Cara Liberazione,
......
Colpevoli per forza!!!
Per comprendere a quale infima bassezza possa giungere la campagna di manipolazione della informazione
contro i lavoratori Fiat dei Cobas di Pomigliano d'Arco accusati di avere aggredito Rinaldini a Torino basta vedere la titolazione e sopraesottotitolazione che "Repubblica" di oggi fa su un articolo della sua corrispondente da Napoli Patrizia Capua.
Nella titolazione si dà per certa e suffragata la notizia dell'aggressione a Rinaldini e la condanna dei colleghi di lavoro di coloro che l'avrebbero perpetrata. Dalla lettura della corrispondenza della Capua non si evince niente di questo: anzi c'è la testimonianza di un lavoratore che richiama la dichiarazione di Cremaschi secondo il quale Rinaldini sarebbe scivolato.L'atmosfera in cui si svolge l'incontro tra la giornalista Capua e gli operai è molto sconfortante, tesa, nervosa, densa di foschi presagi. I lavoratori denunziano di essere stati abbandonati dai sindacati confederali, di temere per le prossime decisioni della Fiat, di sentirsi soli. Si coglie amarezza a palate e si percepisce con chiarezza una condizione esistenziale degli operai che non sanno più che cosa fare, dove sbattere la testa, a chi rivolgersi......
Ebbene, la cosa che interessa "Repubblica" non è la critica ai sindacati confederali fatta dagli operai ma la ricerca di una conferma, di confessioni sulla inventata aggressione subita dal Rinaldini. Questa è la linea editoriale del giornale purtroppo accettata da tutto il mondo politico compresa la sinistra radicale. Questo risulta evidente da dichiarazioni di Bertinotti, di Ferrero, dagli scritti di uno storico giornalista del Manifesto specialista in fatti sindacali come Loris Campetti, per non parlare dell'Unità e dei soloni del PD. I quali proprio stamane hanno presentato bipartisan con il Pdl, relatore Ichino, un disegno di legge che sollecita la compartecipazione dei sindacati alla gestione delle imprese (proprio ora in piena crisi per coinvolgere i lavoratori in dolorose ristrutturazioni) e che riduce di molto le garanzie ancora esistenti come vedremo meglio quando lo commenteremo. Intanto Scajola cerca di ripescare la CGIL nella rete del governo. Si è reso conto, a differenza di Sacconi, che la linea dell'isolamento della CGIL non paga e che, manovrando con il PD, può forse trovare un consenso sociale che la Cisl,l'Uil e la Polverini non gli assicurano.
Naturalmente i commenti della destra politica sui fatti di Torino sono i più esagitati. Qualcuno dei loro giornali arriva ad insinuare un prossimo passaggio dal ribellismo operai al brigatismo, al terrorismo, alla lotta aperta allo Stato. Coloro che scrivono irresponsabilmente di questo non si rendono conto che la loro politica di rottura della coesione sociale e di isolamento delle frange più combattive del mondo del lavoro produce soltanto tensione e prepara un prossimo futuro assai difficile specialmente in presenza dei licenziamenti già programmati.
http://www.slaicobas.it/
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
articolo ripreso da
http://www.dirittiglobali.it/articolo.php?id_news=12633
19 - 05 - 2009
Quella rabbia tra Nola e Pomigliano "Alcuni già espulsi, gli altri in bilico"
Il reparto dei Cobas che hanno aggredito Rinaldini: "Li condanniamo ma i sindacati non ci difendono"
(la Repubblica, martedì, 19 maggio 2009
Gli operai: senza una missione produttiva per l’impianto sarà scontro duro
PATRIZIA CAPUA
Pomigliano d’Arco - È il Polo della logistica, il cuore dello Slai Cobas, dopo il putiferio di Torino dipinto come un covo di fannulloni, provocatori, esagitati, e anche peggio, terroristi. Il reparto "confino" è un capannone nel lotto H dell’Interporto di Nola, a più di venti chilometri dallo stabilimento Fiat di Pomigliano D’Arco. Ci sono 316 tute blu che ieri sono tornate al lavoro per una settimana, come tutti i cinquemila operai, cassintegrati dallo scorso settembre. I Cobas sono partiti da Nola per Torino per accusare: ci hanno "espulsi" dalla fabbrica e portati quaggiù perché siamo un fastidio per l’azienda, con il benestare di Fiom, Fim, Uilm e Fismic. Scelti tra i "rompiballe", i sindacalisti che vogliono alzare la testa, i malati.
Saranno un’ottantina a Nola gli iscritti Slai Cobas, e agli occhi di tutti sono diventati quelli che hanno buttato giù dal palco il leader della Fiom, Gianni Rinaldini. Ma ci sono operai di altre sigle sindacali, e non vogliono che si spari nel mucchio. «È una cattiveria parlare degli "arrabbiati di Nola"» dicono, «così ci chiudono ancora di più nel reparto confino». «Hanno sbagliato i nostri compagni a comportarsi in quel modo» dice subito uno, «ognuno deve far valere le proprie ragioni». Nel quartier generale dello Slai Cobas, a Pomigliano, Vittorio Granillo e Mara Malavenda preparano una conferenza stampa per domani. E una e secca la smentita. «È una montatura, si parla di 30 scalmanati - afferma Granillo - invece i nostri sono arrivati da tutta Italia. È Rinaldini che sembra scivolare ad ogni intervento. Questa volta è caduto su una buccia di banana, in quanto lo stesso Cremaschi sembra che abbia affermato che Rinaldini sia soltanto scivolato. Si nascondono le difficoltà in cui versa la Fiom».
A Pomigliano davanti alla fabbrica si coglie il malessere per i fatti di Torino. «Ci siamo rimasti male, la lotta dovrebbe essere unita, invece non è così» dice Alfredo Tortora, della Lastrasaldatura, «facciamo sacrifici e la nostra immagine è danneggiata». È una guerra tra poveri, afferma Carlo Terrecuso, un’altra tuta blu, ci dovremmo dare una calmata tutti». «Siamo animali al macello» dice un altro lavoratore, «Marchionne è un ottimo manager, con la speranza che ci faccia lavorare. È il governo che non ci garantisce e non deve permettere fughe all’estero. E il sindacato, poi, non ci tutela. L’azienda se ne serve per tenerci a bada. Quando ti mettono la mano sulla spalla ti hanno già fregato». Antonio, stampaggio, gli dà ragione: «Non ci meravigliamo dei Cobas, si sa, fanno cose esagerate. Ma il sindacato non esiste più. Abbiamo anche preso le botte dalla polizia, a che pro? Ora siamo nelle mani del destino. Vogliamo un piano industriale per lavorare».
Intanto rimbalzano in fabbrica le notizie apparse sul sito Affari italiani, sul piano di chiusura di Pomigliano che Marchionne avrebbe presentato alla Merkel. Nessuno ci crede ma cresce la rabbia. «Sono fogli già visti, che ci ha girato l’Ig metal» dice Massimo Brancato, della Fiom, «ma c’è da chiedersi: la Merkel che sta concordando con Marchionne? È del tutto evidente che se la coperta è la stessa, è sempre troppo corta». Una pronta smentita da parte della azienda: è quanto chiede Cesare Damiano, responsabile lavoro del Pd. E ancora più urgente, aggiunge, è la convocazione del tavolo con il governo. Per ora è arrivata solo la smentita.
Lo scontento è alle stelle. Da Pomigliano, Gerardo Giannone, del Cantiere Comunista nel "Giambattista Vico", sollecita: «La Fiat assegni al più presto una missione produttiva a Pomigliano, altrimenti siamo pronti alla guerriglia. Gli operai sono stanchi di tutte queste incertezze - continua - e sono pronti a una lotta dura».
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