mercoledì 14 settembre 2011

campane a morto per i diritti

CAMPANE A MORTO PER I DIRITTI
In un clima convulso dominato dal terrorismo diffuso a piene mani dai massmedia sul possibile fallimento dell'Italia, con la fretta imposta da tempi minimi per il passaggio nelle due aule affollate da mille oligarchi ben pasciuti e distanti dalla realtà e dai bisogni della popolazione, la Camera dei deputati ha approvato la cosidetta manovra. Probabilmente non sarà l'ultima perchè l'Italia è nella morsa della speculazione che agisce senza regole e che può rovinare una nazione sovrana. Ci era capitato già con Soros che fece perdere all'Italia di Ciampi quarantamila miliardi di lire. Ci sta capitando ora con due manovre da cento miliardi quando fino ad un paio di mese fa non si sentiva il bisogno di nessun intervento correttivo. Il debito italiano per quanto alto non deve essere pagato tutto in un giorno ed è garantito da una situazione patrimoniale del Paese che lo vale per venti volte. Ed è appunto questo lo obiettivo della speculazione: costringerci a svendere il nostro patrimonio a cominciare dai gioielli della industria.
Nella manovra hanno infilato il famigerato articolo otto che privatizza la legge dello Statuto e ne affida la gestione ai padroni ed ai sindacati aziendali. L'articolo otto è un concentrato di illegalità perchè generalizza ed estende i contratti aziendali che per loro natura sono riferiti ad una realtà ben definita; perchè l'erga omnes e cioè il processo di generalizzazione della norma è stato condannato dalla Corte Costituzionale cinquanta anni fa con il respingimento della legge Vigorelli, perchè feudalizza il diritto che non è più del lavoratore ma affidato al suo datore di lavoro ed ai sindacati "maggiormente rappresentativi" esistenti in azienda. I lavoratori potranno essere licenziati senza giusta causa e non esiste neppure la possibilità di impugnare in unTribunale il licenziamento. Il marchingegno diabolico è stato inventato appunto per sfuggire alla competenza della Magistratura del Lavoro.
Cade l'art.18 lungamente difeso da uno schieramento che ora si è capovolto. La CGIL non è più quella di Cofferati ed ha scelto di partecipare al processo di corporatizzazione del diritto assieme a Cisl ed Uil. Si tratta del secondo strappo dopo la creazione dell'arbitrato. Il ricorso al giudice del lavoratore è reso ancora più difficile dalle tasse che sono state introdotte all'uopo dall'occhiuto regista di questo lunghissimo assedio vittorioso ai diritti delle persone. Annichilire i lavoratori per dare più potere ai sindacati ed ai datori di lavoro.
IL codice civile viene cancellato per i lavoratori. Dentro la fabbrica o in ufficio si hanno meno diritti dei comuni cittadini. In quanto lavoratori si è oramai imbrigliati in una rete inestricabile di norme repressive.
Viviamo in un universo assurdo e piuttosto che la CGIL a protestare contro la manovra e l'art.8 udiamo gli strilli della Confindustria. La signora Marcegaglia è scontenta per non avere riempito il carniere si altre sostanziose prede oltre l'art.8.
La Camusso ripete l'ipocrita annunzio già fatto in occasione di altri scippi del ricorso alla Corte Costituzionale. Serve a calmare le acque e fare intendere la continuazione di una difesa dello Statuto dei diritti che non c'è mai stata davvero. Lo sciopero è stato un espediente burocratico per mettere a tacere la Fiom e tenere le parti più critiche della Confederazione in un quadro unitario.
Il Presidente della Repubblica si è seccato per la richiesta della Fiom di bocciare l'illegale art.8. Non è un buon segno,.Può darsi che stasera stessa sentiremo suonare le campane a morte per l'art.18. Milioni di lavoratori che hanno accumulato anzianità potranno essere sostituiti da carne fresca, biagizzata, a metà salario. Che cosa è il lavoratore? E' una merce come ho sentito dire una volta in tv a Guglielmo Epifani.
Essere licenziati senza giusta causa fa regredire a tempi lontanissimi ed avrà effetti deleteri nell'ordine sociale. Il lavoro che oggi è base della repubblica diventa una cosa disprezzabile e maltrattabile.
Pietro Ancona

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