domenica 26 luglio 2009

una intervista di qualche tempo fa

La CGIL siciliana tra impegno antimafia e difesa dei diritti dei lavoratori
Colloquio con Pietro Ancona, già Segretario della CGIL siciliana e già membro del CNEL
di Giuseppe Lo Verde
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La nostra rivista, Sintesi Dialettica, ha finalità essenzialmente didattiche. Puoi dunque illustrare quali sono i principali diritti dei lavoratori sanciti dalla Costituzione della Repubblica?

I diritti dei lavoratori sono garantiti dalla Costituzione, dalle leggi, dai contratti. C'è innanzitutto un diritto al lavoro che la Repubblica promuove e tutela in tutte le sue forme; un diritto ad una giusta retribuzione capace di garantire la dignità del lavoratore; diritto ad essere tutelato in caso di malattia ed infortunio; diritto a fruire delle ferie e dei riposi spettanti.

Strumento fondamentale di tutela del lavoratore è il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) frutto della contrattazione collettiva tra lavoratori ed imprese dello stesso settore.

Spesso il CCNL è arricchito da contratti aziendali o territoriali. Altri diritti sono tutelati dai contratti interconfederali. Per molti anni il lavoro è stato riconosciuto in due essenziali forme contrattuali: a tempo indeterminato o stagionale, relativo a lavorazioni di particolari settori merceologici (come, ad esempio, la salatura delle sardine). Con la legge 30 i datori di lavoro hanno la possibilità di servirsi di diverse forme di lavoro a tempo determinato.

Lavorare nel sindacato, in un contesto critico come quello siciliano, è una sfida veramente impegnativa. In che modo hai dovuto operare a difesa dei diritti dei lavoratori siciliani in un clima in cui la criminalità organizzata ha spesso compiuto efferati delitti e ha influenzato grandemente l’economia siciliana?

Sono stato segretario aggiunto dal 1964 al 1979 e segretario generale della CGIL dal 1979 al 1986, e il periodo in cui sono stato responsabile del maggiore sindacato siciliano è stato funestato da grandi delitti di mafia e dall'insorgenza del terrorismo stragista di destra (Bologna, uccisione di Pio La Torre, Dalla Chiesa, Piersanti Mattarella, e di valenti ed integerrimi funzionari di polizia.) E' stato un periodo terribile.

Sono riuscito in quegli anni ad organizzare possenti manifestazioni antimafia di carattere nazionale. Manifestazioni Unitarie con CISL e UIL. La due manifestazioni più importanti svoltesi con la partecipazione dei gruppi dirigenti nazionali dei sindacati capeggiati da Luciano Lama, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto furono denominate “Politeama 1” e “Politeama 2” e per la prima volta la lotta alla mafia divenne un grande fatto nazionale e non una semplice incombenza della polizia e della magistratura.

Ricordo di quegli anni la questione del conferimento dei poteri al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Dalla Chiesa chiedeva di essere investito di poteri più incisivi di coordinamento e lotta al fenomeno mafioso ed in Sicilia si aprì un dibattito tra chi era a favore e chi contro.

Io schierai la CGIL tra le forze che chiedevano maggiori poteri per il Generale della Chiesa.

L’episodio della Strage di Portella della Ginestra, l’uccisione del sindacalista Placido Rizzotto, e tanti altri che operando a difesa dei lavoratori hanno dato la loro vita cadendo per mano mafiosa, che influenza hanno avuto nella tua vita da sindacalista?

Portella della Ginestra non l’ ho vissuta direttamente. Avevo soltanto undici anni.

Ho vissuto, invece, con molto coinvolgimento emotivo, l'assassinio del sindacalista Salvatore Carnevale, avvenuto nel maggio 1955, a Sciara (Palermo) ad opera di mafiosi che il grande avvocato socialista palermitano Francesco Taormina riuscì a fare condannare. Erano anni in cui non esisteva il reato di associazione mafiosa e l’esistenza stessa della mafia veniva negata dalle istituzioni e dai maggiori gruppi dirigenti della politica.

L'assassinio di Salvatore Carnevale divenne una "stazione fondamentale" della mia formazione spirituale di sindacalista socialista.

Carnevale era il Bene assoluto, la volontà di redimersi dalla povertà, dall'analfabetismo, dal disconoscimento sociale, l'aspirazione ad una società migliore illuminata dalla giustizia sociale e da maggiore benessere.

Ho commemorato Salvatore Carnevale in un comizio a Porto Empedocle (Agrigento) il 20 maggio del 1955, ed ho richiamato il valore ed il significato dell'autonomia regionale siciliana sulla quale, all'epoca, grandissime erano le speranze di farne strumento di rinnovamento profondo della Sicilia dopo la chiusura del periodo delle lotte agrarie e della riforma agraria.

E' interessante leggere l'arringa di Francesco Taormina contro gli assassini di Carnevale al processo di Santa Maria Capua Vetere. Un importante contributo alla scienza penale. Taormina riuscì a fare condannare all’ergastolo gli assassini. Una sentenza sensazionale.

Nel luglio del 1955 presiedevo il VI Convegno Nazionale della Gioventù Socialista a Perugia. Mentre aprivo i lavori entrò nella sala dei Notari la madre di Salvatore Carnevale. Non scorderò mai la commozione che pervase la folla dei giovani delegati socialisti presenti.

Con che spirito hai svolto il tuo lavoro sindacale nei rapporti con le altre organizzazioni siciliane (CISL e UIL soprattutto), ma anche nei rapporti speculari con le associazioni imprenditoriali territoriali? Cosa ha significato dialogare nella dialettica propria del sistema democratico nel rispetto delle rispettive posizioni e nel rispetto soprattutto della Costituzione?

I rapporti con Cisl e Uil durante la mia segreteria sono stati buoni. Sono addirittura stati eccellenti quando riuscii a convincerli a partecipare alle lotte per la pace provocate da Pio La Torre e per gli importanti, già citati, momenti di lotta alla mafia, "Politeama 1" - del 1980 - e "Politeama2".

Riuscimmo in queste due manifestazioni a coinvolgere i sindacati confederali italiani nella questione della lotta alla mafia facendo confluire a Palermo decine e decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori da tutta Italia.

Nelle questioni e nelle lotte di carattere generale di tipo politico il ruolo della CGIL riusciva spesso ad essere egemonico anche per l'alleanza con le Acli, anch’esse inserite nel clima positivo dovuto all'unità dei lavoratori e mosse alla realizzazione di una loro incisività politica dalle Acli nazionali dirette da Rosati.

Nell'insieme, però, l'azione delle tre Confederazioni non ha prodotto significativi risultati. A stento siamo riusciti a salvare le conquiste acquisite dell’occupazione e tutta la polemica impiantata con la “Vertenza Sicilia” si è risolta in una catastrofe. La Vertenza Sicilia ebbe inizio quando - durante il Governo Colombo (1970-1972) fu varato un pacchetto di provvedimenti che includevano un centro elettrometallurgico da realizzare a Capo Granitola (Trapani) - si creò una contesa sul quinto centro siderurgico che rischiò di mettere contro la Sicilia e la Calabria (e che poi si risolse in una bolla di sapone, in quanto tale progetto non fu portato a termine), i sindacati siciliani si mobilitarono ma la lotta che in questo caso voleva portare le Partecipazioni Statali in Sicilia risultò perdente.

Quando riuscivamo a fare imponenti manifestazioni con duecento o più sindaci in fascia tricolore schierati nelle prime file e appartenenti a tutte le parti della politica, in sostanza compivamo, in perfetta buona fede, una operazione che alimentava un sicilianismo ed un vittimismo di cui tuttora paghiamo lo scotto.

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