aderisci anche tu alle giornate di mobilitazione contro la tortura del carcere e nel carcere
Il carcere in Italia è un luogo di tortura
Il 26 giugno sarà la Giornata internazionale dell’ONU contro la tortura.
Il 24-25-26 giugno nelle carceri italiane i detenuti daranno vita a una mobilitazione contro la tortura del carcere e nel carcere. All’esterno degli istituti di pena si mobiliteranno associazioni, partiti, sindacati, movimenti e organizzazioni della società civile.
Perchè la situazione delle carceri italiane si configura ormai da tempo, in quasi tutte le sue realtà, come una situazione di tortura. In particolare, vogliamo segnalare quattro ambiti specifici all’attenzione dell’opinione pubblica e degli organi politici e amministrativi competenti:
· La tortura quotidiana del sovraffollamento, vissuta dai quasi settantamila detenuti presenti nelle carceri italiane e che si concretizza nella convivenza forzata di quattro persone nelle celle “singole” e di nove-dieci nei “celloni” di alcuni istituti, nelle condizioni igieniche intollerabili, nei suicidi, tentati suicidi e negli atti di autolesionismo, nell’ulteriore ridursi delle possibilità di accedere al lavoro, nella negazione del diritto alla salute e al reinserimento sociale. Una situazione riconosciuta anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che nel luglio 2009 ha imposto all’Italia il pagamento di un risarcimento di un detenuto recluso per due mesi e mezzo nel carcere di Roma-Rebibbia in un cellone di 16,20 metri quadrati insieme ad altre cinque persone. Una esperienza che riguarda migliaia di altri detenuti.
· La tortura dell’ergastolo, che contraddice il principio costituzione della finalità rieducativa della pena (art.27, comma 3), e in particolare la tortura dell’ergastolo cosiddetto “ostativo”, in base al quale oltre 1000 detenuti condannati all’ergastolo sono formalmente esclusi anche da quelle limitate possibilità giuridiche che permettono l’uscita dal carcere dopo un tempo determinato. Si configura così in Italia, diversamente dagli altri Paesi dell’Unione Europea, un “fine pena mai” effettivo che elimina perfino la speranza di tornare nella società, come per quegli uomini e donne attualmente detenuti nelle carceri italiane da oltre trenta e perfino da oltre quaranta anni consecutivi.
· La tortura del regime di “41bis”, cioè la violenza dell’isolamento continuo, con la possibilità di interagire solo con gli agenti di polizia penitenziaria e per due ore al giorno con tre altri detenuti, i colloqui con i familiari al di là di un vetro antiproiettili e attraverso un citofono. Un meccanismo che non produce “sicurezza” né all’interno né all’esterno delle carceri, mentre produce danni irreparabili di natura fisica e psichica nei detenuti con l’obiettivo (non dichiarato e illegale) di farne dei collaboratori di giustizia.
· La tortura dell’ospedale psichiatrico giudiziario (OPG), ossia dell’ “ergastolo bianco”, di una misura di sicurezza legata all’idea lombrosiana della “pericolosità sociale” e priva di un fine pena definito. Gli internati sono così privati a tempo potenzialmente indeterminato della propria libertà, costretti per giunta a vivere in quella situazione insostenibile che alcune recenti pubblicazioni e servizi giornalistici hanno ben descritto.
Aderiamo a questo appello che ci vedrà impegnati con sciopero della fame e con altre iniziative di informazione.
Christian De Vito, Beppe Battaglia, Giuliano Capecchi, Carmelo Musumeci, Alfredo Sole, Giovanni Antonio Ruffo, ed altri…
Rinviaci la tua adesione rispondendo a questa mail.
Aiutaci a diffondere questo appello tra le tue amiche e amici.
assliberarsi@tiscali.it
www.informacarcere.it
martedì 31 maggio 2011
la relazione del Governatore
La relazione del Governatore
Il discorso tanto atteso del governatore della Banca d'Italia è stato "giudizioso" secondo il costume dell'establiscement mondiale, "politicamente corretto", adatto a persona che si accinge a ricoprire la responsabilità di Governatore della Banca Europea e che quindi diventerà uno degli esecutori più importanti, forse il più importante, della filosofia di Maastricht e di Lisbona. Naturalmente non deve pestare i calli a quelli di WallStreet nè esprimere alcuna critica per il modo come diverse nazioni europee vengono messe alla gogna dai sicari delle agenzie di rating e poi ghigliottinate con prestiti usurai a condizione di ridurre le loro classi lavoratrici a pane ed acqua.
L'Italia ha (aveva) un interscambio commerciale di oltre venti miliardi di euro con la Libia alla quale era unita da un metanodotto ed una quantità enorme di affari riguardanti migliaia di operatori economici grandi, piccoli, piccolissimi. Stupisce l'assenza di riferimento alla guerra di Libia dalla relazione come se si trattasse di un evento che non avrà alcuna ripercussione sui dati macroeconomici analizzati.
La Fiat ha deciso di investire i suoi capitali negli USA e praticamente di americanizzarsi. Si può dire che si potrebbe chiamare benissimo Chrisler e non più Fiat. L'investimento è di 10 miliardi di euro che saranno sottratte alle aziende italiane che vengono ridimensionate o chiuse (termini imerese). C'è un fenomeno esteso di deindustrializzazione dei distretti economici più importanti. La cantieristica decide di chiudere.Sembra che l'Italia debba cessare di essere un paese industrializzato che partecipa con settori fondamentali alla divisione internazionale del lavoro. Ebbene tutto questo viene ignorato o soltanto accennato senza però alcuna enfasi e senza la giusta drammatizzazione che alcuni fenomeni richiedono.
Si accenna alla questione della concorrenza senza dire che le liberalizzazioni seppur timidissime fatte dal Ministro Bersani sono state presto trascurate e che non esiste alcuna concorrenza in settori essenziali come l'energia, i medicinali, le assicurazioni, le spese di notariato. Tutto avviene in regime di monopolio e le privatizzazioni si limitano a privatizzare servizi che agiranno in regime di monopolio con semplice passaggio di gestione dal pubblico alla speculazione privata.
In un discorso tenuto qualche tempo fa in una Università delle Marche il Governatore aveva detto cose gravissime sul precariato e sulle sue conseguenze nefaste sul futuro della Italia. Questo tema ritorna nella relazione con timidezza sub specie flessibilità che non viene contestata e che quindi riscuote l'apprezzamento positivo della Confindustria.
Si dice che il declino per l'Italia non è inevitabile. Ma il declino c'è già per venti milioni di lavoratori le cui condizioni sono diventate premoderne e pesantissime e che guadagnano meno di quanto hanno bisogno per vivere. Soltanto sommando più salari in una famiglia è possibile vivere come un metalmeccanico tedesco con il suo solo salario.
Non aggiungo altro su questa relazione fatta per i notabili della Penisola con l'occhio al possibile commento del Financial Times. Una delle relazioni più omissive che si siano lette in questi ultimi anni. Non dubito che il Governo ne sarà contento.
Pietro Ancona
Il discorso tanto atteso del governatore della Banca d'Italia è stato "giudizioso" secondo il costume dell'establiscement mondiale, "politicamente corretto", adatto a persona che si accinge a ricoprire la responsabilità di Governatore della Banca Europea e che quindi diventerà uno degli esecutori più importanti, forse il più importante, della filosofia di Maastricht e di Lisbona. Naturalmente non deve pestare i calli a quelli di WallStreet nè esprimere alcuna critica per il modo come diverse nazioni europee vengono messe alla gogna dai sicari delle agenzie di rating e poi ghigliottinate con prestiti usurai a condizione di ridurre le loro classi lavoratrici a pane ed acqua.
L'Italia ha (aveva) un interscambio commerciale di oltre venti miliardi di euro con la Libia alla quale era unita da un metanodotto ed una quantità enorme di affari riguardanti migliaia di operatori economici grandi, piccoli, piccolissimi. Stupisce l'assenza di riferimento alla guerra di Libia dalla relazione come se si trattasse di un evento che non avrà alcuna ripercussione sui dati macroeconomici analizzati.
La Fiat ha deciso di investire i suoi capitali negli USA e praticamente di americanizzarsi. Si può dire che si potrebbe chiamare benissimo Chrisler e non più Fiat. L'investimento è di 10 miliardi di euro che saranno sottratte alle aziende italiane che vengono ridimensionate o chiuse (termini imerese). C'è un fenomeno esteso di deindustrializzazione dei distretti economici più importanti. La cantieristica decide di chiudere.Sembra che l'Italia debba cessare di essere un paese industrializzato che partecipa con settori fondamentali alla divisione internazionale del lavoro. Ebbene tutto questo viene ignorato o soltanto accennato senza però alcuna enfasi e senza la giusta drammatizzazione che alcuni fenomeni richiedono.
Si accenna alla questione della concorrenza senza dire che le liberalizzazioni seppur timidissime fatte dal Ministro Bersani sono state presto trascurate e che non esiste alcuna concorrenza in settori essenziali come l'energia, i medicinali, le assicurazioni, le spese di notariato. Tutto avviene in regime di monopolio e le privatizzazioni si limitano a privatizzare servizi che agiranno in regime di monopolio con semplice passaggio di gestione dal pubblico alla speculazione privata.
In un discorso tenuto qualche tempo fa in una Università delle Marche il Governatore aveva detto cose gravissime sul precariato e sulle sue conseguenze nefaste sul futuro della Italia. Questo tema ritorna nella relazione con timidezza sub specie flessibilità che non viene contestata e che quindi riscuote l'apprezzamento positivo della Confindustria.
Si dice che il declino per l'Italia non è inevitabile. Ma il declino c'è già per venti milioni di lavoratori le cui condizioni sono diventate premoderne e pesantissime e che guadagnano meno di quanto hanno bisogno per vivere. Soltanto sommando più salari in una famiglia è possibile vivere come un metalmeccanico tedesco con il suo solo salario.
Non aggiungo altro su questa relazione fatta per i notabili della Penisola con l'occhio al possibile commento del Financial Times. Una delle relazioni più omissive che si siano lette in questi ultimi anni. Non dubito che il Governo ne sarà contento.
Pietro Ancona
lunedì 30 maggio 2011
elezioni: vince l'alternatività
Vince l'alternatività
Un primo sommario esame del risultato elettorale - uno squarcio di luce nella tetra involuta inquietante situazione italiana - mette in risalto novità importanti che potranno guidare la politica della sinistra nei prossimi mesi.
In primo luogo vince l'idea del rinnovamento sui vecchi oligarchi della politica. Il PD in parte per forza maggiore trascinato dalle primarie in parte per il buon senso di Bersani che preferisce vincere senza essere il protagonista principale piuttosto che perdere essendolo ha compiuto una operazione politica di leale collaborazione con i candidati Pisapia e De Magistris (anche quando questo ne ha rifiutato l'apparentamento) e con gli altri candidati del Sel o dell'Italia dei Valori. Si è mostrato saggio ed ha mostrato la saggezza dei forti.
I risultati elettorali dimostrano che i moderati possono trovarsi benissimo a sostenere la radicalità di scelte politiche. Non è vero che i moderati votano soltanto programmi moderati. Votano per scelte programmatiche e politiche di convincente buon senso legate e rispettose dello spirito e della lettera della Costituzione. Pisapia e De Magistris incarnano
l'idea di una borghesia fatta di buon senso che non vuole stare bene dentro una popolazione che sta male, che è illuminata dalla voglia di fare della pubblica amministrazione una leva per il miglioramento delle condizioni di vita della gente.
I risultati dimostrano quindi che vince l'alternatività alla brutalità ed alla violenza delle scelte della destra sulla scuola, sui servizi sociali, sulle privatizzazioni, sull'integrazione interetnica, sull'acqua, sulla gestione delle municipalizzate, sulla rarefazione dell'assistenza sociale. Adeguarsi alla cupa e asociale idea liberista di meno pubblico e più privato non rende e la sinistra credo abbia capito che debba allontanarsi il più distante possibile da certe tentazioni liberiste.
Molto importante la vittoria di Napoli con quasi il settanta per cento dei voti. E' una vittoria contro il centro-destra ma anche contro il centro-sinistra, contro il bassolinismo, contro una idea di condivisione con la destra di scelte scellerate come quelle degli inceneritori o dei gasificatori.
Un contributo importante alla vittoria è stato dato dalla federazione della Sinistra e farebbe bene il PD a riconoscerlo ( e forse anche il Sel). I militanti comunisti hanno dato alla campagna elettorale il loro generoso contributo arricchendola dei temi del lavoro e della giustizia sociale e della lotta contro il precariato.
Se l'elettorato avesse avuto più tempo per rendersi conto della asocialità dei decreti sul federalismo la sconfitta della Lega nel Nord sarebbe stata bruciante. I decreti aumentano le tasse ed il potere dei signorotti locali in modo intollerabile.
Questo risultato da una fortissima indicazione a favore di un ritorno alla democrazia vera, quella del proporzionale. Il proporzionale può consentire ad una sinistra di esprimersi oltre il PD ed a questi di stipulare alleanze sociali e politiche senza confondere le sue caratteristiche di partito di centro-sinistra.
Insomma il risultato c'è stato, è incoraggiante, dimostra che sbagliano coloro che immaginano una vocazione di destra al popolo italiano. L'Italia ha una destra ma ha anche una borghesia progressista ed una classe operaia che alleate possono sconfiggerla.
L'Italia non è berlusconiana ed in queste elezioni si è mostrata stufa della volgarità e della corruzione della sua idea di politica.
Pietro Ancona
Un primo sommario esame del risultato elettorale - uno squarcio di luce nella tetra involuta inquietante situazione italiana - mette in risalto novità importanti che potranno guidare la politica della sinistra nei prossimi mesi.
In primo luogo vince l'idea del rinnovamento sui vecchi oligarchi della politica. Il PD in parte per forza maggiore trascinato dalle primarie in parte per il buon senso di Bersani che preferisce vincere senza essere il protagonista principale piuttosto che perdere essendolo ha compiuto una operazione politica di leale collaborazione con i candidati Pisapia e De Magistris (anche quando questo ne ha rifiutato l'apparentamento) e con gli altri candidati del Sel o dell'Italia dei Valori. Si è mostrato saggio ed ha mostrato la saggezza dei forti.
I risultati elettorali dimostrano che i moderati possono trovarsi benissimo a sostenere la radicalità di scelte politiche. Non è vero che i moderati votano soltanto programmi moderati. Votano per scelte programmatiche e politiche di convincente buon senso legate e rispettose dello spirito e della lettera della Costituzione. Pisapia e De Magistris incarnano
l'idea di una borghesia fatta di buon senso che non vuole stare bene dentro una popolazione che sta male, che è illuminata dalla voglia di fare della pubblica amministrazione una leva per il miglioramento delle condizioni di vita della gente.
I risultati dimostrano quindi che vince l'alternatività alla brutalità ed alla violenza delle scelte della destra sulla scuola, sui servizi sociali, sulle privatizzazioni, sull'integrazione interetnica, sull'acqua, sulla gestione delle municipalizzate, sulla rarefazione dell'assistenza sociale. Adeguarsi alla cupa e asociale idea liberista di meno pubblico e più privato non rende e la sinistra credo abbia capito che debba allontanarsi il più distante possibile da certe tentazioni liberiste.
Molto importante la vittoria di Napoli con quasi il settanta per cento dei voti. E' una vittoria contro il centro-destra ma anche contro il centro-sinistra, contro il bassolinismo, contro una idea di condivisione con la destra di scelte scellerate come quelle degli inceneritori o dei gasificatori.
Un contributo importante alla vittoria è stato dato dalla federazione della Sinistra e farebbe bene il PD a riconoscerlo ( e forse anche il Sel). I militanti comunisti hanno dato alla campagna elettorale il loro generoso contributo arricchendola dei temi del lavoro e della giustizia sociale e della lotta contro il precariato.
Se l'elettorato avesse avuto più tempo per rendersi conto della asocialità dei decreti sul federalismo la sconfitta della Lega nel Nord sarebbe stata bruciante. I decreti aumentano le tasse ed il potere dei signorotti locali in modo intollerabile.
Questo risultato da una fortissima indicazione a favore di un ritorno alla democrazia vera, quella del proporzionale. Il proporzionale può consentire ad una sinistra di esprimersi oltre il PD ed a questi di stipulare alleanze sociali e politiche senza confondere le sue caratteristiche di partito di centro-sinistra.
Insomma il risultato c'è stato, è incoraggiante, dimostra che sbagliano coloro che immaginano una vocazione di destra al popolo italiano. L'Italia ha una destra ma ha anche una borghesia progressista ed una classe operaia che alleate possono sconfiggerla.
L'Italia non è berlusconiana ed in queste elezioni si è mostrata stufa della volgarità e della corruzione della sua idea di politica.
Pietro Ancona
domenica 29 maggio 2011
Repubblica Socialista di Jugoslavia fondata da Tito e distrutta dagli USA dalla Nato e dal Vaticano
La Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia
La Jugoslavia è sempre stata una nazione soggiogata dalla politica imperialistica di altri Stati come la Repubblica di Venezia o l’ Impero austro-ungarico.
Soltanto dopo la prima guerra mondiale la Jugoslavia divenne uno stato indipendente sotto la denominazione di Regno dei Serbi, Croati e Sloveni; esso dopo il 1929 prenderà il nome di Regno di Jugoslavia.
Nel 1937 a Mosca si discusse sulla situazione del Partito Comunista Jugoslavo (che al tempo aveva sede fuori dal territorio nazionale) e sulla scarsità dei risultati ottenuti. All'interno del Comintern si pensava che la soluzione migliore fosse l’eliminazione del partito, ma un compagno detto Walter sostenne che tra comunisti e operai ci fosse un nucleo pronto alla lotta, e che le classi operaie e contadine nutrissero grande simpatia per i comunisti. Le responsabilità degli insuccessi erano da attribuire ai dirigenti del partito, mentre una direzione capace e radicata nel territorio avrebbe riunito del fila dell’organizzazione a quel tempo dichiarata illegale. Lo scioglimento del partito avrebbe creato solo danni. Nell’ottobre del 1937 le tesi del compagno Walter vennero accettate. Walter era in realtà Josif Broz Tito. Iniziò così una vasta propaganda illegale contro le politiche secessioniste del Partito Contadino Croato appoggiato da Mussolini.
Il 25 marzo 1941 a Vienna venne deciso il passaggio di truppe tedesche in Jugoslavia e la creazione di basi naziste da usare come teste di ponte per invadere poi l’URSS. Due giorni dopo alcuni ufficiali dell’aviazione conclusero le manifestazioni di protesta contro i tedeschi con un Colpo di Stato e l’assunzione al trono di Pietro II.
Il 5 e 6 aprile il governo Sirović concluse un Patto di amicizia con l’URSS, e negli stessi giorni le truppe naziste e fasciste ricevettero l’ordine di attaccare la Jugoslavia. Il 6 aprile 1941 Belgrado fu rasa al suolo da un bombardamento proditorio della Luftwaffe che costò oltre 20.000 morti.
A Zagabria gli ustaša di Ante Pavelić entrarono in città con i tedeschi e dichiararono l’indipendenza della Croazia. Le truppe di Pavelić, seguendo l’idea della “Grande Croazia” e appoggiati dalla chiesa (e dal Vaticano) seguirono una politica di conversione verso i serbi a partire dalla religione, con il passaggio dall’ortodossia al cattolicesimo, con una vera e propria “croatizzazione” della cultura e della società. Chi non accettava, la maggioranza a dire la verità, veniva rinchiuso in campi di concentramento a volte gestiti anche da frati francescani.
Subito si attivò la resistenza e subito si formarono sostanzialmente due gruppi, i četnici guidati da Draza Mihailovic, ulteriormente divisi al loro interno, e i partigiani di Tito. Per semplificare la più che complicata situazione di gruppi politici all’interno della Jugoslavia si possono individuare 3 movimenti:
- četnici: appoggiavano il re in esilio a Londra e erano aiutati dagli italiani. Combattevano contro partigiani (per le idee politiche diverse) e contro ustaša e tedeschi per il mantenimento della monarchia e l’unità del Paese;
- ustaša: appoggiati dai nazisti combattevano i četnici in quanto serbi e i partigiani;
- partigiani, con l’idea di Repubblica Federale, combattevano contro tutti.
In realtà le idee politiche di Tito non erano chiare all’inizio. La tattica militare era molto singolare: mai combattere scontri diretti con grandi unità nemiche, muoversi in piccoli gruppi indigeni (gli order), creare dei territori liberi dove attuare i principali diritti democratici e in caso di attacco nemico abbandonare il territorio, ma lasciando la cultura comunista alla popolazione locale. Solo con la continuazione della guerra si creeranno le Brigate Proletarie formate da più order.
Partigiani e četnici cercarono di arrivare anche a degli accordi nel 1941, ma fu impossibile per le idee politiche diverse tra i due leader. Oltre allo scontro ideologico si inseriva in questo contesto anche lo scontro etnico. Sempre nel 1941 Tito fonda il Partito comunista in Albania.
Nel 1942 le idee di Tito divennero più chiare, la costituzione di una Federazione Jugoslava e la creazione di una Federazione Balcanica con Bulgaria e Albania, prima attraverso accordi multilaterali e poi con accordi bilaterali con gli altri Stati. Nel 1942 Tito inviò il maresciallo Tempo nel sud per creare un comando integrato con bulgari, macedoni e greci.
Tra il 1941 e il 1942 il PCJ creò l'JNA (Esercito Popolare Jugoslavo), mentre nel novembre dell'anno successivo i partigiani si diedero anche un'organizzazione politica, l’AVNOJ (consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia) che si dichiarò Parlamento Provvisorio di Jugoslavia.
Dopo l’8 settembre 1943 gli alleati decisero di aiutare i partigiani in quanto formazione più attiva nella lotta contro i nazisti. I četnici ormai non potevano più contare sulle truppe italiane allo sbaraglio che si univano ai partigiani o cercavano di tornare in Italia o che venivano deportate nei campi di concentramento nazisti in Germania e Polonia (come accadde all’intera divisione Murge). Gli unici a combattere per la libertà della Jugoslavia erano i partigiani. Il 20 ottobre 1944, dopo il ricongiungimento dell'esercito popolare jugoslavo con due armate sovietiche presso Negotin sul Danubio, ebbe luogo la liberazione della capitale e quella sistematica di tutto il paese.
Dopo la vittoria della guerra la Jugoslavia, ormai una Federazione Socialista, firmò degli accordi con l’Albania per l’unificazione della pianificazione e della moneta.
Nel 1947 nacque il Cominform che riuniva i partiti comunisti d’Europa. Per le proteste contro le politiche di alcuni partiti come quello francese e italiano e per lo scontro con Stalin sull’idea di Federazione Balcanica, la Jugoslavia di Tito venne cacciata dal Cominform il 28 giugno del 1948.
Tra il 1946 e il 1949 venne finanziata la guerriglia comunista in Grecia, ma dopo le accuse di Titoismo, il comandante dei comunisti ellenici, Marcos, fu costretto a rinunciare gli aiuti jugoslavi, con la conseguente sconfitta dei comunisti greci.
In campo agricolo si sviluppò intanto la piccola proprietà terrena. Nel 1949 essa venne abbandonata per passare alla collettivizzazione; a sua volta peraltro abbandonata nel 1953 per poter tornare alla situazione iniziale.
In campo industriale nel 1950 prese avvio l’autogestione delle fabbriche (che distingue la Jugoslavia da tutti gli altri paesi comunisti).
Tra al 1952 e il 1953 venne ricercati accordi con Grecia e Turchia per un Patto Balcanico, che si ruppe nel 1955 a causa della questione di Cipro. Nello stesso anno, dopo la morte di Stalin, si riallacciarono i legami con l’URSS, ma si sviluppò anche l’idea di un terzo movimento internazionale slegato dalle sfere d'influenza della Nato e del Patto di Varsavia. A Bandung con l’aiuto di India ed Egitto nacque dunque il Movimento Dei Non Allineati.
Nel 1956 Tito appoggiò la rivolta ungherese, che porterà a una nuova e definitiva rottura con l’URSS.
Tra gli anni 50 e gli anni 60 si ebbe un grande boom economico nel Paese grazie anche all’apertura al turismo straniero e alla concessione dei passaporti. Si diedero anche maggiori poteri a comuni e Repubbliche per ciò che riguardava la gestione del sistema amministrativo e fiscale. Nel 1965 vi fu un'ulteriore apertura economica con l’abbandono del controllo dello stato sul settore terziario e l’ampliamento dell’autogestione anche in questo settore. Nei due anni successivi si svilupparono delle crisi etniche che Tito riuscì comunque a controllare.
Nel 1968 si verificò un cambiamento nelle politiche difensive del paese con l’introduzione della leva obbligatoria e l’insegnamento della guerra partigiana anche nelle scuole dopo le reazioni sovietiche alla crisi di Praga dello stesso anno.
Dal 1974 si ebbe un ulteriore decentramento amministrativo grazie anche alla riforma costituzionale approvata nello stesso anno, vennero aumentate le autonomie alle Repubbliche e il diritto di veto e l’autonomia completa a Kosovo e Vojvodina.
Il 1975 fu l’anno dell’apertura al commercio estero e l’anno successivo quello dell’ampliamento dell’autogestione a tutti i settori.
Nel 1980 Tito morì e ci si avviò ad un sistema di rotazione annuale delle cariche in tutti i settori. Intanto l’imperialismo americano dell’amministrazione Reagan e del Fondo Monetario Internazionale attaccarono la Jugoslavia, gli USA pretendevano infatti il pagamento dei debiti internazionali. Questo costrinse la Jugoslavia a chiudersi da un punto di vista economico, proprio quando si sviluppavano le nuove tecnologia.
Nel frattempo crescevano nuovi conflitti etnici il che portò a scrivere un documento sulla concezione herderiana della nazione basata sul sangue e sull’etnia e non sui diritti civili e sociali. Questo documento venne sviluppato soprattutto in Serbia dove a capo del Partito Comunista Serbo c’era Slobodan Milošević, mentre nelle altre Repubbliche il documento non fu accettato. In Serbia intanto nascevano politiche di odio verso il Kosovo.
Mentre la Serbia intendeva avere maggiori poteri, in Slovenia il sogno era quello della completa autonomia e della libertà di mercato.
Nel 1989 Milošević modificò la costituzione Serba per ridimensionare l’autonomia del Kosovo, proclamando al tempo stesso la politica di assedio verso la Serbia. Venne così annullata ogni autonomia al Kosovo.
Nel 1990 si tennero elezioni in Slovenia e Croazia con la sconfitta dei comunisti. Con le sanzioni americane all’Iraq, con cui la Jugoslavia commerciava, si aprì una grossa crisi economica. Lo stesso anno si sciolse la Lega Dei Comunisti Jugoslavi (che aveva sostituito il vecchio PCJ) e si pensò a uno spostamento della popolazione.
L'anno successivo si ricercò un accordo tra le Repubbliche, ma ciò fu impossibile dai concludersi perché la volontà di tutti era la spartizione del Paese. Dopo vari boicottaggi di elezioni e legami con accordi tra le Repubbliche, il 25 giugno Slovenia e Croazia dichiararono l’indipendenza. L’esercito jugoslavo attraversò la Slovenia per salvaguardare i confini della Federazione. Era l’inizio della fine. Da qui dilagò il conflitto etnico che per anni insanguinò i Balcani e distrusse quel sistema economico e sociale che tanto aveva fatto per il paese e per la sua popolazione in passato. Un altro paese che dopo la caduta del comunismo è entrato in una crisi economica e politica e che ancora oggi non è conclusa.
Dal 1995 la Bosnia è divisa in due entità diverse. L’intervento della NATO in Jugoslavia a "sostegno delle popolazioni civili" è dovuto alla mancanza di obbiettivi dell’organizzazione stessa dopo la caduta dei paesi socialisti. Con la caduta del sistema socialista la Nato non aveva più motivo di esistere. Pur di rimanere con un piede in Europa essa è invece intervenuta in un conflitto locale in un territorio nel quale non aveva alcuna ragione di farlo.
Sempre moderna rimane la frase di Tito: “… se restiamo uniti non dobbiamo avere paura di niente”.
Tito e alcuni membri dell'AVNOJ a Drvar nel 1944
I partigiani entrano in Belgrado liberata
Tito durante un comizio dopo la liberazione
Un'immagine del compagno Tito
Una statua di Tito nella croata Kumrovec, sua città natale
Nel 1948 si verificò la rottura della Jugoslavia con l'Unione Sovietica, dovuta a cause plurime: innanzitutto Tito e compagni si ricordavano di come Stalin durante la guerra avesse cercato di frenare l'entusiasmo rivoluzionario jugoslavo; l'eccessiva egemonia sovietica sul PCJ; l'opposizione sovietica agli aiuti del piano Marshall e alla progettata confederazione con Albania e Bulgaria. Nonostante ciò, riteniamo che la Jugoslavia sia stata un grande paese che ha sperimentato un nuovo e originale percorso di costruzione di una società socialista, multietnica, solidale, più unita e più giusta. Non a caso l'imperialismo americano e il vaticano hanno complottato quasi 50 anni per distruggere la RFSJ, dalla protezione accordata ai criminali di guerra come Pavelic, alla beatificazione dei preti cattolici collaborazionisti come Stepinac, al sostegno ai separatisti croati, bosniaci e kossovari (a quel tempo, non più di 6 anni fa, Bin Laden era ancora un freedoom fighter, un combattente per la libertà contro i "barbari bolscevichi"), fino all'aggressione aperta, immotivata, della primavera del 1999. In quell'occasione il nostro partito, il Partito dei Comunisti Italiani, fu l'unico a a spendersi concretamente per evitare la guerra, attraverso il viaggio di Armando Cossutta a Belgrado per incontrare Milošević. In quell'occasione il PdCI, pur opponendosi in ogni modo all'aggressione della NATO, venne invitato dai dirigenti jugoslavi a rimanere all'interno della maggioranza governativa, dal momento che una fuoriuscita dei comunisti dal governo italiano avrebbe avuto come unica conseguenza la formazione di una maggioranza centrista ancora più supinamente appiattita sulle volontà aggressive degli USA (un eventuale intervento terrestre). Per noi la lotta dei partigiani comunisti jugoslavi contro gli invasori nazi-fascisti e i loro servi ustaša e domobranci, al prezzo di sacrifici immensi e di stragi immani sono invece per noi ancora oggi un magnifico esempio di guerra di Liberazione nazionale, di guerra antimperialista. La Resistenza Jugoslava fu la più grande d'Europa, sette offensive in tre anni portate da due armate tedesche non valsero a piegarla. Gli eredi della barbarie fascista, coloro che straparlano dei presunti crimini dei partigiani e sono fautori dell'ignobile revisionismo che trasforma le vittime in aguzzini e gli aguzzini in vittime, dovrebbero rendere conto della distruzione di Kraguievac (oltre 7000 morti in un sol giorno), del bombardamento di Belgrado, dei lager croati di Jasenovac e di quelli italiani come Gonars e Arbe in cui morirono migliaia di internati antifascisti, sloveni e croati. Per non parlare delle stragi perpetrate dai fascisti di Mussolini nei villaggi sospettati di attività partigiana.
"Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani".
Benito Mussolini, 1920
ALCUNI LINKS:
Come si crea una mistificazione storica: dalla propaganda nazifascista, attraverso la guerra fredda, fino al neoirredentismo
Operazione foibe a Trieste - di Claudia Cernigoi, Edizioni Kappa Vu, Udine 1997
Una seria ricerca storica sulle "foibe" triestine, assai utile per farsi un'idea chiara di quanta disonesta malafede sta alla base del gran parlare di foibe che improvvisamente anima forze politiche di destra e purtroppo anche di sinistra e istituzioni della Repubblica Italiana.
Coordinamento nazionale per la Jugoslavia - Italijanska Koordinacija za Jugoslaviju
Nato Crimes in Yugoslavia - Le distruzioni della Nato sul territorio della RFJ
La verità sulle foibe - Un intervento di Marco Ottanelli che chiarisce fatti e misfatti fuori della propaganda di Alleanza Nazionale. Dal sito della federazione aquilana del PdCI.
Fascist Legacy - Un documentario della BBC del 1989, mai trasmesso dalla RAI, sui crimini dei fascisti italiani nella Jugoslavia occupata.
Crimini di guerra - La repressione operata dalle forze armate italiane in Libia, Etiopia e nei paesi occupati durante la seconda guerra mondiale.
Roma, Stadio Olimpico, 10 aprile 2005 - Incontro Lazio-Livorno. La curva della Lazio
Ecco i soggetti che sono interessati a strumentalizzare la faccenda delle cosiddette fojbe. Tutti coloro che in buona fede credono all'ossessiva propaganda anticomunista e alla demonizzazione dei partigiani jugoslavi dovrebbero perlomeno fermarsi un attimo e riflettere.
SMRT FAŠISMU, SLOBODA NARODU
Morte al fascismo, libertà ai popo
Zelo mi je zal
da nam ne vlada vec marsal
kajti ce se vladal bi
boljse bi ziveli vsi
in ne samo izbranci
kot nasi si poslanci.
Zato vrni se Tovaris Tito
in pospravi to elito.
Fonte: http://www.fgcibelluno.altervista.org/jugo.htm
La Jugoslavia è sempre stata una nazione soggiogata dalla politica imperialistica di altri Stati come la Repubblica di Venezia o l’ Impero austro-ungarico.
Soltanto dopo la prima guerra mondiale la Jugoslavia divenne uno stato indipendente sotto la denominazione di Regno dei Serbi, Croati e Sloveni; esso dopo il 1929 prenderà il nome di Regno di Jugoslavia.
Nel 1937 a Mosca si discusse sulla situazione del Partito Comunista Jugoslavo (che al tempo aveva sede fuori dal territorio nazionale) e sulla scarsità dei risultati ottenuti. All'interno del Comintern si pensava che la soluzione migliore fosse l’eliminazione del partito, ma un compagno detto Walter sostenne che tra comunisti e operai ci fosse un nucleo pronto alla lotta, e che le classi operaie e contadine nutrissero grande simpatia per i comunisti. Le responsabilità degli insuccessi erano da attribuire ai dirigenti del partito, mentre una direzione capace e radicata nel territorio avrebbe riunito del fila dell’organizzazione a quel tempo dichiarata illegale. Lo scioglimento del partito avrebbe creato solo danni. Nell’ottobre del 1937 le tesi del compagno Walter vennero accettate. Walter era in realtà Josif Broz Tito. Iniziò così una vasta propaganda illegale contro le politiche secessioniste del Partito Contadino Croato appoggiato da Mussolini.
Il 25 marzo 1941 a Vienna venne deciso il passaggio di truppe tedesche in Jugoslavia e la creazione di basi naziste da usare come teste di ponte per invadere poi l’URSS. Due giorni dopo alcuni ufficiali dell’aviazione conclusero le manifestazioni di protesta contro i tedeschi con un Colpo di Stato e l’assunzione al trono di Pietro II.
Il 5 e 6 aprile il governo Sirović concluse un Patto di amicizia con l’URSS, e negli stessi giorni le truppe naziste e fasciste ricevettero l’ordine di attaccare la Jugoslavia. Il 6 aprile 1941 Belgrado fu rasa al suolo da un bombardamento proditorio della Luftwaffe che costò oltre 20.000 morti.
A Zagabria gli ustaša di Ante Pavelić entrarono in città con i tedeschi e dichiararono l’indipendenza della Croazia. Le truppe di Pavelić, seguendo l’idea della “Grande Croazia” e appoggiati dalla chiesa (e dal Vaticano) seguirono una politica di conversione verso i serbi a partire dalla religione, con il passaggio dall’ortodossia al cattolicesimo, con una vera e propria “croatizzazione” della cultura e della società. Chi non accettava, la maggioranza a dire la verità, veniva rinchiuso in campi di concentramento a volte gestiti anche da frati francescani.
Subito si attivò la resistenza e subito si formarono sostanzialmente due gruppi, i četnici guidati da Draza Mihailovic, ulteriormente divisi al loro interno, e i partigiani di Tito. Per semplificare la più che complicata situazione di gruppi politici all’interno della Jugoslavia si possono individuare 3 movimenti:
- četnici: appoggiavano il re in esilio a Londra e erano aiutati dagli italiani. Combattevano contro partigiani (per le idee politiche diverse) e contro ustaša e tedeschi per il mantenimento della monarchia e l’unità del Paese;
- ustaša: appoggiati dai nazisti combattevano i četnici in quanto serbi e i partigiani;
- partigiani, con l’idea di Repubblica Federale, combattevano contro tutti.
In realtà le idee politiche di Tito non erano chiare all’inizio. La tattica militare era molto singolare: mai combattere scontri diretti con grandi unità nemiche, muoversi in piccoli gruppi indigeni (gli order), creare dei territori liberi dove attuare i principali diritti democratici e in caso di attacco nemico abbandonare il territorio, ma lasciando la cultura comunista alla popolazione locale. Solo con la continuazione della guerra si creeranno le Brigate Proletarie formate da più order.
Partigiani e četnici cercarono di arrivare anche a degli accordi nel 1941, ma fu impossibile per le idee politiche diverse tra i due leader. Oltre allo scontro ideologico si inseriva in questo contesto anche lo scontro etnico. Sempre nel 1941 Tito fonda il Partito comunista in Albania.
Nel 1942 le idee di Tito divennero più chiare, la costituzione di una Federazione Jugoslava e la creazione di una Federazione Balcanica con Bulgaria e Albania, prima attraverso accordi multilaterali e poi con accordi bilaterali con gli altri Stati. Nel 1942 Tito inviò il maresciallo Tempo nel sud per creare un comando integrato con bulgari, macedoni e greci.
Tra il 1941 e il 1942 il PCJ creò l'JNA (Esercito Popolare Jugoslavo), mentre nel novembre dell'anno successivo i partigiani si diedero anche un'organizzazione politica, l’AVNOJ (consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia) che si dichiarò Parlamento Provvisorio di Jugoslavia.
Dopo l’8 settembre 1943 gli alleati decisero di aiutare i partigiani in quanto formazione più attiva nella lotta contro i nazisti. I četnici ormai non potevano più contare sulle truppe italiane allo sbaraglio che si univano ai partigiani o cercavano di tornare in Italia o che venivano deportate nei campi di concentramento nazisti in Germania e Polonia (come accadde all’intera divisione Murge). Gli unici a combattere per la libertà della Jugoslavia erano i partigiani. Il 20 ottobre 1944, dopo il ricongiungimento dell'esercito popolare jugoslavo con due armate sovietiche presso Negotin sul Danubio, ebbe luogo la liberazione della capitale e quella sistematica di tutto il paese.
Dopo la vittoria della guerra la Jugoslavia, ormai una Federazione Socialista, firmò degli accordi con l’Albania per l’unificazione della pianificazione e della moneta.
Nel 1947 nacque il Cominform che riuniva i partiti comunisti d’Europa. Per le proteste contro le politiche di alcuni partiti come quello francese e italiano e per lo scontro con Stalin sull’idea di Federazione Balcanica, la Jugoslavia di Tito venne cacciata dal Cominform il 28 giugno del 1948.
Tra il 1946 e il 1949 venne finanziata la guerriglia comunista in Grecia, ma dopo le accuse di Titoismo, il comandante dei comunisti ellenici, Marcos, fu costretto a rinunciare gli aiuti jugoslavi, con la conseguente sconfitta dei comunisti greci.
In campo agricolo si sviluppò intanto la piccola proprietà terrena. Nel 1949 essa venne abbandonata per passare alla collettivizzazione; a sua volta peraltro abbandonata nel 1953 per poter tornare alla situazione iniziale.
In campo industriale nel 1950 prese avvio l’autogestione delle fabbriche (che distingue la Jugoslavia da tutti gli altri paesi comunisti).
Tra al 1952 e il 1953 venne ricercati accordi con Grecia e Turchia per un Patto Balcanico, che si ruppe nel 1955 a causa della questione di Cipro. Nello stesso anno, dopo la morte di Stalin, si riallacciarono i legami con l’URSS, ma si sviluppò anche l’idea di un terzo movimento internazionale slegato dalle sfere d'influenza della Nato e del Patto di Varsavia. A Bandung con l’aiuto di India ed Egitto nacque dunque il Movimento Dei Non Allineati.
Nel 1956 Tito appoggiò la rivolta ungherese, che porterà a una nuova e definitiva rottura con l’URSS.
Tra gli anni 50 e gli anni 60 si ebbe un grande boom economico nel Paese grazie anche all’apertura al turismo straniero e alla concessione dei passaporti. Si diedero anche maggiori poteri a comuni e Repubbliche per ciò che riguardava la gestione del sistema amministrativo e fiscale. Nel 1965 vi fu un'ulteriore apertura economica con l’abbandono del controllo dello stato sul settore terziario e l’ampliamento dell’autogestione anche in questo settore. Nei due anni successivi si svilupparono delle crisi etniche che Tito riuscì comunque a controllare.
Nel 1968 si verificò un cambiamento nelle politiche difensive del paese con l’introduzione della leva obbligatoria e l’insegnamento della guerra partigiana anche nelle scuole dopo le reazioni sovietiche alla crisi di Praga dello stesso anno.
Dal 1974 si ebbe un ulteriore decentramento amministrativo grazie anche alla riforma costituzionale approvata nello stesso anno, vennero aumentate le autonomie alle Repubbliche e il diritto di veto e l’autonomia completa a Kosovo e Vojvodina.
Il 1975 fu l’anno dell’apertura al commercio estero e l’anno successivo quello dell’ampliamento dell’autogestione a tutti i settori.
Nel 1980 Tito morì e ci si avviò ad un sistema di rotazione annuale delle cariche in tutti i settori. Intanto l’imperialismo americano dell’amministrazione Reagan e del Fondo Monetario Internazionale attaccarono la Jugoslavia, gli USA pretendevano infatti il pagamento dei debiti internazionali. Questo costrinse la Jugoslavia a chiudersi da un punto di vista economico, proprio quando si sviluppavano le nuove tecnologia.
Nel frattempo crescevano nuovi conflitti etnici il che portò a scrivere un documento sulla concezione herderiana della nazione basata sul sangue e sull’etnia e non sui diritti civili e sociali. Questo documento venne sviluppato soprattutto in Serbia dove a capo del Partito Comunista Serbo c’era Slobodan Milošević, mentre nelle altre Repubbliche il documento non fu accettato. In Serbia intanto nascevano politiche di odio verso il Kosovo.
Mentre la Serbia intendeva avere maggiori poteri, in Slovenia il sogno era quello della completa autonomia e della libertà di mercato.
Nel 1989 Milošević modificò la costituzione Serba per ridimensionare l’autonomia del Kosovo, proclamando al tempo stesso la politica di assedio verso la Serbia. Venne così annullata ogni autonomia al Kosovo.
Nel 1990 si tennero elezioni in Slovenia e Croazia con la sconfitta dei comunisti. Con le sanzioni americane all’Iraq, con cui la Jugoslavia commerciava, si aprì una grossa crisi economica. Lo stesso anno si sciolse la Lega Dei Comunisti Jugoslavi (che aveva sostituito il vecchio PCJ) e si pensò a uno spostamento della popolazione.
L'anno successivo si ricercò un accordo tra le Repubbliche, ma ciò fu impossibile dai concludersi perché la volontà di tutti era la spartizione del Paese. Dopo vari boicottaggi di elezioni e legami con accordi tra le Repubbliche, il 25 giugno Slovenia e Croazia dichiararono l’indipendenza. L’esercito jugoslavo attraversò la Slovenia per salvaguardare i confini della Federazione. Era l’inizio della fine. Da qui dilagò il conflitto etnico che per anni insanguinò i Balcani e distrusse quel sistema economico e sociale che tanto aveva fatto per il paese e per la sua popolazione in passato. Un altro paese che dopo la caduta del comunismo è entrato in una crisi economica e politica e che ancora oggi non è conclusa.
Dal 1995 la Bosnia è divisa in due entità diverse. L’intervento della NATO in Jugoslavia a "sostegno delle popolazioni civili" è dovuto alla mancanza di obbiettivi dell’organizzazione stessa dopo la caduta dei paesi socialisti. Con la caduta del sistema socialista la Nato non aveva più motivo di esistere. Pur di rimanere con un piede in Europa essa è invece intervenuta in un conflitto locale in un territorio nel quale non aveva alcuna ragione di farlo.
Sempre moderna rimane la frase di Tito: “… se restiamo uniti non dobbiamo avere paura di niente”.
Tito e alcuni membri dell'AVNOJ a Drvar nel 1944
I partigiani entrano in Belgrado liberata
Tito durante un comizio dopo la liberazione
Un'immagine del compagno Tito
Una statua di Tito nella croata Kumrovec, sua città natale
Nel 1948 si verificò la rottura della Jugoslavia con l'Unione Sovietica, dovuta a cause plurime: innanzitutto Tito e compagni si ricordavano di come Stalin durante la guerra avesse cercato di frenare l'entusiasmo rivoluzionario jugoslavo; l'eccessiva egemonia sovietica sul PCJ; l'opposizione sovietica agli aiuti del piano Marshall e alla progettata confederazione con Albania e Bulgaria. Nonostante ciò, riteniamo che la Jugoslavia sia stata un grande paese che ha sperimentato un nuovo e originale percorso di costruzione di una società socialista, multietnica, solidale, più unita e più giusta. Non a caso l'imperialismo americano e il vaticano hanno complottato quasi 50 anni per distruggere la RFSJ, dalla protezione accordata ai criminali di guerra come Pavelic, alla beatificazione dei preti cattolici collaborazionisti come Stepinac, al sostegno ai separatisti croati, bosniaci e kossovari (a quel tempo, non più di 6 anni fa, Bin Laden era ancora un freedoom fighter, un combattente per la libertà contro i "barbari bolscevichi"), fino all'aggressione aperta, immotivata, della primavera del 1999. In quell'occasione il nostro partito, il Partito dei Comunisti Italiani, fu l'unico a a spendersi concretamente per evitare la guerra, attraverso il viaggio di Armando Cossutta a Belgrado per incontrare Milošević. In quell'occasione il PdCI, pur opponendosi in ogni modo all'aggressione della NATO, venne invitato dai dirigenti jugoslavi a rimanere all'interno della maggioranza governativa, dal momento che una fuoriuscita dei comunisti dal governo italiano avrebbe avuto come unica conseguenza la formazione di una maggioranza centrista ancora più supinamente appiattita sulle volontà aggressive degli USA (un eventuale intervento terrestre). Per noi la lotta dei partigiani comunisti jugoslavi contro gli invasori nazi-fascisti e i loro servi ustaša e domobranci, al prezzo di sacrifici immensi e di stragi immani sono invece per noi ancora oggi un magnifico esempio di guerra di Liberazione nazionale, di guerra antimperialista. La Resistenza Jugoslava fu la più grande d'Europa, sette offensive in tre anni portate da due armate tedesche non valsero a piegarla. Gli eredi della barbarie fascista, coloro che straparlano dei presunti crimini dei partigiani e sono fautori dell'ignobile revisionismo che trasforma le vittime in aguzzini e gli aguzzini in vittime, dovrebbero rendere conto della distruzione di Kraguievac (oltre 7000 morti in un sol giorno), del bombardamento di Belgrado, dei lager croati di Jasenovac e di quelli italiani come Gonars e Arbe in cui morirono migliaia di internati antifascisti, sloveni e croati. Per non parlare delle stragi perpetrate dai fascisti di Mussolini nei villaggi sospettati di attività partigiana.
"Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani".
Benito Mussolini, 1920
ALCUNI LINKS:
Come si crea una mistificazione storica: dalla propaganda nazifascista, attraverso la guerra fredda, fino al neoirredentismo
Operazione foibe a Trieste - di Claudia Cernigoi, Edizioni Kappa Vu, Udine 1997
Una seria ricerca storica sulle "foibe" triestine, assai utile per farsi un'idea chiara di quanta disonesta malafede sta alla base del gran parlare di foibe che improvvisamente anima forze politiche di destra e purtroppo anche di sinistra e istituzioni della Repubblica Italiana.
Coordinamento nazionale per la Jugoslavia - Italijanska Koordinacija za Jugoslaviju
Nato Crimes in Yugoslavia - Le distruzioni della Nato sul territorio della RFJ
La verità sulle foibe - Un intervento di Marco Ottanelli che chiarisce fatti e misfatti fuori della propaganda di Alleanza Nazionale. Dal sito della federazione aquilana del PdCI.
Fascist Legacy - Un documentario della BBC del 1989, mai trasmesso dalla RAI, sui crimini dei fascisti italiani nella Jugoslavia occupata.
Crimini di guerra - La repressione operata dalle forze armate italiane in Libia, Etiopia e nei paesi occupati durante la seconda guerra mondiale.
Roma, Stadio Olimpico, 10 aprile 2005 - Incontro Lazio-Livorno. La curva della Lazio
Ecco i soggetti che sono interessati a strumentalizzare la faccenda delle cosiddette fojbe. Tutti coloro che in buona fede credono all'ossessiva propaganda anticomunista e alla demonizzazione dei partigiani jugoslavi dovrebbero perlomeno fermarsi un attimo e riflettere.
SMRT FAŠISMU, SLOBODA NARODU
Morte al fascismo, libertà ai popo
Zelo mi je zal
da nam ne vlada vec marsal
kajti ce se vladal bi
boljse bi ziveli vsi
in ne samo izbranci
kot nasi si poslanci.
Zato vrni se Tovaris Tito
in pospravi to elito.
Fonte: http://www.fgcibelluno.altervista.org/jugo.htm
L'Italia torna ad essere civile dopo venti anni di volgarità della destra e del leghismo
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29-05-2011 LA PROMESSA DI PISAPIA: META' DELLA SQUADRA SARA' FATTA DI DONNE (CORRIERE DELLA SERA)
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29-05-2011 CONTESTATA ALL'ORATORIO LA MORATTI ATTACCA PISAPIA (LA REPUBBLICA MILANO)
29-05-2011 LA MORATTI ALL'ORATORIO, PRETE E FAMIGLIE LA ALLONTANANO (IL GIORNO MILANO)
Archivio123456>29 maggio 2011
Tutti a votare!
Scusate il ritardo di questi ultimi giorni, le pagine del diario lasciato in bianco, ma è stato come quando in un campo di calcio la palla si mette a rotolare all’impazzata, senza controllo, e tu devi seguirla a perdifiato, ovunque vada, scartare gli avversari, parare i falli, cercare i tuoi e farti aiutare perché tu sai che devi farlo, devi arrivare sotto la porta e devi segnarlo, quel gol. E non ti rimane tempo per niente altro.
Ma scusate anche il ritardo di questi ultimi anni. Davvero bastava così poco per smuovere tutto questo entusiasmo, questa passione, perfino questa felicità? Davvero bastava che un gruppo di persone dicesse “io ci metto la faccia”, e poi ce la mettesse davvero, per coinvolgere tutta una città, per riprendere in mano le fila del proprio destino di cittadini?
Per completare l’opera però è necessaria una grande partecipazione, una festa della democrazia: oggi e domani tutti a votare, ogni singolo voto è prezioso. Tutti con l’orgoglio di sentire che quello che è stato è anche merito di ognuno di noi. Come dicevano le magliette di venerdì sera: io c’ero.
shareshareshare28 maggio 2011
Pisapia infiamma i 50mila del Duomo: “E’ arrivato il nostro tempo per Milano”. Repubblica Milano
L’ultimo appello ai cinquantamila in piazza Duomo è insieme un invito e un incoraggiamento ai milanesi. A trasformare in realtà un’idea diversa di città. “Io ci credo – ha detto Giuliano Pisapia sotto la pioggia – È arrivato il nostro tempo. Abbiamo ripreso in mano il nostro destino. Non facciamocelo sfuggire. Andiamo tutti alle urne, andiamo a festeggiare la democrazia, facciamo vincere Milano”. Un discorso in cui il candidato di centrosinistra ha voluto parlare già da “sindaco di tutti”, nonostante abbia disegnato in modo chiaro le differenze con il centrodestra: “In questi anni, loro hanno seminato paura – ha spiegato – io coltiverò la fiducia. Loro non hanno avuto scrupolo nel discriminare alcuni cittadini per chiedere il voto di altri. Io non avrò scrupolo nel chiedervi di impegnarci per il bene di tutti. Hanno fatto una politica ridicola. Noi faremo una politica responsabile”.
Sul palco dove si alternano musicisti e comici, l’avvocato lancia anche un messaggio a tutti i suoi: “Voi e io non cerchiamo rivincite politiche: vogliamo contribuire a costruire una città fatta da noi, per tutti noi. Una città accogliente, una città affettuosa”. E agli altri dice: “Mi hanno accusato di non essere moderato, non capisco cosa voglia dire questa parola sulle loro labbra, questa parola che viene offesa e smentita ogni giorno da comportamenti indecenti”. Sono le ultime parole – ricamate con una citazione di don Milani – prima del silenzio elettorale. In una giornata in cui si è consumato l’ultimo duello a distanza tra i due aspiranti inquilini di Palazzo Marino.
È l’avvocato il primo ad arrivare negli studi della Rai dove è stata registrata l’ultima tribuna politica. Spazi separati con Letizia Moratti. Nessun faccia a faccia, dopo quello a Sky. Dopo l’attacco a tradimento degli ultimi secondo sferrato dal sindaco uscente. “Perché la coltellata alla schiena che ho ricevuto – spiega ancora Pisapia – non mi permette di fidarmi come non può fidarsi la città. Non intendo cadere in un altro tranello”. Poi, avanti con i punti del programma e i temi di un ballottaggio caricato dalle accuse e dalla propaganda del centrodestra. E la speranza di far tornare Milano “una città affettuosa verso gli altri e attrattiva”.
Parla di Expo, Pisapia. Di cultura: “Vorrei che, oltre ai grandi eventi, ci fossero tanti luoghi di aggregazione e di cultura che siano aperti tutto l’anno”. Dell’importanza di votare ai referendum del 12 e 13 giugno. E, da qui, anche “ascoltare i cittadini sul futuro di Ecopass”. Di sicurezza: “La ricetta del centrodestra non ha funzionato”. Del sogno che ha per la città: “Mi batterò perché nel 2015 si tenga a Milano l’idea della Conferenza mondiale dell’Onu sulle donne”. Sul Pgt è deciso. Sostiene che Milano “non abbia bisogno di più grattacieli, meno verde e più case di lusso” e promette “modifiche sostanziali, anche totali”, partendo da quel “Pgt alternativo, quello delle 4mila osservazioni scritte da associazioni e cittadini che non sono state esaminate, e questo è stato un atteggiamento antidemocratico”.
Pisapia parla anche della coalizione di centrosinistra. E, per ribadire la certezza che ha nell’unione dei partiti che lo sostengono, chiama in causa anche il concerto di chiusura del centrodestra in piazza Duomo con il forfait di Gigi D’Alessio: “Forse è la prima volta a Milano – dice – che i partiti e le liste civiche non hanno mai litigato, a differenza della Lega e del Pdl che sono divisi su tutto e che hanno litigato anche sul concerto in piazza Duomo”. L’avvocato ribadisce che i nomi della sua squadra arriveranno dopo il voto: “È il primo atto di un sindaco, ma vedrete: saranno assessori competenti, professionali e coerenti politicamente, di cui potete fidarvi”. Sull’annuncio degli assessori fatto da Letizia Moratti, invece, si limita a un commento: “Non mi sembrano nomi di grande novità, è il vecchio che avanza”. Con la sua avversaria è impietoso: “Questi sono i titoli di coda della Moratti come sindaco”. Alessia Gallione
shareshareshare27 maggio 2011
Grazie Giuliano. Grazie a tutti Voi.
Grazie.
Vi ringrazio perchè,
grazie ed insieme a molti di voi,
come molte persone ormai, a prescindere dal risultato di questa campagna elettorale,
ho rit e nel suo ambiente.
Ho cominciato a tredici anni,
nella Sicilia della fine degli anni ottanta, a lottare per le cose che mi sembrava tutti dovessero poter fare, poter vivere, liberamente.
A quel tempo, era dura per esempio, in Sicilia, lottare contro l’omofobia, specialmente quella femminile.
Era dura sostenere i diritti degli operai avvelenati dalle petrolchimiche che avevano violentato il territorio con la scusa dei posti di lavoro
era dura differenziare la mafia da coloro che non la volevano, o peggio, facevano solo finta.
Ero lì, ero piccola, ma come mi bruciava dentro quella voglia di usarmi per cercare di essere un piccolo mattoncino!Del resto, se avevano lottato i miei nonni partigiani, a Trieste, rischiando la vita per i propri ideali ( e purtroppo perdendola anche, in alcuni casi) come potevo non farlo pure io?
Poi, dopo un giro un pò largo, passando dalla Spagna ancora in mano ad Aznar,
sono tornata a Milano… dove non mi affittavano, nel 2000 (!!!) facilmente una stanza… perchè avevo un forte accento siculo.
Piano piano… ho perso la grinta,
la speranza,
il mordente.
…
E invece,
guardando oggi Milano,
e tanti, come me, che non ci credevano più,
tanti che forse avevano solo bisogno di pensare che il vento sarebbe potuto di nuovo cambiare,
di tanti che non credevano più che la profonda notte avrebbe potuto finalmente finire,
guardando la stupenda originalità di quella persona che si alza di nuovo,
come può,
con il primo scolapasta arancione che trova a casa….
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29-05-2011 RIVOLTA: "PERCHE' DA BERLUSCONIANO VOTO PISAPIA" (IL RIFORMISTA)
29-05-2011 LA PROMESSA DI PISAPIA: META' DELLA SQUADRA SARA' FATTA DI DONNE (CORRIERE DELLA SERA)
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29-05-2011 PISAPIA, VIGILIA DI RELAX. "MI RICARICO" (CORRIERE DELLA SERA MILANO)
29-05-2011 CONTESTATA ALL'ORATORIO LA MORATTI ATTACCA PISAPIA (LA REPUBBLICA MILANO)
29-05-2011 LA MORATTI ALL'ORATORIO, PRETE E FAMIGLIE LA ALLONTANANO (IL GIORNO MILANO)
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Tutti a votare!
Scusate il ritardo di questi ultimi giorni, le pagine del diario lasciato in bianco, ma è stato come quando in un campo di calcio la palla si mette a rotolare all’impazzata, senza controllo, e tu devi seguirla a perdifiato, ovunque vada, scartare gli avversari, parare i falli, cercare i tuoi e farti aiutare perché tu sai che devi farlo, devi arrivare sotto la porta e devi segnarlo, quel gol. E non ti rimane tempo per niente altro.
Ma scusate anche il ritardo di questi ultimi anni. Davvero bastava così poco per smuovere tutto questo entusiasmo, questa passione, perfino questa felicità? Davvero bastava che un gruppo di persone dicesse “io ci metto la faccia”, e poi ce la mettesse davvero, per coinvolgere tutta una città, per riprendere in mano le fila del proprio destino di cittadini?
Per completare l’opera però è necessaria una grande partecipazione, una festa della democrazia: oggi e domani tutti a votare, ogni singolo voto è prezioso. Tutti con l’orgoglio di sentire che quello che è stato è anche merito di ognuno di noi. Come dicevano le magliette di venerdì sera: io c’ero.
shareshareshare28 maggio 2011
Pisapia infiamma i 50mila del Duomo: “E’ arrivato il nostro tempo per Milano”. Repubblica Milano
L’ultimo appello ai cinquantamila in piazza Duomo è insieme un invito e un incoraggiamento ai milanesi. A trasformare in realtà un’idea diversa di città. “Io ci credo – ha detto Giuliano Pisapia sotto la pioggia – È arrivato il nostro tempo. Abbiamo ripreso in mano il nostro destino. Non facciamocelo sfuggire. Andiamo tutti alle urne, andiamo a festeggiare la democrazia, facciamo vincere Milano”. Un discorso in cui il candidato di centrosinistra ha voluto parlare già da “sindaco di tutti”, nonostante abbia disegnato in modo chiaro le differenze con il centrodestra: “In questi anni, loro hanno seminato paura – ha spiegato – io coltiverò la fiducia. Loro non hanno avuto scrupolo nel discriminare alcuni cittadini per chiedere il voto di altri. Io non avrò scrupolo nel chiedervi di impegnarci per il bene di tutti. Hanno fatto una politica ridicola. Noi faremo una politica responsabile”.
Sul palco dove si alternano musicisti e comici, l’avvocato lancia anche un messaggio a tutti i suoi: “Voi e io non cerchiamo rivincite politiche: vogliamo contribuire a costruire una città fatta da noi, per tutti noi. Una città accogliente, una città affettuosa”. E agli altri dice: “Mi hanno accusato di non essere moderato, non capisco cosa voglia dire questa parola sulle loro labbra, questa parola che viene offesa e smentita ogni giorno da comportamenti indecenti”. Sono le ultime parole – ricamate con una citazione di don Milani – prima del silenzio elettorale. In una giornata in cui si è consumato l’ultimo duello a distanza tra i due aspiranti inquilini di Palazzo Marino.
È l’avvocato il primo ad arrivare negli studi della Rai dove è stata registrata l’ultima tribuna politica. Spazi separati con Letizia Moratti. Nessun faccia a faccia, dopo quello a Sky. Dopo l’attacco a tradimento degli ultimi secondo sferrato dal sindaco uscente. “Perché la coltellata alla schiena che ho ricevuto – spiega ancora Pisapia – non mi permette di fidarmi come non può fidarsi la città. Non intendo cadere in un altro tranello”. Poi, avanti con i punti del programma e i temi di un ballottaggio caricato dalle accuse e dalla propaganda del centrodestra. E la speranza di far tornare Milano “una città affettuosa verso gli altri e attrattiva”.
Parla di Expo, Pisapia. Di cultura: “Vorrei che, oltre ai grandi eventi, ci fossero tanti luoghi di aggregazione e di cultura che siano aperti tutto l’anno”. Dell’importanza di votare ai referendum del 12 e 13 giugno. E, da qui, anche “ascoltare i cittadini sul futuro di Ecopass”. Di sicurezza: “La ricetta del centrodestra non ha funzionato”. Del sogno che ha per la città: “Mi batterò perché nel 2015 si tenga a Milano l’idea della Conferenza mondiale dell’Onu sulle donne”. Sul Pgt è deciso. Sostiene che Milano “non abbia bisogno di più grattacieli, meno verde e più case di lusso” e promette “modifiche sostanziali, anche totali”, partendo da quel “Pgt alternativo, quello delle 4mila osservazioni scritte da associazioni e cittadini che non sono state esaminate, e questo è stato un atteggiamento antidemocratico”.
Pisapia parla anche della coalizione di centrosinistra. E, per ribadire la certezza che ha nell’unione dei partiti che lo sostengono, chiama in causa anche il concerto di chiusura del centrodestra in piazza Duomo con il forfait di Gigi D’Alessio: “Forse è la prima volta a Milano – dice – che i partiti e le liste civiche non hanno mai litigato, a differenza della Lega e del Pdl che sono divisi su tutto e che hanno litigato anche sul concerto in piazza Duomo”. L’avvocato ribadisce che i nomi della sua squadra arriveranno dopo il voto: “È il primo atto di un sindaco, ma vedrete: saranno assessori competenti, professionali e coerenti politicamente, di cui potete fidarvi”. Sull’annuncio degli assessori fatto da Letizia Moratti, invece, si limita a un commento: “Non mi sembrano nomi di grande novità, è il vecchio che avanza”. Con la sua avversaria è impietoso: “Questi sono i titoli di coda della Moratti come sindaco”. Alessia Gallione
shareshareshare27 maggio 2011
Grazie Giuliano. Grazie a tutti Voi.
Grazie.
Vi ringrazio perchè,
grazie ed insieme a molti di voi,
come molte persone ormai, a prescindere dal risultato di questa campagna elettorale,
ho rit e nel suo ambiente.
Ho cominciato a tredici anni,
nella Sicilia della fine degli anni ottanta, a lottare per le cose che mi sembrava tutti dovessero poter fare, poter vivere, liberamente.
A quel tempo, era dura per esempio, in Sicilia, lottare contro l’omofobia, specialmente quella femminile.
Era dura sostenere i diritti degli operai avvelenati dalle petrolchimiche che avevano violentato il territorio con la scusa dei posti di lavoro
era dura differenziare la mafia da coloro che non la volevano, o peggio, facevano solo finta.
Ero lì, ero piccola, ma come mi bruciava dentro quella voglia di usarmi per cercare di essere un piccolo mattoncino!Del resto, se avevano lottato i miei nonni partigiani, a Trieste, rischiando la vita per i propri ideali ( e purtroppo perdendola anche, in alcuni casi) come potevo non farlo pure io?
Poi, dopo un giro un pò largo, passando dalla Spagna ancora in mano ad Aznar,
sono tornata a Milano… dove non mi affittavano, nel 2000 (!!!) facilmente una stanza… perchè avevo un forte accento siculo.
Piano piano… ho perso la grinta,
la speranza,
il mordente.
…
E invece,
guardando oggi Milano,
e tanti, come me, che non ci credevano più,
tanti che forse avevano solo bisogno di pensare che il vento sarebbe potuto di nuovo cambiare,
di tanti che non credevano più che la profonda notte avrebbe potuto finalmente finire,
guardando la stupenda originalità di quella persona che si alza di nuovo,
come può,
con il primo scolapasta arancione che trova a casa….
perchè Mladic si e D'Alema e Clinton no?
la Serbia continua a pagare la tragedia della sua esistenza. Esce dalla guerra della Jugoslavia come criminale ed invece ne è stata la vittima!
si illudono i governanti serbi che cedendo il capro espiatorio saranno perdonati di esistere! L'Impero non perdonerà alla Serbia di esistere!
Anche D'Alema e Clinton deferiti al tribunale Penale Internazionale?
http://www.youtube.com/watch?v=QolJ7c70S8Q
==========================0
A Milano la vittoria di preannunzia con l'allegria della sinistra
la sinistra è diventata ironica e capace di divertirsi?
http://www.repubblica.it/politica/2011/05/29/news/sinistra_ironia-16894646/?ref=HREA-1
si illudono i governanti serbi che cedendo il capro espiatorio saranno perdonati di esistere! L'Impero non perdonerà alla Serbia di esistere!
Anche D'Alema e Clinton deferiti al tribunale Penale Internazionale?
http://www.youtube.com/watch?v=QolJ7c70S8Q
==========================0
A Milano la vittoria di preannunzia con l'allegria della sinistra
la sinistra è diventata ironica e capace di divertirsi?
http://www.repubblica.it/politica/2011/05/29/news/sinistra_ironia-16894646/?ref=HREA-1
venerdì 27 maggio 2011
La legge trenta: una legge per violare la legge
La legge trenta: una legge per violare la legge
Anche il Papa ha ritenuto di spendersi contro il precariato che "sottrae futuro e serenità ai giovani." Sono oramai in molti ad esprimersi contro i guasti provocati dalla legge Biagi ma nessuno azzarda un gesto concreto, la proposta della sua abrogazione. Per liberare dalle catene della schiavitù milioni di persone cost
rette nelle gabbie del precariato basterebbero due cose: abrogare la legge Biagi e fissare a 1000 euro il Salario Minimo Garantito. Stabilire inoltre che nessun lavoratore a qualsiasi titolo può essere privato dei diritti garantiti dalla Costituzione come il riposo, le ferie, la remunerazione dei giorni di malattia, la pensione, gli assegni familiari. Ma questa "riforma" non sarà mai fatta dal governo Berlusconi il cui Ministro del Welfare è un killer del padronato nè potrà essere fatta da un eventuale governo di centro-sinistra. in gara con la destra per acquisire i favori della Confindustria.Il PD condivide la legge Biagi ed ha costretto la CGIL a firmarla con gli accordi del 20 luglio 2007 con il governo Prodi. A parte qualche lacrimuccia di circostanza che Napolitano ed altri notabili del Regime versano per la condizione di tantissimi giovani, non esiste una sola iniziativa per liberare l'Italia della legge Biagi e semmai viene agevolata la tendenza a farne la legge universale per l'avviamento al lavoro. Non è casuale il fatto che ogni anno Napolitano e l'oligarchia sindacale ricordino Marco Biagio con sollenne lectio magistralis in Università.
Per rimuovere questo grimaldello della giustizia sociale italiana ci vorrebbe o una rivolta cruenta dei biagizzati e degli studenti italiani in grado di spaventare l'establiscement e costringerlo a riprendere comportamenti umani, o una iniziativa della magistratura che impugni la totale illegalità delle normative e delle opzioni previste. La CGIL non alzerà mai un dito perchè essa stessa applica il precariato con i suoi dipendenti. La Cisl si vanta con Bonanni di avere addirittura immaginato e creato la legge nel 2003 con Maroni ministro del welfare. I partiti politici, le cooperative, i sindacati, le associazioni di produttori, gli enti bilaterali, migliaia e migliaia di enti applicano il precariato al loro personale e non faranno mai niente per sostituirlo con qualcosa di decente.
Il precariato è un flagello di tutte le famiglie ed in particolare di quelle della classe operaia.E' un vero e proprio choc per quanti conseguita la laurea magari con ottimi voti si vendono costretti a svendersi per pochi soldi e nessun diritto. Ne restano con le ali spezzate e l'amaro in bocca. Viene raccontata la favola di un mutamento intervento nel profondo dell'economia che incide sul mercato del lavoro. Non è vero: i posti di lavoro sono sempre quasi tutti stabili e fissi; cambia la loro erogazione che viene ora assegnata ad una manodopera a bassissimo costo e che deve essere ricattata.La condizione del lavoro precario è orami diffusa e penetrata in tutto il mondo del lavoro e tende a pervaderlo tutto. Il lavoro a tempo indeterminato è influenzato dal precariato dal momento che non ci vuole molto al padronato inventarsi una ristrutturazione dalla quale fare uscire con le ossa rotta i dipendenti costretti ad accettare una nuova condizione precarizzata e deprezzata prendere lo lasciare.
Nonostante tutto questo il padronato italiano continua a dichiararsi insoddisfatto. Vuole ancora di più. Il Presidente della Fiat il giovane Elkan ha oggi rimproverato la Confindustria di non fare abbastanza per avere ancora più "flessibilità". La Marcegaglia ha attaccato il governo dichiarandosi insoddisfatta degli ultimi dieci anni italiani. Avrebbe voluto di più. Forse i lavori forzati? Naturalmente Bersani è pronto a strizzare l'occhio alla Marcegaglia e fargli intendere che se al governo arriva lui ed il suo partito le condizioni per gli industriali saranno migliori. Più flessibilità, flessibilità ed ancora flessibilità
Forse è necessario una manifestazione come quella spagnola di Puerta del Sol e forse bisognerà andare oltre verso un conflitto sociale di nuovo tipo. Uno scontro davvero duro. La crisi dichiarata nella cantieristica ed il trasferimento della Fiat negli USA lasciano intendere che l'Italia, nella divisione internazionale del lavoro è stata destinata a perdere la manifattura pesante e l'industria di base. L'Italia viene immaginata dal capitalismo globalizzato come un'area senza aziende importanti, senza leggi, senza diritti, dove fare investimenti mordi e fuggi, dove sfruttare eserciti di persone sottopagate. L'Italia ha bisogno di fuoriuscire da questa oramai finta democrazia governata dal bipolarismo e darsi un nuovo assetto. Dopo la guerra di Libia niente sarà più come prima. L'alternativa alla rivolta è una condizione di perdita del l futuro e della stessa possibilità di sopravvivenza. E' fatale la prospettiva della rottura sociale.La vile e mostruosa borghesia italiana non lascia alternative. E' certamente la peggiore d'Europa. In Germania ed in Francia le classi imprenditoriali hanno avuto la mano più leggera. In Italia si è giunti all'assurdo di giovani costretti a pagare per lavorare...Non si può più continuare così.
Pietro Ancona
già segretario della CGIL siciliana e membro del CNEL
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
http://www.cgiamestre.com/portal/PRECARI__SONO_UN_ESERCITO_DI_QUASI_4_MILIONI_DI_PERSONE-23360-20379
Anche il Papa ha ritenuto di spendersi contro il precariato che "sottrae futuro e serenità ai giovani." Sono oramai in molti ad esprimersi contro i guasti provocati dalla legge Biagi ma nessuno azzarda un gesto concreto, la proposta della sua abrogazione. Per liberare dalle catene della schiavitù milioni di persone cost
rette nelle gabbie del precariato basterebbero due cose: abrogare la legge Biagi e fissare a 1000 euro il Salario Minimo Garantito. Stabilire inoltre che nessun lavoratore a qualsiasi titolo può essere privato dei diritti garantiti dalla Costituzione come il riposo, le ferie, la remunerazione dei giorni di malattia, la pensione, gli assegni familiari. Ma questa "riforma" non sarà mai fatta dal governo Berlusconi il cui Ministro del Welfare è un killer del padronato nè potrà essere fatta da un eventuale governo di centro-sinistra. in gara con la destra per acquisire i favori della Confindustria.Il PD condivide la legge Biagi ed ha costretto la CGIL a firmarla con gli accordi del 20 luglio 2007 con il governo Prodi. A parte qualche lacrimuccia di circostanza che Napolitano ed altri notabili del Regime versano per la condizione di tantissimi giovani, non esiste una sola iniziativa per liberare l'Italia della legge Biagi e semmai viene agevolata la tendenza a farne la legge universale per l'avviamento al lavoro. Non è casuale il fatto che ogni anno Napolitano e l'oligarchia sindacale ricordino Marco Biagio con sollenne lectio magistralis in Università.
Per rimuovere questo grimaldello della giustizia sociale italiana ci vorrebbe o una rivolta cruenta dei biagizzati e degli studenti italiani in grado di spaventare l'establiscement e costringerlo a riprendere comportamenti umani, o una iniziativa della magistratura che impugni la totale illegalità delle normative e delle opzioni previste. La CGIL non alzerà mai un dito perchè essa stessa applica il precariato con i suoi dipendenti. La Cisl si vanta con Bonanni di avere addirittura immaginato e creato la legge nel 2003 con Maroni ministro del welfare. I partiti politici, le cooperative, i sindacati, le associazioni di produttori, gli enti bilaterali, migliaia e migliaia di enti applicano il precariato al loro personale e non faranno mai niente per sostituirlo con qualcosa di decente.
Il precariato è un flagello di tutte le famiglie ed in particolare di quelle della classe operaia.E' un vero e proprio choc per quanti conseguita la laurea magari con ottimi voti si vendono costretti a svendersi per pochi soldi e nessun diritto. Ne restano con le ali spezzate e l'amaro in bocca. Viene raccontata la favola di un mutamento intervento nel profondo dell'economia che incide sul mercato del lavoro. Non è vero: i posti di lavoro sono sempre quasi tutti stabili e fissi; cambia la loro erogazione che viene ora assegnata ad una manodopera a bassissimo costo e che deve essere ricattata.La condizione del lavoro precario è orami diffusa e penetrata in tutto il mondo del lavoro e tende a pervaderlo tutto. Il lavoro a tempo indeterminato è influenzato dal precariato dal momento che non ci vuole molto al padronato inventarsi una ristrutturazione dalla quale fare uscire con le ossa rotta i dipendenti costretti ad accettare una nuova condizione precarizzata e deprezzata prendere lo lasciare.
Nonostante tutto questo il padronato italiano continua a dichiararsi insoddisfatto. Vuole ancora di più. Il Presidente della Fiat il giovane Elkan ha oggi rimproverato la Confindustria di non fare abbastanza per avere ancora più "flessibilità". La Marcegaglia ha attaccato il governo dichiarandosi insoddisfatta degli ultimi dieci anni italiani. Avrebbe voluto di più. Forse i lavori forzati? Naturalmente Bersani è pronto a strizzare l'occhio alla Marcegaglia e fargli intendere che se al governo arriva lui ed il suo partito le condizioni per gli industriali saranno migliori. Più flessibilità, flessibilità ed ancora flessibilità
Forse è necessario una manifestazione come quella spagnola di Puerta del Sol e forse bisognerà andare oltre verso un conflitto sociale di nuovo tipo. Uno scontro davvero duro. La crisi dichiarata nella cantieristica ed il trasferimento della Fiat negli USA lasciano intendere che l'Italia, nella divisione internazionale del lavoro è stata destinata a perdere la manifattura pesante e l'industria di base. L'Italia viene immaginata dal capitalismo globalizzato come un'area senza aziende importanti, senza leggi, senza diritti, dove fare investimenti mordi e fuggi, dove sfruttare eserciti di persone sottopagate. L'Italia ha bisogno di fuoriuscire da questa oramai finta democrazia governata dal bipolarismo e darsi un nuovo assetto. Dopo la guerra di Libia niente sarà più come prima. L'alternativa alla rivolta è una condizione di perdita del l futuro e della stessa possibilità di sopravvivenza. E' fatale la prospettiva della rottura sociale.La vile e mostruosa borghesia italiana non lascia alternative. E' certamente la peggiore d'Europa. In Germania ed in Francia le classi imprenditoriali hanno avuto la mano più leggera. In Italia si è giunti all'assurdo di giovani costretti a pagare per lavorare...Non si può più continuare così.
Pietro Ancona
già segretario della CGIL siciliana e membro del CNEL
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
http://www.cgiamestre.com/portal/PRECARI__SONO_UN_ESERCITO_DI_QUASI_4_MILIONI_DI_PERSONE-23360-20379
giovedì 26 maggio 2011
Catturato Comandante Serbo per ordine del TPI (leggi Obama e soci)
Tradito dalla Patria
Si è trovato il cattivissimo della guerra di jugoslavia. E' l'altro serbo che viene catturato dai suoi stessi connazionali vendutisi per entrare nella UE mentre il Capo dell'UCK governa il Kossovo con il pieno assenso dell'Occidente.Non capisco di quali colpe la Serbia dovrebbe emendarsi. Finiamola con l'ipocrisia dei coccodrilli. La Jugoslavia è stata squartata dagli USA e dal Vaticano con l'assistenza degli europei.
Sebbene stia tradendo se stessa grido sempre Viva la Serbia e viva Milosevic!
Pietro Ancona
Serbia, "arrestato Ratko Mladic"
La conferma arrivata dal presidente Tadic. Mladic sarebbe già in volo verso il Tribunale dell'Aja
foto Ap/Lapresse
CorrelatiSREBRENICA 16 ANNI DOPOCHI E' RATKO MLADICMLADIC, IL BOIA DI SREBRENICAI MORTI DI SREBRENICA18:00 - La polizia serba ha arrestato il super ricercato per genocidio e crimini contro l'umanità, Ratko Mladic. La conferma della cattura dell'ex generale è stata data dal presidente serbo Boris Tadic. L'arresto è avvenuto nel villaggio Lazarevo presso Zrenjanin (regione autonoma della Vojvodina), in Serbia, a circa 80 chilometri a nord-est di Belgrado.
"La cattura di Mladic - ha detto il presidente Tadic - è il risultato della piena cooperazione delle forze di sicurezza serbe e del lavoro di ogni persona coinvolta in questa fase. Oggi chiudiamo un capitolo della nostra storia che riporterà riconciliazione nella regione. Adesso si apriranno le porte dell'Europa. Ora la Serbia arresterà anche Goran Hadzic l'ultimo criminale di guerra ancora fuggiasco" ha quindi concluso Tadic, annunciando l'apertura di un'inchiesta per scoprire chi abbia aiutato e coperto Mladic durante la latitanza.
L'arresto sarebbe avvenuto durante "un'operazione segreta della polizia serba, condotta nella notte in territorio serbo". Mladic si nascondeva sotto il falso nome di Milorad Komadic. Secondo la tv pubblica serba Rts, Ratko Mladic sarebbe già in viaggio verso il Tribunale penale internazionale dell'Aja (Tpi).
Ricercato dal 1995, Ratko Mladic, ex generale serbo, è accusato dal Tribunale penale internazionale dell'Aia (Tpi) del genocidio di 8.000 civili musulmani a Srebrenica, in Bosnia, nel luglio 1995. L'arresto arriva il giorno seguente alla pubblicazione delle prime indiscrezioni del rapporto del Tribunale Penale Internazionale (Tpi), fondamentale, secondo alcuni degli stato membri della Ue, per candidare la Serbia all'ingresso nell'Unione.
Nel rapporto il procuratore Serge Brammertz avrebbe definito "non sufficienti" gli sforzi del paese balcanico per la cattura e la consegna dei criminali di guerra ancora latitanti, Goran Hadzic e Ratko Mladic. Mladic è il terzo degli uomini più ricercati per la guerra bosniaca ad essere assicurato alla giustizia, dopo Radovan Karadzic e Slobodan Milosevic.
L'arresto dove era segnalato da un anno
Ratko Mladic è stato arrestato non lontano da Zrenjanin, città della Voivodina, provincia autonoma della Serbia settentrionale. Già nell'aprile del 2010, un settimanale di Sarajevo, Slobodna Bosna, aveva riportato la notizia che il criminale di guerra si nascondeva in una fattoria della zona, cercando di curarsi la depressione con il duro lavoro da allevatore di mucche e vitelli. Secondo la fonte citata dal settimanale, non era la prima volta che Mladic veniva segnalato nella Voivodina, dove poteva contare su una rete di aiuti.
"Preso il più spietato boia dell'umanità"
"Ratko Mladic è uno dei più spietati boia e criminali dell'intera umanità, e la Repubblica di Croazia attende ora che sia condotto davanti alla giustizia per rispondere dei suoi crimini". Lo ha detto la premier croata Jadranka Kosor. "Questa è un'ottima notizia per tutte le vittime della politica di distruzione guidata negli anni Novanta dal presidente serbo Slobodan Milosevic", ha dichiarato Kosor aggiungendo che l'arresto di Mladic e la sua conseguente estradizione all'Aja "saranno un importante contributo alla pace tra le nazioni, costruita sulla giustizia".
Ue: importante passo avanti per la Serbia
L'arresto di Mladic è "un importante passo in avanti per la Serbia e per la giustizia internazionale". Lo ha detto l'Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza Catherine Ashton, aggiungendo che l'Ue chiede che Mladic sia trasferito all'Aja, sede del Tribunale penale internazionale, al più presto possibile.
Nato: ora si può fare giustizia
L'arresto di Ratko Mladic "offre la possibilità di fare giustizia", quasi sedici anni dopo l'accusa a suo carico per genocidio e crimini di guerra. Lo ha sottolineato il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen. Come comandante militare serbo-bosniaco, il generale Mladic, ha proseguito Rasmussen, ha "svolto un ruolo chiave in alcuni dei più oscuri episodi di Balcani e della storia europea, tra cui l'assedio di Sarajevo e il massacro di migliaia di uomini e ragazzi bosniaci a Srebrenica nel 1995".
Mladici in tribunale a Belgrado
Poche ore dopo l'arresto, Mladic è stato portato davanti al tribunale speciale per i crimini di guerra di Belgrado. Il Tribunale Penale Internazionale intanto ha confermato che Ratko Mladic sarà estradato all'Aja solo dopo il completamento dell'iter contemplato dalle leggi serbe che richiederà ancora qualche giorno.
Karadzic dispiaciuto
Radovan Karadzic, l'ex leader politico dei serbi di Bosnia sotto processo all'Aja, si è detto "dispiaciuto per la perdita di libertà del generale Mladic". Lo ha detto il suo avvocato, Peter Robinson.
Si è trovato il cattivissimo della guerra di jugoslavia. E' l'altro serbo che viene catturato dai suoi stessi connazionali vendutisi per entrare nella UE mentre il Capo dell'UCK governa il Kossovo con il pieno assenso dell'Occidente.Non capisco di quali colpe la Serbia dovrebbe emendarsi. Finiamola con l'ipocrisia dei coccodrilli. La Jugoslavia è stata squartata dagli USA e dal Vaticano con l'assistenza degli europei.
Sebbene stia tradendo se stessa grido sempre Viva la Serbia e viva Milosevic!
Pietro Ancona
Serbia, "arrestato Ratko Mladic"
La conferma arrivata dal presidente Tadic. Mladic sarebbe già in volo verso il Tribunale dell'Aja
foto Ap/Lapresse
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"La cattura di Mladic - ha detto il presidente Tadic - è il risultato della piena cooperazione delle forze di sicurezza serbe e del lavoro di ogni persona coinvolta in questa fase. Oggi chiudiamo un capitolo della nostra storia che riporterà riconciliazione nella regione. Adesso si apriranno le porte dell'Europa. Ora la Serbia arresterà anche Goran Hadzic l'ultimo criminale di guerra ancora fuggiasco" ha quindi concluso Tadic, annunciando l'apertura di un'inchiesta per scoprire chi abbia aiutato e coperto Mladic durante la latitanza.
L'arresto sarebbe avvenuto durante "un'operazione segreta della polizia serba, condotta nella notte in territorio serbo". Mladic si nascondeva sotto il falso nome di Milorad Komadic. Secondo la tv pubblica serba Rts, Ratko Mladic sarebbe già in viaggio verso il Tribunale penale internazionale dell'Aja (Tpi).
Ricercato dal 1995, Ratko Mladic, ex generale serbo, è accusato dal Tribunale penale internazionale dell'Aia (Tpi) del genocidio di 8.000 civili musulmani a Srebrenica, in Bosnia, nel luglio 1995. L'arresto arriva il giorno seguente alla pubblicazione delle prime indiscrezioni del rapporto del Tribunale Penale Internazionale (Tpi), fondamentale, secondo alcuni degli stato membri della Ue, per candidare la Serbia all'ingresso nell'Unione.
Nel rapporto il procuratore Serge Brammertz avrebbe definito "non sufficienti" gli sforzi del paese balcanico per la cattura e la consegna dei criminali di guerra ancora latitanti, Goran Hadzic e Ratko Mladic. Mladic è il terzo degli uomini più ricercati per la guerra bosniaca ad essere assicurato alla giustizia, dopo Radovan Karadzic e Slobodan Milosevic.
L'arresto dove era segnalato da un anno
Ratko Mladic è stato arrestato non lontano da Zrenjanin, città della Voivodina, provincia autonoma della Serbia settentrionale. Già nell'aprile del 2010, un settimanale di Sarajevo, Slobodna Bosna, aveva riportato la notizia che il criminale di guerra si nascondeva in una fattoria della zona, cercando di curarsi la depressione con il duro lavoro da allevatore di mucche e vitelli. Secondo la fonte citata dal settimanale, non era la prima volta che Mladic veniva segnalato nella Voivodina, dove poteva contare su una rete di aiuti.
"Preso il più spietato boia dell'umanità"
"Ratko Mladic è uno dei più spietati boia e criminali dell'intera umanità, e la Repubblica di Croazia attende ora che sia condotto davanti alla giustizia per rispondere dei suoi crimini". Lo ha detto la premier croata Jadranka Kosor. "Questa è un'ottima notizia per tutte le vittime della politica di distruzione guidata negli anni Novanta dal presidente serbo Slobodan Milosevic", ha dichiarato Kosor aggiungendo che l'arresto di Mladic e la sua conseguente estradizione all'Aja "saranno un importante contributo alla pace tra le nazioni, costruita sulla giustizia".
Ue: importante passo avanti per la Serbia
L'arresto di Mladic è "un importante passo in avanti per la Serbia e per la giustizia internazionale". Lo ha detto l'Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza Catherine Ashton, aggiungendo che l'Ue chiede che Mladic sia trasferito all'Aja, sede del Tribunale penale internazionale, al più presto possibile.
Nato: ora si può fare giustizia
L'arresto di Ratko Mladic "offre la possibilità di fare giustizia", quasi sedici anni dopo l'accusa a suo carico per genocidio e crimini di guerra. Lo ha sottolineato il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen. Come comandante militare serbo-bosniaco, il generale Mladic, ha proseguito Rasmussen, ha "svolto un ruolo chiave in alcuni dei più oscuri episodi di Balcani e della storia europea, tra cui l'assedio di Sarajevo e il massacro di migliaia di uomini e ragazzi bosniaci a Srebrenica nel 1995".
Mladici in tribunale a Belgrado
Poche ore dopo l'arresto, Mladic è stato portato davanti al tribunale speciale per i crimini di guerra di Belgrado. Il Tribunale Penale Internazionale intanto ha confermato che Ratko Mladic sarà estradato all'Aja solo dopo il completamento dell'iter contemplato dalle leggi serbe che richiederà ancora qualche giorno.
Karadzic dispiaciuto
Radovan Karadzic, l'ex leader politico dei serbi di Bosnia sotto processo all'Aja, si è detto "dispiaciuto per la perdita di libertà del generale Mladic". Lo ha detto il suo avvocato, Peter Robinson.
martedì 24 maggio 2011
giovane, coraggiosa ebrea contesta Netanjau e viene picchiata e ferita
RAE ABILEAH L'EROINA CHE ONORA GLI EBREI E HA DATO SE STESSA ALLA CAUSA DELLA PACE IN PALESTINA E DEL RISCATTO DEGLI EBREI DALLA TERRIBILE ONTA DI SANGUE
Press ReleasesVIDEOSDonate...Protesters Confront Netanyahu Inside AIPAC Gala .Protester disrupting Netanyahu in Congress arrested at hospital
On May 24, 2011, in Latest News, by Move Over AIPAC! ....1diggdiggEmailSharebar
1diggdiggEmailPolice arrested CODEPINK peace activist Rae Abileah at the George Washington University Hospital in Washington DC. Abileah was taken to the hospital after having been assaulted and tackled to the ground by AIPAC members of the audience in the House Gallery during Israel Prime Minister Netanyahu’s speech to Congress.
Abileah interrupted Netanyahu with a banner that said “Occupying Land Is Indefensible” and shouting, “No more occupation, stop Israel war crimes, equal rights for Palestinians, occupation is indefensible.” She rose up to speak out just after the Prime Minister talked about the youth around the world rising up for more democracy.
As this 28-year-old Jewish American woman spoke out for the human rights of Palestinians, other members of the audience—wearing badges from the conference of the American-Israel Public Affairs Committee—brutally attacked her. The police then dragged her out of the Gallery and took her to the George Washington University Hospital, where she was being treating for neck and shoulder injuries.
“I am in great pain, but this is nothing compared to the pain and suffering that Palestinians go through on a regular basis,” said Abileah from her hospital bed. “I have been to Gaza and the West Bank, I have seen Palestinians homes bombed and bulldozed, I have talked to mothers whose children have been killed during the invasion of Gaza, I have seen the Jewish-only roads leading to ever-expanding settlements in the West Bank. This kind of colonial occupation cannot continue. As a Jew and a U.S. citizen, I feel obligated to rise up and speak out against stop these crimes being committed in my name and with my tax dollars.”
Abileah explained that she stands in solidarity with the Palestinian and Israeli activists who are routinely jailed and beaten for speaking out for democracy.
see press release and videos: http://bit.ly/lUU82f
Photo available for use: http://bit.ly/jBbsdp
Jewish protester disrupts Netanyahu During Congressional Address
During the Joint Session of Congress while Prime Minister Netanyahu was speaking, Rae Abileah stood up from the gallery and shouted “Stop Israeli War Crimes.”
See video: http://www.youtube.com/watch?v=LYXSLA7Cr2E
From the peace group CODEPINK, Rae is a 28 yr. old Jewish American of Israeli descent. She has traveled to Israel, the West Bank and Gaza and witnessed firsthand the reality of occupation and oppression. “Prime Minister Netanyahu says that the 1967 borders are indefensible. But what is really indefensible is the occupation of land, the starvation of Gaza, the jailing of dissenters and the lack of equal rights in the alleged Israeli democracy. As a Jew and an American taxpayer, I can’t be silent when these crimes are being committed in my name and with my tax money.”
Ms. Abileah grew up on Half Moon Bay and presently lives in San Francisco. She was arrested and charged with disrupting Congress. Upon release, she can be reached at 415-994-1723 begin_of_the_skype_highlighting 415-994-1723 end_of_the_skype_highlighting.
This protest is part of the week-long series of actions, organized by CODEPINK as part of a coalition of groups gathered in Washington D.C. for a campaign named Move Over AIPAC. During Netanyahu’s speech to AIPAC yesterday, 5 individuals interrupted Netanyahu and were removed from the building (see: http://bit.ly/aipac2011).
See other videos and news:
CNN | Heckler interrupts Israeli PM Netanyahu
ABC News | Benjamin Netanyahu heckled in Congress
Ha’aretz | Heckler yells ‘stop Israeli war crimes’ during Netanyahu’s speech to Congress
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Over 100 organizations have endorsed Move Over AIPAC
See full list of endorsers
Partial list of endorsers:
Adalah-NY: The Coalition for Justice in the Middle East
American Muslims for Palestine
Build Bridges Not Walls
Citizens for Justice in the Middle East
CODEPINK Women for Peace
Committee for Palestinian Rights
Fellowship of Reconciliation
Friends of Palestine
Friends of Sabeel--North America
Global Exchange
International Solidarity Movement Israeli Committee Against House Demolitions USA
Jewish Voice for Peace
Middle East Children's Alliance
Middle East Peace Now
Network of Spiritual Progressives
NorCal Friends of Sabeel
Progressive Democrats of America
Philly BDS
The Rachel Corrie Foundation for Peace and Justice
Students for Justice in Palestine on many campuses
Unitarian Universalists for Justice in the Middle East
United for Peace and Justice
United National Antiwar Committee
The US Peace Council
US Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel
US Campaign to End the Israeli Occupation
US Palestinian Community Network (USPCN)
Go To Top »....." Activist Rae Abileah who disrupted Netanyahu's speech in Congress injured by guards, arrested at hospital http://j.mp/kBsf6z @AJEnglish @cnn " — codepinkalert
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On May 24, 2011, in Latest News, by Move Over AIPAC! ....1diggdiggEmailSharebar
1diggdiggEmailPolice arrested CODEPINK peace activist Rae Abileah at the George Washington University Hospital in Washington DC. Abileah was taken to the hospital after having been assaulted and tackled to the ground by AIPAC members of the audience in the House Gallery during Israel Prime Minister Netanyahu’s speech to Congress.
Abileah interrupted Netanyahu with a banner that said “Occupying Land Is Indefensible” and shouting, “No more occupation, stop Israel war crimes, equal rights for Palestinians, occupation is indefensible.” She rose up to speak out just after the Prime Minister talked about the youth around the world rising up for more democracy.
As this 28-year-old Jewish American woman spoke out for the human rights of Palestinians, other members of the audience—wearing badges from the conference of the American-Israel Public Affairs Committee—brutally attacked her. The police then dragged her out of the Gallery and took her to the George Washington University Hospital, where she was being treating for neck and shoulder injuries.
“I am in great pain, but this is nothing compared to the pain and suffering that Palestinians go through on a regular basis,” said Abileah from her hospital bed. “I have been to Gaza and the West Bank, I have seen Palestinians homes bombed and bulldozed, I have talked to mothers whose children have been killed during the invasion of Gaza, I have seen the Jewish-only roads leading to ever-expanding settlements in the West Bank. This kind of colonial occupation cannot continue. As a Jew and a U.S. citizen, I feel obligated to rise up and speak out against stop these crimes being committed in my name and with my tax dollars.”
Abileah explained that she stands in solidarity with the Palestinian and Israeli activists who are routinely jailed and beaten for speaking out for democracy.
see press release and videos: http://bit.ly/lUU82f
Photo available for use: http://bit.ly/jBbsdp
Jewish protester disrupts Netanyahu During Congressional Address
During the Joint Session of Congress while Prime Minister Netanyahu was speaking, Rae Abileah stood up from the gallery and shouted “Stop Israeli War Crimes.”
See video: http://www.youtube.com/watch?v=LYXSLA7Cr2E
From the peace group CODEPINK, Rae is a 28 yr. old Jewish American of Israeli descent. She has traveled to Israel, the West Bank and Gaza and witnessed firsthand the reality of occupation and oppression. “Prime Minister Netanyahu says that the 1967 borders are indefensible. But what is really indefensible is the occupation of land, the starvation of Gaza, the jailing of dissenters and the lack of equal rights in the alleged Israeli democracy. As a Jew and an American taxpayer, I can’t be silent when these crimes are being committed in my name and with my tax money.”
Ms. Abileah grew up on Half Moon Bay and presently lives in San Francisco. She was arrested and charged with disrupting Congress. Upon release, she can be reached at 415-994-1723 begin_of_the_skype_highlighting 415-994-1723 end_of_the_skype_highlighting.
This protest is part of the week-long series of actions, organized by CODEPINK as part of a coalition of groups gathered in Washington D.C. for a campaign named Move Over AIPAC. During Netanyahu’s speech to AIPAC yesterday, 5 individuals interrupted Netanyahu and were removed from the building (see: http://bit.ly/aipac2011).
See other videos and news:
CNN | Heckler interrupts Israeli PM Netanyahu
ABC News | Benjamin Netanyahu heckled in Congress
Ha’aretz | Heckler yells ‘stop Israeli war crimes’ during Netanyahu’s speech to Congress
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Over 100 organizations have endorsed Move Over AIPAC
See full list of endorsers
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American Muslims for Palestine
Build Bridges Not Walls
Citizens for Justice in the Middle East
CODEPINK Women for Peace
Committee for Palestinian Rights
Fellowship of Reconciliation
Friends of Palestine
Friends of Sabeel--North America
Global Exchange
International Solidarity Movement Israeli Committee Against House Demolitions USA
Jewish Voice for Peace
Middle East Children's Alliance
Middle East Peace Now
Network of Spiritual Progressives
NorCal Friends of Sabeel
Progressive Democrats of America
Philly BDS
The Rachel Corrie Foundation for Peace and Justice
Students for Justice in Palestine on many campuses
Unitarian Universalists for Justice in the Middle East
United for Peace and Justice
United National Antiwar Committee
The US Peace Council
US Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel
US Campaign to End the Israeli Occupation
US Palestinian Community Network (USPCN)
Go To Top »....." Activist Rae Abileah who disrupted Netanyahu's speech in Congress injured by guards, arrested at hospital http://j.mp/kBsf6z @AJEnglish @cnn " — codepinkalert
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Non basta sconfiggere Berlusconi
Non basta sconfiggere Berlusconi
Numerosi sono i commenti al rapporto Istat 2010 che descrive una Italia in declino ed in certi settori addirittura boccheggiante. La presentazione del rapporto ha coinciso con una relazione della Corte dei Conti che diffida dalla riduzione del carico fiscale almeno per i prossimi dieci anni e con gravi notizie che giungono dalla cantieristica italiana con la proposta di smobilitazione dei cantieri di Castellammare e Genova.
Molti si affrettano ad attribuire la responsabilità del disastro soltanto al governo Berlusconi ed alla linea di rigore acefalo del Ministro Tremonti. Ma input notevoli all'impoverimento del paese giungono da organismi internazionali come l'Ocse, il FMI e la stessa UE che sembrano ossessionati del conseguimento di obiettivi di riduzione della spesa pubblica e dei salari. C'è sempre un enorme dito dietro l'Italia che le intima a non fare la fine della Grecia ed il peso sulle scelte economiche nazionali di Mastricth e di Lisbona sta diventando davvero opprimente. Inoltre altre responsabilità sono legate alla egemonia della ideologia liberista sia nel governo come nell'opposizione che ha creato una situazione per certi versi surreale e grottesca: l'opposizione non rimprovera al governo di essere liberista ma di applicare male il liberismo proponendosi come migliore esecutrice dei dettati che imperano nell'Occidente e che stanno creando problemi gravi a centinaia di milioni di lavoratori e di appartenenti al ceto medio. Bersani non rimprovera a Berlusconi le liberalizzazioni, ma la loro cattiva realizzazione. L'opposizione non si rende conto che l'Italia ha bisogno di fare stare relativamente bene tutta la sua popolazione e che la spinta feroce della dottrina "l'uomo vale quello che produce" può anche abbassare i costi alla Fiat ma tutta Pomigliano d'Arco e Torino vivranno peggio con meno operai e pagati male. Esiste una economia complessiva da alimentare. Si possono avere aziende ricche in un paese poverissimo e maltrattato. E' questo c he vogliamo? Vogliamo una Suv costosa ma competitiva realizzata da operai a 1100 euro al mese? Non sarebbe meglio produrre cose accessibili a tutti pagando meglio i lavoratori che le producono?
La responsabilità del declino italiano è anche da attribuire alla voglia dei comunisti di farsi perdonare di essere tali. Dopo la caduta del muro di Berlino e l'abiura della Bolognina del gruppo dirigente nazionale c'è stata una corsa febbrile alla smobilitazione del cardine fondamentale del benessere italiano: l'industria pubblica. I maggiori economisti del PCI hanno teorizzato le privatizzazioni. Inoltre Prodi ha liquidato grande parte del patrimonio pubblico in pochi mesi. Molti settori sono quasi spariti del tutto come l'acciaio e la chimica ed il sistema delle Partecipazioni Statali criminalizzato e sfottuto come quello dei panettoni di Stato è stato smantellato. Una enorme capacità scientifica ed economica è andata perduta. Ora ci restano soltanto l'ENI e la Finmeccanica ma la guerra di Libia forse le ridurranno a pezzi.
Gli accordi di concertazione del 93 con la triangolazione sindacati-governo-padronato hanno rovinato venticinque milioni di lavoratori che, dopo avere perduto la scala mobile, sono obbligati a chiedere aumenti salariali soltanto dentro i margini della "inflazione programmata". Dal 93 ad oggi questo infernale marchingegno ha ribassato di almeno il quaranta per cento la massa salariale italiana che è passata dal 68 per cento del PIL al 56 per cento ed ora è di nuovo in picchiata dopo la crisi del ccnl e la pratica delle deroghe.
Cgil Cisl UIL condividono responsabilità gravissime nel precariato imposto a sei milioni di giovani ed ora esteso a tutti i nuovi assunti. Hanno anche la faccia di bronzo di celebrare una volta l'anno i padri della precarietà come D'Antona o Biagi.
Per rovesciare la situazione non basta mandare a casa il governo Berlusconi. Bisogna abbracciare una nuova dottrina che abbia molti elementi di socialismo e che sia capace di strutturare azioni di alta utilità sociale. Bisogna abrogare la legge Biagi, fissare un Minimo Salariale Garantito, ripubblicizzare subito settori essenziali come le ferrovie e le comunicazioni. Ma il PD ed i suoi alleati sono ora e sempre iperliberisti!!!
Il programma elaborato dalla Plaza de Sol spagnola, a differenza di quelli del popolo viola e della meschinella opposizione italiana, contiene elementi di grande interesse e che riguardano anche il sistema politico. Liberismo e bipolarismo sono inscindibili. Se si vuole democrazia economica ci vuole un sistema elettorale proporzionale. Gli spagnoli hanno capito un nesso fondamentale della modernità.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
Numerosi sono i commenti al rapporto Istat 2010 che descrive una Italia in declino ed in certi settori addirittura boccheggiante. La presentazione del rapporto ha coinciso con una relazione della Corte dei Conti che diffida dalla riduzione del carico fiscale almeno per i prossimi dieci anni e con gravi notizie che giungono dalla cantieristica italiana con la proposta di smobilitazione dei cantieri di Castellammare e Genova.
Molti si affrettano ad attribuire la responsabilità del disastro soltanto al governo Berlusconi ed alla linea di rigore acefalo del Ministro Tremonti. Ma input notevoli all'impoverimento del paese giungono da organismi internazionali come l'Ocse, il FMI e la stessa UE che sembrano ossessionati del conseguimento di obiettivi di riduzione della spesa pubblica e dei salari. C'è sempre un enorme dito dietro l'Italia che le intima a non fare la fine della Grecia ed il peso sulle scelte economiche nazionali di Mastricth e di Lisbona sta diventando davvero opprimente. Inoltre altre responsabilità sono legate alla egemonia della ideologia liberista sia nel governo come nell'opposizione che ha creato una situazione per certi versi surreale e grottesca: l'opposizione non rimprovera al governo di essere liberista ma di applicare male il liberismo proponendosi come migliore esecutrice dei dettati che imperano nell'Occidente e che stanno creando problemi gravi a centinaia di milioni di lavoratori e di appartenenti al ceto medio. Bersani non rimprovera a Berlusconi le liberalizzazioni, ma la loro cattiva realizzazione. L'opposizione non si rende conto che l'Italia ha bisogno di fare stare relativamente bene tutta la sua popolazione e che la spinta feroce della dottrina "l'uomo vale quello che produce" può anche abbassare i costi alla Fiat ma tutta Pomigliano d'Arco e Torino vivranno peggio con meno operai e pagati male. Esiste una economia complessiva da alimentare. Si possono avere aziende ricche in un paese poverissimo e maltrattato. E' questo c he vogliamo? Vogliamo una Suv costosa ma competitiva realizzata da operai a 1100 euro al mese? Non sarebbe meglio produrre cose accessibili a tutti pagando meglio i lavoratori che le producono?
La responsabilità del declino italiano è anche da attribuire alla voglia dei comunisti di farsi perdonare di essere tali. Dopo la caduta del muro di Berlino e l'abiura della Bolognina del gruppo dirigente nazionale c'è stata una corsa febbrile alla smobilitazione del cardine fondamentale del benessere italiano: l'industria pubblica. I maggiori economisti del PCI hanno teorizzato le privatizzazioni. Inoltre Prodi ha liquidato grande parte del patrimonio pubblico in pochi mesi. Molti settori sono quasi spariti del tutto come l'acciaio e la chimica ed il sistema delle Partecipazioni Statali criminalizzato e sfottuto come quello dei panettoni di Stato è stato smantellato. Una enorme capacità scientifica ed economica è andata perduta. Ora ci restano soltanto l'ENI e la Finmeccanica ma la guerra di Libia forse le ridurranno a pezzi.
Gli accordi di concertazione del 93 con la triangolazione sindacati-governo-padronato hanno rovinato venticinque milioni di lavoratori che, dopo avere perduto la scala mobile, sono obbligati a chiedere aumenti salariali soltanto dentro i margini della "inflazione programmata". Dal 93 ad oggi questo infernale marchingegno ha ribassato di almeno il quaranta per cento la massa salariale italiana che è passata dal 68 per cento del PIL al 56 per cento ed ora è di nuovo in picchiata dopo la crisi del ccnl e la pratica delle deroghe.
Cgil Cisl UIL condividono responsabilità gravissime nel precariato imposto a sei milioni di giovani ed ora esteso a tutti i nuovi assunti. Hanno anche la faccia di bronzo di celebrare una volta l'anno i padri della precarietà come D'Antona o Biagi.
Per rovesciare la situazione non basta mandare a casa il governo Berlusconi. Bisogna abbracciare una nuova dottrina che abbia molti elementi di socialismo e che sia capace di strutturare azioni di alta utilità sociale. Bisogna abrogare la legge Biagi, fissare un Minimo Salariale Garantito, ripubblicizzare subito settori essenziali come le ferrovie e le comunicazioni. Ma il PD ed i suoi alleati sono ora e sempre iperliberisti!!!
Il programma elaborato dalla Plaza de Sol spagnola, a differenza di quelli del popolo viola e della meschinella opposizione italiana, contiene elementi di grande interesse e che riguardano anche il sistema politico. Liberismo e bipolarismo sono inscindibili. Se si vuole democrazia economica ci vuole un sistema elettorale proporzionale. Gli spagnoli hanno capito un nesso fondamentale della modernità.
Pietro Ancona
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una poesia palestinese in memoria di Vittorio
Agenzia Stampa InfoPal - Notizie, Cultura, Politica, Società dalla Palestina
'Vittorio, Viktor, alzati'. Di Samih al Qasim
Scritto il 2011-05-24 in News
Di Samih al Qasim.
"A Vittorio Arrigoni".
Vittorio, Viktor,
alzati da quella bara di mogano,
alzati, alzati dalla tomba, e guarda.
Vittorio Arrigoni,
ecco il tuo sangue caldo,
dal mio corpo trasuda,
si insinua nelle parole,
e scivola, scivola dalle mie parole.
Vittorio,
eccoti con la kufiyya,
bandiera degli uomini liberi
e porta della libertà.
Porta che si allarga sempre di più,
sorvolando, sorvolando gli assedi delle mura fasciste.
Al di là, al di là di tutto,
Vittorio,
al di là anche dei tristi rituali mistici dei sufi.
Una ragazza di Gaza, una ragazza araba,
ti piange, ti piange con la disperazione di una sorella,
di una sorella palestinese,
in nome del popolo, in nome della patria, in nome dell’umanità
e ti stampa un bacio,
è un bacio libero, sulla tua fronte
e ti stringe la mano destra nella sua mano,
nella festa della resurrezione di tutti i martiri,
dalla tomba della catastrofe cieca
e dalle carceri degli occupanti,
nel giorno del sorgere dei simboli della verità eterna,
e nell’alba della libertà.
Vittorio Arrigoni, Vittorio Arrigoni,
sei come una rosa moscata,
un fiore, un fiore d’Italia.
La tua ferita, la tua ferita nella terra della Palestina usurpata,
nei profondi significati di Gerusalemme,
e nelle canzoni di Gerusalemme.
Lui è un amico delle palme, un amico del sole,
è amico della bandiera rivoluzionaria,
un fratello dell’internazionalismo.
Vittorio,
uccello del paradiso, Vittorio,
l’ulivo è il tuo spirito
ed è una patria eterna.
L’eco della tua voce rimane eterna,
la tua ombra è un pergolato davanti alla porta di casa.
Tu sei come un falco, un falco negli spazi magici,
le tue ali sono la sincerità delle tue buone intenzioni.
Vittorio, Vittorio, Viktor,
alzati e guarda.
Consola la tua sofferenza in noi,
e ricorda, ricordati che sei ancora la coscienza dell’umanità.
I semi del tuo sangue sono ancora vivi,
è tutto vivo ancora nello spirito,
vive nel popolo, vive in tutti gli angeli della terra,
vive, vive, vive in tutti noi.
Vittorio, Viktor, Vittorio,
sofferenza, nostalgia, pace, salute...
Questa è la poesia inedita recitata dal poeta palestinesi Samih al Qasim domenica 15 maggio, al Salone del Libro di Torino.
"Una poesia rap in memoria dell’uomo e martire Vittorio Arrigoni, conosciuto nella striscia di Gaza con due nomi, Vittorio e Viktor”, come ha spiegato il grande poeta palestinese.
La traduzione in italiano è della professoressa Isabella Camera d'Afflitto, di alcuni membri della comunità palestinese, e di Lucy Ladikoff, già traduttrice per al-Qasim.
http://www.arabismo.it/?area=letteratura&menu=narrativa&pag=alqasim
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E' permessa la riproduzione previa citazione della fonte "Agenzia stampa Infopal - www.infopal.it"
Notizie principali
2011-05-24
'Vittorio, Viktor, alzati'. Di Samih al Qasim...
© Copyright Agenzia Stampa Infopal.it - Sede legale dell'Associazione Infopal e dell'Agenzia Stampa Infopal.it: via Bolzaneto 19/2 - 16162 Genova
'Vittorio, Viktor, alzati'. Di Samih al Qasim
Scritto il 2011-05-24 in News
Di Samih al Qasim.
"A Vittorio Arrigoni".
Vittorio, Viktor,
alzati da quella bara di mogano,
alzati, alzati dalla tomba, e guarda.
Vittorio Arrigoni,
ecco il tuo sangue caldo,
dal mio corpo trasuda,
si insinua nelle parole,
e scivola, scivola dalle mie parole.
Vittorio,
eccoti con la kufiyya,
bandiera degli uomini liberi
e porta della libertà.
Porta che si allarga sempre di più,
sorvolando, sorvolando gli assedi delle mura fasciste.
Al di là, al di là di tutto,
Vittorio,
al di là anche dei tristi rituali mistici dei sufi.
Una ragazza di Gaza, una ragazza araba,
ti piange, ti piange con la disperazione di una sorella,
di una sorella palestinese,
in nome del popolo, in nome della patria, in nome dell’umanità
e ti stampa un bacio,
è un bacio libero, sulla tua fronte
e ti stringe la mano destra nella sua mano,
nella festa della resurrezione di tutti i martiri,
dalla tomba della catastrofe cieca
e dalle carceri degli occupanti,
nel giorno del sorgere dei simboli della verità eterna,
e nell’alba della libertà.
Vittorio Arrigoni, Vittorio Arrigoni,
sei come una rosa moscata,
un fiore, un fiore d’Italia.
La tua ferita, la tua ferita nella terra della Palestina usurpata,
nei profondi significati di Gerusalemme,
e nelle canzoni di Gerusalemme.
Lui è un amico delle palme, un amico del sole,
è amico della bandiera rivoluzionaria,
un fratello dell’internazionalismo.
Vittorio,
uccello del paradiso, Vittorio,
l’ulivo è il tuo spirito
ed è una patria eterna.
L’eco della tua voce rimane eterna,
la tua ombra è un pergolato davanti alla porta di casa.
Tu sei come un falco, un falco negli spazi magici,
le tue ali sono la sincerità delle tue buone intenzioni.
Vittorio, Vittorio, Viktor,
alzati e guarda.
Consola la tua sofferenza in noi,
e ricorda, ricordati che sei ancora la coscienza dell’umanità.
I semi del tuo sangue sono ancora vivi,
è tutto vivo ancora nello spirito,
vive nel popolo, vive in tutti gli angeli della terra,
vive, vive, vive in tutti noi.
Vittorio, Viktor, Vittorio,
sofferenza, nostalgia, pace, salute...
Questa è la poesia inedita recitata dal poeta palestinesi Samih al Qasim domenica 15 maggio, al Salone del Libro di Torino.
"Una poesia rap in memoria dell’uomo e martire Vittorio Arrigoni, conosciuto nella striscia di Gaza con due nomi, Vittorio e Viktor”, come ha spiegato il grande poeta palestinese.
La traduzione in italiano è della professoressa Isabella Camera d'Afflitto, di alcuni membri della comunità palestinese, e di Lucy Ladikoff, già traduttrice per al-Qasim.
http://www.arabismo.it/?area=letteratura&menu=narrativa&pag=alqasim
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2011-05-24
'Vittorio, Viktor, alzati'. Di Samih al Qasim...
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lunedì 23 maggio 2011
quattro Impositori di Tasse: Comune, Provincia, Regione, Stato
Quattro Impositori di Tasse: Comune, provincia, Regione, Stato.....
.pubblicata da Pietro Ancona il giorno lunedì 23 maggio 2011 alle ore 18.59.
se i "padani "leggessero i decreti per il federalismo si armerebbero di forconi per cacciare via tutti i leghisti che incontrano sulla loro strada. Leggete per favore i decreti. Intanto prendetevi questa perla:
....."statuto ordinario e dispone la contestuale soppressione dei trasferimenti statali. A tal fine si dispone che a decorrere dal 2013 venga rideterminata l’addizionale regionale all’Irpef, con corrispondente riduzione delle aliquote Irpef di competenza statale, al fine di mantenere inalterato il prelievo fiscale a carico del contribuente; la rideterminazione deve comunque garantire alle regioni entrate equivalenti alla soppressione sia dei trasferimenti statali che della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina, entrambe disposte dal provvedimento. All’aliquota così rideterminata si aggiungono le eventuali maggiorazioni dell’addizionale, attualmente pari all’ 0,9%, che ciascuna regione può effettuare nel limite dello 0,5% fino al 2013, dell’1,1% per il 2014 e del 2,1% dal 2015; qualora peraltro la maggiorazione sia superiore allo 0,5% la parte eccedente tale quota non si applica ai contribuenti titolari di redditi ricadenti nel primo scaglione di reddito (fino a 15.000 euro)."
escludendo coloro che guadagnano meno di 15 mila euro tutti gli altri saranno tosati come montoni
.pubblicata da Pietro Ancona il giorno lunedì 23 maggio 2011 alle ore 18.59.
se i "padani "leggessero i decreti per il federalismo si armerebbero di forconi per cacciare via tutti i leghisti che incontrano sulla loro strada. Leggete per favore i decreti. Intanto prendetevi questa perla:
....."statuto ordinario e dispone la contestuale soppressione dei trasferimenti statali. A tal fine si dispone che a decorrere dal 2013 venga rideterminata l’addizionale regionale all’Irpef, con corrispondente riduzione delle aliquote Irpef di competenza statale, al fine di mantenere inalterato il prelievo fiscale a carico del contribuente; la rideterminazione deve comunque garantire alle regioni entrate equivalenti alla soppressione sia dei trasferimenti statali che della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina, entrambe disposte dal provvedimento. All’aliquota così rideterminata si aggiungono le eventuali maggiorazioni dell’addizionale, attualmente pari all’ 0,9%, che ciascuna regione può effettuare nel limite dello 0,5% fino al 2013, dell’1,1% per il 2014 e del 2,1% dal 2015; qualora peraltro la maggiorazione sia superiore allo 0,5% la parte eccedente tale quota non si applica ai contribuenti titolari di redditi ricadenti nel primo scaglione di reddito (fino a 15.000 euro)."
escludendo coloro che guadagnano meno di 15 mila euro tutti gli altri saranno tosati come montoni
domenica 22 maggio 2011
il dr.Stranamore alla Casa Bianca
Il Dr.Stranamore alla Casa Bianca
Non riesco proprio a capire le ragioni per le quali una parte della sinistra italiana , seppur con timidezza e con gli occhi bassi, continui a sostenere Obama. Ha aggredito assieme a Cameron e Sarkozy la Libia senza tentare un minimo di discussione con Gheddafi al quale ha intimato subito di andarsene dal suo paese oppure di morire sotto le maceri
e dei bombardamenti. La ragione dell'assalto alla Libia è stata che Gheddafi sparava al "suo stesso popolo". Una menzogna. Non si resiste per mesi all'aggressione degli eserciti della Nato senza il sostegno della popolazione. Gheddafi ha il sostegno del suo popolo mentre non si può escludere che i "rivoltosi", riconosciuti dal mondo occidentale fino allo scandalo della signora Ashton che vuole aprire la rappresentanza diplomatica europea a Bengasi, non solo sparano contro il loro popolo ma invocano l'invasione di terra degli alleati pur di distruggere Gheddafi e con lui lo stato libico.
Ora Obama si inventa (dopo dieci anni) che Iran ed Hezbollah sono i responsabili degli attentati dell'11 settembre. Bisognava prima far morire Bin Laden per aprire questo inaspettato scenario su uno dei più gravi fatti della storia moderna che ha già causato milioni di morti in Afghanistan ed in Iraq. Un fatto che è difficile accettarlo come attentato terroristico perchè è un colossale false flag. Basterebbe pensare che se i grattacieli non fossero stati minuziosamente minati da qualcuno ci avrebbero messo giorni prima di cadere in polvere. Da aggiungere che tracce di esplosivo sono state trovate nelle macerie. Gli Hezbollah sono una forza regionale, l'unica che ha inflitto ad Israele l'umiliazione di una sconfitta e tuttora sono un cuneo tra Israele e le sue mire espansionistiche sul Libano. L'Iran è la più popolosa nazione del medio oriente non infiltrata da basi militari americane e perseguitata con discriminazioni dalla cosidetta "comunità" internazionale su istigazione degli Usa. Obama si dichiara disponibile a fare uccidere un presunto capo terrorista anche violando la sovranità di una nazione come è stato fatto in Pakistan ritenendo suo dovere primario rassicurare gli USA. Dichiara pericolosa per la pace nel medio oriente l'unità del popolo palestinese. Minaccia la Siria. La pagliacciata delle occhiatacce a Netanjau sui confini del 67 è durata meno di ventiquattrore. All'incontro con una potente lobby ebraica si è rimangiato tutto.
Insomma, il Capo della Casa Bianca tiene il tempio di Giano con le porte sempre spalancate e sembra alla ricerca costante di cani ai quali raddrizzare le zampe. Mentre gli antichi romani si dedicavano alle conquiste di popoli che poi univano all'impero assicurando la pace, le guerre degli USA di oggi non sempre hanno una logica e servono soltanto a giustificare il loro immenso apparato militare che costa milioni di dollari al giorno. Dopo dieci anni di guerra in Iraq che cosa hanno ottenuto gli Usa? Non certo il sostegno del popolo irakeno ma soltanto una immensa base militare di cemento armato costruita nel cuore della millenaria Bagdad. Tutte le guerre USA appaiono illogiche, ingiustificate se non come preparazione alla grande guerra contro la Cina e la Russia. Il progetto USA è la dominazione del mondo e non è molto dissimile nelle motivazioni da quello di Hitler.
C'è anche da temere l'uso di bombe atomiche "tattiche", intanto tutti i proiettili finora sparati in tutti i teatri di guerra contengono uranio impoverito diffusore di cancro tra la popolazione e di malformazioni genetiche gravissime a coloro che ancora debbono nascere.
Anche gli strumenti finanziari sono usati per tenere in tensione ansiosa il mondo. Basta pensare alle ricorrenti campagne contro i paesi del cosidetto PIGS. La Grecia ridotta a pane ed acqua per pagare interessi usurai agli organismi internazionali controllati dagli USA.
La resistenza di Cina, Brasile, India, Russia è ancora troppo debole. Pur rappresentando la maggioranza del genere umano il Bric non sembra in grado finora di frenare l'iniziativa belligerante degli USA e dei loro alleati Nato, né di impedire i massacri e la distruzione di tanti beni.
Colpisce il fatto che dentro gli USA non ci siano movimenti di opposizione alla guerra ed anche alle politiche di immiserimento praticate da Barak Obama. Questi sottrae fondi al welfare per destinarle ai progetti folli dei generali del pentagono. La sua riforma sanitaria è stata una pagliacciata che ha procurato enormi vantaggi alle assicurazioni che hanno in mano la salute degli americani.
E' come se la vita civile dentro gli USA si fosse spenta e tutti sono dietro ad agitare bandierine di carta a stelle e strisce ed a versare lacrime estorte da una emotività artificiale creata dai massmedia sull'undici settembre.
Sembra che la profezia di Stanley Kubrik si sia avverata: il Dr.Stranamore è arrivato alla Casa Bianca. Negli USA non ci sono più resistenze capaci di fare da antidoto alla folle avventura di guerre continue. La democrazia americana è morta da tempo. Gli unici movimenti sono quelli contro i diritti delle persone del cosidetto thea. La cultura,
gli intellettuali liberal i movimenti liberal sono scomparsi. Dominano soltanto le Lobby degli ebrei e delle armi. I neocon hanno conquistato l'Impero.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
Non riesco proprio a capire le ragioni per le quali una parte della sinistra italiana , seppur con timidezza e con gli occhi bassi, continui a sostenere Obama. Ha aggredito assieme a Cameron e Sarkozy la Libia senza tentare un minimo di discussione con Gheddafi al quale ha intimato subito di andarsene dal suo paese oppure di morire sotto le maceri
e dei bombardamenti. La ragione dell'assalto alla Libia è stata che Gheddafi sparava al "suo stesso popolo". Una menzogna. Non si resiste per mesi all'aggressione degli eserciti della Nato senza il sostegno della popolazione. Gheddafi ha il sostegno del suo popolo mentre non si può escludere che i "rivoltosi", riconosciuti dal mondo occidentale fino allo scandalo della signora Ashton che vuole aprire la rappresentanza diplomatica europea a Bengasi, non solo sparano contro il loro popolo ma invocano l'invasione di terra degli alleati pur di distruggere Gheddafi e con lui lo stato libico.
Ora Obama si inventa (dopo dieci anni) che Iran ed Hezbollah sono i responsabili degli attentati dell'11 settembre. Bisognava prima far morire Bin Laden per aprire questo inaspettato scenario su uno dei più gravi fatti della storia moderna che ha già causato milioni di morti in Afghanistan ed in Iraq. Un fatto che è difficile accettarlo come attentato terroristico perchè è un colossale false flag. Basterebbe pensare che se i grattacieli non fossero stati minuziosamente minati da qualcuno ci avrebbero messo giorni prima di cadere in polvere. Da aggiungere che tracce di esplosivo sono state trovate nelle macerie. Gli Hezbollah sono una forza regionale, l'unica che ha inflitto ad Israele l'umiliazione di una sconfitta e tuttora sono un cuneo tra Israele e le sue mire espansionistiche sul Libano. L'Iran è la più popolosa nazione del medio oriente non infiltrata da basi militari americane e perseguitata con discriminazioni dalla cosidetta "comunità" internazionale su istigazione degli Usa. Obama si dichiara disponibile a fare uccidere un presunto capo terrorista anche violando la sovranità di una nazione come è stato fatto in Pakistan ritenendo suo dovere primario rassicurare gli USA. Dichiara pericolosa per la pace nel medio oriente l'unità del popolo palestinese. Minaccia la Siria. La pagliacciata delle occhiatacce a Netanjau sui confini del 67 è durata meno di ventiquattrore. All'incontro con una potente lobby ebraica si è rimangiato tutto.
Insomma, il Capo della Casa Bianca tiene il tempio di Giano con le porte sempre spalancate e sembra alla ricerca costante di cani ai quali raddrizzare le zampe. Mentre gli antichi romani si dedicavano alle conquiste di popoli che poi univano all'impero assicurando la pace, le guerre degli USA di oggi non sempre hanno una logica e servono soltanto a giustificare il loro immenso apparato militare che costa milioni di dollari al giorno. Dopo dieci anni di guerra in Iraq che cosa hanno ottenuto gli Usa? Non certo il sostegno del popolo irakeno ma soltanto una immensa base militare di cemento armato costruita nel cuore della millenaria Bagdad. Tutte le guerre USA appaiono illogiche, ingiustificate se non come preparazione alla grande guerra contro la Cina e la Russia. Il progetto USA è la dominazione del mondo e non è molto dissimile nelle motivazioni da quello di Hitler.
C'è anche da temere l'uso di bombe atomiche "tattiche", intanto tutti i proiettili finora sparati in tutti i teatri di guerra contengono uranio impoverito diffusore di cancro tra la popolazione e di malformazioni genetiche gravissime a coloro che ancora debbono nascere.
Anche gli strumenti finanziari sono usati per tenere in tensione ansiosa il mondo. Basta pensare alle ricorrenti campagne contro i paesi del cosidetto PIGS. La Grecia ridotta a pane ed acqua per pagare interessi usurai agli organismi internazionali controllati dagli USA.
La resistenza di Cina, Brasile, India, Russia è ancora troppo debole. Pur rappresentando la maggioranza del genere umano il Bric non sembra in grado finora di frenare l'iniziativa belligerante degli USA e dei loro alleati Nato, né di impedire i massacri e la distruzione di tanti beni.
Colpisce il fatto che dentro gli USA non ci siano movimenti di opposizione alla guerra ed anche alle politiche di immiserimento praticate da Barak Obama. Questi sottrae fondi al welfare per destinarle ai progetti folli dei generali del pentagono. La sua riforma sanitaria è stata una pagliacciata che ha procurato enormi vantaggi alle assicurazioni che hanno in mano la salute degli americani.
E' come se la vita civile dentro gli USA si fosse spenta e tutti sono dietro ad agitare bandierine di carta a stelle e strisce ed a versare lacrime estorte da una emotività artificiale creata dai massmedia sull'undici settembre.
Sembra che la profezia di Stanley Kubrik si sia avverata: il Dr.Stranamore è arrivato alla Casa Bianca. Negli USA non ci sono più resistenze capaci di fare da antidoto alla folle avventura di guerre continue. La democrazia americana è morta da tempo. Gli unici movimenti sono quelli contro i diritti delle persone del cosidetto thea. La cultura,
gli intellettuali liberal i movimenti liberal sono scomparsi. Dominano soltanto le Lobby degli ebrei e delle armi. I neocon hanno conquistato l'Impero.
Pietro Ancona
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venerdì 20 maggio 2011
Il mondo libero è un regime
Il mondo libero è un regime
Se Hitler avesse vinto la seconda guerra mondiale probabilmente vivremmo in un sistema totalitario basato sulla dominanza della razza ariana di ceppo germanico e su vari gradi o livelli di sottomissione dei popoli sconfitti. La seconda guerra mondiale è stata vinta dagli "alleati" ed in particolare dagli USA che, a distanza poi di settanta anni facevano saltare in aria il sistema socialista del loro principale alleato la grande URSS. Ora gli anglosassoni sono i padroni dell'Occidente e, sebbene non siano crudeli e totalitari come il nazismo dentro i loro confini (sono crudelissimi con i popoli ai quali fanno la guerra) tuttavia esercitano una pesante tirannia attraverso gli strumenti militari, finanziari e della comunicazione. Non sappiamo cosa sarebbe stato il nazismo anche se lo immaginiano attraverso quanto abbiamo scoperto ad Auschwitz. Ma i nuovi padroni del mondo, del cosidetto mondo libero, hanno Guantanamo e Gaza e tengono sotto costante ricatto i loro alleati come usava fare Atene con la Confederazione di Delo. La Germania e l'Italia sembrano nazioni libere e non lo sono: sono lardellate da centinaia di basi militari USA. Nonostante l'intervento della Resistenza che liberò le principali città italiane dai nazisti prima dell'arrivo degli alleati, l'Italia è costretta ad umilianti episodi di sottomissione come l'allargamento della base militare di Vicenza o il dovere, contro i suoi interessi, di impugnare le armi contro la Libia con cui era legata da quaranta anni di felice collaborazione e diversi trattati di pace.
Il sistema della comunicazione garantisce una opinione pubblica sempre più malleabile. Non esiste un solo giornale in tutto l'Occidente che sia in grado di sostenere apertamente una tesi diversa da quelle delle veline USA e di Israele. Prendete il caso Gheddafi e della guerra libica: è stata diffusa la notizia di orribili massacri "contro il suo stesso popolo" perpetrati da Gheddafi come verità sacrosanta e si tratta di una bugia mediatica. In questi giorni abbiamo il caso del Direttore del Fondo Monetario Internazione arrestato e sbattuto come mostro il prima pagina. Non abbiamo mai visto la donna che lo accusa del terribile crimine di stupro e credo non la vedremo mai ammesso che non si volatilizzi senza lasciare tracce di se. Strauss-Kahn è accusato di violenza sessuale. Mi sono chiesto come si può usare violenza in un rapporto sessuale orale quando la persona non consenziente può staccare il pene dello stupratore con un morso. E' chiaro che si è trattato di un rapporto con persona consenziente che viene manovrata da forze potentissime contro il "pollo" caduto nel trappolone. Cui prodest? Gli USA ci guadagnano la conservazione del FMI cosi com'è senza "le riforme" proposte da DSK e che sarebbero state sostenute dal Bric ed altri Stati che gemono sotto la dittatura finanziaria di Wall Street; Sarkozy fa un doppio guadagno liberandosi di un pericolosissimo concorrente per l'Eliseo e piazzando la sua amica Lagarde al posto di DSK. Il povero malcapitato non potrà contare su una corrente massmediatica a lui favorevole e dovrà togliersi dalla scena al più presto possibile se non vorrà passare il resto della sua vita in galera.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito alla messa in scena dell'omicidio di Bin Laden rivendicato da Obama che si è sollazzato a mostrarsi assieme alla Clinton ed una diecina di collaboratori mentre assistono a un diretta della cattura ed uccisione dell'inerme capo di Al Qaeda. Tutta la batteria massmediatica dell'Occidente ha dato per verissime e per scontate le favole raccontate. Ci è stato financo riservato il seguito del morto che parla, di una cassetta preregistrata da Bin Laden con la quale si annunziano altre minacce e sfragelli che non sono mai accaduti. L'unico sfragello accaduto è l'11 settembre ma si tratta di un colossale false flag che ci si ostina a ritenere vero al cento per cento.
La libertà di stampa era una sorta di tabù ed era financo diventato un mito negli anni del Watergate e del Washington-Post. Ora, ammesso che anche quella storia sia stata davvero opera spontanea ed autonoma di giornalismo investigativo, tutto è cambiato. La stampa in occidente è al servizio dei governi e delle maggiori società industriali o finanziarie. Un centinaio di giornalisti, alcuni di grossi calibro, dal NYT a La Repubblica cucinano giornalmente la stessa velina. Anche le agenzie di stampa sono rigorosamente embedded e difficilmente filtrano notizie provenienti da ambienti come la Russia, il Brasile, la Cina.
Nel mondo della comunicazione il potere delle società editrici sulla carta stampata e sulla televisione condiziona la nostra vita. Vivere in Occidente è vivere in un regime. Se prendete in mano due giornali uno nordamericano e l'altro francese o tedesco vi accorgerete che dicono esattamente le stesse cose, quasi con le stesse parole. Ci sono poi una trentina di opinionisti che danno la "interpretazione" dei fatti e ne forniscono la vulgata politica. Non sapremo mai realmente cosa sta accadendo a Tripoli e quante bombe all'uranio sono state sganciate sulla popolazione civile. Non c'è un solo giornale, un solo giornalista che sia in grado di scriverlo. D'altronde l'uccisione di quasi quattrocento giornalisti nei teatri di guerra ultimo dei quali Vittorio Arrigoni che forniva nel suo blog un diario del genocidio a bassa intensità ma continuo della popolazione ci dicono quanto importanza annetta l'Impero alla comunicazione.
Il mondo "libero" in cui viviamo è in verità un regime. L'opinione pubblica non esiste perchè viene manipolata da una stampa asservita. Provate a chiedere a dieci persone che incontrate per strada del perchè della guerra libica. Vi risponderanno tutte perchè Gheddavi stava massacrando il suo popolo! Il fatto che la notizia sia una menzogna non ha alcuna importanza.
Pietro Ancona
www.spazioamico.it
Se Hitler avesse vinto la seconda guerra mondiale probabilmente vivremmo in un sistema totalitario basato sulla dominanza della razza ariana di ceppo germanico e su vari gradi o livelli di sottomissione dei popoli sconfitti. La seconda guerra mondiale è stata vinta dagli "alleati" ed in particolare dagli USA che, a distanza poi di settanta anni facevano saltare in aria il sistema socialista del loro principale alleato la grande URSS. Ora gli anglosassoni sono i padroni dell'Occidente e, sebbene non siano crudeli e totalitari come il nazismo dentro i loro confini (sono crudelissimi con i popoli ai quali fanno la guerra) tuttavia esercitano una pesante tirannia attraverso gli strumenti militari, finanziari e della comunicazione. Non sappiamo cosa sarebbe stato il nazismo anche se lo immaginiano attraverso quanto abbiamo scoperto ad Auschwitz. Ma i nuovi padroni del mondo, del cosidetto mondo libero, hanno Guantanamo e Gaza e tengono sotto costante ricatto i loro alleati come usava fare Atene con la Confederazione di Delo. La Germania e l'Italia sembrano nazioni libere e non lo sono: sono lardellate da centinaia di basi militari USA. Nonostante l'intervento della Resistenza che liberò le principali città italiane dai nazisti prima dell'arrivo degli alleati, l'Italia è costretta ad umilianti episodi di sottomissione come l'allargamento della base militare di Vicenza o il dovere, contro i suoi interessi, di impugnare le armi contro la Libia con cui era legata da quaranta anni di felice collaborazione e diversi trattati di pace.
Il sistema della comunicazione garantisce una opinione pubblica sempre più malleabile. Non esiste un solo giornale in tutto l'Occidente che sia in grado di sostenere apertamente una tesi diversa da quelle delle veline USA e di Israele. Prendete il caso Gheddafi e della guerra libica: è stata diffusa la notizia di orribili massacri "contro il suo stesso popolo" perpetrati da Gheddafi come verità sacrosanta e si tratta di una bugia mediatica. In questi giorni abbiamo il caso del Direttore del Fondo Monetario Internazione arrestato e sbattuto come mostro il prima pagina. Non abbiamo mai visto la donna che lo accusa del terribile crimine di stupro e credo non la vedremo mai ammesso che non si volatilizzi senza lasciare tracce di se. Strauss-Kahn è accusato di violenza sessuale. Mi sono chiesto come si può usare violenza in un rapporto sessuale orale quando la persona non consenziente può staccare il pene dello stupratore con un morso. E' chiaro che si è trattato di un rapporto con persona consenziente che viene manovrata da forze potentissime contro il "pollo" caduto nel trappolone. Cui prodest? Gli USA ci guadagnano la conservazione del FMI cosi com'è senza "le riforme" proposte da DSK e che sarebbero state sostenute dal Bric ed altri Stati che gemono sotto la dittatura finanziaria di Wall Street; Sarkozy fa un doppio guadagno liberandosi di un pericolosissimo concorrente per l'Eliseo e piazzando la sua amica Lagarde al posto di DSK. Il povero malcapitato non potrà contare su una corrente massmediatica a lui favorevole e dovrà togliersi dalla scena al più presto possibile se non vorrà passare il resto della sua vita in galera.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito alla messa in scena dell'omicidio di Bin Laden rivendicato da Obama che si è sollazzato a mostrarsi assieme alla Clinton ed una diecina di collaboratori mentre assistono a un diretta della cattura ed uccisione dell'inerme capo di Al Qaeda. Tutta la batteria massmediatica dell'Occidente ha dato per verissime e per scontate le favole raccontate. Ci è stato financo riservato il seguito del morto che parla, di una cassetta preregistrata da Bin Laden con la quale si annunziano altre minacce e sfragelli che non sono mai accaduti. L'unico sfragello accaduto è l'11 settembre ma si tratta di un colossale false flag che ci si ostina a ritenere vero al cento per cento.
La libertà di stampa era una sorta di tabù ed era financo diventato un mito negli anni del Watergate e del Washington-Post. Ora, ammesso che anche quella storia sia stata davvero opera spontanea ed autonoma di giornalismo investigativo, tutto è cambiato. La stampa in occidente è al servizio dei governi e delle maggiori società industriali o finanziarie. Un centinaio di giornalisti, alcuni di grossi calibro, dal NYT a La Repubblica cucinano giornalmente la stessa velina. Anche le agenzie di stampa sono rigorosamente embedded e difficilmente filtrano notizie provenienti da ambienti come la Russia, il Brasile, la Cina.
Nel mondo della comunicazione il potere delle società editrici sulla carta stampata e sulla televisione condiziona la nostra vita. Vivere in Occidente è vivere in un regime. Se prendete in mano due giornali uno nordamericano e l'altro francese o tedesco vi accorgerete che dicono esattamente le stesse cose, quasi con le stesse parole. Ci sono poi una trentina di opinionisti che danno la "interpretazione" dei fatti e ne forniscono la vulgata politica. Non sapremo mai realmente cosa sta accadendo a Tripoli e quante bombe all'uranio sono state sganciate sulla popolazione civile. Non c'è un solo giornale, un solo giornalista che sia in grado di scriverlo. D'altronde l'uccisione di quasi quattrocento giornalisti nei teatri di guerra ultimo dei quali Vittorio Arrigoni che forniva nel suo blog un diario del genocidio a bassa intensità ma continuo della popolazione ci dicono quanto importanza annetta l'Impero alla comunicazione.
Il mondo "libero" in cui viviamo è in verità un regime. L'opinione pubblica non esiste perchè viene manipolata da una stampa asservita. Provate a chiedere a dieci persone che incontrate per strada del perchè della guerra libica. Vi risponderanno tutte perchè Gheddavi stava massacrando il suo popolo! Il fatto che la notizia sia una menzogna non ha alcuna importanza.
Pietro Ancona
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giovedì 19 maggio 2011
la doppia doppietta della Francia
Doppia doppietta della Francia
Alla fine le cose sono sempre molto più semplici e chiare di quanto riusciamo ad immaginare. Con la violenta uscita di scena di Strauss-Kahn, il Presidente francese fa una doppietta: si libera di un pericolosissimo concorrente per le imminenti elezioni presidenziali e piazza il suo Ministro delle Finanze al Fondo Monetario Internazionale la signora Lagarde. Complimenti! Questa doppietta si somma all'altra in corso di realizzazione in Africa: la cattura di Gboba presidente della Costa d'Avorio dopo più di dieci anni di guerra e l'assoggettamento dell'importante paese alla Francia e la guerra contro la Libia che scompagina e distrugge gli interessi italiani in quel paese a cominciare da quelli dell'Eni . Intanto ha luogo la rapina di mille miliardi di fondi sovrani e beni vari del popolo libico "congelati" in Europa in attesa della loro spartizione banda bassotto Obama, Cameron e Sarcozy medesimo. Mizzica! L'azione a volte è più veloce della sua ideazione! Il ritmo degli avvenimenti è quasi frenetico illuminato dai bagliori delle terribili bombe da oltre una tonnellata piene di uranio che vengono gettate su Tripoli in numero impressionante. Presto ci saranno più bombe che edifici.
L'attivismo dell'Occidente guidato dalla triade quasi giovanile è davvero mirabolante. La Grecia viene spinta sull'orlo del fallimento. Per salvarsi deve accollarsi debito con interessi usurai ed imporre ai suoi cittadini un regime a pane ed acqua e nient'altro. La Spagna ed il Portogallo sono in lista per pagare il loro pegno. Se vogliono continuare a stare inEuropa se non vogliono affrontare il disonore del fallimento si debbono privare del welfare e ridurre drasticamente il loro tenore di vita. Il fatto che grande parte del loro debito è costituto da interessi non viene preso in considerazione,. Eppure ci troviamo nella condizione di quell'esercizio commerciale che oppresso dal debito mafioso non è in grado di fare fronte alla moltiplicazione degli interessi passivi. Il FMI, la Banca Mondiale, la UE si comportano come il mafioso verso il commerciante che è riuscito a sottomettere con il pizzo.
Intanto i giovani spagnoli stanno dando vita ad una grande manifestazione di protesta contro il precariato e la disoccupazione. In Spagna come in Italia le Confindustrie ed i Governi hanno puntato sul drastico abbassamento delle condizioni dei lavoratori per sopravvivere alle crisi e transitare verso la ripresa. Ma la crisi non si supera mai perchè è una politica del capitalismo per tenere sotto scacco la classe operaia. La crisi viene fomentata e reinventata quanto langue. In Italia la Marcegaglia pretende di superare le difficoltà portandosi dietro l'enorma palla di piombo di dieci milioni di precari e di venti milioni di lavoratori con una massa salariale degradata a meno di mille euro operaio.
Non è detto che le ricette salvifiche siano quelle di Trichet e degli altri pescicani liberisti.
Può darsi che una operazione "rivoluzionaria" di separazione del debito dagli interessi maturati possa rimettere in cammino i paesi del PIGS che si vorrebbero affossare dopo averli spremuti e che l'abolizione del precariato in tutta l'area europea e la fissazione di un minimo salariale garantito possano portare una nota di slancio e di entusiasmo ad una economia altrimenti cupa e pessimista. Qualcosa del genere ha proposto recentemente Draghi ma dubito che oggi si voglia esporre ancora sostenendo il posto fisso e salari più alti.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
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Alla fine le cose sono sempre molto più semplici e chiare di quanto riusciamo ad immaginare. Con la violenta uscita di scena di Strauss-Kahn, il Presidente francese fa una doppietta: si libera di un pericolosissimo concorrente per le imminenti elezioni presidenziali e piazza il suo Ministro delle Finanze al Fondo Monetario Internazionale la signora Lagarde. Complimenti! Questa doppietta si somma all'altra in corso di realizzazione in Africa: la cattura di Gboba presidente della Costa d'Avorio dopo più di dieci anni di guerra e l'assoggettamento dell'importante paese alla Francia e la guerra contro la Libia che scompagina e distrugge gli interessi italiani in quel paese a cominciare da quelli dell'Eni . Intanto ha luogo la rapina di mille miliardi di fondi sovrani e beni vari del popolo libico "congelati" in Europa in attesa della loro spartizione banda bassotto Obama, Cameron e Sarcozy medesimo. Mizzica! L'azione a volte è più veloce della sua ideazione! Il ritmo degli avvenimenti è quasi frenetico illuminato dai bagliori delle terribili bombe da oltre una tonnellata piene di uranio che vengono gettate su Tripoli in numero impressionante. Presto ci saranno più bombe che edifici.
L'attivismo dell'Occidente guidato dalla triade quasi giovanile è davvero mirabolante. La Grecia viene spinta sull'orlo del fallimento. Per salvarsi deve accollarsi debito con interessi usurai ed imporre ai suoi cittadini un regime a pane ed acqua e nient'altro. La Spagna ed il Portogallo sono in lista per pagare il loro pegno. Se vogliono continuare a stare inEuropa se non vogliono affrontare il disonore del fallimento si debbono privare del welfare e ridurre drasticamente il loro tenore di vita. Il fatto che grande parte del loro debito è costituto da interessi non viene preso in considerazione,. Eppure ci troviamo nella condizione di quell'esercizio commerciale che oppresso dal debito mafioso non è in grado di fare fronte alla moltiplicazione degli interessi passivi. Il FMI, la Banca Mondiale, la UE si comportano come il mafioso verso il commerciante che è riuscito a sottomettere con il pizzo.
Intanto i giovani spagnoli stanno dando vita ad una grande manifestazione di protesta contro il precariato e la disoccupazione. In Spagna come in Italia le Confindustrie ed i Governi hanno puntato sul drastico abbassamento delle condizioni dei lavoratori per sopravvivere alle crisi e transitare verso la ripresa. Ma la crisi non si supera mai perchè è una politica del capitalismo per tenere sotto scacco la classe operaia. La crisi viene fomentata e reinventata quanto langue. In Italia la Marcegaglia pretende di superare le difficoltà portandosi dietro l'enorma palla di piombo di dieci milioni di precari e di venti milioni di lavoratori con una massa salariale degradata a meno di mille euro operaio.
Non è detto che le ricette salvifiche siano quelle di Trichet e degli altri pescicani liberisti.
Può darsi che una operazione "rivoluzionaria" di separazione del debito dagli interessi maturati possa rimettere in cammino i paesi del PIGS che si vorrebbero affossare dopo averli spremuti e che l'abolizione del precariato in tutta l'area europea e la fissazione di un minimo salariale garantito possano portare una nota di slancio e di entusiasmo ad una economia altrimenti cupa e pessimista. Qualcosa del genere ha proposto recentemente Draghi ma dubito che oggi si voglia esporre ancora sostenendo il posto fisso e salari più alti.
Pietro Ancona
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mercoledì 18 maggio 2011
47 Morto che parla!!! (la Cia usa Bin Laden dall'oltre tomba) ed altro
Lettera a Prima Pagina rai3
Caro Dr.Folli,
La lega perde per conto suo e non perchè alleata di Berluska per due motivi: il suo federalismo o morte, dopo la pubblicazione dei tre decreti demaniale,comunale e regionale ha spaventato il suo elettorato. Il federalismo è una miniera di nuove tasse!! Aumenteranno di almeno il dieci per cento e dà poteri incredibil
i a oligarchetti locali di decidere le spese!!!
Inoltre la Lega è oramai fatta del tutto da professionisti della politica che si arricchiscono e vivono lautamente con stipendi ricavati dalla politica. Questo dato comincia ad essere molto osservato.
Cordiali saluti
Pietro Ancona
La ripresa che non arriva
La confindustria pretende la ripresa e fa finta di non sapere che l'Italia ha una palla di piombo costituita da dieci milioni di precari e venti milioni di salari scadenti. Non si può avere ripresa senza un aumento dei salari e delle pensioni. Ma da questo oorecchio non sentono Sacconi Ascoltassero almeno quello che dice Draghi. Ci vuole un fortissimo sciopero generale per salvare l'Italia da questi avidi
Delinquenza assassina dell'Occidente capitalistico e colonialista
Nel silenzio della stampa complice embedded la Libia viene massacrata da migliaia di bonbe all'uranio che distruggeranno anche le generazioni future per portare al potere un gruppo di criminali traditori della patria.
Scoperto nastro preregistrato
47 morto che parla: Obama e la Clinton fanno trovare nastri preregistrati da Bin Laden che inneggiano alle "rivoluzioni" del Medio Oriente!! Questi signori trattano l'opinione pubblica mondiale come una massa di citrulli infantilizzati pronta a credere che gli asini volano
Piazza del Sole a Madrid
Il trucco totalitario dei due partiti con lo stesso programma è stato scoperto in Spagna: i giovani chiedono un partito che abbia un programma vicino ai loro bisogni
http://www.repubblica.it/esteri/2011/05/18/news/madrid_la_protesta_degli_indignati_a_pochi_giorni_dalle_amministrative-16443565/?ref=HREC1-11
Il Caso Strauss-Kahn
sono certo che trattasi di un complotto nel quale il Nostro è caduto come un pesce nella rete. Obama non scherza in quanto a mezzi. Uccide, fa arrestare....
http://www.repubblica.it/esteri/2011/05/18/news/strauss_kahn_strategia_avvocati-16420284/?ref=HRER1-1
Caro Dr.Folli,
La lega perde per conto suo e non perchè alleata di Berluska per due motivi: il suo federalismo o morte, dopo la pubblicazione dei tre decreti demaniale,comunale e regionale ha spaventato il suo elettorato. Il federalismo è una miniera di nuove tasse!! Aumenteranno di almeno il dieci per cento e dà poteri incredibil
i a oligarchetti locali di decidere le spese!!!
Inoltre la Lega è oramai fatta del tutto da professionisti della politica che si arricchiscono e vivono lautamente con stipendi ricavati dalla politica. Questo dato comincia ad essere molto osservato.
Cordiali saluti
Pietro Ancona
La ripresa che non arriva
La confindustria pretende la ripresa e fa finta di non sapere che l'Italia ha una palla di piombo costituita da dieci milioni di precari e venti milioni di salari scadenti. Non si può avere ripresa senza un aumento dei salari e delle pensioni. Ma da questo oorecchio non sentono Sacconi Ascoltassero almeno quello che dice Draghi. Ci vuole un fortissimo sciopero generale per salvare l'Italia da questi avidi
Delinquenza assassina dell'Occidente capitalistico e colonialista
Nel silenzio della stampa complice embedded la Libia viene massacrata da migliaia di bonbe all'uranio che distruggeranno anche le generazioni future per portare al potere un gruppo di criminali traditori della patria.
Scoperto nastro preregistrato
47 morto che parla: Obama e la Clinton fanno trovare nastri preregistrati da Bin Laden che inneggiano alle "rivoluzioni" del Medio Oriente!! Questi signori trattano l'opinione pubblica mondiale come una massa di citrulli infantilizzati pronta a credere che gli asini volano
Piazza del Sole a Madrid
Il trucco totalitario dei due partiti con lo stesso programma è stato scoperto in Spagna: i giovani chiedono un partito che abbia un programma vicino ai loro bisogni
http://www.repubblica.it/esteri/2011/05/18/news/madrid_la_protesta_degli_indignati_a_pochi_giorni_dalle_amministrative-16443565/?ref=HREC1-11
Il Caso Strauss-Kahn
sono certo che trattasi di un complotto nel quale il Nostro è caduto come un pesce nella rete. Obama non scherza in quanto a mezzi. Uccide, fa arrestare....
http://www.repubblica.it/esteri/2011/05/18/news/strauss_kahn_strategia_avvocati-16420284/?ref=HRER1-1
federalismo regionale: il decreto boomerang della Lega. Spaventa a ragione i contribuenti. La pressione fiscale salirà
1.5 Federalismo regionale, provinciale e costi e fabbisogni standard sanitari
Il decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.109 del 15 maggio 2011) recante "Disposizioni in materia di'autonomia di entrata delle Regioni a statuto ordinario e della Province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario", interviene sulla fiscalità regionale e provinciale attribuendo, in relazione alla soppressione dei trasferimenti in favore dei predetti enti, tributi e potestà fiscali. Viene altresì introdotta l'autonomia di entrata delle Città metropolitane ed istituita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. Ulteriori disposizioni concernono, infine, la regolamentazione dei costi e delle risorse relative al settore sanitario.
informazioni aggiornate a martedì, 17 maggio 2011
L'autonomia di entrata delle regioni
L'autonomia di entrata delle province e delle città metropolitane
I costi ed i fabbisogni standard del settore sanitario
La conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica
L'autonomia di entrata delle regioni
Il decreto individua le fonti di finanziamento delle regioni a statuto ordinario e dispone la contestuale soppressione dei trasferimenti statali. A tal fine si dispone che a decorrere dal 2013 venga rideterminata l’addizionale regionale all’Irpef, con corrispondente riduzione delle aliquote Irpef di competenza statale, al fine di mantenere inalterato il prelievo fiscale a carico del contribuente; la rideterminazione deve comunque garantire alle regioni entrate equivalenti alla soppressione sia dei trasferimenti statali che della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina, entrambe disposte dal provvedimento. All’aliquota così rideterminata si aggiungono le eventuali maggiorazioni dell’addizionale, attualmente pari all’ 0,9%, che ciascuna regione può effettuare nel limite dello 0,5% fino al 2013, dell’1,1% per il 2014 e del 2,1% dal 2015; qualora peraltro la maggiorazione sia superiore allo 0,5% la parte eccedente tale quota non si applica ai contribuenti titolari di redditi ricadenti nel primo scaglione di reddito (fino a 15.000 euro).
Alle regioni spetta altresì una compartecipazione al gettito Iva, che per gli anni 2011 e 2012 viene calcolata in base alla normativa vigente, mentre dal 2013 sarà fissata in misura pari al fabbisogno sanitario “in una sola regione”. In applicazione del principio di territorialità tale compartecipazione dal 2013 verrà attribuita in base al luogo effettivo di consumo, vale a dire quello in cui avviene la cessione dei beni o la prestazione dei servizi ovvero, nel caso degli immobili, il luogo di ubicazione; regole specifiche vengono previste per l’Iva concernente i beni e servizi di mercato. Per quanto concerne l’Irap, a decorrere dal 2013 ciascuna regione, a carico del proprio bilancio, può ridurne le aliquote, fino ad azzerarle; la riduzione non è tuttavia ammessa qualora la regione interessata abbia aumentato l’addizionale Irpef in misura superiore all’ 0,5 %. Le regioni possono poi istituire, a carico dei propri bilanci, ulteriori detrazioni in favore delle famiglie, nonché in sostituzione di misure di sostegno sociale (sussidi, voucher, ecc). Viene altresì disposto, al fine di incentivare l’attività di contrasto all’evasione fiscale, che alle regioni sia attribuito l’intero gettito derivante dall’attività di recupero fiscale nel proprio territorio, sui tributi propri derivati, nonché una quota (commisurata all’aliquota di compartecipazione) del gettito recuperato in riferimento all’IVA. Per la gestione dei loro tributi le regioni possono stipulare apposite convenzioni con l’agenzia delle entrate.
Il principio applicato ai rapporti tra Stato e regione concernente la soppressione dei trasferimenti statali e la sostituzione degli stessi con l’attribuzione o la compartecipazione a nuovi gettiti viene replicato anche nei rapporti tra regioni e comuni, disponendosi in tal senso la soppressione, dal 2013, dei trasferimenti regionali di parte corrente ( e, ove non finanziati con indebitamento, anche di conto capitale) diretti al finanziamento delle spese comunali, sostituendola con una compartecipazione dei comuni ai tributi regionali, prioritariamente all’addizionale regionale Irpef. Il relativo gettito confluirà, per una percentuale non superiore al 30%, in un fondo sperimentale di riequilibrio, di durata triennale, per venire poi distribuito dalla regione agli enti locali, previo accordo. Specifiche disposizioni concernono inoltre possibili recuperi, dal 2012, delle riduzioni dei trasferimenti operate nei confronti delle regioni con la manovra finanziaria disposta dal decreto-legge n. 78 del 2010, nonché l’erogazione, per il 2011, di risorse destinate al trasporto pubblico locale.
Nel confermare quanto previsto nella delega circa l’affidamento alla normativa statale della definizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e delle prestazioni (LEP), ed in ordine alla individuazione delle spese relative ai livelli medesimi, che concernono i settori della sanità, dell’assistenza, dell’istruzione e del trasporto pubblico locale (quest’ultimo limitatamente alle spese in conto capitale), viene precisato che per stabilire i LEP vanno considerate, per ciascuna materia, macro-aree di intervento, operando secondo una progressiva convergenza degli obiettivi di servizio verso i LEP medesimi. Il provvedimento fissa inoltre a regime, dal 2013, le fonti di finanziamento delle spese LEP: tali fonti sono costituite dalla compartecipazione all’Iva, dall’addizionale regionale Irpef, dall’Irap, dalle entrate proprie (principalmente i ticket) del settore sanitario e da quote del fondo perequativo. Quest’ultimo viene istituito dal 2013 in ciascuna regione, ed è alimentato dal gettito prodotto dalla compartecipazione al gettito Iva, calcolata in modo da garantire l’integrale finanziamento delle spese per i LEP: tali spese saranno nel primo anno computate anche in base ai valori di spesa storica, per poi convergere gradualmente verso i costi standard.
Va segnalato che il decreto legislativo n.23/2011 sul fisco municipale prevede a regime, vale a dire quando i fabbisogni standard per le funzioni fondamentali saranno determinati, un fondo perequativo, alimentato da una compartecipazione all’Iva, per comuni e province, istituito nel bilancio dello Stato con stanziamenti separati per le due tipologie di enti. Il decreto dispone che le regioni, a loro volta, istituiscano nel proprio bilancio due fondi, alimentati dal fondo perequativo statale, l’uno per i comuni e l’altro per le province e le città metropolitane.
L'autonomia di entrata delle province e delle città metropolitane
Secondo quanto dispone il decreto, il finanziamento delle province si incentra principalmente: a) sull’ imposta sulle assicurazioni per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei motori (RC auto), che diviene tributo proprio derivato con aliquota del 12,5%, manovrabile dal 2011 in aumento o in diminuzione nella misura di 3,5 punti percentuali; b) sulla compartecipazione provinciale all’Irpef, a compensazione, dal 2012, della soppressione dei trasferimenti statali alle province nonché dell'addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, (anch'essa soppressa, con attribuzione del gettito allo Stato). Rimane inoltre ferma la vigente attribuzione alle province dell’imposta provinciale di trascrizione, di cui peraltro viene previsto un riordino finalizzato, per gli atti soggetti all’Iva, al passaggio dall’attuale pagamento in misura fissa a quello di una tariffa modulata sulle caratteristiche di potenza e portata dei veicoli. Inoltre, analogamente ai criteri già applicati nei confronti dei finanziamenti regionali ai comuni, anche i trasferimenti regionali destinati al finanziamento delle spese provinciali sono soppressi, dal 2013, con compensazione a valere sull’istituzione di una compartecipazione provinciale al gettito della tassa automobilistica regionale; il gettito di tale compartecipazione affluisce, in misura non superiore al 30%, ad un fondo sperimentale di riequilibrio regionale, di durata triennale, per essere poi devoluto ad ogni singola provincia, previo accordo.
Viene inoltre istituito dal 2012 un fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, di durata biennale, alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale all’Irpef, che ha la finalità di assicurare in forma territorialmente equilibrata l’attribuzione dell’autonomia di entrata alle province.
E’ infine disciplinato il sistema finanziario delle città metropolitane, prevedendo che alle stesse siano sostanzialmente attribuite le fonti di entrata già attribuite alle province sostituite dalle città medesime; si dispone peraltro che con la legge di stabilità l’autonomia di entrata delle città metropolitane possa essere adeguata in relazione alla complessità delle funzioni attribuite.
I costi ed i fabbisogni standard del settore sanitario
Per la parte relativa al finanziamento della spesa sanitaria il provvedimento riprende in buona parte il sistema di governance che si è affermato su base pattizia tra Stato e regioni, da ultimo con l’intesa concernente il Patto per la salute per gli anni 2010-2012. In particolare il decreto, precisato che per il 2011 ed il 2012 il fabbisogno sanitario nazionale standard corrisponde al livello di finanziamento già stabilito dalla normativa vigente, stabilisce che dal 2013 tale fabbisogno verrà determinato annualmente, per il triennio successivo, “in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica”. Per determinare il finanziamento da destinare alla singola regione si prevede di applicare all’ammontare di finanziamento così stabilito il rapporto tra fabbisogno sanitario standard della regione e la somma dei fabbisogni regionali standard risultanti dall’applicazione a tutte le regioni dei costi rilevati in tre regioni benchmark. Sulla base di tale rapporto, vale a dire il valore percentuale di fabbisogno di ciascuna regione, viene effettuato il riparto regionale del fabbisogno sanitario nazionale. Le regioni benchmark sono scelte tra le cinque, appositamente individuate con decreto, che hanno garantito i LEA in condizione di equilibrio economico e di efficienza ed appropriatezza. Vengono a tal fine confermati i macrolivelli di assistenza vigenti, tra i quali dovrà distribuirsi la spesa sanitaria secondo le seguenti percentuali (al cui rispetto dovranno adeguarsi le singole regioni): 5% per l’assistenza sanitaria preventiva (ambiente di vita e di lavoro), 51% per l’assistenza distrettuale e 44% per quella ospedaliera. Per ognuno dei tre macrolivelli si calcola il costo standard come media pro capite pesata (vale a dire corretta tenendo conto della composizione anagrafica della popolazione) del costo nelle regioni benchmark, costo che viene poi applicato alla popolazione (anche in tal caso “pesata”) di ognuna delle regioni, ottenendo così il fabbisogno standard di ciascuna, mediante il quale, come detto, si ripartisce il fabbisogno nazionale.
La conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica
In attuazione di quanto prevede l’articolo 15 della legge recante la delega sul federalismo fiscale (legge 42/2009), il decreto istituisce la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composta sia da Ministri che da rappresentanti delle autonomie territoriali. Alla Conferenza, che, viene espressamente precisato, costituisce una sede istituzionale di conciliazione degli interessi delle amministrazioni centrali e locali ai fini dell’attuazione del federalismo fiscale, vengono affidati compiti di verifica e controllo dell’ordinamento finanziario delle regioni e degli enti locali, nonché dell’utilizzo, anche secondo principi di trasparenza ed efficacia, delle risorse finanziarie attribuite a tali enti.
Dossier pubblicati
Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario - Schema di D.Lgs. n. 317 - (art. 2, L. 42/2009) (15/02/2011)
(DV 14) Trasferimenti fiscalizzati e nuove entrate nell'assetto transitorio del federalismo regionale (10/03/2011)
Il decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.109 del 15 maggio 2011) recante "Disposizioni in materia di'autonomia di entrata delle Regioni a statuto ordinario e della Province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario", interviene sulla fiscalità regionale e provinciale attribuendo, in relazione alla soppressione dei trasferimenti in favore dei predetti enti, tributi e potestà fiscali. Viene altresì introdotta l'autonomia di entrata delle Città metropolitane ed istituita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. Ulteriori disposizioni concernono, infine, la regolamentazione dei costi e delle risorse relative al settore sanitario.
informazioni aggiornate a martedì, 17 maggio 2011
L'autonomia di entrata delle regioni
L'autonomia di entrata delle province e delle città metropolitane
I costi ed i fabbisogni standard del settore sanitario
La conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica
L'autonomia di entrata delle regioni
Il decreto individua le fonti di finanziamento delle regioni a statuto ordinario e dispone la contestuale soppressione dei trasferimenti statali. A tal fine si dispone che a decorrere dal 2013 venga rideterminata l’addizionale regionale all’Irpef, con corrispondente riduzione delle aliquote Irpef di competenza statale, al fine di mantenere inalterato il prelievo fiscale a carico del contribuente; la rideterminazione deve comunque garantire alle regioni entrate equivalenti alla soppressione sia dei trasferimenti statali che della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina, entrambe disposte dal provvedimento. All’aliquota così rideterminata si aggiungono le eventuali maggiorazioni dell’addizionale, attualmente pari all’ 0,9%, che ciascuna regione può effettuare nel limite dello 0,5% fino al 2013, dell’1,1% per il 2014 e del 2,1% dal 2015; qualora peraltro la maggiorazione sia superiore allo 0,5% la parte eccedente tale quota non si applica ai contribuenti titolari di redditi ricadenti nel primo scaglione di reddito (fino a 15.000 euro).
Alle regioni spetta altresì una compartecipazione al gettito Iva, che per gli anni 2011 e 2012 viene calcolata in base alla normativa vigente, mentre dal 2013 sarà fissata in misura pari al fabbisogno sanitario “in una sola regione”. In applicazione del principio di territorialità tale compartecipazione dal 2013 verrà attribuita in base al luogo effettivo di consumo, vale a dire quello in cui avviene la cessione dei beni o la prestazione dei servizi ovvero, nel caso degli immobili, il luogo di ubicazione; regole specifiche vengono previste per l’Iva concernente i beni e servizi di mercato. Per quanto concerne l’Irap, a decorrere dal 2013 ciascuna regione, a carico del proprio bilancio, può ridurne le aliquote, fino ad azzerarle; la riduzione non è tuttavia ammessa qualora la regione interessata abbia aumentato l’addizionale Irpef in misura superiore all’ 0,5 %. Le regioni possono poi istituire, a carico dei propri bilanci, ulteriori detrazioni in favore delle famiglie, nonché in sostituzione di misure di sostegno sociale (sussidi, voucher, ecc). Viene altresì disposto, al fine di incentivare l’attività di contrasto all’evasione fiscale, che alle regioni sia attribuito l’intero gettito derivante dall’attività di recupero fiscale nel proprio territorio, sui tributi propri derivati, nonché una quota (commisurata all’aliquota di compartecipazione) del gettito recuperato in riferimento all’IVA. Per la gestione dei loro tributi le regioni possono stipulare apposite convenzioni con l’agenzia delle entrate.
Il principio applicato ai rapporti tra Stato e regione concernente la soppressione dei trasferimenti statali e la sostituzione degli stessi con l’attribuzione o la compartecipazione a nuovi gettiti viene replicato anche nei rapporti tra regioni e comuni, disponendosi in tal senso la soppressione, dal 2013, dei trasferimenti regionali di parte corrente ( e, ove non finanziati con indebitamento, anche di conto capitale) diretti al finanziamento delle spese comunali, sostituendola con una compartecipazione dei comuni ai tributi regionali, prioritariamente all’addizionale regionale Irpef. Il relativo gettito confluirà, per una percentuale non superiore al 30%, in un fondo sperimentale di riequilibrio, di durata triennale, per venire poi distribuito dalla regione agli enti locali, previo accordo. Specifiche disposizioni concernono inoltre possibili recuperi, dal 2012, delle riduzioni dei trasferimenti operate nei confronti delle regioni con la manovra finanziaria disposta dal decreto-legge n. 78 del 2010, nonché l’erogazione, per il 2011, di risorse destinate al trasporto pubblico locale.
Nel confermare quanto previsto nella delega circa l’affidamento alla normativa statale della definizione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e delle prestazioni (LEP), ed in ordine alla individuazione delle spese relative ai livelli medesimi, che concernono i settori della sanità, dell’assistenza, dell’istruzione e del trasporto pubblico locale (quest’ultimo limitatamente alle spese in conto capitale), viene precisato che per stabilire i LEP vanno considerate, per ciascuna materia, macro-aree di intervento, operando secondo una progressiva convergenza degli obiettivi di servizio verso i LEP medesimi. Il provvedimento fissa inoltre a regime, dal 2013, le fonti di finanziamento delle spese LEP: tali fonti sono costituite dalla compartecipazione all’Iva, dall’addizionale regionale Irpef, dall’Irap, dalle entrate proprie (principalmente i ticket) del settore sanitario e da quote del fondo perequativo. Quest’ultimo viene istituito dal 2013 in ciascuna regione, ed è alimentato dal gettito prodotto dalla compartecipazione al gettito Iva, calcolata in modo da garantire l’integrale finanziamento delle spese per i LEP: tali spese saranno nel primo anno computate anche in base ai valori di spesa storica, per poi convergere gradualmente verso i costi standard.
Va segnalato che il decreto legislativo n.23/2011 sul fisco municipale prevede a regime, vale a dire quando i fabbisogni standard per le funzioni fondamentali saranno determinati, un fondo perequativo, alimentato da una compartecipazione all’Iva, per comuni e province, istituito nel bilancio dello Stato con stanziamenti separati per le due tipologie di enti. Il decreto dispone che le regioni, a loro volta, istituiscano nel proprio bilancio due fondi, alimentati dal fondo perequativo statale, l’uno per i comuni e l’altro per le province e le città metropolitane.
L'autonomia di entrata delle province e delle città metropolitane
Secondo quanto dispone il decreto, il finanziamento delle province si incentra principalmente: a) sull’ imposta sulle assicurazioni per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei motori (RC auto), che diviene tributo proprio derivato con aliquota del 12,5%, manovrabile dal 2011 in aumento o in diminuzione nella misura di 3,5 punti percentuali; b) sulla compartecipazione provinciale all’Irpef, a compensazione, dal 2012, della soppressione dei trasferimenti statali alle province nonché dell'addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, (anch'essa soppressa, con attribuzione del gettito allo Stato). Rimane inoltre ferma la vigente attribuzione alle province dell’imposta provinciale di trascrizione, di cui peraltro viene previsto un riordino finalizzato, per gli atti soggetti all’Iva, al passaggio dall’attuale pagamento in misura fissa a quello di una tariffa modulata sulle caratteristiche di potenza e portata dei veicoli. Inoltre, analogamente ai criteri già applicati nei confronti dei finanziamenti regionali ai comuni, anche i trasferimenti regionali destinati al finanziamento delle spese provinciali sono soppressi, dal 2013, con compensazione a valere sull’istituzione di una compartecipazione provinciale al gettito della tassa automobilistica regionale; il gettito di tale compartecipazione affluisce, in misura non superiore al 30%, ad un fondo sperimentale di riequilibrio regionale, di durata triennale, per essere poi devoluto ad ogni singola provincia, previo accordo.
Viene inoltre istituito dal 2012 un fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, di durata biennale, alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale all’Irpef, che ha la finalità di assicurare in forma territorialmente equilibrata l’attribuzione dell’autonomia di entrata alle province.
E’ infine disciplinato il sistema finanziario delle città metropolitane, prevedendo che alle stesse siano sostanzialmente attribuite le fonti di entrata già attribuite alle province sostituite dalle città medesime; si dispone peraltro che con la legge di stabilità l’autonomia di entrata delle città metropolitane possa essere adeguata in relazione alla complessità delle funzioni attribuite.
I costi ed i fabbisogni standard del settore sanitario
Per la parte relativa al finanziamento della spesa sanitaria il provvedimento riprende in buona parte il sistema di governance che si è affermato su base pattizia tra Stato e regioni, da ultimo con l’intesa concernente il Patto per la salute per gli anni 2010-2012. In particolare il decreto, precisato che per il 2011 ed il 2012 il fabbisogno sanitario nazionale standard corrisponde al livello di finanziamento già stabilito dalla normativa vigente, stabilisce che dal 2013 tale fabbisogno verrà determinato annualmente, per il triennio successivo, “in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica”. Per determinare il finanziamento da destinare alla singola regione si prevede di applicare all’ammontare di finanziamento così stabilito il rapporto tra fabbisogno sanitario standard della regione e la somma dei fabbisogni regionali standard risultanti dall’applicazione a tutte le regioni dei costi rilevati in tre regioni benchmark. Sulla base di tale rapporto, vale a dire il valore percentuale di fabbisogno di ciascuna regione, viene effettuato il riparto regionale del fabbisogno sanitario nazionale. Le regioni benchmark sono scelte tra le cinque, appositamente individuate con decreto, che hanno garantito i LEA in condizione di equilibrio economico e di efficienza ed appropriatezza. Vengono a tal fine confermati i macrolivelli di assistenza vigenti, tra i quali dovrà distribuirsi la spesa sanitaria secondo le seguenti percentuali (al cui rispetto dovranno adeguarsi le singole regioni): 5% per l’assistenza sanitaria preventiva (ambiente di vita e di lavoro), 51% per l’assistenza distrettuale e 44% per quella ospedaliera. Per ognuno dei tre macrolivelli si calcola il costo standard come media pro capite pesata (vale a dire corretta tenendo conto della composizione anagrafica della popolazione) del costo nelle regioni benchmark, costo che viene poi applicato alla popolazione (anche in tal caso “pesata”) di ognuna delle regioni, ottenendo così il fabbisogno standard di ciascuna, mediante il quale, come detto, si ripartisce il fabbisogno nazionale.
La conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica
In attuazione di quanto prevede l’articolo 15 della legge recante la delega sul federalismo fiscale (legge 42/2009), il decreto istituisce la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composta sia da Ministri che da rappresentanti delle autonomie territoriali. Alla Conferenza, che, viene espressamente precisato, costituisce una sede istituzionale di conciliazione degli interessi delle amministrazioni centrali e locali ai fini dell’attuazione del federalismo fiscale, vengono affidati compiti di verifica e controllo dell’ordinamento finanziario delle regioni e degli enti locali, nonché dell’utilizzo, anche secondo principi di trasparenza ed efficacia, delle risorse finanziarie attribuite a tali enti.
Dossier pubblicati
Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario - Schema di D.Lgs. n. 317 - (art. 2, L. 42/2009) (15/02/2011)
(DV 14) Trasferimenti fiscalizzati e nuove entrate nell'assetto transitorio del federalismo regionale (10/03/2011)
un testo inquietante voluto fortemente dalla Lega pericoloso per le possibili vendite
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1.1 Federalismo demaniale
E' stato emanato il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, recante "Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42." (c.d. "federalismo demaniale"), che costituisce il primo provvedimento di attuazione della legge delega sul federalismo fiscale approvata lo scorso anno volta a dare una compiuta attuazione all'art. 119 della Costituzione.
informazioni aggiornate a venerdì, 5 novembre 2010
A seguito del parere espresso dalla Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale e dalle Commissioni Bilancio della Camera e del Senato, è stato emanato il primo provvedimento di attuazione della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, costituito dal decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 concernente il federalismo demaniale.
Il decreto prevede l'individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a comuni, province, città metropolitane e regioni, operata attraverso uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, e la successiva attribuzione dei beni agli enti medesimi.
Lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso secondo i criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplificazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, nonchè valorizzazione ambientale.
L'ente territoriale, a seguito dell'attribuzione, dispone del bene nell'interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorirne la "massima valorizzazione funzionale". I beni trasferiti possono peraltro anche essere inseriti dalle regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione; la deliberazione dell’ente territoriale di approvazione del piano di alienazioni e valorizzazioni dovrà tuttavia essere trasmessa ad una apposita conferenza di servizi volta ad acquisire le autorizzazioni, gli assensi e le approvazioni necessari alla variazione di destinazione urbanistica dei beni. Inoltre i beni trasferiti in attuazione del decreto che entrano a far parte del patrimonio disponibile degli enti territoriali possono essere alienati solo previa valorizzazione attraverso le procedure per l’adozione delle varianti allo strumento urbanistico, ed a seguito di apposita attestazione di congruità rilasciata da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio. Resta comunque riservata allo Stato la dichiarazione dell’eventuale passaggio al patrimonio dei beni demaniali trasferiti agli enti territoriali.
Il decreto, a seguito del parere parlamentare, dispone il trasferimento alle regioni, entro 180 giorni, dei beni del demanio marittimo e del demanio idrico, salvo i laghi chiusi privi di emissari di superficie che insistono sul territorio di una sola provincia, che dovranno essere trasferiti alle province, assieme alle miniere che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e i siti di stoccaggio di gas naturale. Una quota dei proventi dei canoni ricavati dalla utilizzazione del demanio idrico trasferito è destinata da ciascuna regione alle province, sulla base di una intesa conclusa fra la regione e le singole province sul cui territorio insistono i medesimi beni del demanio idrico.
I beni oggetto del trasferimento vengono inseriti in appositi elenchi adottati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata, da emanare entro 180 giorni. Successivamente, le regioni e gli enti locali che intendono acquisirli sono tenuti a presentare un’apposita domanda di attribuzione, con annessa relazione, all’Agenzia del demanio. A seguito del D.P.C.M. di trasferimento, i beni demaniali e patrimoniali dello Stato indicati dall’art. 5 – salvo alcune eccezioni - entrano a far parte, con pertinenze ed accessori, del patrimonio disponibile degli enti pubblici territoriali; questi ultimi si fanno carico, a seguito del trasferimento, degli eventuali oneri e pesi di cui è gravato il bene.
L’articolo 5 individua le tipologie dei beni immobili statali potenzialmente trasferibili, tra i quali sono annoverati i beni appartenenti al demanio marittimo, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle amministrazioni statali; i beni appartenenti al demanio idrico con specifiche esclusioni, gli aeroporti di interesse regionale o locale appartenenti al demanio aeronautico civile statale; le miniere ubicate su terraferma, nonchè altri beni immobili delloStato. Sono in ogni caso esclusi dal trasferimento, tra gli altri, gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali alle Amministrazioni pubbliche; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale; i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente; le reti di interesse statale, ivi comprese quelle energetiche e le strade ferrate in uso;i parchi nazionali e le riserve naturali statali, nonché i beni in uso a qualsiasi titolo al Senato, alla Camera, alla Corte Costituzionale e agli organi di rilevanza costituzionale.
Qualora l’ente territoriale non utilizzi il bene nel rispetto delle finalità e dei tempi indicati è previsto uno specifico meccanismo sanzionatorio, in base al quale il Governo esercita il proprio potere sostitutivo al fine di assicurare la migliore utilizzazione del bene, anche attraverso il conferimento in un apposito patrimonio vincolato, entro il quale con apposito DPCM dovranno, altresì, confluire i beni per i quali non sia stata presentata la domanda di attribuzione.
A seguito del parere parlamentare è stata rivisitare la disciplina che consente la valorizzazione dei beni attraverso fondi comuni di investimento immobiliare, prevedendo a tal fine che i beni trasferiti agli enti territoriali possano, previa loro valorizzazione, essere conferiti ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, sulla base di un valore la cui congruità dovrà essere attestata da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio; è stata data inoltre alla Cassa depositi e prestiti la facoltà di partecipare ai predetti fondi.
E' stata altresì introdotta una procedura per l’adozione di DPCM biennali di attribuzione di beni eventualmente resisi disponibili per ulteriori trasferimenti a decorrere dal 1° gennaio del secondo anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, nonché una procedura di consultazione preventiva per l’utilizzo ottimale di beni pubblici da parte degli enti territoriali, in base alla quale essi possono procedere a consultazioni tra di loro e con le amministrazioni periferiche dello Stato.
E' stata inoltre introdotta la previsione di una intesa in sede di Conferenza Unificata ai fini della determinazione delle modalità per la riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli Enti locali contestualmente e in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente alla adozione dei decreti di attribuzione dei beni. Per le spese relative ai beni trasferiti è stata, inoltre, prevista l’esclusione dai vincoli relativi al patto di stabilità interno per un importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione e la manutenzione dei beni trasferiti.
Si prevede infinedi un vincolo di destinazione dei proventi netti derivanti a ciascuna Regione ed Ente locale dalla eventuale alienazione dei beni trasferiti, prevedendo che tali proventi, per un ammontare pari al 75%, siano destinati alla riduzione del debito dell’ente e, solo in assenza del debito o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento; la residua quota del 25% viene destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.
Ai fini dell'espressione del parere, la Commissione bicamerale ha svolto una intensa attività conoscitiva attraverso le audizioni del Ministro Calderoli, del Presidente della COPAFF, del Direttore dell'Agenzia del Demanio, del Ministro per i rapporti con le Regioni Raffaele Fitto, dei rappresentanti della Ragioneria Generale dello Stato e dei rappresentanti della Corte dei conti, dei rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e dell’Unione delle province d’Italia (UPI) e dei rappresentanti dell'Istituto nazionale di urbanistica (INU).
Dossier pubblicati
Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio Schema di D.Lgs. n. 196 (art. 2 e 19, L. n. 42/2009) (20/04/2010)
Esito dei pareri al governo - Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio (30/06/2010)
1.1 Federalismo demaniale
E' stato emanato il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, recante "Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42." (c.d. "federalismo demaniale"), che costituisce il primo provvedimento di attuazione della legge delega sul federalismo fiscale approvata lo scorso anno volta a dare una compiuta attuazione all'art. 119 della Costituzione.
informazioni aggiornate a venerdì, 5 novembre 2010
A seguito del parere espresso dalla Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale e dalle Commissioni Bilancio della Camera e del Senato, è stato emanato il primo provvedimento di attuazione della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, costituito dal decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 concernente il federalismo demaniale.
Il decreto prevede l'individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a comuni, province, città metropolitane e regioni, operata attraverso uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, e la successiva attribuzione dei beni agli enti medesimi.
Lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso secondo i criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplificazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, nonchè valorizzazione ambientale.
L'ente territoriale, a seguito dell'attribuzione, dispone del bene nell'interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorirne la "massima valorizzazione funzionale". I beni trasferiti possono peraltro anche essere inseriti dalle regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione; la deliberazione dell’ente territoriale di approvazione del piano di alienazioni e valorizzazioni dovrà tuttavia essere trasmessa ad una apposita conferenza di servizi volta ad acquisire le autorizzazioni, gli assensi e le approvazioni necessari alla variazione di destinazione urbanistica dei beni. Inoltre i beni trasferiti in attuazione del decreto che entrano a far parte del patrimonio disponibile degli enti territoriali possono essere alienati solo previa valorizzazione attraverso le procedure per l’adozione delle varianti allo strumento urbanistico, ed a seguito di apposita attestazione di congruità rilasciata da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio. Resta comunque riservata allo Stato la dichiarazione dell’eventuale passaggio al patrimonio dei beni demaniali trasferiti agli enti territoriali.
Il decreto, a seguito del parere parlamentare, dispone il trasferimento alle regioni, entro 180 giorni, dei beni del demanio marittimo e del demanio idrico, salvo i laghi chiusi privi di emissari di superficie che insistono sul territorio di una sola provincia, che dovranno essere trasferiti alle province, assieme alle miniere che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e i siti di stoccaggio di gas naturale. Una quota dei proventi dei canoni ricavati dalla utilizzazione del demanio idrico trasferito è destinata da ciascuna regione alle province, sulla base di una intesa conclusa fra la regione e le singole province sul cui territorio insistono i medesimi beni del demanio idrico.
I beni oggetto del trasferimento vengono inseriti in appositi elenchi adottati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata, da emanare entro 180 giorni. Successivamente, le regioni e gli enti locali che intendono acquisirli sono tenuti a presentare un’apposita domanda di attribuzione, con annessa relazione, all’Agenzia del demanio. A seguito del D.P.C.M. di trasferimento, i beni demaniali e patrimoniali dello Stato indicati dall’art. 5 – salvo alcune eccezioni - entrano a far parte, con pertinenze ed accessori, del patrimonio disponibile degli enti pubblici territoriali; questi ultimi si fanno carico, a seguito del trasferimento, degli eventuali oneri e pesi di cui è gravato il bene.
L’articolo 5 individua le tipologie dei beni immobili statali potenzialmente trasferibili, tra i quali sono annoverati i beni appartenenti al demanio marittimo, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle amministrazioni statali; i beni appartenenti al demanio idrico con specifiche esclusioni, gli aeroporti di interesse regionale o locale appartenenti al demanio aeronautico civile statale; le miniere ubicate su terraferma, nonchè altri beni immobili delloStato. Sono in ogni caso esclusi dal trasferimento, tra gli altri, gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali alle Amministrazioni pubbliche; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale; i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente; le reti di interesse statale, ivi comprese quelle energetiche e le strade ferrate in uso;i parchi nazionali e le riserve naturali statali, nonché i beni in uso a qualsiasi titolo al Senato, alla Camera, alla Corte Costituzionale e agli organi di rilevanza costituzionale.
Qualora l’ente territoriale non utilizzi il bene nel rispetto delle finalità e dei tempi indicati è previsto uno specifico meccanismo sanzionatorio, in base al quale il Governo esercita il proprio potere sostitutivo al fine di assicurare la migliore utilizzazione del bene, anche attraverso il conferimento in un apposito patrimonio vincolato, entro il quale con apposito DPCM dovranno, altresì, confluire i beni per i quali non sia stata presentata la domanda di attribuzione.
A seguito del parere parlamentare è stata rivisitare la disciplina che consente la valorizzazione dei beni attraverso fondi comuni di investimento immobiliare, prevedendo a tal fine che i beni trasferiti agli enti territoriali possano, previa loro valorizzazione, essere conferiti ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, sulla base di un valore la cui congruità dovrà essere attestata da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio; è stata data inoltre alla Cassa depositi e prestiti la facoltà di partecipare ai predetti fondi.
E' stata altresì introdotta una procedura per l’adozione di DPCM biennali di attribuzione di beni eventualmente resisi disponibili per ulteriori trasferimenti a decorrere dal 1° gennaio del secondo anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, nonché una procedura di consultazione preventiva per l’utilizzo ottimale di beni pubblici da parte degli enti territoriali, in base alla quale essi possono procedere a consultazioni tra di loro e con le amministrazioni periferiche dello Stato.
E' stata inoltre introdotta la previsione di una intesa in sede di Conferenza Unificata ai fini della determinazione delle modalità per la riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli Enti locali contestualmente e in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente alla adozione dei decreti di attribuzione dei beni. Per le spese relative ai beni trasferiti è stata, inoltre, prevista l’esclusione dai vincoli relativi al patto di stabilità interno per un importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione e la manutenzione dei beni trasferiti.
Si prevede infinedi un vincolo di destinazione dei proventi netti derivanti a ciascuna Regione ed Ente locale dalla eventuale alienazione dei beni trasferiti, prevedendo che tali proventi, per un ammontare pari al 75%, siano destinati alla riduzione del debito dell’ente e, solo in assenza del debito o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento; la residua quota del 25% viene destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.
Ai fini dell'espressione del parere, la Commissione bicamerale ha svolto una intensa attività conoscitiva attraverso le audizioni del Ministro Calderoli, del Presidente della COPAFF, del Direttore dell'Agenzia del Demanio, del Ministro per i rapporti con le Regioni Raffaele Fitto, dei rappresentanti della Ragioneria Generale dello Stato e dei rappresentanti della Corte dei conti, dei rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e dell’Unione delle province d’Italia (UPI) e dei rappresentanti dell'Istituto nazionale di urbanistica (INU).
Dossier pubblicati
Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio Schema di D.Lgs. n. 196 (art. 2 e 19, L. n. 42/2009) (20/04/2010)
Esito dei pareri al governo - Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio (30/06/2010)
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