martedì 15 luglio 2008

ottaviano del turco

Caro Ugolini,
ho conosciuto e sono stato con lui nella componente socialista della CGIL e nel PSI per tantissimi anni . Se le cose che gli vengono oggi contestate fossero vere debbo dire che c'è stato un tradimento sopratutto verso se stesso, verso le sue origini, la sua storia, verso tutti i compagni e le compagne che lo stimarono e con lui fecero tante battaglie oggi purtroppo tutte finite nel macero ed in un mare di amarezze.
Degli eroi della nostra storia dovremmo avere l'accortezza di saperne, di leggerne la vita, fino ad un certo punto. Garibaldi Bosco è stato uno dei grandi protagonisti del socialismo e dei fasci siciliani. Questa è l'immagine che ne viene di lui leggendo appunto la storia dei fasci. Ma se vai avanti nella sua biografia scopri che, anni dopo, diventò monarchico, ebbe rapporti ambigui con la Questura, fu Vice Sindaco di Palermo di una amministrazione di centro destra. Ecco: avrei fatto meglio a fermarmi alla lettura della sua straordinaria azione di dirigente sindacale e politico del primo socialismo in Sicilia!
Ottaviano del Turco è stato dalla parte dei lavoratori fino a quando è stato tra i dirigenti dei metalmeccanici magari ad inghiottire sovercherie ed ostracismi dei comunisti ( in alcunie importanti trattative lo lasciavano fuori dalla porta)Nella CGIL, dopo Marianetti fu il capo della corrente socialista. Debbo dire che era già iniziato un periodo duro della storia sindacale e nel 1984 Ottaviano ci riuni a Milano per comunicarci che, nel caso di vittoria dei comunisti nel referendum sulla scala mobile, avremmo dovuto fare la scissione della CGIL. (molti di noi ci siamo opposti). Non fu necessaria la scissione dal momento che i comunisti persero il referendum ma tutto si era guastato ed eravamo alla vigilia di un nuovo Sindacato, il Sindacato che si fa carico di tutte le compatibilità e comprime dentro queste le istanze del mondo del lavoro.
Insomma di tutto il periodo in cui è stato con posizioni preminenti nella CGIL dobbiamo osservare diversi atteggiamenti gli ultimi dei quali sempre più preoccupati di
garantire il craxismo piuttosto che gli interessi genuini di cui la corrente socialista era portatrice nel Sindacato.
Ricordo invece con tantissimo affetto e stima incondizionata Mario Didò, Silvano Verzelli, Piero Boni, Fernando Montagnani, Enzo Ceremigna, figure di dirigenti socialisti davvero legate agli ideali del socialismo.
Di tutto il periodo "politico" di Del Turco compresa la sua Presidenza della Commissione Antimafia debbo dire che non mi pare che ci sia tanto da ricordare. Mi colpi molto il calore col il quale il Senatore Mancuso di Forza Italia caldeggiò la sua ascensione alla Presidenza della Commissione Antimafia e, confesso, la mia riflessione del tempo non fu nè benevola nè esente da sospetti.
Spero che possa uscire indenne dalla tempesta giudiziaria che lo ha travolto.
Pietro Ancona



La Fiom, Craxi e le scelte di un socialista pragmatico
Bruno Ugolini


L’idea di un Ottaviano Del Turco ammanettato, sia pure agli arresti domiciliari, davvero sorprende e addolora chi lo ha conosciuto e seguito in anni lontani, quando dirigeva la Fiom, il sindacato dei metalmeccanici, accanto a Bruno Trentin, e poi la Cgil accanto a Luciano Lama. Sono personalmente convinto che saprà dimostrare la propria innocenza, la fedeltà al proprio passato. Certo questo improvviso «tintinnare di manette», rischia di deturpare una biografia di grande valore. Gran parte della sua esistenza è stata infatti dedicata al mondo del lavoro, sempre in prima linea nel difendere tenacemente le proprie idee, orgoglioso dell’appartenenza socialista e del suo testardo pragmatismo, anche a rischio di peccare di troppo realismo. Spesso anche in dura polemica con i compagni comunisti, intenti a coniugare realtà a utopia.

Ottaviano è sempre stato fiero delle proprie origini. Era solito portare gli amici, anche giornalisti, nella nativa Collelongo, un minuscolo ma delizioso paesino del suo amato Abruzzo dove in un piccolo casolare offriva pane, salame e vino rosso. Qui aveva condotto i primi studi (le scuole elementari, le medie) per poi rapidamente approdare a Roma ed entrare giovanissimo nel sindacato.

Sono gli anni ruggenti del movimento operaio quando, pochi anni dopo, nel 1968, opera nella Fiom nazionale fino a diventare quello che allora si chiamava «segretario generale aggiunto», carica che spettava quasi naturalmente alla componente socialista, accanto a dirigenti come Bruno Trentin e Pio Galli. Per passare poi, con lo stesso incarico, nella segreteria della Cgil accanto a Luciano Lama, a Bruno Trentin ancora, ad Antonio Pizzinato. Il cronista ricorda bene le sue battaglie, fatte anche di aspri scontri, dentro il sindacato. Come in occasione del referendum sul decreto voluto dal presidente del Consiglio Craxi e che, nel 1984, aboliva alcuni punti di scala mobile. Era apparso, in quei giorni, con Luciano Lama alla televisione, per sostenere tesi diverse (ma Lama, a dire il vero, aveva combattuto a lungo per approdare ad un compromesso su quel tema). Era lo stesso Ottaviano Del Turco che in Piazza San Giovanni, poco tempo prima, aveva parlato a nome di tutti (comprese Cisl e Uil) ai funerali di Enrico Berlinguer. E come non ricordare i suoi scontri con Trentin durante le trattative per l’accordo del 1992, quello che chiudeva l’epoca della scala mobile, ma senza ottenere nulla in cambio (come invece avvenne nel 1993)? Lui, Del Turco, era per l’accordo a tutti i costi, senza ulteriori negoziati con il presidente del Consiglio dell’epoca, Giuliano Amato.

Un giovane dirigente, dunque, che aveva conquistato sul campo una propria baldanzosa fisionomia, partendo dalla gavetta e sapendo competere, senza timidezze, con dirigenti più anziani, in possesso di un grandissimo carisma derivante, tra l’altro, dalle lontane esperienze partigiane. Ottaviano era stato un discepolo di Bettino Craxi ma poi, uscito dal sindacato, dopo il 1992, veste i panni di una specie di curatore fallimentare. I socialisti ricorrono, infatti, agli ex dirigenti sindacali per cercare di ridare un ruolo al partito. Prima è nominato segretario Giorgio Benvenuto, già leader della Uil, poi tocca ad Ottaviano tentare di porre un argine alla dissoluzione del partito travolto da Tangentopoli.

Ha comunque inizio così, dopo una prima vita di militanza mai toccata da episodi di natura giudiziaria, una seconda vita. È quella, più intricata, della politica. Eccolo eletto deputato al Parlamento, poi senatore, poi parlamentare europeo. Numerose le tappe significative: è, tra l’altro, ministro delle Finanze nel governo di Giuliano Amato nel 2000, poi presidente della Commissione antimafia. Non mancano, dicono le cronache, le polemiche, anche aspre, con gli stessi colleghi di schieramento. È sempre presente nei tentativi di ridare speranza a nuove formazioni socialiste, come nello Sdi di Boselli, ma decide di confluire alla fine, con l’associazione «Alleanza riformista», nel partito Democratico fino a diventare, nel 2007, uno dei 45 membri del comitato nazionale per il Partito democratico. Una serie di appuntamenti spesso prestigiosi e delicati che non lo vedono però, anche qui, mai macchiato di ombre pericolose.

Fino a questo suo più recente approdo, dopo tante esperienze. È eletto presidente della regione Abruzzo. Una specie di ritorno a casa forse non desiderato del tutto e che forse non lo soddisfa pienamente, anche perché lo allontana dal palcoscenico nazionale. Forse con qualche nostalgia per quel suo passato d’impegno politico e sociale più diretto. Anche se può continuare a coltivare le altre passioni della sua vita, come quella della pittura nella qualche si è sempre cimentato, con risultati diversi, sovente apprezzati, anche all’epoca delle assemblee operaie. Ed ora questa doccia fredda, questa grave incriminazione. Con la speranza che sia un fuoco di paglia.


Pubblicato il: 15.07.08
Modificato il: 15.07.08 alle ore 8.41

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