mercoledì 29 luglio 2009

lettera a Repubblica su art.41 bis legge 733

Cara Repubblica,



nella Francia di Luigi XVI con una semplice lettera firmata dal Re e controfirmata da uno dei suoi Ministri (lettres de cachet) si poteva chiudere nella prigione della Bastiglia una persona senza alcuna formalità. Il detenuto poteva essere tenuto all'oscuro di tutto financo della ragione della sua carcerazione. Lo stesso avveniva nella Venezia dei Dogi dove il Consiglio dei Dieci poteva recludere nelle terribili segrete dei Piombi chi gli piaceva e senza processo. Poteva anche accadere di scordarsi il recluso e di non liberarlo mai.

Nella legge 733 b conosciuta come "legge per la sicurezza" sono state apportate modifiche all'art.41 bis per le quali due Ministri possono comminare una durissima pena di isolamento per quattro anni ma rinnovabili di due anni in due anni senza alcuna sentenza della magistratura. Trattasi di provvedimento amministrativo che difatto sottrae alla giurisdizione giudiziaria l'erogazione della pena che, in ogni caso, non dovrebbe prevedere l'incrudelimento della restrizione in carcere. La Costituzione all'art.27 prescrive "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non credo proprio che sia condivisibile l'appesantimento del 41 bis che invece andrebbe abolito.

Quando vengono introdotte norme contrarie ai principi della Costituzione la libertà e la civiltà della pena non vengono negate soltanto alle persone immeritevoli di goderle perchè responsabili di atroci delitti di mafia ma a noi tutti dal momento che è cominciato il processo estensivo del 41 bis ad altre categorie di persone...

Pietro Ancona

segretario generale della CGIL siciliana in pensione















====================Nota a margine======

ex lex 733 b

25. All’articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «il Ministro di grazia e giustizia» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministro della giustizia»;

b) al comma 2, primo periodo, dopo la parola: «4-bis» sono inserite le seguenti: «o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso»;

c) al comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di unificazione di pene concorrenti o di concorrenza di più titoli di custodia cautelare, la sospensione può essere disposta anche quando sia stata espiata la parte di pena o di misura cautelare relativa ai delitti indicati nell’articolo 4-bis»;

d) il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

«2-bis. Il provvedimento emesso ai sensi del comma 2 è adottato con decreto motivato del Ministro della giustizia, anche su richiesta del Ministro dell’interno, sentito l’ufficio del pubblico ministero che procede alle indagini preliminari ovvero quello presso il giudice procedente e acquisita ogni altra necessaria informazione presso la Direzione nazionale antimafia, gli organi di polizia centrali e quelli specializzati nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva, nell’ambito delle rispettive competenze. Il provvedimento medesimo ha durata pari a quattro anni ed è prorogabile nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni. La proroga è disposta quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, della perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto. Il mero decorso del tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere i collegamenti con l’associazione o dimostrare il venir meno dell’operatività della stessa»;

e) il comma 2-ter è abrogato;

f) al comma 2-quater:

1) nell’alinea, al primo periodo è premesso il seguente: «I detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all’interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari, ovvero comunque all’interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell’istituto e custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria» e nel primo periodo le parole: «può comportare» sono sostituite dalla seguente: «prevede»;

2) nella lettera b):

2.1) nel primo periodo, le parole: «in un numero non inferiore a uno e non superiore a due» sono sostituite dalle seguenti: «nel numero di uno»;

2.2) nel terzo periodo, le parole: «I colloqui possono essere» sono sostituite dalle seguenti: «I colloqui vengono» e alle parole: «può essere autorizzato» sono premesse le seguenti: «solo per coloro che non effettuano colloqui»;

2.3) dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «I colloqui sono comunque videoregistrati»;

2.4) nell’ultimo periodo, dopo le parole: «non si applicano ai colloqui con i difensori» sono aggiunte le seguenti: «con i quali potrà effettuarsi, fino ad un massimo di tre volte alla settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari»;

3) nella lettera f), le parole: «cinque persone» sono sostituite dalle seguenti: «quattro persone», le parole: «quattro ore» sono sostituite dalle seguenti: «due ore» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Saranno inoltre adottate tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi»;

g) il comma 2-quinquies è sostituito dal seguente:

«2-quinquies. Il detenuto o l’internato nei confronti del quale è stata disposta o prorogata l’applicazione del regime di cui al comma 2, ovvero il difensore, possono proporre reclamo avverso il procedimento applicativo. Il reclamo è presentato nel termine di venti giorni dalla comunicazione del provvedimento e su di esso è competente a decidere il tribunale di sorveglianza di Roma. Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento»;

h) il comma 2-sexies è sostituito dal seguente:

«2-sexies. Il tribunale, entro dieci giorni dal ricevimento del reclamo di cui al comma 2-quinquies, decide in camera di consiglio, nelle forme previste dagli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale, sulla sussistenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento. All’udienza le funzioni di pubblico ministero possono essere altresì svolte da un rappresentante dell’ufficio del procuratore della Repubblica di cui al comma 2-bis o del procuratore nazionale antimafia. Il procuratore nazionale antimafia, il procuratore di cui al comma 2-bis, il procuratore generale presso la corte d’appello, il detenuto, l’internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale per violazione di legge. Il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento ed è trasmesso senza ritardo alla Corte di cassazione. Se il reclamo viene accolto, il Ministro della giustizia, ove intenda disporre un nuovo provvedimento ai sensi del comma 2, deve, tenendo conto della decisione del tribunale di sorveglianza, evidenziare elementi nuovi o non valutati in sede di reclamo»;

i) dopo il comma 2-sexies è aggiunto il seguente:

«2-septies. Per la partecipazione del detenuto o dell’internato all’udienza si applicano le disposizioni di cui all’articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271».

26. Nel libro II, titolo III, capo II, del codice penale, dopo l’articolo 391 è inserito il seguente:

«Art. 391-bis. - (Agevolazione ai detenuti e internati sottoposti a particolari restrizioni delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall’ordinamento penitenziario). – Chiunque consente a un detenuto, sottoposto alle restrizioni di cui all’articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, di comunicare con altri in elusione delle prescrizioni all’uopo imposte è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale

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