martedì 18 maggio 2010

Fenestrelle: Napolitano come Willy Brandt

Napolitano come Willy Brandt


Il Presidente Napolitano dovrebbe ispirarsi al grande statista socialdemocratico europeo Willy Brand
che si inginocchiò davanti il monumento del ghetto di Varsavia e chiese perdono per i crimini dei nazisti. Dovrebbe inginocchiarsi davanti la fortezza di Fenestrelle nell'alto Piemonte dove venivano deportati i resistenti meridionali i tantissimi contadini definiti "briganti" per morirvi squagliati nella calce viva o di fame e di freddo.L'unità d'Italia non si fa con la retorica patriottarda o intonando tutti insieme l'inno di Mameli. Si fa facendo conoscere la verità finora nascosta agli italiani da una storiografia fatta di menzogne. Soltanto la verità accompagnata da un atto di riconoscimento delle terribili colpe del genocidio nordista può mettere le basi, a 150 anni della fondazione dello Stato, di una vera nazione. La partecipazione alla prima guerra mondiale del tutto inutile e priva di senso non
ha avvicinato gli italiani sebbene abbia compiuto fraternizzazioni specialmente tra i soldati. La prima guerra mondiale fu la guerra dei feroci ufficiali dello Stato Sabaudo contro i loro soldati che venivano mandati deliberatamente al massacro oppure decimati e fucilati per futili motivi. Non è bastata a fare dell'Italia una Nazione.
Bisogna quindi fare piena luce sugli anni che vanno dal 1861 alla grande emigrazione transeoceanica del novecento. Elencare tutti i delitti ad uno ad uno. Rievocare i paesi rasi al suolo, le famiglie distrutte,le devastazioni e le ruberie in danno degli sventurati abitanti del Regno delle Due Sicilie. Tutto avvenne dopo la spedizione dei Mille ma già se ne sentivano i presagi nella strage di Bronte.
Si dovrebbero rimuovere i resti umani dei combattenti meridionali dal Museo Lombrosiano. Una vera vergogna che Borghezio vorrebbe conservare a dimostrazione della inferiorità etnica della gente del Sud.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it

mercoledì, ottobre 21, 2009By Web & Books

La prima pulizia etnica della modernità occidentale operata sulle popolazioni meridionali detta Legge Pica, promulgata dal governo Minghetti del 15 agosto 1862 “…per la repressione del brigantaggio nel Meridione”
Questa legge istituiva, sotto l’egida savoiarda, tribunali di guerra per il Sud ed i soldati ebbero carta bianca, le fucilazioni, anche di vecchi, donne e bambini, divennero cosa ordinaria e non straordinaria. Un genocidio la cui portata è mitigata solo dalla fuga e dall’emigrazione forzata, nell’inesorabile comandamento di destino: “O brigante o emigrante”
Lemkin, che ha definito il primo concetto di genocidio, sosteneva: “….genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione…esso intende designare un piano coordinato di differenti azioni mirati a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali….Migliaia i soldati dell’esercito borbonico massacrati nel lager di Fenestrelle in Piemonte (nella foto). E ad osservare la foto la momoria riporta subito ad Auschswitz. E invece no. Non c’erano le camere a gas? I prigionieri, portati al Nord con quattro stracci addosso, a 2000 metri d’altezza, venivano gettati nella calce viva. Antonio Gramsci (1920): “Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l´Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti”. Giuseppe Garibaldi Lettera ad Adelaide Cairoli, 1868 “Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio” Nino Bixio, autore dell’eccidio di Bronte, nel 1863 dichiarò in Parlamento: “Un sistema di sangue è stato stabilito nel Mezzogiorno. C’è l’Italia là, signori, e se volete che l’Italia si compia, bisogna farla con la giustizia, e non con l’effusione di sangue”. On.le Ferrari, liberale, nel novembre 1862 grida in aula: “Potete chiamarli briganti, ma combattono sotto la loro bandiera nazionale; potete chiamarli briganti, ma i padri di quei briganti hanno riportato due volte i Borboni sul trono di Napoli. E’ possibile, come il governo vuol far credere, che 1500 uomini comandati da due o tre vagabondi tengano testa a un esercito regolare di 120 mila uomini? Ho visto una città di 5 mila abitanti completamente distrutta e non dai briganti” (Ferrari allude a Pontelandolfo, paese raso al suolo dal regio esercito il 14 agosto 1861, 1250 morti). Nell’agosto del 1862 i paesi del SUD in rivolta contro l’invasione italiana erano 1.500 e fu dichiarato lo stato d’assedio e legge marziale, inizia violenta e dura la repressione dei paesi liberati dai partigiani Borbonici. La guerra di conquista durò oltre il 1880 e causò al Regno delle Due Sicilie 1.000.000 di morti, centinaia di paesi rasi al suolo, 500.000 prigionieri politici, l’intera economia distrutta e la diaspora di molte generazioni. Il Piemonte/Italia ebbe oltre 23.000 morti il doppio di quelle subite in tutte le sue sedicenti guerre d’indipendenza. Le atrocità compiute, ancora secretate per la vergogna, impedendo così l’imputazione di genocidio, primeggiano su quelle naziste e competono con quelle giacobine rivoluzionare in Vandea (1793), quando cuocevano a vapore anche preti e suore.

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