro.
Pietro Ancona
già membro del CNEL
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