PROFESSIONISTI DELL'ANTIRAZZISMO
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Il Ministro Maroni, pavoneggiandosi davanti ai suoi colleghi del G8 tematico dedicato alla repressione degli immigrati, ha attaccato quanti lottano e faticano a tenere l'Italia dentro parametri di civiltà definendoli "professionisti dell'antirazzismo".
La locuzione riecheggia quella famosa di Leonardo Sciascia del 1987 dei "professionisti dell'antimafia". Una espressione infelice della quale il grande scrittore si è certamente pentito e che era riferita in particolare a due uomini: Leoluca Orlando e Paolo Borsellino. Borsellino come è noto è caduto nella terribile imboscata mafiosa di Via D'Amelio nel 1992. Leoluca Orlando è ancora tra di noi e continua la sua battaglia politica dopo aver dato vita alla cosidetta primavera di Palermo. Il percorso umano di Borsellino e di Leoluca Orlando è stato esemplare. Come amministratore e dirigente politico Leoluca Orlando si è distinto per essere stato il migliore Sindaco di Palermo, la sventurata città oggi governata dalla destra e sommersa dalle immondizie pur facendo pagare pesanti balzelli ai suoi cittadini.
Chi sarebbero oggi i professionisti dell'antirazzismo? Sono tutti coloro che si sono battuti e si battono contro l'imbarbarimento del nostro Paese diventato un inferno di sofferenze a volte anche atroci per quanti hanno avuto la disgrazia di mettervi piede e cadere nelle grinfie adunche di voraci e cinici sfruttatori. Sono coloro che non condividono una legislazione emergenziale che complica terribilmente la vita ai migranti regolari rendendone possibile l'arresto per clandestinità, lo smembramento delle famiglie, se i datori di lavoro non rinnovano i loro contratti. L'incrudelimento delle norme ai professionisti dell'antirazzismo come me sembrano rivolte al ricatto generalizzato per quanti si sono stabilizzati in Italia da anni. I datori di lavoro hanno nelle mani un'arma terribile, hanno la chiave del loro permesso di soggiorno. Per questo abbassano e continueranno ad abbassare le retribuzioni coperti anche da un sistema che non assicura alcuna protezione ai dipendenti. Scopo del "cattivismo" del Ministro e delle leggi offensive dei diritti umani è quello di avere una massa di lavoratori per sempre stranieri nella terra nella quale vivono magari da molti anni e per sempre soggetti al datore di lavoro-Dio che ha nelle mani il loro destino.
Osservo inoltre che l'espressione "professionisti dell'antirazzismo" è del tutto sbagliata dal momento che nel declino della ragione che ha investito l'Italia è il razzismo della Lega a dare consenso, voti, potere, privilegi,
palazzi. Tutto il gruppo dirigente della Lega ha fatto le sue fortune entrando nella grande mangiatoia degli oligarchi della Roma ladrona sfruttando la paura per le invasioni "barbariche" e l'insicurezza fomentata da campagne di odio sostenute da un sistema massmediatico indegno del giornalismo civile. Frutta tanto il professionismo dei razzisti che tanti amministratori del centro-sinistra hanno ritenuto di adeguarvisi ed hanno fatto a gara con i leghisti nel segare le panchine, perseguitare e multura i lavavetri, criminalizzare i senza tetto che Maroni sta schedando nel suo Ministero.
Tanti, tantissimi professionisti del razzismo e tutti dentro la macchina del potere, tutti pubblici amministratori come il famosissimo Gentilini che vorrebbe aprire la caccia a fucilate ai clandestini, come Borghezio che incendia i miseri rifugi di fortuna dei sottoponti, come Zanonato che recinge un intero quartiere e ne ordina la evacuazione, come Cofferati che manda le ruspe ad abbattere le casupole del Reno.........
Coloro che fanno attivamente antirazzismo hanno assai poco da guadagnare come carriera o vantaggio personale. Nuotano controcorrente in un Paese avvelenato da campagne martellanti promosse da una classe dirigente irresponsabile guidata da un uomo che attacca quotidianamente la Magistrature, l'opposizione e la Costituzione e che oggi ha immerso il Paese nella telenovela del suo sultanato e dei suoi piaceri senili in villa e che fa attaccare dai suoi sostenitori come la signora Santanchè la moglie cercando di coprirla di fango in un giornale strettissimamente legato alla sua area politica.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
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domenica 31 maggio 2009
sabato 30 maggio 2009
Villa Certosa e le fotografie sequestrate
non credo che quanto succede dentro la villa del Capo del Governo in occasione di una festa alla quale partecipano forse centinaia di persone possa essere sottratto alla pubblica conoscenza.
Se le scene fotografate non sono quelle di ninfee boscherecce inseguiti da satiri o di orge bucoliche tali da turbare la moralità dei minori di anni 18 non vedo perchè non dovrebbero essere conosciute dal pubblico. Tutto quello che fa il Capo del Governo ci interessa e ci riguarda.
Pietro
Ps: se il fotografo chiede un milione di euro che cosa documentano le fotografie di Villa Certosa?
Perchè avrebbero tanto valore?
http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-4/procura-sequestro-foto/procura-sequestro-foto.html
http://gestcredit.wordpress.com/2009/05/24/limperatore-tiberio-e-le-sue-vacanze-in-letizia-nellisola-di-capri/
Se le scene fotografate non sono quelle di ninfee boscherecce inseguiti da satiri o di orge bucoliche tali da turbare la moralità dei minori di anni 18 non vedo perchè non dovrebbero essere conosciute dal pubblico. Tutto quello che fa il Capo del Governo ci interessa e ci riguarda.
Pietro
Ps: se il fotografo chiede un milione di euro che cosa documentano le fotografie di Villa Certosa?
Perchè avrebbero tanto valore?
http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-4/procura-sequestro-foto/procura-sequestro-foto.html
http://gestcredit.wordpress.com/2009/05/24/limperatore-tiberio-e-le-sue-vacanze-in-letizia-nellisola-di-capri/
la crisi siciliana
la crisi siciliana
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E' difficile sapere le vere ragioni della crisi siciliana dal momento che sono sepolte all'interno del cuore del Palazzo dell'Oligarchia Siciliana. Una ragione è certamente legata a contrasti sulla gestione della sanità nella Regione e non riguarda soltanto gli assetti gerarchici di questa ma anche il ricchissimo business delle convenzioni. Altre ragioni sono connesse alla gestione dei fondi europei ed altre ancora a quella della burocrazia siciliana popolata da migliaia di dirigenti e di managers e di supermanagers. Osservo che se il denaro che la Regione divora ogni anno fosse distribuito ai cinque milioni di siciliani potremmo campare tutti di rendita, senza grossi problemi.
Da molti anni, sicuramente dall'epoca della Giunta Nicolosi che
aumentò i dipendenti regionali da seimila scarsi a circa trentamila anche a causa di una legge che trasferiva alla Regione migliaia di impiegati e dirigenti di enti nazionali,ilbilancio regionale è diventato deficitario. Fino agli anni di Nicolosi la Regione aveva un bilancio assolutamente sano nel quale le spese di investimento erano di gran lunga maggiori delle spesi correnti.
Oggi la Regione siciliana spende per se stessa la enorme cifra dei suoi incassi e si indebita per fare quadrare il bilancio. Gli unici investimenti che si fanno sono quelli che derivano dalla Comunità Europea e da alcune leggi dello Stato peraltro inapplicate per le note penurie finanziarie.
Lombardo ha fatto un colpo di teatro possibile soltanto nel clima di democrazia degenerata in oligarchia o meglio in massaria nel quale siamo immersi. Ha azzerato la Giunta per farne un'altra che premia le fazioni che si sono richiamate a lui nella notte dei lunghi coltelli in cui vive la maggioranza. Credo che abbia agito contando su una opposizione pd del tutto subalterna e probabilmente consenziente con i suoi disegni. Il cuculo Lombardo è entrato nel nido di Cuffaro, ne ha divorato le uova e si è installato saldamente. L'opinione pubblica siciliana è del tutto inesistente e l'opposizione sociale debolissima e ricattabile.
Gli operai Fiat di Termine Imerese e l'intero comprensorio madonita minacciati dal piano Merchionne sono costretti a contare sull'opera di sostegno del Governo regionale e questa necessità sovrasta tutte le altre. I Sindacati siciliani non
riescono a diventare un motore di cambiamento per via di una analisi del ruolo dell'Autonomia del tutto arretrata e che produce da tempo soltanto dannosi errori di orientamento. I Partiti della sinistra sono troppo deboli e spesso afflitti da problemi di gruppi dirigenti che tendono ad oligarchizzarsi. Insomma, il teatro delle operazioni è tutto nella maggioranza di governo e riguarda il suo sterminato blocco sociale di interessi corporativi.
In Sicilia, da tempo, le corporazioni hanno sostituito le classi sociali e la società civile. Le corporazioni si radunano attorno al potere regionale ed in qualche modo riescono ad andare avanti sottraendosi ai processi di rinnovamento ed ai confronti che sarebbero necessari dappertutto a cominciare dall'industria.
La Regione Siciliana è regolata da una legge elettorale mostruosa che prevede il suo scioglimento in caso di dimissioni o impedimento del Presidente e che assegna un terzo dei seggi alla minoranza che supera il cinque per cento dei voti. Insomma, chi controlla il partito o i partiti di opposizione non ha alcun interesse a fare davvero politica dal momento che, comunque vadano le cose, la sua riconferma in assemblea è garantita.
Questa legge elettorale è frutto di un patto scellerato che è riduttivo chiamare inciucio ed è causa non secondaria della tristissima stagione politica priva di speranze che stiamo vivendo.
Ho sentito che la nuova Giunta Lombardo avrà al suo interno anche un Magistrato come la signora Chinnici. Non credo che questa presenza sia frutto di una evoluzione della Regione verso una linea di amministrazione contraria o distante dagli interessi della mafia, anche se onestamente non sono in grado di dire se la Giunta Lombardo nasconde o protegge interessi mafiosi. Una Regione che ha fatto fallire l'esperimento Borsellino non farà fiorire l'esperienza Chinnici alla quale rivolgo i miei migliori auguri.
Pietro Ancona
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E' difficile sapere le vere ragioni della crisi siciliana dal momento che sono sepolte all'interno del cuore del Palazzo dell'Oligarchia Siciliana. Una ragione è certamente legata a contrasti sulla gestione della sanità nella Regione e non riguarda soltanto gli assetti gerarchici di questa ma anche il ricchissimo business delle convenzioni. Altre ragioni sono connesse alla gestione dei fondi europei ed altre ancora a quella della burocrazia siciliana popolata da migliaia di dirigenti e di managers e di supermanagers. Osservo che se il denaro che la Regione divora ogni anno fosse distribuito ai cinque milioni di siciliani potremmo campare tutti di rendita, senza grossi problemi.
Da molti anni, sicuramente dall'epoca della Giunta Nicolosi che
aumentò i dipendenti regionali da seimila scarsi a circa trentamila anche a causa di una legge che trasferiva alla Regione migliaia di impiegati e dirigenti di enti nazionali,ilbilancio regionale è diventato deficitario. Fino agli anni di Nicolosi la Regione aveva un bilancio assolutamente sano nel quale le spese di investimento erano di gran lunga maggiori delle spesi correnti.
Oggi la Regione siciliana spende per se stessa la enorme cifra dei suoi incassi e si indebita per fare quadrare il bilancio. Gli unici investimenti che si fanno sono quelli che derivano dalla Comunità Europea e da alcune leggi dello Stato peraltro inapplicate per le note penurie finanziarie.
Lombardo ha fatto un colpo di teatro possibile soltanto nel clima di democrazia degenerata in oligarchia o meglio in massaria nel quale siamo immersi. Ha azzerato la Giunta per farne un'altra che premia le fazioni che si sono richiamate a lui nella notte dei lunghi coltelli in cui vive la maggioranza. Credo che abbia agito contando su una opposizione pd del tutto subalterna e probabilmente consenziente con i suoi disegni. Il cuculo Lombardo è entrato nel nido di Cuffaro, ne ha divorato le uova e si è installato saldamente. L'opinione pubblica siciliana è del tutto inesistente e l'opposizione sociale debolissima e ricattabile.
Gli operai Fiat di Termine Imerese e l'intero comprensorio madonita minacciati dal piano Merchionne sono costretti a contare sull'opera di sostegno del Governo regionale e questa necessità sovrasta tutte le altre. I Sindacati siciliani non
riescono a diventare un motore di cambiamento per via di una analisi del ruolo dell'Autonomia del tutto arretrata e che produce da tempo soltanto dannosi errori di orientamento. I Partiti della sinistra sono troppo deboli e spesso afflitti da problemi di gruppi dirigenti che tendono ad oligarchizzarsi. Insomma, il teatro delle operazioni è tutto nella maggioranza di governo e riguarda il suo sterminato blocco sociale di interessi corporativi.
In Sicilia, da tempo, le corporazioni hanno sostituito le classi sociali e la società civile. Le corporazioni si radunano attorno al potere regionale ed in qualche modo riescono ad andare avanti sottraendosi ai processi di rinnovamento ed ai confronti che sarebbero necessari dappertutto a cominciare dall'industria.
La Regione Siciliana è regolata da una legge elettorale mostruosa che prevede il suo scioglimento in caso di dimissioni o impedimento del Presidente e che assegna un terzo dei seggi alla minoranza che supera il cinque per cento dei voti. Insomma, chi controlla il partito o i partiti di opposizione non ha alcun interesse a fare davvero politica dal momento che, comunque vadano le cose, la sua riconferma in assemblea è garantita.
Questa legge elettorale è frutto di un patto scellerato che è riduttivo chiamare inciucio ed è causa non secondaria della tristissima stagione politica priva di speranze che stiamo vivendo.
Ho sentito che la nuova Giunta Lombardo avrà al suo interno anche un Magistrato come la signora Chinnici. Non credo che questa presenza sia frutto di una evoluzione della Regione verso una linea di amministrazione contraria o distante dagli interessi della mafia, anche se onestamente non sono in grado di dire se la Giunta Lombardo nasconde o protegge interessi mafiosi. Una Regione che ha fatto fallire l'esperimento Borsellino non farà fiorire l'esperienza Chinnici alla quale rivolgo i miei migliori auguri.
Pietro Ancona
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venerdì 29 maggio 2009
I panzoni
I Panzoni
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L'Italia è diventata davvero il Paese della Farsa Infinita, una farsa sempre più grottesca, umiliante, deprimente. Il Ministro Brunetta deve la sua notorietà alla definizione di "fannulloni" affibiata ai dipendenti pubblici, tra il consenso sfegatato di tanti "autonomi" che vorrebbero sommare lo stipendio fisso ai vantaggi del libero commercio e della libera professione e pertanto invidiano i pubblici dipendenti, che ha creato con la questione malattia una situazione di grande disagio e di vere difficoltà per quanti hanno la disgrazia di ammalarsi o di sentirsi male. Ora ol Ministro, tanto per mantenere desta l'attenzione verso di sè, non ha trovato di meglio che definire "panzoni" i tanti che nella Polizia sono adibiti a funzioni amministrative. L'attacco è alle persone ed alle abitudini alimentari dei Panzoni. Il Ministro infatti ha specificato che vanno in ufficio perchè in strada sarebbero "mangiati"dalla delinquenza, cioè non sarebbero in grado di fronteggiarla non avendo il fisico di superman addestrati al corpo al corpo.
Inoltre, il Ministro, inebriato dal fatto di esserlo e di esercitare un "comando", insomma di trovarsi al vertice del Governo, suggerisce ai dipendenti pubblici giacca e cravatta tutti i giorni. La voglia di irreggimentazione del centro destra traligna dappertutto: dai grembiulini scolastici alle ronde dei soldati per le strade italiane. Presto avremo anche una divisa per i dipendenti civili dello Stato come si usava se mal non ricordo nella Russia degli Zar e nelle Corti Europee. Il Ministro Brunetta non vuole essere da meno della sua collega Gelmini.
Alla reazione dei rappresentanti della Polizia il Ministro ha risposto dicendo "scherzavo!", una risposta
di chi, rendendosi conto di averla fatta grossa, vorrebbe nascondere la manina, volgerla in burla.
Naturalmente, non è affatto vero che "scherzava". Nella definizione di "panzoni" per tanti poliziotti c'è una venatura che potrebbe essere razzista nei confronti delle tante persone obese, ma c'è anche una giudizio
sul lavoro di ufficio come lavoro di tutto comodo che non solo non richiede agilità fisica ma che addirittura impoltronisce. Il Ministro non si chiede neppure se stare davanti il computer per sette ore al giorno o stare ad uno sportello a fronteggiare file interminabili di migranti sia impegnativo. Continua nella sua grottesca campagna di squalificazione di tutti i settori della pubblica amministrazione caso unico al mondo tipico della patologia berlusconiana del potere.
Avrebbe potuto, se volesse rendere davvero un servizio allo Stato, senza tanti strombettature, porsi il problema di quanti poliziotti sono adibiti ai servizi di scorta a personaggi della politica che non ne hanno affatto bisogno se non come status simbol. E' davvero scandaloso vedere in TV folle ridicole di persone che si muovono attorno ai potenti. Il Presidente del Consiglio viene inquadrato spesso dentro una folla di protettori un vero e proprio corteo che sarebbe stato oggetto di un esilarante film ai tempi del muto. Questa processione di guardie dei politici è unica in Europa. Non esiste alcun Paese in cui si assiste allo spettacolo che noi vediamo ogni giorno in Italia ed è un segno della degenerazione della nostra democrazia in oligarchia ed ora in principato.
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=354662
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
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L'Italia è diventata davvero il Paese della Farsa Infinita, una farsa sempre più grottesca, umiliante, deprimente. Il Ministro Brunetta deve la sua notorietà alla definizione di "fannulloni" affibiata ai dipendenti pubblici, tra il consenso sfegatato di tanti "autonomi" che vorrebbero sommare lo stipendio fisso ai vantaggi del libero commercio e della libera professione e pertanto invidiano i pubblici dipendenti, che ha creato con la questione malattia una situazione di grande disagio e di vere difficoltà per quanti hanno la disgrazia di ammalarsi o di sentirsi male. Ora ol Ministro, tanto per mantenere desta l'attenzione verso di sè, non ha trovato di meglio che definire "panzoni" i tanti che nella Polizia sono adibiti a funzioni amministrative. L'attacco è alle persone ed alle abitudini alimentari dei Panzoni. Il Ministro infatti ha specificato che vanno in ufficio perchè in strada sarebbero "mangiati"dalla delinquenza, cioè non sarebbero in grado di fronteggiarla non avendo il fisico di superman addestrati al corpo al corpo.
Inoltre, il Ministro, inebriato dal fatto di esserlo e di esercitare un "comando", insomma di trovarsi al vertice del Governo, suggerisce ai dipendenti pubblici giacca e cravatta tutti i giorni. La voglia di irreggimentazione del centro destra traligna dappertutto: dai grembiulini scolastici alle ronde dei soldati per le strade italiane. Presto avremo anche una divisa per i dipendenti civili dello Stato come si usava se mal non ricordo nella Russia degli Zar e nelle Corti Europee. Il Ministro Brunetta non vuole essere da meno della sua collega Gelmini.
Alla reazione dei rappresentanti della Polizia il Ministro ha risposto dicendo "scherzavo!", una risposta
di chi, rendendosi conto di averla fatta grossa, vorrebbe nascondere la manina, volgerla in burla.
Naturalmente, non è affatto vero che "scherzava". Nella definizione di "panzoni" per tanti poliziotti c'è una venatura che potrebbe essere razzista nei confronti delle tante persone obese, ma c'è anche una giudizio
sul lavoro di ufficio come lavoro di tutto comodo che non solo non richiede agilità fisica ma che addirittura impoltronisce. Il Ministro non si chiede neppure se stare davanti il computer per sette ore al giorno o stare ad uno sportello a fronteggiare file interminabili di migranti sia impegnativo. Continua nella sua grottesca campagna di squalificazione di tutti i settori della pubblica amministrazione caso unico al mondo tipico della patologia berlusconiana del potere.
Avrebbe potuto, se volesse rendere davvero un servizio allo Stato, senza tanti strombettature, porsi il problema di quanti poliziotti sono adibiti ai servizi di scorta a personaggi della politica che non ne hanno affatto bisogno se non come status simbol. E' davvero scandaloso vedere in TV folle ridicole di persone che si muovono attorno ai potenti. Il Presidente del Consiglio viene inquadrato spesso dentro una folla di protettori un vero e proprio corteo che sarebbe stato oggetto di un esilarante film ai tempi del muto. Questa processione di guardie dei politici è unica in Europa. Non esiste alcun Paese in cui si assiste allo spettacolo che noi vediamo ogni giorno in Italia ed è un segno della degenerazione della nostra democrazia in oligarchia ed ora in principato.
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Pietro Ancona
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mercoledì 27 maggio 2009
morire per un tozzo di pane
Morire per un tozzo di pane!=======================
Ieri sono morti tre operai in modo atroce. I loro ultimi attimi di vita strappati in modo raccapricciante sono stati di solidarietà umana : hanno tentato di strappare uno di loro alla morte e ne sono stati falciati tutti e tre.
La loro morte non cambierà niente. Altri operai od operaie moriranno oggi ed altri ancora domani e poi dopodomani. Se, alla fine dell'anno l'Istat ne conterà qualcuno in meno dell'anno precedente, qualcuno si pavoneggierà al Governo dei risultati raggiunti anche se la cifra sarà sempre una spaventosa ecatombe che riempie l'Italia di vedove e di orfani.
La morte di questi e di tutti gli altri lavoratori caduti spesso per un lavoro durissimo pagato meno di mille euro al mese non è dovuta al caso. Anche l'Avvenire comincia a ragionarci sopra anche se non ha individuato tutte le ragioni che generano questa mostruosa macchina di morte. Una responsabilità è certamente quella legata al turnover, all'uso di operai usa e getta, al quale ricorrono le imprese che spesso sono di sub appalto. Cambiare squadre di operai ogni giorno o ogni settimana per assumere spesso i più disperati, per non avere storie con diritti che maturano con l'anzianità può fare comodo alle imprese che vogliono ricavare il massimo profitto dalla commessa che hanno ricevuto. Ma l'operaio usa e getta non ha esperienza e l'azienda di cui è dipendente non accumula Knov-how. La mancata accumulazione di esperienza per l'uso sempre più diffuso di lavoro precario ed occasionale non solo è pericolosa ma costituisce una perdita secca per l'intera società che si impoverisce di cultura tecnica e di specializzazioni ben collaudate. Ho ricordato altra volta che la Torre Eiffel fu costruita da circa duecento carpentieri del ferro in due anni senza un solo infortunio mortale. Gli operai lavoravano in condizioni climatiche spesso proibitive ad altezze da vertigine. Perchè non vi morì nessuno? Per il motivo semplice della alta professionalità di maestranze che non venivano sostituite con la frequenza criminosa ma impunita con la quale vengono assunti e licenziati oggi gli operai delle fabbriche e deu cantieri. Un precario che fa oggi il muratore, domani il cameriere, e poi il fattorino o l'autista o altro e che è costretto a cercarsi il lavoro se vuole sopravvivere non riesce ad impararne bene e fino in fondo uno. La legge Biagi ha dato un colpo mortale alla possibilità di specializzarsi, di accumulare un know-kow personale e di riversarlo nel lavoro. Il capitalismo ha creato una lunghissima schiera di schiavi moderni pronti ad essere usati e poi abbandonati al loro destino.
Ma questa ragione, condivisa da L'Avvenire, non è la sola a generare la morte sul lavoro. L'altra ragione è
legata allo stress di turni pesantissimi e sempre più lunghi che si svolgono con la copertura di un inaccettabile orientamento della legislazione che fissa fino a tredici ore la soglia dell'orario di lavoro e che vorrebbe portare ad oltre sessanta ore il lavoro settimanale.
Ma al centro della questione è la mercificazione del lavoro, della prestazione lavorativa e della stessa vita del lavoratore. Oggi la società capitalistica e asolidale accetta con indifferenza sia pure più dissimulata da un finto scandalizzarsi dei massmedia la morte operaia. Lo considera un costo necessario al tenere in piedi la baracca in cui viviamo. Oggi il lavoratore conta pochissimo non solo in fabbrica ma anche dentro il suo stesso sindacato (ammesso che ne abbia uno).
Ho proposto subito dopo il rogo della Thissen che gli addetti alla sicurezza fossero muniti di poteri ispettivi
e che fossero considerati veri e propri terminali di un sistema di protezione,di allarme, di intervento degli ispettorati del lavoro. Una legge dello Stato dovrebbe conferire questi poteri agli addetti alla sicurezza e si creerebbe uno sterminato meccanismo di contrasto con gli infortuni. Lo Stato non avrà i mezzi per intervenire in milioni di aziende disseminate nel territorio nazionale anche se assumesse molti altri ispettori. Il conferimento di potere agli addetti alla sicurezza genererebbe una rete formidabile ed a costo zero.
Ma questa scelta che farebbe crescere il ruolo di questa importante funzione dei lavoratori della sicurezza non sarà mai accettata. In atto le aziende vogliono gli addetti alla sicurezza come comparse passive, lavoratori che se vogliono continuare a guadagnarsi il pane debbono stare zitti, non chiedere niente, non sapere niente di quello che dovrebbero sapere sui macchinari, sulla organizzazione del lavoro.
Il sindacato è molto impegnato a realizzare enti bilaterali ed accetta un ruolo di collaborazione sempre più subalterno al Dio Imprenditore. Questo sindacato non combatterà la battaglia contro la morte in fabbrica chiedendo poteri per i delegati alla sicurezza. Questo è il mio rammarico più grande, la mia più grande amarezza.
Pietro Ancona
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Ieri sono morti tre operai in modo atroce. I loro ultimi attimi di vita strappati in modo raccapricciante sono stati di solidarietà umana : hanno tentato di strappare uno di loro alla morte e ne sono stati falciati tutti e tre.
La loro morte non cambierà niente. Altri operai od operaie moriranno oggi ed altri ancora domani e poi dopodomani. Se, alla fine dell'anno l'Istat ne conterà qualcuno in meno dell'anno precedente, qualcuno si pavoneggierà al Governo dei risultati raggiunti anche se la cifra sarà sempre una spaventosa ecatombe che riempie l'Italia di vedove e di orfani.
La morte di questi e di tutti gli altri lavoratori caduti spesso per un lavoro durissimo pagato meno di mille euro al mese non è dovuta al caso. Anche l'Avvenire comincia a ragionarci sopra anche se non ha individuato tutte le ragioni che generano questa mostruosa macchina di morte. Una responsabilità è certamente quella legata al turnover, all'uso di operai usa e getta, al quale ricorrono le imprese che spesso sono di sub appalto. Cambiare squadre di operai ogni giorno o ogni settimana per assumere spesso i più disperati, per non avere storie con diritti che maturano con l'anzianità può fare comodo alle imprese che vogliono ricavare il massimo profitto dalla commessa che hanno ricevuto. Ma l'operaio usa e getta non ha esperienza e l'azienda di cui è dipendente non accumula Knov-how. La mancata accumulazione di esperienza per l'uso sempre più diffuso di lavoro precario ed occasionale non solo è pericolosa ma costituisce una perdita secca per l'intera società che si impoverisce di cultura tecnica e di specializzazioni ben collaudate. Ho ricordato altra volta che la Torre Eiffel fu costruita da circa duecento carpentieri del ferro in due anni senza un solo infortunio mortale. Gli operai lavoravano in condizioni climatiche spesso proibitive ad altezze da vertigine. Perchè non vi morì nessuno? Per il motivo semplice della alta professionalità di maestranze che non venivano sostituite con la frequenza criminosa ma impunita con la quale vengono assunti e licenziati oggi gli operai delle fabbriche e deu cantieri. Un precario che fa oggi il muratore, domani il cameriere, e poi il fattorino o l'autista o altro e che è costretto a cercarsi il lavoro se vuole sopravvivere non riesce ad impararne bene e fino in fondo uno. La legge Biagi ha dato un colpo mortale alla possibilità di specializzarsi, di accumulare un know-kow personale e di riversarlo nel lavoro. Il capitalismo ha creato una lunghissima schiera di schiavi moderni pronti ad essere usati e poi abbandonati al loro destino.
Ma questa ragione, condivisa da L'Avvenire, non è la sola a generare la morte sul lavoro. L'altra ragione è
legata allo stress di turni pesantissimi e sempre più lunghi che si svolgono con la copertura di un inaccettabile orientamento della legislazione che fissa fino a tredici ore la soglia dell'orario di lavoro e che vorrebbe portare ad oltre sessanta ore il lavoro settimanale.
Ma al centro della questione è la mercificazione del lavoro, della prestazione lavorativa e della stessa vita del lavoratore. Oggi la società capitalistica e asolidale accetta con indifferenza sia pure più dissimulata da un finto scandalizzarsi dei massmedia la morte operaia. Lo considera un costo necessario al tenere in piedi la baracca in cui viviamo. Oggi il lavoratore conta pochissimo non solo in fabbrica ma anche dentro il suo stesso sindacato (ammesso che ne abbia uno).
Ho proposto subito dopo il rogo della Thissen che gli addetti alla sicurezza fossero muniti di poteri ispettivi
e che fossero considerati veri e propri terminali di un sistema di protezione,di allarme, di intervento degli ispettorati del lavoro. Una legge dello Stato dovrebbe conferire questi poteri agli addetti alla sicurezza e si creerebbe uno sterminato meccanismo di contrasto con gli infortuni. Lo Stato non avrà i mezzi per intervenire in milioni di aziende disseminate nel territorio nazionale anche se assumesse molti altri ispettori. Il conferimento di potere agli addetti alla sicurezza genererebbe una rete formidabile ed a costo zero.
Ma questa scelta che farebbe crescere il ruolo di questa importante funzione dei lavoratori della sicurezza non sarà mai accettata. In atto le aziende vogliono gli addetti alla sicurezza come comparse passive, lavoratori che se vogliono continuare a guadagnarsi il pane debbono stare zitti, non chiedere niente, non sapere niente di quello che dovrebbero sapere sui macchinari, sulla organizzazione del lavoro.
Il sindacato è molto impegnato a realizzare enti bilaterali ed accetta un ruolo di collaborazione sempre più subalterno al Dio Imprenditore. Questo sindacato non combatterà la battaglia contro la morte in fabbrica chiedendo poteri per i delegati alla sicurezza. Questo è il mio rammarico più grande, la mia più grande amarezza.
Pietro Ancona
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martedì 26 maggio 2009
la mozione di sfiducia a berlusconi
LA MOZIONE DI SFIDUCIA A BERLUSCONI
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Il PD non condivide la proposta di Di Pietro di presentare una mozione di sfiducia a Berlusconi. L'argomento è assai discutibile. Dice: la mozione di sfiducia ricompatta la maggioranza che sarebbe costretta, anche se molti dei suoi componenti hanno più di un mal di pancia, a votare contro. L'opinione pubblica si ritroverebbe con un Berlusconi che ha avuto una riconferma dal Parlamento e quindi più forte.
Si tratta di un'argomentazione impregnata di vecchio politicismo e largamente anacronistica. La gente sa bene che Berlusconi ha una maggioranza schiacciante in Parlamento e sa bene che questa è "costretta" a votarlo. Quindi bisogna dare per scontato questo dato e vedere invece di valutare bene la "novità" costituita dalla mozione di sfiducia dal momento che l'opposizione a Berlusconi è stata sempre percepita come debole,altalenante, priva di reale convinzione più pronta al compromesso che alla lotta. La gente percepisce una v olontà collaborazionistica specialmente in materia di diritti dei lavoratori. Proprio in questi giorni è in corso una iniziativa bipartisan capeggiata da Ichino per privare i licenziati del diritto di ricorrere alla Magistratura! In politica estera e nei rapporti con Israele l'opposizione è in gara con la maggioranza a chi più bellicista, più rigidamente filoatlantista etcc..... Insomma, l'immagine dell'opposizione non è proprio nitida,
convincente, mobilitativa di una lotta di rinnovamento contro la gestione sempre più privatizzata e sempre più scandalosa del governo di Berlusconi.
La mozione di sfiducia potrebbe essere il manifesto di una nuova Italia che vuole la piena restaurazione della libertà, della democrazia, della Costituzione. Potrebbe tracciare un programma chiaro nella lotta al razzismo, alle leggi liberticide, all'incrudelimento della condizione delle carceri, alla regressione del Mezzogiorno verso
una miseria sempre più diffusa etc... Non presentare la mozione di sfiducia è un favore a Berlusconi ed alla destra italiana.
Il no di Franceschini e di altri alla mozione di sfiducia indebolisce il PD e l'opposizione sociale e civile a Berlusconi. Sorge il sospetto che non si tratti soltanto di un errore ma della voglia di essere imbarcati, cessata la tempesta Naomi e Mills, nella "riforma" della Costituzione ed in una nuova fase della repubblica
ancora più marcatamente oligarchica, controllata da un ceto politico bipartisan dominato da comunanza di interessi di mera gestione della politica e della pubblica amministrazione.
Pietro Ancona
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Il PD non condivide la proposta di Di Pietro di presentare una mozione di sfiducia a Berlusconi. L'argomento è assai discutibile. Dice: la mozione di sfiducia ricompatta la maggioranza che sarebbe costretta, anche se molti dei suoi componenti hanno più di un mal di pancia, a votare contro. L'opinione pubblica si ritroverebbe con un Berlusconi che ha avuto una riconferma dal Parlamento e quindi più forte.
Si tratta di un'argomentazione impregnata di vecchio politicismo e largamente anacronistica. La gente sa bene che Berlusconi ha una maggioranza schiacciante in Parlamento e sa bene che questa è "costretta" a votarlo. Quindi bisogna dare per scontato questo dato e vedere invece di valutare bene la "novità" costituita dalla mozione di sfiducia dal momento che l'opposizione a Berlusconi è stata sempre percepita come debole,altalenante, priva di reale convinzione più pronta al compromesso che alla lotta. La gente percepisce una v olontà collaborazionistica specialmente in materia di diritti dei lavoratori. Proprio in questi giorni è in corso una iniziativa bipartisan capeggiata da Ichino per privare i licenziati del diritto di ricorrere alla Magistratura! In politica estera e nei rapporti con Israele l'opposizione è in gara con la maggioranza a chi più bellicista, più rigidamente filoatlantista etcc..... Insomma, l'immagine dell'opposizione non è proprio nitida,
convincente, mobilitativa di una lotta di rinnovamento contro la gestione sempre più privatizzata e sempre più scandalosa del governo di Berlusconi.
La mozione di sfiducia potrebbe essere il manifesto di una nuova Italia che vuole la piena restaurazione della libertà, della democrazia, della Costituzione. Potrebbe tracciare un programma chiaro nella lotta al razzismo, alle leggi liberticide, all'incrudelimento della condizione delle carceri, alla regressione del Mezzogiorno verso
una miseria sempre più diffusa etc... Non presentare la mozione di sfiducia è un favore a Berlusconi ed alla destra italiana.
Il no di Franceschini e di altri alla mozione di sfiducia indebolisce il PD e l'opposizione sociale e civile a Berlusconi. Sorge il sospetto che non si tratti soltanto di un errore ma della voglia di essere imbarcati, cessata la tempesta Naomi e Mills, nella "riforma" della Costituzione ed in una nuova fase della repubblica
ancora più marcatamente oligarchica, controllata da un ceto politico bipartisan dominato da comunanza di interessi di mera gestione della politica e della pubblica amministrazione.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
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lunedì 25 maggio 2009
Cari compagni del Manifesto,
la risposta che avete dato alle lettere (da voi scelte e pubblicate) sul caso Torino è del tutto insoddisfacente e tradisce una profonda insofferenza alle critiche . Questo alla vigilia di nuove scelte "unitarie" (cgil,cifl,uil più ugl) per ridurre ancora le pensioni ed ingabbiare i lavoratori nello schema compartecipativo che consegnerà alle aziende tutto. Parlo di aziende di un capitalismo sempre più truffaldino (vedi fondi pensione ed altro).
Sbagliate a non aprire una finestra sulla realtà della condizione dei lavoratori e dei loro rapporti con il sindacato e l'ufficio risorse delle aziende a cominciare dal reparto confino di Nola.
Vi suggerisco anche di frequentare internet e vedere che cosa bolle nel pentolone sociale italiano!! Andate a leggervi gli accordi recenti della CGIL e degli altri due per la sanità, per le ferrovie, per le manifestazioni e vi renderete conto che siamo distanti milioni di anni luce dalla CGIL che avete conosciuto ai tempi di Novella e poi di Lama..
Pietro Ancona
Vi mando una pagina di una Mailing List (assemblea lavoratori)
Noi stiamo con gli "squadristi". Considerazioni sulla manifestazione dei lavoratori FIAT a Torino
PRIMOMAGGIO
Foglio per il collegamento tra lavoratori, precari e disoccupati
WEB: http://xoomer.virgilio.it/pmweb - EMAIL: primomaggio@info@virgilio.it
Durante la manifestazione di Torino del 16 maggio scorso, convocata
ufficialmente contro i pericoli per l'occupazione derivanti dal progetto
Marchionne per la FIAT, c'è stata la contestazione dei lavoratori di
Pomigliano relegati nel "reparto confino" di Nola. La contestazione era
ovviamente rivolta alla FIAT ma anche alle organizzazioni sindacali che
hanno sottoscritto l'accordo con cui è avvenuto il confinamento di 316
lavoratori. Qualcuno ha parlato di "strumentalizzazione" da parte dello SLAI
COBAS di questi lavoratori confinati, ma ha "dimenticato di ricordare" che
moltissimi di questi trasferiti sono appunto dello SLAI COBAS. E perché lo
ha dimenticato? Perché la firma in calce all'accordo ce la mise pure
Rinaldini che condivise la scelta della FIAT di levarsi dai piedi qualche
centinaio di lavoratori scomodi che nello stabilimento principale avrebbero
potuto influenzare - come tante volte avvenuto - gli altri lavoratori e
incrinare il desiderio di onnipotenza di FIM-FIOM-UILM (che nel gruppo FIAT,
proprio grazie allo SLAI COBAS, presente a Pomigliano, ad Arese, a Termoli,
a Lecce, a Modena, a Melfi... ha trovato sempre un'alternativa combattiva e
intransigente nel difendere gli interessi dei lavoratori).
La FIOM certo non "assalta i palchi" e non è costretta a lottare per
conquistare il diritto di parola; ma con il padrone e i sindacati amici del
padrone spedisce centinaia di lavoratori in "reparti confino" che nulla
hanno da invidiare a quelli degli anni '50; si ricordi, a tal proposito, il
famoso libro di Aris Accornero - FIAT confino - in cui veniva ricostruita la
storia dell'Officina Sussidiaria Ricambi, creata il 15 dicembre 1952 a
Torino dall'allora Amministratore Delegato della FIAT, il fascista Vittorio
Valletta, per isolare le avanguardie di lotta e comuniste dal resto dei
lavoratori. Facendo un ulteriore sforzo della memoria possiamo evidenziare
come, oltre che dei "reparti confino", Valletta fu promotore anche della
nascita di un sindacatino aziendale - il SIDA-Fismic - composto da spioni
che in azienda controllavano i lavoratori più combattivi (ruolo
successivamente svolto prevalentemente dai "sindacalisti" CISNAL - ma spesso
anche CISL-UIL) e che si rendevano disponibili, a gentile richiesta di
"padron Agnelli", a ratificare qualsiasi tipo di accordo. "Guarda caso", la
manifestazione di Torino, FIM-FIOM-UILM l'hanno promossa assieme alla
FISMIC. E nella trasmissione Annovero di giovedì scorso dedicata alla FIAT,
addirittura, campeggiava in studio lo striscione "unitario" delle RSU di
Pomigliano firmato FIM-FIOM-UILM-FISMIC. COBAS nei reparti confino e unità
con le organizzazioni padronali e filo-padronali: è questa la linea del
"compagno" Rinaldini e del "compagno" Cremaschi dentro la FIAT.
Negli anni '50 il Partito Comunista chiedeva, almeno, la chiusura dei
reparti confino (anche perché dentro c'erano i suoi militanti); negli anni
2000, i reparti confino si aprono con il consenso del sindacato, anche di
quello, come ci ricorda Cremaschi, "più di sinistra" d'Italia (che è in
effetti il più "di sinistra" tra i sindacati di regime, così come il PRC è
il partito più "di sinistra" tra quelli che stanno dall'altra parte della
barricata su cui stanno i lavoratori).
Non ci interessa entrare più di tanto nel merito dei fatti perché, malgrado
le mistificazioni operate da tutti i mass - e non mass, come il Manifesto -
media, le immagini parlano da sole: parlano di una contestazione ma non
certo di "assalti"; parlano di persone che "battibeccano" dandosi
reciprocamente spinte che si propagano fino a Rinaldini, il quale - come è
costretto a riconoscere persino Cremaschi - scivola (poi Cremaschi, con il
suo classico stile, ritratta, "precisa", "tiene conto", ecc...). Che poi si
sia trattato di una scivolata voluta e/o enfatizzata - un "fallo di
simulazione" - chi lo sa, chi sta nella zucca del "compagno" Rinaldini?
(Forse lo sa meglio Corrado Delle Donne, coordinatore SLAI, che aiutava
Rinaldini a rialzarsi. Mah, prima "lo buttano giù" e poi lo tirano su...)
Non fanno ben pensare, a dire il vero, le dichiarazioni che a Rinaldini
attribuisce l'agenzia ADNKronos secondo le quali il "compagno" si sarebbe
spinto fino a minacciare i lavoratori dello Slai COBAS in vero e proprio
stile mafioso ("Per quanto ci riguarda rispetto alla Slai Cobas avremo buona
memoria"). Sperando che queste (non smentite) dichiarazioni siano state
"distorte" è bene chiarire - a Rinaldini o a chiunque altro - che sarà molto
meglio che comincino a ricordarsi degli interessi dei lavoratori, piuttosto
che della gestione "unitaria" con Confindustria dei Fondi Pensione
Integrativi (investiti nei "titoli spazzatura" di cui tanto si è parlato in
questi mesi) o della "repressione" dei lavoratori iscritti ai COBAS. E
comunque, volendo, la memoria ce l'abbiamo lunga tutti.
Se poi a qualcuno venisse in mente di scatenare i "famosi servizi d'ordine",
faccia come ha suggerito qualche giorno fa Giorgio Cremaschi: lasci perdere.
Quei "famosi" - o per meglio dire famigerati - servizi d'ordine (che almeno
dagli anni '70 in poi agivano quasi sempre contro altri lavoratori e quasi
mai contro i celerini, da cui venivano anzi protetti e con cui concordavano
"unitariamente" le azioni di repressione in piazza) erano formati spesso da
operai che credevano nel sindacato e nel partito comunista e che, aldilà
della loro mentalità talvolta reazionaria, erano disposti a picchiare e
farsi picchiare per degli ideali, che credevano davvero che il PCI e il
sindacato incarnassero la loro volontà di cambiamento sociale e politico. Di
operai così, CGIL-CISL-UIL ne troveranno ben pochi; e ancor meno ne
troveranno da scagliare contro lavoratori, cassintegrati, confinati,
disoccupati, licenziati decine di volte per ragioni politiche... E allora, a
meno di formare servizi d'ordine composti da "bodyguard" a pagamento (magari
i funzionari, perché no?), questi sindacati possono farsi "difendere", come
nel 1992-1993, solo da scudi di plexiglas o da poliziotti e carabinieri.
Posto che dichiarazioni come quelle dei vari Giraudo, Megale o Bonanni sono
solo scandalose menzogne rese da personaggi infami che meriterebbero come
massima punizione di andare a lavorare (come urlavano i lavoratori a Torino)
e alle condizioni contrattuali, di sicurezza, di diritti... a cui tocca
vivere a noi per colpa loro; posto che Rinaldini non è stato "buttato giù
dal palco" da nessuno (sebbene in occasioni come l'invio al reparto confino
di Nola o lo scippo del TFR per lucrare sui Fondi Pensione Integrativi o
l'auto-assegnazione "democratica" della triplice del 33% delle RSU, ecc..
probabilmente se lo sarebbe meritato) è doveroso sottolineare - pur senza in
alcun modo scandalizzarsi - che subito dopo la manifestazione si è scatenata
una vera e propria campagna di criminalizzazione in cui si è parlato di
"azioni squadristiche", "aggressione", "assalto", "pericolo di ritorno al
terrorismo", ecc... Tutto il "battage" era già pronto (perché è sempre
pronto): non appena "vola una piuma" si scatena tutto il rodato repertorio
della disinformazione di regime. Niente di nuovo. Del resto, Bonanni aveva
già accusato la CGIL (che ormai incassa ogni "sputazzo" pur di rimanere
agganciata al tavolo delle spartizioni) di avere avuto un atteggiamento
"morbido" verso i "sequestri" di manager, ciò che potrebbe incentivare il
"ritorno alla violenza".
L'unanime coro di condanna cantato da tutti i nemici e i falsi amici dei
lavoratori, veri amici dei loro sfruttatori politici, sindacali,
imprenditoriali... ha avuto almeno il pregio di demarcare con ancora
maggiore chiarezza quali siano i due lati della barricata: da una parte i
padroni con i loro mezzi di comunicazione, i sindacati e partiti di regime,
i giornalisti prezzolati amici più o meno camuffati del padrone; dall'altra,
i lavoratori in lotta, cassintegrati a oltranza, licenziati politici,
confinati... e chi esprime loro solidarietà e non denigrazione.
Una menzione speciale e integrale merita il brogliaccio che ha la
spudoratezza di definirsi "quotidiano comunista", il Manifesto: Scrive Loris
Campetti, che pure in vita sua aveva anche scritto qualche articolo decente:
"85, contati e targati Slai Cobas, decidono, alla fine di una manifestazione
straordinaria, di aiutare la crisi ed i padroni, assaltano il camioncino
montato di fronte al Lingotto dal quale intervengono i dirigenti sindacali,
buttano giù dal palco il segretario della Fiom Gianni Rinaldini, si
impossessano del microfono per gridare il loro odio non contro quello che
hanno alle spalle - il simbolo del potere Fiat - ma contro il più vicino a
sinistra, segnando così la loro estraneità dalla sinistra, da quel poco di
sinistra che resta. A parte "l'aiuto ai padroni" e, nientepopodimenoche,
alla crisi (incredibile!), quelle esposte da Loris Campetti sono, come sanno
tutti coloro quelli che possono vedere i filmati su Internet, una sfilza di
deliberate menzogne (forse una "velina" proveniente da ambienti sindacali,
come la Digos quando manda le sue ai giornali?). Ma la cosa più
"interessante" è che per Loris Campetti, evidentemente, la legittimità di un
diritto come quello a contestare (un diritto, peraltro, che la sinistra ha
esercitato un miliardo di volte) dipende da quanti lo esercitano. Bella
concezione della "democrazia"! Complimenti al Manifesto (che naturalmente
pretende di continuare a intascare soldi pubblici dal governo Berlusconi per
pareggiare il bilancio di un giornale che comprano in pochissimi.. in nome
del "diritto" alla sopravvivenza di una "voce libera"). Poi, dopo il
processo sommario, la sentenza: "Non siete parte di quello che resta della
sinistra!!". Ah, beh, ora sì che a Pomigliano tremano... E speriamo bene che
i lavoratori la smettano definitivamente di essere parte di quella
"sinistra" che in questi anni ha fatto da cameriera a Prodi approvando le
guerre in Afghanistan, i 6 miliardi di riduzione di cuneo fiscale alle
imprese, lo scippo del TFR, l'innalzamento dell'età pensionabile, il
pacchetto Treu, i CPT, le privatizzazioni.... E ci fermiamo perché l'elenco
sarebbe infinito. Probabilmente il "politically correct" imperante
pretenderebbe che le contestazioni avvenissero via Internet o via fax. I
lavoratori SLAI COBAS non sono "politically correct", ma i messaggi che
mandano arrivano comunque a destinazione. E a Torino il messaggio era
chiaro: cari Rinaldini e soci, qua sconti non ne facciamo più a nessuno.
La FIOM non è esclusa per "diritto divino" da critiche e contestazioni anche
se fosse - o, per meglio dire, in quanto è - la componente sociale che
secondo la delirante definizione di Cremaschi costituisce il "punto di
equilibrio" di "questo paese" (cfr. intervista al Corriere della Sera del 18
maggio), concetto che corrisponde più o meno ad una assunzione di merito per
il lavoro svolto nel pompieraggio e nello svilimento della rabbia e della
forza operaia (come peraltro ben si vide in azione a Melfi dopo i "21
giorni"). I lavoratori non hanno bisogno di "punti di equilibrio" sociale e
concertativi, non hanno bisogno - come ha subito dichiarato Emma Marcegaglia
- di alcuna "coesione sociale", ma devono riscoprire invece il conflitto
sociale, giacché senza conflitto e organizzazione non c'è proprio alcuna
possibilità di resistenza contro un padronato che non lascia passare giorno
senza avanzare; ora ci ri-siamo sulle pensioni: CISL e UIL "aprono" al
dialogo e all'assemblea della CISL Emma Marcegaglia raccoglie grandi
consensi, così come Bonanni e Angeletti avevano avuto ovazioni all'assemblea
di Confindustria. Sì, sì, continuiamo pure ad essere unitari con questi
nemici dei lavoratori e mandiamo i COBAS al confino...
A differenza dei lavoratori di Pomigliano, che sono un esempio ed un faro in
una terra troppo spesso segnata dalle tante emergenze legate alla mancanza
di lavoro, alla malavita organizzata, ai traffici politico-imprenditoriali,
alla corruzione, alla qualità della vita... un punto di riferimento per chi
lotta per una diversa società campana e non solo, semmai, sono i non pochi
lavoratori della FIOM che votano Lega Nord che dovrebbero essere definiti
"squadristi" (o quantomeno "rondisti") e sicuramente xenofobi e reazionari;
molti anche razzisti. E anche se quello degli operai fiom-leghisti è il
razzismo dell'egoismo e dell'ignoranza più che un "razzismo organico"
(almeno per ora) la FIOM farebbe bene a preoccuparsi di questi fenomeni,
sempre più diffusi, piuttosto che cercare di distruggere chi, come i COBAS e
i sindacati di base (e come naturalmente anche molti delegati FIOM e non
FIOM), nei posti di lavoro lotta e resiste, contro mille angherie e soprusi
per mantenere alta la dignità e i diritti dei lavoratori.
In questa situazione di crisi che ha ed avrà conseguenze sociali pesanti e
di lungo periodo per i lavoratori, la FIOM ha l'opportunità di dimostrare di
essere una organizzazione che si batte autenticamente per i diritti dei
lavoratori, aldilà delle chiacchiere dei suoi dirigenti e dei loro trucchi
da "stuntman". Lasci perdere FIM e UILM; lasci perdere le estenuanti
battaglie interne alla CGIL per conquistare qualche funzionario in più. Apra
un confronto ampio con i lavoratori e con le organizzazioni sindacali di
base per rilanciare una stagione di lotte. Faccia una sincera autocritica
per gli errori (o le porcate, a seconda dei punti di vista) fatti in tante
occasioni. Allora sì che il suo ruolo può diventare decisivo e le polemiche
lascerebbero istantaneamente il passo ai fatti e Rinaldini non avrebbe
bisogno di fare ipocritamente la vittima.
Quando a definire "teppistica" la presunta (e, ripetiamolo, inesistente)
aggressione a Rinaldini da parte dei lavoratori SLAI COBAS sono personaggi
come Sergio D'Antoni (cfr. Omnibus La7) - l'infame massacratore sociale dei
lavoratori italiani - o Massimo D'Alema - l'infame bombardatore con l'uranio
impoverito della Jugoslavia e massacratore del diritto di sciopero - beh,
anche se non conoscessimo esattamente i fatti sapremmo comunque da che parte
stare, senza sé e senza ma, si sarebbe detto una volta.
E' ovvio che tutto il ciarpame
politico-sindacal-mediatico-istituzional-padronale ha inventato la storia
dell'aggressione per dare un colpo al sindacalismo di classe che è da sempre
una "spina nel fianco" dei sindacati di regime (e lo SLAI COBAS anche del
"sindacato più di sinistra") perché mette a nudo le sue ipocrisie, la sua
disponibilità al compromesso al ribasso, la sua collateralità con i governi
amici" (ma dei padroni)... e non poteva perdere l'occasione per costruire un
"castello si sabbia" su un fatto che è avvenuto in un clima generale di
tensione dei lavoratori per una situazione che, aldilà delle chiacchiere di
Marchionne, potrebbe diventare molto, molto difficile, se non nell'immediato
sicuramente in prospettiva.
Il che ha consentito, peraltro, di far perdere di vista un elemento
importante, ovvero che la mobilitazione di Torino, benevolmente accolta un
po' da tutti, da destra a "sinistra", definita la "grande manifestazione" o
la "straordinaria manifestazione", con i dati sulla partecipazione truccati
al rialzo persino dal bollettino di famiglia Agnelli (La Stampa)... è stata
invece un po' fiacca e sicuramente al di sotto delle necessità. Non solo per
come si è svolta - a parte la "verve" dei COBAS -, ma soprattutto perché non
ha coinvolto né la maggioranza dei lavoratori FIAT (che sono circa 35.000),
né, tanto meno, i lavoratori dell'indotto che sono centinaia di migliaia,
molti dei quali rischiano il posto se saltano alcuni stabilimenti. E questo
è avvenuto perché, grazie al martellante lavoro di propaganda per il
"Marchionne Santo subito" della sinistra (ivi compresa quella fu-radicale o
per meglio dire "radical-chic-bertinottiana"), l'Amministratore Delegato
della FIAT gode di maggiore credito tra i lavoratori che non i sindacati
confederali (e dal punto di vista della "serietà" non c'è proprio di che
stupirsi). Ecco perché le sue dichiarazioni "tranquillizzanti" ("non
chiuderemo stabilimenti italiani"), peraltro abilmente contraddette da
quelle di Montezemolo ("vedremo dopo, a bocce ferme") tendono a scantonare
altri problemi: 1) lo scorporo del settore auto dalla FIAT (con il
cosiddetto "spin off" di una nuova azienda multinazionale "ad hoc"); la
tendenza sempre più marcatamente oligopolistica delle imprese dell'auto con
inevitabili conseguenze sui prezzi (e i lavoratori, di auto, non sono solo
produttori, ma anche consumatori); 3) gli ennesimi aiuti di Stato, ma su
scala globale, ai capitalisti "in crisi" con i soldi dei lavoratori; 4)
l'impennarsi della concorrenza globale tra lavoratori e non più solo con
cinesi o indiani ma con gli americani stessi, che rinunciano persino al
diritto di sciopero fino al 2012 e ci mettono di tasca propria i "fondi
pensione" e mutualistici (a Termini Imerese e Pomigliano cosa chiederanno di
metterci?), ecc...
Dopo la finta opposizione della CGIL alla controriforma del CCNL (che non si
è concretizzata in nessun atto reale di lotta), dopo la nessuna opposizione
e anzi l'appoggio sostanziale al DDL Delega di Sacconi per il restringimento
del diritto di sciopero nei trasporti (e in prospettiva nei servizi pubblici
essenziali), dopo la scandalosa gestione dell'affaire Alitalia e il connesso
massacro di precari, dopo le chiacchiere sulla situazione alla FIAT... una
delle prossime tappe sarà certamente la controriforma della rappresentanza
nei luoghi di lavoro (le attuali RSU). E allora vedremo quanto "democratici"
siano CGIL-CISL-UIL e il sindacato "più di sinistra" d'Italia. Ci aspettiamo
che il compagno Rinaldini questa volta non scivoli e che dichiari (e
mantenga con atti concreti) il proposito di disdettare qualsiasi eventuale
accordo peggiorativo sulla rappresentanza sindacale, magari disdettando
anche la vergogna del 33% "di diritto" agli "amici degli amici", sancita
nell'accordo del 1993, e che in questi anni ha permesso a FIM-FIOM-UILM,
proprio nel gruppo FIAT, di avere una rappresentanza formale nelle RSU ben
al di sopra di quella reale tra i lavoratori.
E' prevedibile che la crisi riduca progressivamente gli spazi di controllo
sociale che la triade confederale ha avuto in questi anni dal momento che
oggi questi sindacati non sono in grado di ottenere nulla per i lavoratori,
ma solo di gestire la crisi e il malcontento nell'interesse dei padroni.
Vedendo la difficoltà in cui si dibatte attualmente il movimento dei
lavoratori, padroni e lacchè politico-sindacali si permettono ogni genere di
spudoratezza come quella di gettarci in faccia i loro reciproci
"salamelecchi", il loro "ma come sei riformista...", "no, sei più riformista
tu...". In questa situazione persino il "democratico" senatore del PD,
Pietro Ichino (che peraltro non ha perso l'occasione per sferrare un nuovo
attacco allo SLAI COBAS come fa da anni, scrivendoci sopra anche dei libri)
ci fa la figura del "moderato".
Ma stiano bene attenti perché la "pacchia" non durerà in eterno. Del resto,
niente dura in eterno, neppure una situazione di merda come questa. I
proletari sono una grande massa con una grande inerzia che dura, a volte,
per anni. Una massa difficile da mettere in moto, ma anche difficile da
fermare e a quel punto, meglio non mettersi di traverso.
Maggio 2009
Le lavoratrici e i lavoratori di PRIMOMAGGIO
foglio per il collegamento tra lavoratori, precari e disoccupati
SLAI COBAS
sindacato dei lavoratori autorganizzati intercategoriale
Sede legale: Via Masseria Crispi 4, 80038 Pomigliano d'Arco (Na), tel.fax:
081/8037023,
@mail: cobasslai@...
Sede nazionale: Viale Liguria 49, 20143 Milano, tel.fax 02/8392117,
@mail: slaimilano@...
Comunicato stampa
Nessuna aggressione a Rinaldini!
Provocatori tra i confederali innescano il parapiglia
OCCORRE UNA LOTTA UNITARIA DEI LAVORATORI CONTRO LA FIAT
E I LICENZIAMENTI PROGRAMMMATI DA MARCHIONNE!
Senza nemmeno contattarci per confrontare la nostra versione dei fatti, si è
costruita ad arte la falsa notizia di un attacco preordinato e organizzato
per gettare dal palco della manifestazione operaia di Torino il segretario
della Fiom Rinaldini.
Lo Slai Cobas è sceso in piazza contro la Fiat e per una lotta unitaria dei
lavoratori contro la ristrutturazione e i licenziamenti programmati da
Marchionne.
Al termine del corteo contro la Fiat si chiedeva a gran voce, con
l'approvazione degli operai presenti in piazza, che potessero parlare anche
lo Slai Cobas e i lavoratori delle fabbriche Fiat colpite dalla
ristrutturazione e dalla minaccia di chiusura, in primo luogo gli operai di
Pomigliano deportati da oltre un anno allo stabilimento confino di Nola
(anche grazie a un accordo siglato dai confederali).
Stabilimento confino di Nola che ripete l'esperienza vergognosa dei reparti
confino fatti dalla Fiat di Valletta negli anni '50 a Mirafiori, dove
venivano rinchiusi tutti gli operai non disposti a subire passivamente lo
sfruttamento padronale.
Quando con i dirigenti confederali presenti sul palco era stato concordato
che avrebbero potuto parlare anche lo Slai Cobas e gli operai di Nola,
qualcuno dei confederali, che evidentemente non condivideva questa
decisione, ha innescato una violenta provocazione per impedirlo. Nel
parapiglia che ne seguiva Rinaldini cadeva e veniva aiutato a rialzarsi da
lavoratori dello Slai Cobas.
Quando, poi, un rappresentante dello Slai Cobas e uno degli operai di Nola
stavano per parlare, come concordato con i dirigenti confederali, qualcuno
tra di loro strappava violentemente i fili del microfono per impedirlo.
Abbiamo dovuto così parlare, dopo che i dirigenti confederali hanno
abbandonato il palco, con il nostro impianto voce e abbiamo parlato ai
lavoratori che nella quasi totalità sono rimasti in piazza.
Nessuna aggressione preordinata contro Rinaldini, quindi. Quanto accaduto è
stata una scelta deliberata di chi tra i confederali, innescando la violenta
provocazione sul palco, vuole continuare ad impedire che i lavoratori
possono prendere direttamente la parola e continuino a rimanere succubi di
accordi concertativi, a perdere e calati dall'alto.
Lo Slai Cobas ribadisce la necessità di una lotta ampia e unitaria degli
operai, dei lavoratori, contro la Fiat e il piano di ristrutturazione e
licenziamenti delineato da Marchionne.
Una lotta che deve articolarsi sul netto rifiuto della chiusura di qualsiasi
stabilimento, sulla redistribuzione del lavoro tra le fabbriche Fiat, sulla
riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, sul salario garantito
ai disoccupati, sul blocco degli straordinari negli stabilimenti. Misure che
potrebbero essere realizzate utilizzando i profitti fatti dai padroni in
questi anni.
Milano 16/5/2009
Slai Cobas www.slaicobas.it , Coordinamento
nazionale
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la risposta che avete dato alle lettere (da voi scelte e pubblicate) sul caso Torino è del tutto insoddisfacente e tradisce una profonda insofferenza alle critiche . Questo alla vigilia di nuove scelte "unitarie" (cgil,cifl,uil più ugl) per ridurre ancora le pensioni ed ingabbiare i lavoratori nello schema compartecipativo che consegnerà alle aziende tutto. Parlo di aziende di un capitalismo sempre più truffaldino (vedi fondi pensione ed altro).
Sbagliate a non aprire una finestra sulla realtà della condizione dei lavoratori e dei loro rapporti con il sindacato e l'ufficio risorse delle aziende a cominciare dal reparto confino di Nola.
Vi suggerisco anche di frequentare internet e vedere che cosa bolle nel pentolone sociale italiano!! Andate a leggervi gli accordi recenti della CGIL e degli altri due per la sanità, per le ferrovie, per le manifestazioni e vi renderete conto che siamo distanti milioni di anni luce dalla CGIL che avete conosciuto ai tempi di Novella e poi di Lama..
Pietro Ancona
Vi mando una pagina di una Mailing List (assemblea lavoratori)
Noi stiamo con gli "squadristi". Considerazioni sulla manifestazione dei lavoratori FIAT a Torino
PRIMOMAGGIO
Foglio per il collegamento tra lavoratori, precari e disoccupati
WEB: http://xoomer.virgilio.it/pmweb - EMAIL: primomaggio@info@virgilio.it
Durante la manifestazione di Torino del 16 maggio scorso, convocata
ufficialmente contro i pericoli per l'occupazione derivanti dal progetto
Marchionne per la FIAT, c'è stata la contestazione dei lavoratori di
Pomigliano relegati nel "reparto confino" di Nola. La contestazione era
ovviamente rivolta alla FIAT ma anche alle organizzazioni sindacali che
hanno sottoscritto l'accordo con cui è avvenuto il confinamento di 316
lavoratori. Qualcuno ha parlato di "strumentalizzazione" da parte dello SLAI
COBAS di questi lavoratori confinati, ma ha "dimenticato di ricordare" che
moltissimi di questi trasferiti sono appunto dello SLAI COBAS. E perché lo
ha dimenticato? Perché la firma in calce all'accordo ce la mise pure
Rinaldini che condivise la scelta della FIAT di levarsi dai piedi qualche
centinaio di lavoratori scomodi che nello stabilimento principale avrebbero
potuto influenzare - come tante volte avvenuto - gli altri lavoratori e
incrinare il desiderio di onnipotenza di FIM-FIOM-UILM (che nel gruppo FIAT,
proprio grazie allo SLAI COBAS, presente a Pomigliano, ad Arese, a Termoli,
a Lecce, a Modena, a Melfi... ha trovato sempre un'alternativa combattiva e
intransigente nel difendere gli interessi dei lavoratori).
La FIOM certo non "assalta i palchi" e non è costretta a lottare per
conquistare il diritto di parola; ma con il padrone e i sindacati amici del
padrone spedisce centinaia di lavoratori in "reparti confino" che nulla
hanno da invidiare a quelli degli anni '50; si ricordi, a tal proposito, il
famoso libro di Aris Accornero - FIAT confino - in cui veniva ricostruita la
storia dell'Officina Sussidiaria Ricambi, creata il 15 dicembre 1952 a
Torino dall'allora Amministratore Delegato della FIAT, il fascista Vittorio
Valletta, per isolare le avanguardie di lotta e comuniste dal resto dei
lavoratori. Facendo un ulteriore sforzo della memoria possiamo evidenziare
come, oltre che dei "reparti confino", Valletta fu promotore anche della
nascita di un sindacatino aziendale - il SIDA-Fismic - composto da spioni
che in azienda controllavano i lavoratori più combattivi (ruolo
successivamente svolto prevalentemente dai "sindacalisti" CISNAL - ma spesso
anche CISL-UIL) e che si rendevano disponibili, a gentile richiesta di
"padron Agnelli", a ratificare qualsiasi tipo di accordo. "Guarda caso", la
manifestazione di Torino, FIM-FIOM-UILM l'hanno promossa assieme alla
FISMIC. E nella trasmissione Annovero di giovedì scorso dedicata alla FIAT,
addirittura, campeggiava in studio lo striscione "unitario" delle RSU di
Pomigliano firmato FIM-FIOM-UILM-FISMIC. COBAS nei reparti confino e unità
con le organizzazioni padronali e filo-padronali: è questa la linea del
"compagno" Rinaldini e del "compagno" Cremaschi dentro la FIAT.
Negli anni '50 il Partito Comunista chiedeva, almeno, la chiusura dei
reparti confino (anche perché dentro c'erano i suoi militanti); negli anni
2000, i reparti confino si aprono con il consenso del sindacato, anche di
quello, come ci ricorda Cremaschi, "più di sinistra" d'Italia (che è in
effetti il più "di sinistra" tra i sindacati di regime, così come il PRC è
il partito più "di sinistra" tra quelli che stanno dall'altra parte della
barricata su cui stanno i lavoratori).
Non ci interessa entrare più di tanto nel merito dei fatti perché, malgrado
le mistificazioni operate da tutti i mass - e non mass, come il Manifesto -
media, le immagini parlano da sole: parlano di una contestazione ma non
certo di "assalti"; parlano di persone che "battibeccano" dandosi
reciprocamente spinte che si propagano fino a Rinaldini, il quale - come è
costretto a riconoscere persino Cremaschi - scivola (poi Cremaschi, con il
suo classico stile, ritratta, "precisa", "tiene conto", ecc...). Che poi si
sia trattato di una scivolata voluta e/o enfatizzata - un "fallo di
simulazione" - chi lo sa, chi sta nella zucca del "compagno" Rinaldini?
(Forse lo sa meglio Corrado Delle Donne, coordinatore SLAI, che aiutava
Rinaldini a rialzarsi. Mah, prima "lo buttano giù" e poi lo tirano su...)
Non fanno ben pensare, a dire il vero, le dichiarazioni che a Rinaldini
attribuisce l'agenzia ADNKronos secondo le quali il "compagno" si sarebbe
spinto fino a minacciare i lavoratori dello Slai COBAS in vero e proprio
stile mafioso ("Per quanto ci riguarda rispetto alla Slai Cobas avremo buona
memoria"). Sperando che queste (non smentite) dichiarazioni siano state
"distorte" è bene chiarire - a Rinaldini o a chiunque altro - che sarà molto
meglio che comincino a ricordarsi degli interessi dei lavoratori, piuttosto
che della gestione "unitaria" con Confindustria dei Fondi Pensione
Integrativi (investiti nei "titoli spazzatura" di cui tanto si è parlato in
questi mesi) o della "repressione" dei lavoratori iscritti ai COBAS. E
comunque, volendo, la memoria ce l'abbiamo lunga tutti.
Se poi a qualcuno venisse in mente di scatenare i "famosi servizi d'ordine",
faccia come ha suggerito qualche giorno fa Giorgio Cremaschi: lasci perdere.
Quei "famosi" - o per meglio dire famigerati - servizi d'ordine (che almeno
dagli anni '70 in poi agivano quasi sempre contro altri lavoratori e quasi
mai contro i celerini, da cui venivano anzi protetti e con cui concordavano
"unitariamente" le azioni di repressione in piazza) erano formati spesso da
operai che credevano nel sindacato e nel partito comunista e che, aldilà
della loro mentalità talvolta reazionaria, erano disposti a picchiare e
farsi picchiare per degli ideali, che credevano davvero che il PCI e il
sindacato incarnassero la loro volontà di cambiamento sociale e politico. Di
operai così, CGIL-CISL-UIL ne troveranno ben pochi; e ancor meno ne
troveranno da scagliare contro lavoratori, cassintegrati, confinati,
disoccupati, licenziati decine di volte per ragioni politiche... E allora, a
meno di formare servizi d'ordine composti da "bodyguard" a pagamento (magari
i funzionari, perché no?), questi sindacati possono farsi "difendere", come
nel 1992-1993, solo da scudi di plexiglas o da poliziotti e carabinieri.
Posto che dichiarazioni come quelle dei vari Giraudo, Megale o Bonanni sono
solo scandalose menzogne rese da personaggi infami che meriterebbero come
massima punizione di andare a lavorare (come urlavano i lavoratori a Torino)
e alle condizioni contrattuali, di sicurezza, di diritti... a cui tocca
vivere a noi per colpa loro; posto che Rinaldini non è stato "buttato giù
dal palco" da nessuno (sebbene in occasioni come l'invio al reparto confino
di Nola o lo scippo del TFR per lucrare sui Fondi Pensione Integrativi o
l'auto-assegnazione "democratica" della triplice del 33% delle RSU, ecc..
probabilmente se lo sarebbe meritato) è doveroso sottolineare - pur senza in
alcun modo scandalizzarsi - che subito dopo la manifestazione si è scatenata
una vera e propria campagna di criminalizzazione in cui si è parlato di
"azioni squadristiche", "aggressione", "assalto", "pericolo di ritorno al
terrorismo", ecc... Tutto il "battage" era già pronto (perché è sempre
pronto): non appena "vola una piuma" si scatena tutto il rodato repertorio
della disinformazione di regime. Niente di nuovo. Del resto, Bonanni aveva
già accusato la CGIL (che ormai incassa ogni "sputazzo" pur di rimanere
agganciata al tavolo delle spartizioni) di avere avuto un atteggiamento
"morbido" verso i "sequestri" di manager, ciò che potrebbe incentivare il
"ritorno alla violenza".
L'unanime coro di condanna cantato da tutti i nemici e i falsi amici dei
lavoratori, veri amici dei loro sfruttatori politici, sindacali,
imprenditoriali... ha avuto almeno il pregio di demarcare con ancora
maggiore chiarezza quali siano i due lati della barricata: da una parte i
padroni con i loro mezzi di comunicazione, i sindacati e partiti di regime,
i giornalisti prezzolati amici più o meno camuffati del padrone; dall'altra,
i lavoratori in lotta, cassintegrati a oltranza, licenziati politici,
confinati... e chi esprime loro solidarietà e non denigrazione.
Una menzione speciale e integrale merita il brogliaccio che ha la
spudoratezza di definirsi "quotidiano comunista", il Manifesto: Scrive Loris
Campetti, che pure in vita sua aveva anche scritto qualche articolo decente:
"85, contati e targati Slai Cobas, decidono, alla fine di una manifestazione
straordinaria, di aiutare la crisi ed i padroni, assaltano il camioncino
montato di fronte al Lingotto dal quale intervengono i dirigenti sindacali,
buttano giù dal palco il segretario della Fiom Gianni Rinaldini, si
impossessano del microfono per gridare il loro odio non contro quello che
hanno alle spalle - il simbolo del potere Fiat - ma contro il più vicino a
sinistra, segnando così la loro estraneità dalla sinistra, da quel poco di
sinistra che resta. A parte "l'aiuto ai padroni" e, nientepopodimenoche,
alla crisi (incredibile!), quelle esposte da Loris Campetti sono, come sanno
tutti coloro quelli che possono vedere i filmati su Internet, una sfilza di
deliberate menzogne (forse una "velina" proveniente da ambienti sindacali,
come la Digos quando manda le sue ai giornali?). Ma la cosa più
"interessante" è che per Loris Campetti, evidentemente, la legittimità di un
diritto come quello a contestare (un diritto, peraltro, che la sinistra ha
esercitato un miliardo di volte) dipende da quanti lo esercitano. Bella
concezione della "democrazia"! Complimenti al Manifesto (che naturalmente
pretende di continuare a intascare soldi pubblici dal governo Berlusconi per
pareggiare il bilancio di un giornale che comprano in pochissimi.. in nome
del "diritto" alla sopravvivenza di una "voce libera"). Poi, dopo il
processo sommario, la sentenza: "Non siete parte di quello che resta della
sinistra!!". Ah, beh, ora sì che a Pomigliano tremano... E speriamo bene che
i lavoratori la smettano definitivamente di essere parte di quella
"sinistra" che in questi anni ha fatto da cameriera a Prodi approvando le
guerre in Afghanistan, i 6 miliardi di riduzione di cuneo fiscale alle
imprese, lo scippo del TFR, l'innalzamento dell'età pensionabile, il
pacchetto Treu, i CPT, le privatizzazioni.... E ci fermiamo perché l'elenco
sarebbe infinito. Probabilmente il "politically correct" imperante
pretenderebbe che le contestazioni avvenissero via Internet o via fax. I
lavoratori SLAI COBAS non sono "politically correct", ma i messaggi che
mandano arrivano comunque a destinazione. E a Torino il messaggio era
chiaro: cari Rinaldini e soci, qua sconti non ne facciamo più a nessuno.
La FIOM non è esclusa per "diritto divino" da critiche e contestazioni anche
se fosse - o, per meglio dire, in quanto è - la componente sociale che
secondo la delirante definizione di Cremaschi costituisce il "punto di
equilibrio" di "questo paese" (cfr. intervista al Corriere della Sera del 18
maggio), concetto che corrisponde più o meno ad una assunzione di merito per
il lavoro svolto nel pompieraggio e nello svilimento della rabbia e della
forza operaia (come peraltro ben si vide in azione a Melfi dopo i "21
giorni"). I lavoratori non hanno bisogno di "punti di equilibrio" sociale e
concertativi, non hanno bisogno - come ha subito dichiarato Emma Marcegaglia
- di alcuna "coesione sociale", ma devono riscoprire invece il conflitto
sociale, giacché senza conflitto e organizzazione non c'è proprio alcuna
possibilità di resistenza contro un padronato che non lascia passare giorno
senza avanzare; ora ci ri-siamo sulle pensioni: CISL e UIL "aprono" al
dialogo e all'assemblea della CISL Emma Marcegaglia raccoglie grandi
consensi, così come Bonanni e Angeletti avevano avuto ovazioni all'assemblea
di Confindustria. Sì, sì, continuiamo pure ad essere unitari con questi
nemici dei lavoratori e mandiamo i COBAS al confino...
A differenza dei lavoratori di Pomigliano, che sono un esempio ed un faro in
una terra troppo spesso segnata dalle tante emergenze legate alla mancanza
di lavoro, alla malavita organizzata, ai traffici politico-imprenditoriali,
alla corruzione, alla qualità della vita... un punto di riferimento per chi
lotta per una diversa società campana e non solo, semmai, sono i non pochi
lavoratori della FIOM che votano Lega Nord che dovrebbero essere definiti
"squadristi" (o quantomeno "rondisti") e sicuramente xenofobi e reazionari;
molti anche razzisti. E anche se quello degli operai fiom-leghisti è il
razzismo dell'egoismo e dell'ignoranza più che un "razzismo organico"
(almeno per ora) la FIOM farebbe bene a preoccuparsi di questi fenomeni,
sempre più diffusi, piuttosto che cercare di distruggere chi, come i COBAS e
i sindacati di base (e come naturalmente anche molti delegati FIOM e non
FIOM), nei posti di lavoro lotta e resiste, contro mille angherie e soprusi
per mantenere alta la dignità e i diritti dei lavoratori.
In questa situazione di crisi che ha ed avrà conseguenze sociali pesanti e
di lungo periodo per i lavoratori, la FIOM ha l'opportunità di dimostrare di
essere una organizzazione che si batte autenticamente per i diritti dei
lavoratori, aldilà delle chiacchiere dei suoi dirigenti e dei loro trucchi
da "stuntman". Lasci perdere FIM e UILM; lasci perdere le estenuanti
battaglie interne alla CGIL per conquistare qualche funzionario in più. Apra
un confronto ampio con i lavoratori e con le organizzazioni sindacali di
base per rilanciare una stagione di lotte. Faccia una sincera autocritica
per gli errori (o le porcate, a seconda dei punti di vista) fatti in tante
occasioni. Allora sì che il suo ruolo può diventare decisivo e le polemiche
lascerebbero istantaneamente il passo ai fatti e Rinaldini non avrebbe
bisogno di fare ipocritamente la vittima.
Quando a definire "teppistica" la presunta (e, ripetiamolo, inesistente)
aggressione a Rinaldini da parte dei lavoratori SLAI COBAS sono personaggi
come Sergio D'Antoni (cfr. Omnibus La7) - l'infame massacratore sociale dei
lavoratori italiani - o Massimo D'Alema - l'infame bombardatore con l'uranio
impoverito della Jugoslavia e massacratore del diritto di sciopero - beh,
anche se non conoscessimo esattamente i fatti sapremmo comunque da che parte
stare, senza sé e senza ma, si sarebbe detto una volta.
E' ovvio che tutto il ciarpame
politico-sindacal-mediatico-istituzional-padronale ha inventato la storia
dell'aggressione per dare un colpo al sindacalismo di classe che è da sempre
una "spina nel fianco" dei sindacati di regime (e lo SLAI COBAS anche del
"sindacato più di sinistra") perché mette a nudo le sue ipocrisie, la sua
disponibilità al compromesso al ribasso, la sua collateralità con i governi
amici" (ma dei padroni)... e non poteva perdere l'occasione per costruire un
"castello si sabbia" su un fatto che è avvenuto in un clima generale di
tensione dei lavoratori per una situazione che, aldilà delle chiacchiere di
Marchionne, potrebbe diventare molto, molto difficile, se non nell'immediato
sicuramente in prospettiva.
Il che ha consentito, peraltro, di far perdere di vista un elemento
importante, ovvero che la mobilitazione di Torino, benevolmente accolta un
po' da tutti, da destra a "sinistra", definita la "grande manifestazione" o
la "straordinaria manifestazione", con i dati sulla partecipazione truccati
al rialzo persino dal bollettino di famiglia Agnelli (La Stampa)... è stata
invece un po' fiacca e sicuramente al di sotto delle necessità. Non solo per
come si è svolta - a parte la "verve" dei COBAS -, ma soprattutto perché non
ha coinvolto né la maggioranza dei lavoratori FIAT (che sono circa 35.000),
né, tanto meno, i lavoratori dell'indotto che sono centinaia di migliaia,
molti dei quali rischiano il posto se saltano alcuni stabilimenti. E questo
è avvenuto perché, grazie al martellante lavoro di propaganda per il
"Marchionne Santo subito" della sinistra (ivi compresa quella fu-radicale o
per meglio dire "radical-chic-bertinottiana"), l'Amministratore Delegato
della FIAT gode di maggiore credito tra i lavoratori che non i sindacati
confederali (e dal punto di vista della "serietà" non c'è proprio di che
stupirsi). Ecco perché le sue dichiarazioni "tranquillizzanti" ("non
chiuderemo stabilimenti italiani"), peraltro abilmente contraddette da
quelle di Montezemolo ("vedremo dopo, a bocce ferme") tendono a scantonare
altri problemi: 1) lo scorporo del settore auto dalla FIAT (con il
cosiddetto "spin off" di una nuova azienda multinazionale "ad hoc"); la
tendenza sempre più marcatamente oligopolistica delle imprese dell'auto con
inevitabili conseguenze sui prezzi (e i lavoratori, di auto, non sono solo
produttori, ma anche consumatori); 3) gli ennesimi aiuti di Stato, ma su
scala globale, ai capitalisti "in crisi" con i soldi dei lavoratori; 4)
l'impennarsi della concorrenza globale tra lavoratori e non più solo con
cinesi o indiani ma con gli americani stessi, che rinunciano persino al
diritto di sciopero fino al 2012 e ci mettono di tasca propria i "fondi
pensione" e mutualistici (a Termini Imerese e Pomigliano cosa chiederanno di
metterci?), ecc...
Dopo la finta opposizione della CGIL alla controriforma del CCNL (che non si
è concretizzata in nessun atto reale di lotta), dopo la nessuna opposizione
e anzi l'appoggio sostanziale al DDL Delega di Sacconi per il restringimento
del diritto di sciopero nei trasporti (e in prospettiva nei servizi pubblici
essenziali), dopo la scandalosa gestione dell'affaire Alitalia e il connesso
massacro di precari, dopo le chiacchiere sulla situazione alla FIAT... una
delle prossime tappe sarà certamente la controriforma della rappresentanza
nei luoghi di lavoro (le attuali RSU). E allora vedremo quanto "democratici"
siano CGIL-CISL-UIL e il sindacato "più di sinistra" d'Italia. Ci aspettiamo
che il compagno Rinaldini questa volta non scivoli e che dichiari (e
mantenga con atti concreti) il proposito di disdettare qualsiasi eventuale
accordo peggiorativo sulla rappresentanza sindacale, magari disdettando
anche la vergogna del 33% "di diritto" agli "amici degli amici", sancita
nell'accordo del 1993, e che in questi anni ha permesso a FIM-FIOM-UILM,
proprio nel gruppo FIAT, di avere una rappresentanza formale nelle RSU ben
al di sopra di quella reale tra i lavoratori.
E' prevedibile che la crisi riduca progressivamente gli spazi di controllo
sociale che la triade confederale ha avuto in questi anni dal momento che
oggi questi sindacati non sono in grado di ottenere nulla per i lavoratori,
ma solo di gestire la crisi e il malcontento nell'interesse dei padroni.
Vedendo la difficoltà in cui si dibatte attualmente il movimento dei
lavoratori, padroni e lacchè politico-sindacali si permettono ogni genere di
spudoratezza come quella di gettarci in faccia i loro reciproci
"salamelecchi", il loro "ma come sei riformista...", "no, sei più riformista
tu...". In questa situazione persino il "democratico" senatore del PD,
Pietro Ichino (che peraltro non ha perso l'occasione per sferrare un nuovo
attacco allo SLAI COBAS come fa da anni, scrivendoci sopra anche dei libri)
ci fa la figura del "moderato".
Ma stiano bene attenti perché la "pacchia" non durerà in eterno. Del resto,
niente dura in eterno, neppure una situazione di merda come questa. I
proletari sono una grande massa con una grande inerzia che dura, a volte,
per anni. Una massa difficile da mettere in moto, ma anche difficile da
fermare e a quel punto, meglio non mettersi di traverso.
Maggio 2009
Le lavoratrici e i lavoratori di PRIMOMAGGIO
foglio per il collegamento tra lavoratori, precari e disoccupati
SLAI COBAS
sindacato dei lavoratori autorganizzati intercategoriale
Sede legale: Via Masseria Crispi 4, 80038 Pomigliano d'Arco (Na), tel.fax:
081/8037023,
@mail: cobasslai@...
Sede nazionale: Viale Liguria 49, 20143 Milano, tel.fax 02/8392117,
@mail: slaimilano@...
Comunicato stampa
Nessuna aggressione a Rinaldini!
Provocatori tra i confederali innescano il parapiglia
OCCORRE UNA LOTTA UNITARIA DEI LAVORATORI CONTRO LA FIAT
E I LICENZIAMENTI PROGRAMMMATI DA MARCHIONNE!
Senza nemmeno contattarci per confrontare la nostra versione dei fatti, si è
costruita ad arte la falsa notizia di un attacco preordinato e organizzato
per gettare dal palco della manifestazione operaia di Torino il segretario
della Fiom Rinaldini.
Lo Slai Cobas è sceso in piazza contro la Fiat e per una lotta unitaria dei
lavoratori contro la ristrutturazione e i licenziamenti programmati da
Marchionne.
Al termine del corteo contro la Fiat si chiedeva a gran voce, con
l'approvazione degli operai presenti in piazza, che potessero parlare anche
lo Slai Cobas e i lavoratori delle fabbriche Fiat colpite dalla
ristrutturazione e dalla minaccia di chiusura, in primo luogo gli operai di
Pomigliano deportati da oltre un anno allo stabilimento confino di Nola
(anche grazie a un accordo siglato dai confederali).
Stabilimento confino di Nola che ripete l'esperienza vergognosa dei reparti
confino fatti dalla Fiat di Valletta negli anni '50 a Mirafiori, dove
venivano rinchiusi tutti gli operai non disposti a subire passivamente lo
sfruttamento padronale.
Quando con i dirigenti confederali presenti sul palco era stato concordato
che avrebbero potuto parlare anche lo Slai Cobas e gli operai di Nola,
qualcuno dei confederali, che evidentemente non condivideva questa
decisione, ha innescato una violenta provocazione per impedirlo. Nel
parapiglia che ne seguiva Rinaldini cadeva e veniva aiutato a rialzarsi da
lavoratori dello Slai Cobas.
Quando, poi, un rappresentante dello Slai Cobas e uno degli operai di Nola
stavano per parlare, come concordato con i dirigenti confederali, qualcuno
tra di loro strappava violentemente i fili del microfono per impedirlo.
Abbiamo dovuto così parlare, dopo che i dirigenti confederali hanno
abbandonato il palco, con il nostro impianto voce e abbiamo parlato ai
lavoratori che nella quasi totalità sono rimasti in piazza.
Nessuna aggressione preordinata contro Rinaldini, quindi. Quanto accaduto è
stata una scelta deliberata di chi tra i confederali, innescando la violenta
provocazione sul palco, vuole continuare ad impedire che i lavoratori
possono prendere direttamente la parola e continuino a rimanere succubi di
accordi concertativi, a perdere e calati dall'alto.
Lo Slai Cobas ribadisce la necessità di una lotta ampia e unitaria degli
operai, dei lavoratori, contro la Fiat e il piano di ristrutturazione e
licenziamenti delineato da Marchionne.
Una lotta che deve articolarsi sul netto rifiuto della chiusura di qualsiasi
stabilimento, sulla redistribuzione del lavoro tra le fabbriche Fiat, sulla
riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, sul salario garantito
ai disoccupati, sul blocco degli straordinari negli stabilimenti. Misure che
potrebbero essere realizzate utilizzando i profitti fatti dai padroni in
questi anni.
Milano 16/5/2009
Slai Cobas www.slaicobas.it
nazionale
--
--------------------------------------------------------------------------------
lettera a concita de gregorio
----- Original Message -----
From: pietroancona@tin.it
To: direzione@unita.it
Sent: Sunday, May 24, 2009 3:27 PM
Subject: Lettera a Concita De Gregorio, Direttrice dell'UNITA'
Cara dott.ssa De Gregorio,
I professori aderenti al Cobas di Palermo partecipano al ricordo di Falcone attorno all'albero di Via Notarbartolo con uno striscione che reca scritto: La Mafia ringrazia lo Stato per la morte della Scuola! Il riferimento è alla espressione del nostro scrittore Bufalino che disse: " bisogna avere un esercito di maestri
per lottare la mafia" ed ai tagli terribili che il governo di destra ha arrecato alla Scuola. Solo in Sicilia migliaia e migliaia di professori resteranno senza lavoro ed inoltre, per coloro che resteranno in aule sopraaffollate, ci saranno pochissimi mezzi didattici in locali di anno in anno sempre più fatiscenti e pericolosi.
Ebbene ieri la Polizia di Palermo ha circondato il gruppetto cobas che si stringeva attorno allo striscione, ha sequestrato lo striscione, fermato per identificazione quattro professori ai quali è stata comunicata con gentilezza che saranno denunziati per oltraggio a pubblico ufficiale (con la legge recente sulla sicurezza rischiano tre anni di carcere), manifestazione non autorizzata ( sic!) offesa allo Stato ( sic ! sic!!).
A mettere una ciliegina sulla torta ci ha pensato la sorella di Falcone che ha stigmatizzato il comportamento
poco civile dei Cobas! La signora non ha trovato nulla da dire sullo scandalo dei massimi esponenti del governo di destra che si sono impadroniti della memoria del fratello, delle celebrazioni di ricordo e questo mentre il Presidente del Consiglio attacca la Magistratura ed il Parlamento e vorrebbe concentrare in se tutti i poteri come il DUCE del ventennio famoso. Ha avuto preoccupazioni di mero bon ton.
Certo fa molta amarezza ascoltare lo sconforto sempre più grande dei magistrati impegnati sul fronte più avanzato della lotta alla mafia e vedere il ricordo di Falcone e degli altri oramai quasi del tutto ministerializzato e monipolizzato dalla destra di governo.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
ps: la mia solidarietà per l'assalto volgarissimo che ha dovuto subire da parte del leghista Borghezio durante la trasmissione di la7 che lei ha saputo contenere con sangue freddo e signorilità, un comportamento che ha evidenziato lo bestialità dell'assalitore che si era piantato in piedi davanti a lei seduta e gesticolava a pochi centimetri dalla sua faccia. E' stata bravissima anche nella difesa della civiltà dei rapporti con gli stranieri cosa che non si può dire di tantissimi amministratori del pd ma culturalmente e politicamente leghisti.....
From: pietroancona@tin.it
To: direzione@unita.it
Sent: Sunday, May 24, 2009 3:27 PM
Subject: Lettera a Concita De Gregorio, Direttrice dell'UNITA'
Cara dott.ssa De Gregorio,
I professori aderenti al Cobas di Palermo partecipano al ricordo di Falcone attorno all'albero di Via Notarbartolo con uno striscione che reca scritto: La Mafia ringrazia lo Stato per la morte della Scuola! Il riferimento è alla espressione del nostro scrittore Bufalino che disse: " bisogna avere un esercito di maestri
per lottare la mafia" ed ai tagli terribili che il governo di destra ha arrecato alla Scuola. Solo in Sicilia migliaia e migliaia di professori resteranno senza lavoro ed inoltre, per coloro che resteranno in aule sopraaffollate, ci saranno pochissimi mezzi didattici in locali di anno in anno sempre più fatiscenti e pericolosi.
Ebbene ieri la Polizia di Palermo ha circondato il gruppetto cobas che si stringeva attorno allo striscione, ha sequestrato lo striscione, fermato per identificazione quattro professori ai quali è stata comunicata con gentilezza che saranno denunziati per oltraggio a pubblico ufficiale (con la legge recente sulla sicurezza rischiano tre anni di carcere), manifestazione non autorizzata ( sic!) offesa allo Stato ( sic ! sic!!).
A mettere una ciliegina sulla torta ci ha pensato la sorella di Falcone che ha stigmatizzato il comportamento
poco civile dei Cobas! La signora non ha trovato nulla da dire sullo scandalo dei massimi esponenti del governo di destra che si sono impadroniti della memoria del fratello, delle celebrazioni di ricordo e questo mentre il Presidente del Consiglio attacca la Magistratura ed il Parlamento e vorrebbe concentrare in se tutti i poteri come il DUCE del ventennio famoso. Ha avuto preoccupazioni di mero bon ton.
Certo fa molta amarezza ascoltare lo sconforto sempre più grande dei magistrati impegnati sul fronte più avanzato della lotta alla mafia e vedere il ricordo di Falcone e degli altri oramai quasi del tutto ministerializzato e monipolizzato dalla destra di governo.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
ps: la mia solidarietà per l'assalto volgarissimo che ha dovuto subire da parte del leghista Borghezio durante la trasmissione di la7 che lei ha saputo contenere con sangue freddo e signorilità, un comportamento che ha evidenziato lo bestialità dell'assalitore che si era piantato in piedi davanti a lei seduta e gesticolava a pochi centimetri dalla sua faccia. E' stata bravissima anche nella difesa della civiltà dei rapporti con gli stranieri cosa che non si può dire di tantissimi amministratori del pd ma culturalmente e politicamente leghisti.....
vincere di marco bellocchio!
Cara Irene,
suggerisco pubblicare questa (o altra scheda) sul bellissimo film di Marco Bellocchio con una intensissima interpretazione di Vittoria Mezzogiorno. E' la denunzia più radicale del fascismo che io abbia mai incontrato!
Pietro
ps: scusa dell'errore precedente. Ti ho mandato un pezzo che avevi già avuto e pubblicato!
Roberto Silvestri
"Vincere". A Cannes
il Mussolini di Bellocchio
Nel 1913 Mussolini direttore del quotidiano socialista l'Avanti! conosce Ida Dalser, giovane, bella e appassionata austro-trentina che (con molta probabilità) sposa in chiesa, anche se, contemporaneamente (sapete come sono i romagnoli) sposa anche Rachele Guidi che gli darà presto un figlio. Ma anche Ida è incinta e partorisce Benito Albino Mussolini, riconosciuto dal padre. Con la guerra, il 'tradimento' e l'ascesa al potere di Mussolini, Ida e il figlio dovranno essere nascosti e, secondo un piano diabolico, implacabile e spietato, eliminati. L'ex socialista massimalista eclissò, attraverso un avviluppato decennale piano, messo a punto dal perfido fratello Arnaldo, e da un reticolo di squadristi riciclati (prefetti, federali, poliziotti, spie...) la sua amante (e forse moglie) e il figlio, perché diventati privatamente e politicamente pericolosi (e onerosi per gli alimenti). Entrambi verranno allontanati l'una dall'altro, rinchiusi e poi fatti morire in manicomio. Lei a San Clemente, Venezia, dopo un lungo soggiorno in un'ospedale psichiatrico presso Trento (dal quale riuscì a evadere); lui, ventiseienne a Mombello nel '42, dopo lunghi giri esotici nella Marina di Guerra Reale.
Questa storia, oggi al centro del film 'Vincere' che Marco Bellocchio presenterà in prima mondiale a Cannes nel maggio prossimo, era riemersa, documentatissima, in un magnifico documentario di poco meno di due ore, “Il segreto di Mussolini”, realizzato da Fabrizio Laurenti e Gianfranco Novelli (che vivono e lavorano in Usa), e presentato da Raitre il 14 gennaio 2005. Alfredo Pieroni, all'inizio degli anni '50, aveva per primo raccontato quest'orrore su 'Settimana Incom'. Ma sembrò frutto di fantasia. I documentaristi hanno invece scodellato documenti, lettere, interviste, non solo a storici e specialisti, ma, come usano i documentaristi «di profondità» di scuola angloamericana, testimoni oculari e obliqui dei fatti raccontati, vicini di casa, nipote di burocrati, giardineri di manicomio....testimonianze e prove documentali schiaccianti che tolgono ogni dubbio sulla veridicità delle persecuzioni.
Da molti anni Francis Ford Coppola sognava il suo film su Benito Mussolini, che, in qualche modo, Marlon Brando catturò interiormente nel suo Kurtz di 'Apocalypse now'. Adesso Marco Bellocchio si misurerà con l'ex 'più grande statista italiano' (secondo il Fini di una volta), visto che non sono molti gli argomenti che possono essere oggi affrontati senza seminar panico: «il cinema italiano – ha dichiarato il 27 settembre scorso - sta vivendo un momento terribile. Non mi permetterebbero mai adesso di girare un film come 'L'ora di religione', e tutto dipende dalla tv che elargisce ogni tanto qualcosa al cinema, pretendendo di imporgli il suo orrendo conformismo e linguaggio”. Bellocchio in tour francese di qualche settimana fa, ne ha già svelato intenti e scaturigini: “mi interessava il rapporto violento di Mussolini con una donna. Forse qualcuno ci vedrà delle coincidenze con alcuni potenti italiani di oggi, ma il fascismo è stata una dittatura sanguinaria, il regime attuale è molto diverso”.
Certo, per la patria come non si fa. Ma già vendere la classe operaia italiana agli interessi del grande capitale nostrano (che gli pagò le squadracce), della Francia (che pagò la scissione dall'Avanti! e la fondazione de Il popolo d'Italia in rate da 15.000 - la prima - e 10.000 franchi, successivamente) come raccontò Anna Kuliscioff, e della Germania che gliela distrusse davvero, fu il suo crimine più paradossale. E così ora, visto che il Pdl continua a tradurre il concetto di patria in: 'essere servi fieri degli Usa anticomunisti'... Nel doc la nascita di Il popolo d'Italia viene mostrata come l'impresa titanica di Mussolini, solo contro tutto e tutti, non ci fosse stata al suo fianco una misteriosa donna e amante che forse sapeva troppo e infatti fu zittita. Il doc non si occupa di retroscena privati per sbalzarci via dal cuore dei grandi drammi storici, ma per contribuire a guardarli con occhi più grandi e esperti. Il duce sapeva sbarazzarsi fisicamente non solo dei nemici, ma anche delle persone più care (come i contadini mandati sciaguratamente in Eritrea, così gli ex amanti e figli): tanto tutti lo avrebbero adorato comunque.
suggerisco pubblicare questa (o altra scheda) sul bellissimo film di Marco Bellocchio con una intensissima interpretazione di Vittoria Mezzogiorno. E' la denunzia più radicale del fascismo che io abbia mai incontrato!
Pietro
ps: scusa dell'errore precedente. Ti ho mandato un pezzo che avevi già avuto e pubblicato!
Roberto Silvestri
"Vincere". A Cannes
il Mussolini di Bellocchio
Nel 1913 Mussolini direttore del quotidiano socialista l'Avanti! conosce Ida Dalser, giovane, bella e appassionata austro-trentina che (con molta probabilità) sposa in chiesa, anche se, contemporaneamente (sapete come sono i romagnoli) sposa anche Rachele Guidi che gli darà presto un figlio. Ma anche Ida è incinta e partorisce Benito Albino Mussolini, riconosciuto dal padre. Con la guerra, il 'tradimento' e l'ascesa al potere di Mussolini, Ida e il figlio dovranno essere nascosti e, secondo un piano diabolico, implacabile e spietato, eliminati. L'ex socialista massimalista eclissò, attraverso un avviluppato decennale piano, messo a punto dal perfido fratello Arnaldo, e da un reticolo di squadristi riciclati (prefetti, federali, poliziotti, spie...) la sua amante (e forse moglie) e il figlio, perché diventati privatamente e politicamente pericolosi (e onerosi per gli alimenti). Entrambi verranno allontanati l'una dall'altro, rinchiusi e poi fatti morire in manicomio. Lei a San Clemente, Venezia, dopo un lungo soggiorno in un'ospedale psichiatrico presso Trento (dal quale riuscì a evadere); lui, ventiseienne a Mombello nel '42, dopo lunghi giri esotici nella Marina di Guerra Reale.
Questa storia, oggi al centro del film 'Vincere' che Marco Bellocchio presenterà in prima mondiale a Cannes nel maggio prossimo, era riemersa, documentatissima, in un magnifico documentario di poco meno di due ore, “Il segreto di Mussolini”, realizzato da Fabrizio Laurenti e Gianfranco Novelli (che vivono e lavorano in Usa), e presentato da Raitre il 14 gennaio 2005. Alfredo Pieroni, all'inizio degli anni '50, aveva per primo raccontato quest'orrore su 'Settimana Incom'. Ma sembrò frutto di fantasia. I documentaristi hanno invece scodellato documenti, lettere, interviste, non solo a storici e specialisti, ma, come usano i documentaristi «di profondità» di scuola angloamericana, testimoni oculari e obliqui dei fatti raccontati, vicini di casa, nipote di burocrati, giardineri di manicomio....testimonianze e prove documentali schiaccianti che tolgono ogni dubbio sulla veridicità delle persecuzioni.
Da molti anni Francis Ford Coppola sognava il suo film su Benito Mussolini, che, in qualche modo, Marlon Brando catturò interiormente nel suo Kurtz di 'Apocalypse now'. Adesso Marco Bellocchio si misurerà con l'ex 'più grande statista italiano' (secondo il Fini di una volta), visto che non sono molti gli argomenti che possono essere oggi affrontati senza seminar panico: «il cinema italiano – ha dichiarato il 27 settembre scorso - sta vivendo un momento terribile. Non mi permetterebbero mai adesso di girare un film come 'L'ora di religione', e tutto dipende dalla tv che elargisce ogni tanto qualcosa al cinema, pretendendo di imporgli il suo orrendo conformismo e linguaggio”. Bellocchio in tour francese di qualche settimana fa, ne ha già svelato intenti e scaturigini: “mi interessava il rapporto violento di Mussolini con una donna. Forse qualcuno ci vedrà delle coincidenze con alcuni potenti italiani di oggi, ma il fascismo è stata una dittatura sanguinaria, il regime attuale è molto diverso”.
Certo, per la patria come non si fa. Ma già vendere la classe operaia italiana agli interessi del grande capitale nostrano (che gli pagò le squadracce), della Francia (che pagò la scissione dall'Avanti! e la fondazione de Il popolo d'Italia in rate da 15.000 - la prima - e 10.000 franchi, successivamente) come raccontò Anna Kuliscioff, e della Germania che gliela distrusse davvero, fu il suo crimine più paradossale. E così ora, visto che il Pdl continua a tradurre il concetto di patria in: 'essere servi fieri degli Usa anticomunisti'... Nel doc la nascita di Il popolo d'Italia viene mostrata come l'impresa titanica di Mussolini, solo contro tutto e tutti, non ci fosse stata al suo fianco una misteriosa donna e amante che forse sapeva troppo e infatti fu zittita. Il doc non si occupa di retroscena privati per sbalzarci via dal cuore dei grandi drammi storici, ma per contribuire a guardarli con occhi più grandi e esperti. Il duce sapeva sbarazzarsi fisicamente non solo dei nemici, ma anche delle persone più care (come i contadini mandati sciaguratamente in Eritrea, così gli ex amanti e figli): tanto tutti lo avrebbero adorato comunque.
sabato 23 maggio 2009
riflessioni sulle manifestazioni di oggi a Palermo
SOTTO L'ALBERO DI FALCONE
=========================
Non sfugge la mobilitazione ad alto livello, del governo di centro-destra per gli anniversari delle stragi mafiose specialmente per quella che oggi ricorda il martirio di Giovanni Falcone e che certamente si ripeterà il 19 luglio prossimo per Paolo Borsellino. Oltre al Presidente della Repubblica che è certamente super partes e rappresenta l'unità della nazione, erano presenti oggi a Palermo il Presidente del Senato Renato Schifani, il ministro Maroni, la ministra Gelmini, il guardasigilli Alfano. Presente anche Emma Marcegaglia che ha sottolineato l'impegno degli industriali siciliani ad espellere dall'associazione coloro che pagano il pizzo agli estortori della mafia. Tutto questo impegno segnala una tensione contro la mafia, uno Stato che non dimentica le offese sanguinose subite e che promette di continuare una lotta senza quartiere per cancellare
la funesta ed inquietante presenza dei mafiosi Ma è questa la verità, o meglio, è questa tutta la verità della situazione che stiamo vivendo mentre governa l'Italia Berlusconi?
Se esiste questo impegno così grande dello Stato nella lotta alla mafia perchè le testimonianze dei magistrati più impegnati nel fronte della lotta sono sempre più impregnate di pessimismo, sono sempre più dominate dallo sconforto e si coglie in esse un senso di solitudine e di frustrazione?
Proprio mentre a Palermo il Ministro Alfano annunzia un incrudelimento del 41 bis, il Presidente del Consiglio dei Ministri attacca la Magistratura e sollecita la sua riduzione sotto il controllo dell'esecutivo con la separazione della funzione inquirente da quella giudicante, un decreto diventato legge è assai severo verso i poveri fino a schedarne i senza tetto ed ad aumentare di un terzo le pene dei rei se migranti clandestini,. Si dà l'idea di uno Stato ossessionato dalla caccia ai migranti, ai poveri, ai lavavetro.... Disegni di legge
prossimi all'esame del Parlamento diminuiscono le garanzie e le tutele dei lavoratori in caso di licenziamento.
Non sembra esserci un rapporto tra la debordante presenza di uomini del governo e delle istituzioni attorno al simbolico albero di Falcone ed il livello di soddisfazione dei magistrati impegnati in prima linea. Ai convegni ai quali ho assistiti per la presentazione di libri o per discutere della lotta alla mafia mi è sembrato di cogliere segnali di allarme, di vero e proprio scoramento,la sensazione di persone che non avvertono una piena, forte,convinta solidarietà dello Stato alle loro spalle.
Inoltre, non si coglie un reale avvicinamento della pubblica amministrazione, delle istituzioni alle necessità dei cittadini ed un impegno alla organizzazione della vita civile più consono ed adeguato. La Regione Siciliana controllata come il Comune di palermo e come gran parte delle istituzioni siciliane dalla destra riducono i servizi collettivi e
sono dentro processi di privatizzazione di beni importanti come l'acqua che rendono più pesante la vita delle famiglie.
Uno striscione dei Cobas, esposto sotto l'albero di Falcone, è stato sequestrato dalla polizia e tre insegnanti sono stati fermati. C'era scritto: "La Mafia ringrazia lo Stato per la morte della Scuola!". Significa che non basta portare a Palermo una nave di studenti che si sono distinti in lavori e ricerche contro la mafia se la scuola che frequentano viene privata di migliaia e migliaia di insegnanti e se viene sfacciatamente favorita la scuola privata confessionale. Ha sbagliato Maria Falcone a criticare i Cobas ed il loro striscione. Si onore assai di più Falcone difendendo la Scuola pubblica e la sua qualità che facendo discorsi impregnati di retorica ai quali non corrisponde la nuova Italia libera dalla mafia che sognavano Falcone, Borsellino, Chinnici,ed i tanti altri servitori dello Stato spietatamente eliminati.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
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Non sfugge la mobilitazione ad alto livello, del governo di centro-destra per gli anniversari delle stragi mafiose specialmente per quella che oggi ricorda il martirio di Giovanni Falcone e che certamente si ripeterà il 19 luglio prossimo per Paolo Borsellino. Oltre al Presidente della Repubblica che è certamente super partes e rappresenta l'unità della nazione, erano presenti oggi a Palermo il Presidente del Senato Renato Schifani, il ministro Maroni, la ministra Gelmini, il guardasigilli Alfano. Presente anche Emma Marcegaglia che ha sottolineato l'impegno degli industriali siciliani ad espellere dall'associazione coloro che pagano il pizzo agli estortori della mafia. Tutto questo impegno segnala una tensione contro la mafia, uno Stato che non dimentica le offese sanguinose subite e che promette di continuare una lotta senza quartiere per cancellare
la funesta ed inquietante presenza dei mafiosi Ma è questa la verità, o meglio, è questa tutta la verità della situazione che stiamo vivendo mentre governa l'Italia Berlusconi?
Se esiste questo impegno così grande dello Stato nella lotta alla mafia perchè le testimonianze dei magistrati più impegnati nel fronte della lotta sono sempre più impregnate di pessimismo, sono sempre più dominate dallo sconforto e si coglie in esse un senso di solitudine e di frustrazione?
Proprio mentre a Palermo il Ministro Alfano annunzia un incrudelimento del 41 bis, il Presidente del Consiglio dei Ministri attacca la Magistratura e sollecita la sua riduzione sotto il controllo dell'esecutivo con la separazione della funzione inquirente da quella giudicante, un decreto diventato legge è assai severo verso i poveri fino a schedarne i senza tetto ed ad aumentare di un terzo le pene dei rei se migranti clandestini,. Si dà l'idea di uno Stato ossessionato dalla caccia ai migranti, ai poveri, ai lavavetro.... Disegni di legge
prossimi all'esame del Parlamento diminuiscono le garanzie e le tutele dei lavoratori in caso di licenziamento.
Non sembra esserci un rapporto tra la debordante presenza di uomini del governo e delle istituzioni attorno al simbolico albero di Falcone ed il livello di soddisfazione dei magistrati impegnati in prima linea. Ai convegni ai quali ho assistiti per la presentazione di libri o per discutere della lotta alla mafia mi è sembrato di cogliere segnali di allarme, di vero e proprio scoramento,la sensazione di persone che non avvertono una piena, forte,convinta solidarietà dello Stato alle loro spalle.
Inoltre, non si coglie un reale avvicinamento della pubblica amministrazione, delle istituzioni alle necessità dei cittadini ed un impegno alla organizzazione della vita civile più consono ed adeguato. La Regione Siciliana controllata come il Comune di palermo e come gran parte delle istituzioni siciliane dalla destra riducono i servizi collettivi e
sono dentro processi di privatizzazione di beni importanti come l'acqua che rendono più pesante la vita delle famiglie.
Uno striscione dei Cobas, esposto sotto l'albero di Falcone, è stato sequestrato dalla polizia e tre insegnanti sono stati fermati. C'era scritto: "La Mafia ringrazia lo Stato per la morte della Scuola!". Significa che non basta portare a Palermo una nave di studenti che si sono distinti in lavori e ricerche contro la mafia se la scuola che frequentano viene privata di migliaia e migliaia di insegnanti e se viene sfacciatamente favorita la scuola privata confessionale. Ha sbagliato Maria Falcone a criticare i Cobas ed il loro striscione. Si onore assai di più Falcone difendendo la Scuola pubblica e la sua qualità che facendo discorsi impregnati di retorica ai quali non corrisponde la nuova Italia libera dalla mafia che sognavano Falcone, Borsellino, Chinnici,ed i tanti altri servitori dello Stato spietatamente eliminati.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
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la destra si impadronisce della memoria di Falcone e Borsellino
I Cobas, espressione autonoma e libera dei lavoratori che resistono,
resistono, resistono alla restaurazione reazionaria e borbonica dello
Stato Italiano, sono il mirino. Maroni sa bene che non sono amati dai
sindacati confederali e dal pd e ne approfitta.....
Pietro
Confederazione COBAS
viale Manzoni, 55 - 00185 ROMA tel. 0677591926 – fax 0627800817 www.cobas.it e.mail. cobas@cobas.it
Palermo 23/05/2009
COMUNICATO STAMPA
Grave aggressione poliziesca ai danni dei Cobas e del movimento di lotta antimafia
Renato Franzitta
L’azione esemplare di Peppino Impastato è alla base del movimento di lotta antimafia, che confligge con l’antimafia di maniera che vede con simpatia lo sventolio delle bandiere di Azione Giovani d’avanti all’albero Falcone e aborrisce lo striscione dei Cobas. Ben sappiamo che antimafia è lotta sociale e non può andare a compromessi con le forze più retrive della società che da sempre sostengono e foraggiano il sistema clientelare e mafioso.
Impastato, Pio La Torre, Terranova, Placido Rizzotto e le tante decine di martiri antimafia ci hanno insegnato questo. Forse ai notabili dell’antimafia di facciata questo da fastidio perché mette in evidenza l’uso opportunista e cialtrone della bandiera antimafia da parte di costoro.
Le forze del disordine nel sequestrare violentemente lo storico striscione antimafia hanno fermato e condotto in questura tre esponenti dei Cobas, e sino a questo momento non abbiamo notizie sulla loro sorte.
La violenta reazione delle “forze del disordine” è in perfetta linea con i comportamenti dettati dal “pacchetto sicurezza” già sperimentati contro gli operai di Pomigliano d’Arco in lotta per il lavoro e contro gli studenti dell’Onda a Torino in lotta per la difesa dell’istruzione pubblica.
Mettere l’accento che il taglio delle classi, l’aumento degli alunni per classe e il licenziamento di quasi sessantamila insegnati dequalifica la scuola, crea disagio sociale e da elementi alla mafia per conquistare i giovani emarginati del meridione per le “forze del disordine” è un atto non tollerabile. Questo Governo ha bisogno di mettere a tacere la vera opposizione sociale per fare digerire il costo della crisi ai ceti popolari. Criminalizzare i Cobas, il sindacalismo di base, l’opposizione sociale serve per fare digerire in modo indolore le amare pillole della recessione e lo spostamento dei capitali pubblici dal sociale alle banche e alle imprese. Imprese che come la FIAT impiegano i capitali pubblici per fondare un impero dell’auto facendo pagare lo scotto agli operati di Termini e di Pomigliano.
x l’Esecutivo Nazionale della
Confederazione COBAS
Sabato 23 maggio a in via Notarbartolo a Palermo, durante la commemorazione del diciassettesimo anniversario della strage di Capaci, proprio davanti all’albero Falcone decine di agenti di polizia hanno aggredito i lavoratori dei Cobas che mostravano lo storico striscione che da sedici anni viene portato a tutte le manifestazioni antimafia con su scritto “ LA MAFIA RINGRANZIA LO STATO PER LA MORTE DELLA SCUOLA”. Uno slogan che evidentemente vuole sottolineare come la lotta alla mafia deve essere condotta, oltre che sul livello repressivo, anche su quello del miglioramento delle condizioni socio-economiche di una larga parte di popolazione che diviene il bacino di arruolamento e di consenso all'agire malavitoso. Da questo assunto la necessità di un intervento dello Stato verso la garanzia di dignitose condizioni di vita per tutti i cittadini da garantire con un'offerta di servizi sociali (scuola, sanità, trasporti, ecc.), di lavoro o di un reddito minimo garantito.
resistono, resistono alla restaurazione reazionaria e borbonica dello
Stato Italiano, sono il mirino. Maroni sa bene che non sono amati dai
sindacati confederali e dal pd e ne approfitta.....
Pietro
Confederazione COBAS
viale Manzoni, 55 - 00185 ROMA tel. 0677591926 – fax 0627800817 www.cobas.it e.mail. cobas@cobas.it
Palermo 23/05/2009
COMUNICATO STAMPA
Grave aggressione poliziesca ai danni dei Cobas e del movimento di lotta antimafia
Renato Franzitta
L’azione esemplare di Peppino Impastato è alla base del movimento di lotta antimafia, che confligge con l’antimafia di maniera che vede con simpatia lo sventolio delle bandiere di Azione Giovani d’avanti all’albero Falcone e aborrisce lo striscione dei Cobas. Ben sappiamo che antimafia è lotta sociale e non può andare a compromessi con le forze più retrive della società che da sempre sostengono e foraggiano il sistema clientelare e mafioso.
Impastato, Pio La Torre, Terranova, Placido Rizzotto e le tante decine di martiri antimafia ci hanno insegnato questo. Forse ai notabili dell’antimafia di facciata questo da fastidio perché mette in evidenza l’uso opportunista e cialtrone della bandiera antimafia da parte di costoro.
Le forze del disordine nel sequestrare violentemente lo storico striscione antimafia hanno fermato e condotto in questura tre esponenti dei Cobas, e sino a questo momento non abbiamo notizie sulla loro sorte.
La violenta reazione delle “forze del disordine” è in perfetta linea con i comportamenti dettati dal “pacchetto sicurezza” già sperimentati contro gli operai di Pomigliano d’Arco in lotta per il lavoro e contro gli studenti dell’Onda a Torino in lotta per la difesa dell’istruzione pubblica.
Mettere l’accento che il taglio delle classi, l’aumento degli alunni per classe e il licenziamento di quasi sessantamila insegnati dequalifica la scuola, crea disagio sociale e da elementi alla mafia per conquistare i giovani emarginati del meridione per le “forze del disordine” è un atto non tollerabile. Questo Governo ha bisogno di mettere a tacere la vera opposizione sociale per fare digerire il costo della crisi ai ceti popolari. Criminalizzare i Cobas, il sindacalismo di base, l’opposizione sociale serve per fare digerire in modo indolore le amare pillole della recessione e lo spostamento dei capitali pubblici dal sociale alle banche e alle imprese. Imprese che come la FIAT impiegano i capitali pubblici per fondare un impero dell’auto facendo pagare lo scotto agli operati di Termini e di Pomigliano.
x l’Esecutivo Nazionale della
Confederazione COBAS
Sabato 23 maggio a in via Notarbartolo a Palermo, durante la commemorazione del diciassettesimo anniversario della strage di Capaci, proprio davanti all’albero Falcone decine di agenti di polizia hanno aggredito i lavoratori dei Cobas che mostravano lo storico striscione che da sedici anni viene portato a tutte le manifestazioni antimafia con su scritto “ LA MAFIA RINGRANZIA LO STATO PER LA MORTE DELLA SCUOLA”. Uno slogan che evidentemente vuole sottolineare come la lotta alla mafia deve essere condotta, oltre che sul livello repressivo, anche su quello del miglioramento delle condizioni socio-economiche di una larga parte di popolazione che diviene il bacino di arruolamento e di consenso all'agire malavitoso. Da questo assunto la necessità di un intervento dello Stato verso la garanzia di dignitose condizioni di vita per tutti i cittadini da garantire con un'offerta di servizi sociali (scuola, sanità, trasporti, ecc.), di lavoro o di un reddito minimo garantito.
venerdì 22 maggio 2009
il caimano,gli squali ed i pesci pilota
IL CAIMANO, GLI SQUALI ED I PESCI PILOTA
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E' diventato financo banale citare Gramsci ad ogni occasione ma non posso, guardando la foto dell'assemblea degli industriali italiani che si spenna le mani in applausi quando Berlusconi attacca il Parlamento e la Magistratura non ricordare le sue riflessioni sul "sovversivismo delle classi dirigenti" che, in determinate situazioni storiche, rompono la coesione sociale basata sulla libertà e la democrazia per rivendicare il controllo totale sulle classi subalterne e sullo Stato attraverso l'unità (rivendicata da Mussolini ed ora da Berlusconi) dei tre poteri nettamente distinti dal liberalismo: il potere giudiziario, il potere legislativo, il potere esecutivo.
Berlusconi ieri ha compiuto una spregiudicata e pericolosa operazione di populismo: ha identificato la Casta nel Parlamento. Attaccando il Parlamento ha fatto credere di attaccare una classe di grandi profittatori, parassiti, sanguisughe della Repubblica ed ha trasformato una azione che dai libri di Salvi a quello di Stella
tendeva a denunziare le degenerazioni partitocratiche ed oligarchiche in attacco alla istituzione in quanto tale.
Definire i parlamentari come capponi o tacchini che si sottrarranno alla autoriforma che Berlusconi minaccia
aggrava il clima di basso impero in cui stiamo vivendo. Un Parlamento ridotto a votificio da un Capo del Governo che mostra insofferenza financo per il proprio Consiglio dei Ministri viene dato in pasto a famelici pennivendoli e personaggi del sistema massmediatico che identificano in Berlusconi il "Salvatore", colui che
libera l'Italia da una casta di privilegiati diventata insopportabile.
Mentre Berlusconi agitava la spada ed urlava contro la Magistratura ed il Parlamento, gli industriali italiani preparano il materiale per una svolta sociale in cui divorziano dai vincoli della democrazia che hanno sentito sempre molto stretti e che ora diventano insopportabili per la libertà di azione che reclamano verso lo Stato e verso i lavoratori. Hanno già varato, con l'aiuto della Cisl e dell'Uil, una riforma del modello contrattuale che
aumenterà la dipendenza dei lavoratori dalle decisioni degli imprenditori facendoli regredire verso un regime di immobilità sociale e di mera sopravvivenza. Plotoni di giuslavoristi bipartisan lavorano intensamente per
demolire lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori ed aprire una nuova fase in cui la borghesia italiana non si accontenta più di negare diritti ma vuole anche costrizioni, limitazioni giuridiche fino a fare del lavoratore un soggetto sociale con minori diritti del cittadino. Non deve sfuggire la concomitanza tra l'assemblea confindustriale e il Congresso della Cisl che certamente è casuale nel calendario, ma assai convergente e densa di rimandi nella qualità del progetto che, nella maschera menzognera della compartecipazione, aggiunge nuove limitazioni e nuovi obblighi ai lavoratori.
Osservo, en passant, che gli applausi degli industriali contro i privilegi della casta sono viziati all'origine dal fatto che, molti di loro, amministratori delegati o managers, lucrano spregiudicatamente ai danni degli azionisti che non hanno alcun potere reale di controllo e della pubblica amministrazione dalla quale ricavano emolumenti assai più sostanziosi di quelli dei deputati e dei senatori. Non hanno le carte in regola per ergersi a moralisti mentre applaudono una persona che, a livello internazionale, è oggetto di scandalo per le sue vicende giudiziarie ed anche personali, mostrandosi indifferenti ad una minima decenza di etica.
A differenza di Mussolini che per affermare il potere degli agrari e degli industriali distrusse con il ferro ed il fuoco le Camere del Lavoro, il progetto di egemonia capitalistica della Marcegaglia e di Berlusconi può contare su Sindacati compiacenti e complici (la complicità di Sacconi..) come la Cisl, l'Uil e l'UGL e sulla paralisi della opposizione che, nella sua parte parlamentare, condivide il programma di "modernizzazione"
della Confindustria ed mostra incertezze e contraddizioni rispetto la proposta presidenzialistica e sulla debolezza della sinistra scacciata dal Parlamento e vittima di errori che non ha ancora superato. Non ci sarà bisogno di incrudelire con la repressione per sottomettere ancora di più i lavoratori: basteranno le nuove leggi e gli accordi che saranno stipulati.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
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E' diventato financo banale citare Gramsci ad ogni occasione ma non posso, guardando la foto dell'assemblea degli industriali italiani che si spenna le mani in applausi quando Berlusconi attacca il Parlamento e la Magistratura non ricordare le sue riflessioni sul "sovversivismo delle classi dirigenti" che, in determinate situazioni storiche, rompono la coesione sociale basata sulla libertà e la democrazia per rivendicare il controllo totale sulle classi subalterne e sullo Stato attraverso l'unità (rivendicata da Mussolini ed ora da Berlusconi) dei tre poteri nettamente distinti dal liberalismo: il potere giudiziario, il potere legislativo, il potere esecutivo.
Berlusconi ieri ha compiuto una spregiudicata e pericolosa operazione di populismo: ha identificato la Casta nel Parlamento. Attaccando il Parlamento ha fatto credere di attaccare una classe di grandi profittatori, parassiti, sanguisughe della Repubblica ed ha trasformato una azione che dai libri di Salvi a quello di Stella
tendeva a denunziare le degenerazioni partitocratiche ed oligarchiche in attacco alla istituzione in quanto tale.
Definire i parlamentari come capponi o tacchini che si sottrarranno alla autoriforma che Berlusconi minaccia
aggrava il clima di basso impero in cui stiamo vivendo. Un Parlamento ridotto a votificio da un Capo del Governo che mostra insofferenza financo per il proprio Consiglio dei Ministri viene dato in pasto a famelici pennivendoli e personaggi del sistema massmediatico che identificano in Berlusconi il "Salvatore", colui che
libera l'Italia da una casta di privilegiati diventata insopportabile.
Mentre Berlusconi agitava la spada ed urlava contro la Magistratura ed il Parlamento, gli industriali italiani preparano il materiale per una svolta sociale in cui divorziano dai vincoli della democrazia che hanno sentito sempre molto stretti e che ora diventano insopportabili per la libertà di azione che reclamano verso lo Stato e verso i lavoratori. Hanno già varato, con l'aiuto della Cisl e dell'Uil, una riforma del modello contrattuale che
aumenterà la dipendenza dei lavoratori dalle decisioni degli imprenditori facendoli regredire verso un regime di immobilità sociale e di mera sopravvivenza. Plotoni di giuslavoristi bipartisan lavorano intensamente per
demolire lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori ed aprire una nuova fase in cui la borghesia italiana non si accontenta più di negare diritti ma vuole anche costrizioni, limitazioni giuridiche fino a fare del lavoratore un soggetto sociale con minori diritti del cittadino. Non deve sfuggire la concomitanza tra l'assemblea confindustriale e il Congresso della Cisl che certamente è casuale nel calendario, ma assai convergente e densa di rimandi nella qualità del progetto che, nella maschera menzognera della compartecipazione, aggiunge nuove limitazioni e nuovi obblighi ai lavoratori.
Osservo, en passant, che gli applausi degli industriali contro i privilegi della casta sono viziati all'origine dal fatto che, molti di loro, amministratori delegati o managers, lucrano spregiudicatamente ai danni degli azionisti che non hanno alcun potere reale di controllo e della pubblica amministrazione dalla quale ricavano emolumenti assai più sostanziosi di quelli dei deputati e dei senatori. Non hanno le carte in regola per ergersi a moralisti mentre applaudono una persona che, a livello internazionale, è oggetto di scandalo per le sue vicende giudiziarie ed anche personali, mostrandosi indifferenti ad una minima decenza di etica.
A differenza di Mussolini che per affermare il potere degli agrari e degli industriali distrusse con il ferro ed il fuoco le Camere del Lavoro, il progetto di egemonia capitalistica della Marcegaglia e di Berlusconi può contare su Sindacati compiacenti e complici (la complicità di Sacconi..) come la Cisl, l'Uil e l'UGL e sulla paralisi della opposizione che, nella sua parte parlamentare, condivide il programma di "modernizzazione"
della Confindustria ed mostra incertezze e contraddizioni rispetto la proposta presidenzialistica e sulla debolezza della sinistra scacciata dal Parlamento e vittima di errori che non ha ancora superato. Non ci sarà bisogno di incrudelire con la repressione per sottomettere ancora di più i lavoratori: basteranno le nuove leggi e gli accordi che saranno stipulati.
Pietro Ancona
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giovedì 21 maggio 2009
colpevoli per forza
Cara Liberazione,
......
Colpevoli per forza!!!
Per comprendere a quale infima bassezza possa giungere la campagna di manipolazione della informazione
contro i lavoratori Fiat dei Cobas di Pomigliano d'Arco accusati di avere aggredito Rinaldini a Torino basta vedere la titolazione e sopraesottotitolazione che "Repubblica" di oggi fa su un articolo della sua corrispondente da Napoli Patrizia Capua.
Nella titolazione si dà per certa e suffragata la notizia dell'aggressione a Rinaldini e la condanna dei colleghi di lavoro di coloro che l'avrebbero perpetrata. Dalla lettura della corrispondenza della Capua non si evince niente di questo: anzi c'è la testimonianza di un lavoratore che richiama la dichiarazione di Cremaschi secondo il quale Rinaldini sarebbe scivolato.L'atmosfera in cui si svolge l'incontro tra la giornalista Capua e gli operai è molto sconfortante, tesa, nervosa, densa di foschi presagi. I lavoratori denunziano di essere stati abbandonati dai sindacati confederali, di temere per le prossime decisioni della Fiat, di sentirsi soli. Si coglie amarezza a palate e si percepisce con chiarezza una condizione esistenziale degli operai che non sanno più che cosa fare, dove sbattere la testa, a chi rivolgersi......
Ebbene, la cosa che interessa "Repubblica" non è la critica ai sindacati confederali fatta dagli operai ma la ricerca di una conferma, di confessioni sulla inventata aggressione subita dal Rinaldini. Questa è la linea editoriale del giornale purtroppo accettata da tutto il mondo politico compresa la sinistra radicale. Questo risulta evidente da dichiarazioni di Bertinotti, di Ferrero, dagli scritti di uno storico giornalista del Manifesto specialista in fatti sindacali come Loris Campetti, per non parlare dell'Unità e dei soloni del PD. I quali proprio stamane hanno presentato bipartisan con il Pdl, relatore Ichino, un disegno di legge che sollecita la compartecipazione dei sindacati alla gestione delle imprese (proprio ora in piena crisi per coinvolgere i lavoratori in dolorose ristrutturazioni) e che riduce di molto le garanzie ancora esistenti come vedremo meglio quando lo commenteremo. Intanto Scajola cerca di ripescare la CGIL nella rete del governo. Si è reso conto, a differenza di Sacconi, che la linea dell'isolamento della CGIL non paga e che, manovrando con il PD, può forse trovare un consenso sociale che la Cisl,l'Uil e la Polverini non gli assicurano.
Naturalmente i commenti della destra politica sui fatti di Torino sono i più esagitati. Qualcuno dei loro giornali arriva ad insinuare un prossimo passaggio dal ribellismo operai al brigatismo, al terrorismo, alla lotta aperta allo Stato. Coloro che scrivono irresponsabilmente di questo non si rendono conto che la loro politica di rottura della coesione sociale e di isolamento delle frange più combattive del mondo del lavoro produce soltanto tensione e prepara un prossimo futuro assai difficile specialmente in presenza dei licenziamenti già programmati.
http://www.slaicobas.it/
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
articolo ripreso da
http://www.dirittiglobali.it/articolo.php?id_news=12633
19 - 05 - 2009
Quella rabbia tra Nola e Pomigliano "Alcuni già espulsi, gli altri in bilico"
Il reparto dei Cobas che hanno aggredito Rinaldini: "Li condanniamo ma i sindacati non ci difendono"
(la Repubblica, martedì, 19 maggio 2009
Gli operai: senza una missione produttiva per l’impianto sarà scontro duro
PATRIZIA CAPUA
Pomigliano d’Arco - È il Polo della logistica, il cuore dello Slai Cobas, dopo il putiferio di Torino dipinto come un covo di fannulloni, provocatori, esagitati, e anche peggio, terroristi. Il reparto "confino" è un capannone nel lotto H dell’Interporto di Nola, a più di venti chilometri dallo stabilimento Fiat di Pomigliano D’Arco. Ci sono 316 tute blu che ieri sono tornate al lavoro per una settimana, come tutti i cinquemila operai, cassintegrati dallo scorso settembre. I Cobas sono partiti da Nola per Torino per accusare: ci hanno "espulsi" dalla fabbrica e portati quaggiù perché siamo un fastidio per l’azienda, con il benestare di Fiom, Fim, Uilm e Fismic. Scelti tra i "rompiballe", i sindacalisti che vogliono alzare la testa, i malati.
Saranno un’ottantina a Nola gli iscritti Slai Cobas, e agli occhi di tutti sono diventati quelli che hanno buttato giù dal palco il leader della Fiom, Gianni Rinaldini. Ma ci sono operai di altre sigle sindacali, e non vogliono che si spari nel mucchio. «È una cattiveria parlare degli "arrabbiati di Nola"» dicono, «così ci chiudono ancora di più nel reparto confino». «Hanno sbagliato i nostri compagni a comportarsi in quel modo» dice subito uno, «ognuno deve far valere le proprie ragioni». Nel quartier generale dello Slai Cobas, a Pomigliano, Vittorio Granillo e Mara Malavenda preparano una conferenza stampa per domani. E una e secca la smentita. «È una montatura, si parla di 30 scalmanati - afferma Granillo - invece i nostri sono arrivati da tutta Italia. È Rinaldini che sembra scivolare ad ogni intervento. Questa volta è caduto su una buccia di banana, in quanto lo stesso Cremaschi sembra che abbia affermato che Rinaldini sia soltanto scivolato. Si nascondono le difficoltà in cui versa la Fiom».
A Pomigliano davanti alla fabbrica si coglie il malessere per i fatti di Torino. «Ci siamo rimasti male, la lotta dovrebbe essere unita, invece non è così» dice Alfredo Tortora, della Lastrasaldatura, «facciamo sacrifici e la nostra immagine è danneggiata». È una guerra tra poveri, afferma Carlo Terrecuso, un’altra tuta blu, ci dovremmo dare una calmata tutti». «Siamo animali al macello» dice un altro lavoratore, «Marchionne è un ottimo manager, con la speranza che ci faccia lavorare. È il governo che non ci garantisce e non deve permettere fughe all’estero. E il sindacato, poi, non ci tutela. L’azienda se ne serve per tenerci a bada. Quando ti mettono la mano sulla spalla ti hanno già fregato». Antonio, stampaggio, gli dà ragione: «Non ci meravigliamo dei Cobas, si sa, fanno cose esagerate. Ma il sindacato non esiste più. Abbiamo anche preso le botte dalla polizia, a che pro? Ora siamo nelle mani del destino. Vogliamo un piano industriale per lavorare».
Intanto rimbalzano in fabbrica le notizie apparse sul sito Affari italiani, sul piano di chiusura di Pomigliano che Marchionne avrebbe presentato alla Merkel. Nessuno ci crede ma cresce la rabbia. «Sono fogli già visti, che ci ha girato l’Ig metal» dice Massimo Brancato, della Fiom, «ma c’è da chiedersi: la Merkel che sta concordando con Marchionne? È del tutto evidente che se la coperta è la stessa, è sempre troppo corta». Una pronta smentita da parte della azienda: è quanto chiede Cesare Damiano, responsabile lavoro del Pd. E ancora più urgente, aggiunge, è la convocazione del tavolo con il governo. Per ora è arrivata solo la smentita.
Lo scontento è alle stelle. Da Pomigliano, Gerardo Giannone, del Cantiere Comunista nel "Giambattista Vico", sollecita: «La Fiat assegni al più presto una missione produttiva a Pomigliano, altrimenti siamo pronti alla guerriglia. Gli operai sono stanchi di tutte queste incertezze - continua - e sono pronti a una lotta dura».
......
Colpevoli per forza!!!
Per comprendere a quale infima bassezza possa giungere la campagna di manipolazione della informazione
contro i lavoratori Fiat dei Cobas di Pomigliano d'Arco accusati di avere aggredito Rinaldini a Torino basta vedere la titolazione e sopraesottotitolazione che "Repubblica" di oggi fa su un articolo della sua corrispondente da Napoli Patrizia Capua.
Nella titolazione si dà per certa e suffragata la notizia dell'aggressione a Rinaldini e la condanna dei colleghi di lavoro di coloro che l'avrebbero perpetrata. Dalla lettura della corrispondenza della Capua non si evince niente di questo: anzi c'è la testimonianza di un lavoratore che richiama la dichiarazione di Cremaschi secondo il quale Rinaldini sarebbe scivolato.L'atmosfera in cui si svolge l'incontro tra la giornalista Capua e gli operai è molto sconfortante, tesa, nervosa, densa di foschi presagi. I lavoratori denunziano di essere stati abbandonati dai sindacati confederali, di temere per le prossime decisioni della Fiat, di sentirsi soli. Si coglie amarezza a palate e si percepisce con chiarezza una condizione esistenziale degli operai che non sanno più che cosa fare, dove sbattere la testa, a chi rivolgersi......
Ebbene, la cosa che interessa "Repubblica" non è la critica ai sindacati confederali fatta dagli operai ma la ricerca di una conferma, di confessioni sulla inventata aggressione subita dal Rinaldini. Questa è la linea editoriale del giornale purtroppo accettata da tutto il mondo politico compresa la sinistra radicale. Questo risulta evidente da dichiarazioni di Bertinotti, di Ferrero, dagli scritti di uno storico giornalista del Manifesto specialista in fatti sindacali come Loris Campetti, per non parlare dell'Unità e dei soloni del PD. I quali proprio stamane hanno presentato bipartisan con il Pdl, relatore Ichino, un disegno di legge che sollecita la compartecipazione dei sindacati alla gestione delle imprese (proprio ora in piena crisi per coinvolgere i lavoratori in dolorose ristrutturazioni) e che riduce di molto le garanzie ancora esistenti come vedremo meglio quando lo commenteremo. Intanto Scajola cerca di ripescare la CGIL nella rete del governo. Si è reso conto, a differenza di Sacconi, che la linea dell'isolamento della CGIL non paga e che, manovrando con il PD, può forse trovare un consenso sociale che la Cisl,l'Uil e la Polverini non gli assicurano.
Naturalmente i commenti della destra politica sui fatti di Torino sono i più esagitati. Qualcuno dei loro giornali arriva ad insinuare un prossimo passaggio dal ribellismo operai al brigatismo, al terrorismo, alla lotta aperta allo Stato. Coloro che scrivono irresponsabilmente di questo non si rendono conto che la loro politica di rottura della coesione sociale e di isolamento delle frange più combattive del mondo del lavoro produce soltanto tensione e prepara un prossimo futuro assai difficile specialmente in presenza dei licenziamenti già programmati.
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Pietro Ancona
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http://www.dirittiglobali.it/articolo.php?id_news=12633
19 - 05 - 2009
Quella rabbia tra Nola e Pomigliano "Alcuni già espulsi, gli altri in bilico"
Il reparto dei Cobas che hanno aggredito Rinaldini: "Li condanniamo ma i sindacati non ci difendono"
(la Repubblica, martedì, 19 maggio 2009
Gli operai: senza una missione produttiva per l’impianto sarà scontro duro
PATRIZIA CAPUA
Pomigliano d’Arco - È il Polo della logistica, il cuore dello Slai Cobas, dopo il putiferio di Torino dipinto come un covo di fannulloni, provocatori, esagitati, e anche peggio, terroristi. Il reparto "confino" è un capannone nel lotto H dell’Interporto di Nola, a più di venti chilometri dallo stabilimento Fiat di Pomigliano D’Arco. Ci sono 316 tute blu che ieri sono tornate al lavoro per una settimana, come tutti i cinquemila operai, cassintegrati dallo scorso settembre. I Cobas sono partiti da Nola per Torino per accusare: ci hanno "espulsi" dalla fabbrica e portati quaggiù perché siamo un fastidio per l’azienda, con il benestare di Fiom, Fim, Uilm e Fismic. Scelti tra i "rompiballe", i sindacalisti che vogliono alzare la testa, i malati.
Saranno un’ottantina a Nola gli iscritti Slai Cobas, e agli occhi di tutti sono diventati quelli che hanno buttato giù dal palco il leader della Fiom, Gianni Rinaldini. Ma ci sono operai di altre sigle sindacali, e non vogliono che si spari nel mucchio. «È una cattiveria parlare degli "arrabbiati di Nola"» dicono, «così ci chiudono ancora di più nel reparto confino». «Hanno sbagliato i nostri compagni a comportarsi in quel modo» dice subito uno, «ognuno deve far valere le proprie ragioni». Nel quartier generale dello Slai Cobas, a Pomigliano, Vittorio Granillo e Mara Malavenda preparano una conferenza stampa per domani. E una e secca la smentita. «È una montatura, si parla di 30 scalmanati - afferma Granillo - invece i nostri sono arrivati da tutta Italia. È Rinaldini che sembra scivolare ad ogni intervento. Questa volta è caduto su una buccia di banana, in quanto lo stesso Cremaschi sembra che abbia affermato che Rinaldini sia soltanto scivolato. Si nascondono le difficoltà in cui versa la Fiom».
A Pomigliano davanti alla fabbrica si coglie il malessere per i fatti di Torino. «Ci siamo rimasti male, la lotta dovrebbe essere unita, invece non è così» dice Alfredo Tortora, della Lastrasaldatura, «facciamo sacrifici e la nostra immagine è danneggiata». È una guerra tra poveri, afferma Carlo Terrecuso, un’altra tuta blu, ci dovremmo dare una calmata tutti». «Siamo animali al macello» dice un altro lavoratore, «Marchionne è un ottimo manager, con la speranza che ci faccia lavorare. È il governo che non ci garantisce e non deve permettere fughe all’estero. E il sindacato, poi, non ci tutela. L’azienda se ne serve per tenerci a bada. Quando ti mettono la mano sulla spalla ti hanno già fregato». Antonio, stampaggio, gli dà ragione: «Non ci meravigliamo dei Cobas, si sa, fanno cose esagerate. Ma il sindacato non esiste più. Abbiamo anche preso le botte dalla polizia, a che pro? Ora siamo nelle mani del destino. Vogliamo un piano industriale per lavorare».
Intanto rimbalzano in fabbrica le notizie apparse sul sito Affari italiani, sul piano di chiusura di Pomigliano che Marchionne avrebbe presentato alla Merkel. Nessuno ci crede ma cresce la rabbia. «Sono fogli già visti, che ci ha girato l’Ig metal» dice Massimo Brancato, della Fiom, «ma c’è da chiedersi: la Merkel che sta concordando con Marchionne? È del tutto evidente che se la coperta è la stessa, è sempre troppo corta». Una pronta smentita da parte della azienda: è quanto chiede Cesare Damiano, responsabile lavoro del Pd. E ancora più urgente, aggiunge, è la convocazione del tavolo con il governo. Per ora è arrivata solo la smentita.
Lo scontento è alle stelle. Da Pomigliano, Gerardo Giannone, del Cantiere Comunista nel "Giambattista Vico", sollecita: «La Fiat assegni al più presto una missione produttiva a Pomigliano, altrimenti siamo pronti alla guerriglia. Gli operai sono stanchi di tutte queste incertezze - continua - e sono pronti a una lotta dura».
la cultura della CGIL
la cultura della CGIL da Trentin a Trentin (1968,1993) e ai giorni nostri
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Ichino è estraneo alla cultura della CGIL? Boeri,Treu,Letta, Bersani, Damiano sono portatori di una cultura diversa da quella della CGIL? Dallo slogan "utopistico" del Salario Variabile Indipendente agli accordi del luglio 2007 che cosa è realmente cambiato? Conta più il lavoratore o l'impresa per il gruppo dirigente sindacale? Perchè la CGIL non si oppone alle privatizzazioni di servizi essenziali come l'acqua, la sanità,la scuola? Perchè non reagisce alla tragedia dei salari italiani tra i più bassi dell'OCSE? Perchè insiste nell'unità con la CISL e l'UIL che hanno una linea di pieno sostegno alla Confindustria ed al Governo? Perchè non si oppone al precariato e non chiede l'abrogazione della legge Biagi? Perchè non si oppone allo smantellamento dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori e delle garanzie che la Costituzione dà ai lavoratori a cominciare dal diritto di ricorrere ad un Magistrato?
Credo che sarebbe opportuna una seria ricerca sul processo che ha portato negli ultimi venti anni la CGIL a fuoriuscire dalla tradizione del socialismo italiano ed ora anche della socialdemocrazia europea per sfociare in una landa di americanismo liberistico proprio quando questo mostra il suo tragico fallimento sociale con gli accampati di Sacramento e la totale solitudine dei lavoratori difronte al potere delle multinazionali e dei ricchi.
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
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Ichino è estraneo alla cultura della CGIL? Boeri,Treu,Letta, Bersani, Damiano sono portatori di una cultura diversa da quella della CGIL? Dallo slogan "utopistico" del Salario Variabile Indipendente agli accordi del luglio 2007 che cosa è realmente cambiato? Conta più il lavoratore o l'impresa per il gruppo dirigente sindacale? Perchè la CGIL non si oppone alle privatizzazioni di servizi essenziali come l'acqua, la sanità,la scuola? Perchè non reagisce alla tragedia dei salari italiani tra i più bassi dell'OCSE? Perchè insiste nell'unità con la CISL e l'UIL che hanno una linea di pieno sostegno alla Confindustria ed al Governo? Perchè non si oppone al precariato e non chiede l'abrogazione della legge Biagi? Perchè non si oppone allo smantellamento dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori e delle garanzie che la Costituzione dà ai lavoratori a cominciare dal diritto di ricorrere ad un Magistrato?
Credo che sarebbe opportuna una seria ricerca sul processo che ha portato negli ultimi venti anni la CGIL a fuoriuscire dalla tradizione del socialismo italiano ed ora anche della socialdemocrazia europea per sfociare in una landa di americanismo liberistico proprio quando questo mostra il suo tragico fallimento sociale con gli accampati di Sacramento e la totale solitudine dei lavoratori difronte al potere delle multinazionali e dei ricchi.
Pietro Ancona
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obama tra bombardamenti e crisi
Trapelano ben poche notizie dal Pakistan dove bombardamenti massicci dell'aviazione americana non sappiamo se supportata dalla Nato e quindi dall'Italia hanno massacrato migliaia di civili, terrorizzato una popolazione oggi in fuga. Si parla di due milioni di profughi pakistani in un paese poverissimo e densamente popolato
da una regione dove infuriano combattimenti tra talebani ed esercito pakistano sempre sostenuto da aerei ed elicotteri americani. Nessuna sa spiegare la ragione di guesta sanguinosissima guerra che assorbe oltre centomila soldati occidentali....
Intanto, l'America che spede ogni giorno montagne di dollari per mantenere possenti eserciti, basi militari, flotte navali non degna di
uno sguardo centinaia di migliaia di lavoratori licenziati dalle multinazionali che hanno perso tutto e vivono attendati nella valle del Sacramento e nei dintorni di Detroit ed altrove,.
Pietro Ancona
da una regione dove infuriano combattimenti tra talebani ed esercito pakistano sempre sostenuto da aerei ed elicotteri americani. Nessuna sa spiegare la ragione di guesta sanguinosissima guerra che assorbe oltre centomila soldati occidentali....
Intanto, l'America che spede ogni giorno montagne di dollari per mantenere possenti eserciti, basi militari, flotte navali non degna di
uno sguardo centinaia di migliaia di lavoratori licenziati dalle multinazionali che hanno perso tutto e vivono attendati nella valle del Sacramento e nei dintorni di Detroit ed altrove,.
Pietro Ancona
elogio della scala mobile
ELOGIO DELLA SCALA MOBILE
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Al congresso della Cisl non poteva non tornare la questione della scandalosa situazione dei salari italiani non solo fermi dal 1993 ma in regressione proporzionale dal momento che sono stati crocifissi al cosidetto tasso di inflazione programmata dal famigerato accordo sulla concertazione governo-sindacati-confindustria. Ma la proposta che viene avanzata non è risolutiva, non è nuova, è già stata fatta dalla CGIL e riguarda un abbassamento delle tasse che pesano sulla busta paga. Non si capisce perchè le imprese vengano accuratamente scansate pur essendo beneficiare del basso costo del lavoro con il quale si sono arricchite realizzando uno dei trasferimenti di redditi più scandalosi della storia d'Italia sottraendo oltre dieci punti al lavoro dipendente.
C'è una responsabilità dei sindacati confederali nella drammatica condizione dei salari italiani che non viene confessata, non è oggetto di autocritica ma sopratutto c'è una volontà di non toccare mai più la questione se non in sede aziendale e legata alla produttività secondo gli accordi sul nuovo modello contrattuale e gli imput che vengono dalla Confindustria. I salari sono destinati ad impoverirsi ancora ed i benefici che deriverebbero da sgravi fiscali, ammesso che ci saranno, saranno rapidamente riassorbiti dalla naturale deriva che i prezzi hanno. E' notorio che il "mercato" italiano è fortemente oligopolistico e cioè difatto non esiste ed i prezzi sono imposti unilateralmente dai produttori di beni o servizi e sfuggono ad ogni controllo compreso quello del tutto accademico delle "autority". Inoltre molti servizi che incidono molto sulla busta paga sono in fase di crescita per via delle privatizzazioni a cominciare dall'acqua. ( tutte le aziende municipalizzate privatizzate o in regime giuridico privato costano molto di più a cominciare dai loro managers)
In un sistema economico e sociale dinamico non si possono lasciare le briglie sciolte a tutti e tenere i salari inchiodati. Bisogna quindi ripristinare un sistema di indicizzazione basato sul punto unico della contingenza
concordato nel 1975 ed abolito da quasi venti anni. La scala mobile che dovrebbe costantemente adeguare le retribuzioni e le pensioni al costo della vita per salvarle dal deprezzamento. Non è vero che l'indicizzazione provoca inflazione dal momento che segue e non precede le variazioni dei prezzi. Si potrebbe, inoltre, stabilire un sistema di raffreddamento facendo scattare le variazioni nel trimestre successivo a quello in cui si verificano. Insomma, se si vuole essere rispettosi del diritto dei lavoratori ad una retribuzione giusta e decorosa non c'è alternativa alla reintroduzione della scala mobile.
I Sindacati confederali inoltre ignorano la UE e non si rendono conto che la legislazione del lavoro che gli uffici di Bruxelles sfornano in direttive, raccomandazioni ed altro, è del tutto lesiva di diritti fondamentali alla quantità e qualità delle retribuzioni. Si dovrebbe chiedere un Salario Minimo Garantito in sede europea per scoraggiare la concorrenza tra gruppi di lavoratori dei diversi paesi come abbiamo visto in recenti casi. La delocalizzazione industriale dovrebbe prescindere dalla condizione di mercati del lavoro più favorevoli dentro la UE fino al livello di vero e proprio schiavismo. A che serve l'Europa se non a far crescere armoniosamente e senza dislivelli pericolosi la condizione delle masse lavoratrici?
Ma anche a livello europeo i sindacati giocano di rimessa e si limitano a ridurre assai parzialmente i danni alla condizione operaia imposti da un liberismo sempre più feroce verso chi vive solo del proprio lavoro .
Pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
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Al congresso della Cisl non poteva non tornare la questione della scandalosa situazione dei salari italiani non solo fermi dal 1993 ma in regressione proporzionale dal momento che sono stati crocifissi al cosidetto tasso di inflazione programmata dal famigerato accordo sulla concertazione governo-sindacati-confindustria. Ma la proposta che viene avanzata non è risolutiva, non è nuova, è già stata fatta dalla CGIL e riguarda un abbassamento delle tasse che pesano sulla busta paga. Non si capisce perchè le imprese vengano accuratamente scansate pur essendo beneficiare del basso costo del lavoro con il quale si sono arricchite realizzando uno dei trasferimenti di redditi più scandalosi della storia d'Italia sottraendo oltre dieci punti al lavoro dipendente.
C'è una responsabilità dei sindacati confederali nella drammatica condizione dei salari italiani che non viene confessata, non è oggetto di autocritica ma sopratutto c'è una volontà di non toccare mai più la questione se non in sede aziendale e legata alla produttività secondo gli accordi sul nuovo modello contrattuale e gli imput che vengono dalla Confindustria. I salari sono destinati ad impoverirsi ancora ed i benefici che deriverebbero da sgravi fiscali, ammesso che ci saranno, saranno rapidamente riassorbiti dalla naturale deriva che i prezzi hanno. E' notorio che il "mercato" italiano è fortemente oligopolistico e cioè difatto non esiste ed i prezzi sono imposti unilateralmente dai produttori di beni o servizi e sfuggono ad ogni controllo compreso quello del tutto accademico delle "autority". Inoltre molti servizi che incidono molto sulla busta paga sono in fase di crescita per via delle privatizzazioni a cominciare dall'acqua. ( tutte le aziende municipalizzate privatizzate o in regime giuridico privato costano molto di più a cominciare dai loro managers)
In un sistema economico e sociale dinamico non si possono lasciare le briglie sciolte a tutti e tenere i salari inchiodati. Bisogna quindi ripristinare un sistema di indicizzazione basato sul punto unico della contingenza
concordato nel 1975 ed abolito da quasi venti anni. La scala mobile che dovrebbe costantemente adeguare le retribuzioni e le pensioni al costo della vita per salvarle dal deprezzamento. Non è vero che l'indicizzazione provoca inflazione dal momento che segue e non precede le variazioni dei prezzi. Si potrebbe, inoltre, stabilire un sistema di raffreddamento facendo scattare le variazioni nel trimestre successivo a quello in cui si verificano. Insomma, se si vuole essere rispettosi del diritto dei lavoratori ad una retribuzione giusta e decorosa non c'è alternativa alla reintroduzione della scala mobile.
I Sindacati confederali inoltre ignorano la UE e non si rendono conto che la legislazione del lavoro che gli uffici di Bruxelles sfornano in direttive, raccomandazioni ed altro, è del tutto lesiva di diritti fondamentali alla quantità e qualità delle retribuzioni. Si dovrebbe chiedere un Salario Minimo Garantito in sede europea per scoraggiare la concorrenza tra gruppi di lavoratori dei diversi paesi come abbiamo visto in recenti casi. La delocalizzazione industriale dovrebbe prescindere dalla condizione di mercati del lavoro più favorevoli dentro la UE fino al livello di vero e proprio schiavismo. A che serve l'Europa se non a far crescere armoniosamente e senza dislivelli pericolosi la condizione delle masse lavoratrici?
Ma anche a livello europeo i sindacati giocano di rimessa e si limitano a ridurre assai parzialmente i danni alla condizione operaia imposti da un liberismo sempre più feroce verso chi vive solo del proprio lavoro .
Pietro Ancona
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martedì 19 maggio 2009
ferrero condanna i cobas
Ferrero, rispondendo ad una domanda di Loris Campetti, accredita la tesi dell’assalto cobas al palco di Torino e naturalmente la condanna.
Ferrero farebbe bene ad informarsi meglio. Campetti ha preso un abbaglio nel credere all’atto estremistico di persone che giudica "estranee alla sinistra" ed è alla ricerca di autorevoli conferme della sua tesi.
Se ci fosse stato assalto ci sarebbe stato intervento della polizia. La verità è che, in continuazione ad una conventio ad excludendum di carattere mafioso, i confederali spalleggiati dal sindacato "giallo" Fismic hanno impedito al rappresentante dei Cobas di prendere la parola.
Non dovrebbe sfuggire a Ferrero come Cgil,Cisl,Uil mantengano rapporti privilegiati con l’UGL della Polverini e discriminino i cobas che sono composti in grandissima parte di compagni dell’area della sinistra radicale. In ogni caso la versione data dalla stampa italiana e da Campetti in particolare sui fatti di Torino è del tutto falsa.
Pietro Ancona
Ferrero farebbe bene ad informarsi meglio. Campetti ha preso un abbaglio nel credere all’atto estremistico di persone che giudica "estranee alla sinistra" ed è alla ricerca di autorevoli conferme della sua tesi.
Se ci fosse stato assalto ci sarebbe stato intervento della polizia. La verità è che, in continuazione ad una conventio ad excludendum di carattere mafioso, i confederali spalleggiati dal sindacato "giallo" Fismic hanno impedito al rappresentante dei Cobas di prendere la parola.
Non dovrebbe sfuggire a Ferrero come Cgil,Cisl,Uil mantengano rapporti privilegiati con l’UGL della Polverini e discriminino i cobas che sono composti in grandissima parte di compagni dell’area della sinistra radicale. In ogni caso la versione data dalla stampa italiana e da Campetti in particolare sui fatti di Torino è del tutto falsa.
Pietro Ancona
lunedì 18 maggio 2009
cambio di linea del governo verso la CGIL
CAMBIO DI LINEA DEL GOVERNO VERSO LA CGIL
==========================================0
Il governo,nonostante il piglio feroce che spesso mostra Sacconi, sta cambiando linea verso la CGIL. Ieri il Ministro Scajola ha espresso solidarietà a Rinaldini per "l'aggressione" subita. Lo stesso ha fatto la Presidente della Confindustria Marcegaglia che ha avuto parole quasi affettuose di condivisione per l'infortunio subito (non importa se è stato letteralmente inventato da massmedia compiacenti). Il governo e la Confindustria si sono resi conto che l'adesione di Cisl,Uil,Ugl alla linea delle ristrutturazioni e dello smantellamento dei diritti dei lavoratori non è sufficiente. Bonanni e Anceletti non riescono a dare alla manovra economica e sociale del governo la forza necessaria per arginare il conflitto sociale. Finalmente hanno capito di avere bisogno della CGIL.
La CGIL da mesi lancia segnali di disponibilità al governo. Non chiede niente che possa alterare, frenare o bloccare la linea di congelamento o addirittura di peggioramento della condizione salariale nonostante i drammatici appelli fatti dal Governatore della Banca d'Italia, la denunzia dell'Istat, i dati ieri diffusi dall'OCSE.
Non ha obiettivo niente di sostanziale per la miserabile risposta del Governo alla questione degli ammortizzatori sociali per i precari ( un massimo di 2600 euro per una volta solo per pochissimi); non ha dato alcun seguito agli scioperi conclusisi il 4 aprile scorso. Non chiede un miglioramento delle pensioni. Sulla questione delicatissima e cruciale del modello contrattuale in definitiva non ne contestava l'impianto ma la durezza eccessiva delle sforbiciate ai diritti. Non mette in discussione la legge Biagi. Sta facendo passare, con qualche debole opposizione, lo smantellamento del sistema scolastico e di quello sanitario. Non si arrisica sulle questione della privatizzazione di ampi settori della pubblica amministrazione e di beni essenziali come l'acqua ed i servizi locali. Le privatizzazioni producono aumento delle bollette per le famiglie in misura a volte insostenibili. Etc..Etcc.....
Insomma, a fronte della vasta ristrutturazione che si profila per il sistema economico italiano Confindustria e Governo preferiscono avere la CGIL al loro fianco.
Debbono solo tenere conto che non tutta l'immensa base della CGIL è manipolabile da gruppi dirigenti che
si muovono all'unisono con il bipartisan PD. Non è detto che la CGIL finisca asservita alla linea di Bonanni che diventa il condottiero di una dislocazione diversa e parastatale dei Sindacati italiani.
pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
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==========================================0
Il governo,nonostante il piglio feroce che spesso mostra Sacconi, sta cambiando linea verso la CGIL. Ieri il Ministro Scajola ha espresso solidarietà a Rinaldini per "l'aggressione" subita. Lo stesso ha fatto la Presidente della Confindustria Marcegaglia che ha avuto parole quasi affettuose di condivisione per l'infortunio subito (non importa se è stato letteralmente inventato da massmedia compiacenti). Il governo e la Confindustria si sono resi conto che l'adesione di Cisl,Uil,Ugl alla linea delle ristrutturazioni e dello smantellamento dei diritti dei lavoratori non è sufficiente. Bonanni e Anceletti non riescono a dare alla manovra economica e sociale del governo la forza necessaria per arginare il conflitto sociale. Finalmente hanno capito di avere bisogno della CGIL.
La CGIL da mesi lancia segnali di disponibilità al governo. Non chiede niente che possa alterare, frenare o bloccare la linea di congelamento o addirittura di peggioramento della condizione salariale nonostante i drammatici appelli fatti dal Governatore della Banca d'Italia, la denunzia dell'Istat, i dati ieri diffusi dall'OCSE.
Non ha obiettivo niente di sostanziale per la miserabile risposta del Governo alla questione degli ammortizzatori sociali per i precari ( un massimo di 2600 euro per una volta solo per pochissimi); non ha dato alcun seguito agli scioperi conclusisi il 4 aprile scorso. Non chiede un miglioramento delle pensioni. Sulla questione delicatissima e cruciale del modello contrattuale in definitiva non ne contestava l'impianto ma la durezza eccessiva delle sforbiciate ai diritti. Non mette in discussione la legge Biagi. Sta facendo passare, con qualche debole opposizione, lo smantellamento del sistema scolastico e di quello sanitario. Non si arrisica sulle questione della privatizzazione di ampi settori della pubblica amministrazione e di beni essenziali come l'acqua ed i servizi locali. Le privatizzazioni producono aumento delle bollette per le famiglie in misura a volte insostenibili. Etc..Etcc.....
Insomma, a fronte della vasta ristrutturazione che si profila per il sistema economico italiano Confindustria e Governo preferiscono avere la CGIL al loro fianco.
Debbono solo tenere conto che non tutta l'immensa base della CGIL è manipolabile da gruppi dirigenti che
si muovono all'unisono con il bipartisan PD. Non è detto che la CGIL finisca asservita alla linea di Bonanni che diventa il condottiero di una dislocazione diversa e parastatale dei Sindacati italiani.
pietro Ancona
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
domenica 17 maggio 2009
lo "spartiacque" del Manifesto
Lo spartiacque del "Manifesto".
Ieri i telegiornali hanno martellato duramente tutto il giorno e fino a notte tardissima la notizia della "aggressione" subita da Rinaldini ad opera di un gruppo di facinorosi appartenente ai Cobas. Naturalmente tutte le forze politiche ed i grandi capi delle Confederazioni hanno espresso solidarietà a Rinaldini e stigmatizzato duramente il comportamento "teppistico" dei Cobas. La dichiarazione più dura è stata del Ministro Sacconi che si è riferito all'azione di "soliti noti" mentre la Marcegaglia non ha fatto mancare la solidarietà sua e degli industriali italiani al Segretario della Fiom.
Il martellamento massmediatico continuerà anche oggi e durerà dal momento che viene utilizzato da una sapiente regia per criminalizzare le "reali" resistenze alla manovra padronale, nel caso della Fiat, per la realizzazione di accordi che ridurrebbero considerevolmente i dipendenti di Pomigliano d'Arco o di Termine Imerese. Il martellamento serve ad isolare e ridurre alla stregua di teppisti quanti lotteranno per salvare il pane delle loro famiglie. Molti di loro, da un anno vivono con 650 euro al giorno che è l'equivalente della somma che la signora Marcegaglia spende in una notte di albergo.
Stupiscono in questo contesto due cose: il fatto che Rinaldini non abbia smentito l'episodio ma anzi definisce teppisti i presunti aggressori quando sembra che il tafferuglio sia nato da persone del palco che volevano impedire al rappresentante dei Cobas di prendere la parola; stupisce la durissima condanna pronunziata dal "Manifesto" con un corsivo durissimo. "Da oggi, o di qua o di la". E' stata inferta una dolorosa ferita che fa da spartiacque". "I Cobas sono fuori dalla sinistra. Una scomunica in piena regola!!
Intanto, ammesso che ci siano state responsabilità di un gruppo di persone appartenenti ai Cobas non è corretto criminalizzare il vasto, profondo, popoloso movimento del sindacalismo di base prendendo a pretesto l'episodio di Torino. C'entrano i Cobas della Scuola, degli Ospedali, di tutti i settori del lavoro con quanto è accaduto a Torino? Mi pare che anche il Manifesto prenda a pretesto l'incidente torinese per esprimere un giudizio generale di condanna su quella che a me sembra l'unica area di autonomia e di libertà sindacale dal momento che da anni le Confederazioni si limitano a ridurre il danno delle proposte avanzate soltanto dalla Confindustria o dal Governo. Un'area estranea alla stipula dei famigerati accordi del luglio 2007 con il Governo Prodi che riducono ancora le pensioni ed il welfare e consolidano il regime di precariato. Accordi ratificati da un referendum incontrollato ed evidentemente pieno di dati gonfiati dal momento che ha dato per certi cinque milioni di adesioni di cui settecento mila votate in Sicilia (sic!!). Un'area che resiste ai processi di privatizzazione degli ospedali e della pubblica amministrazione accettati dalle Confederazioni, un'area che non ha firmato l'accordo separato sui contratti che la Cgil, dopo avere assistito come convitato di pietra agli accordi, si accinge a fare filtrare attraverso le categorie.
Siamo alla vigilia del Congresso della CGIL dove pare che il dibattito sarà animato da una mozione "alternativa". Le premesse non sono buone e gran parte delle "innovazioni" introdotte dal padronato con l'aiuto di Cisl ed Uil ed a volte della CGIL non saranno messe in discussione a cominciare dalla regolamentazione delle assunzioni che saranno quasi tutte precarie e dalle agenzie interinali che continueranno a produrre lavoratori invisibili. Un gruppo di giuslavoristi capeggiati da Ichino e Sacconi stanno orientando la legislazione non soltanto verso meno diritti ma verso l'imposizione di obblighi e divieti ai lavoratori a cominciare dalla impossibilità di ricorrere al Magistrato. L'area alternativa non si oppone realmente e fino in fondo al minimalismo concertativo della maggioranza ispirata dal PD. Per questo esprime tanta insofferenza e nervosismo verso il sindacalismo di base.
Il durissimo commento del Manifesto suscita amarezza in quanti subiscono nelle aziende il processo involutivo di sindacati confederali spesso fiancheggiatori dell'ufficio risorse umane delle aziende. E' la prova che un regime si crea non quanto la destra si impossessa del potere ma quanto la sinistra ne condivide la cultura ed anche l'odio verso chi si mette di traverso e vuole resistere. Un regime esiste quando giornali sono tutti largamente finanziati da una legge dello Stato per centinaia di milioni di euro ( caso forse unico al mondo) e le televisioni sono strettamente controllate non soltanto dal Presidente del Consiglio ma dalla partitocrazia deteriore che ha lottizzato tutto e sacrifica la verità al mantenimento del proprio lotto di potere.
Pietro Ancona
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Ieri i telegiornali hanno martellato duramente tutto il giorno e fino a notte tardissima la notizia della "aggressione" subita da Rinaldini ad opera di un gruppo di facinorosi appartenente ai Cobas. Naturalmente tutte le forze politiche ed i grandi capi delle Confederazioni hanno espresso solidarietà a Rinaldini e stigmatizzato duramente il comportamento "teppistico" dei Cobas. La dichiarazione più dura è stata del Ministro Sacconi che si è riferito all'azione di "soliti noti" mentre la Marcegaglia non ha fatto mancare la solidarietà sua e degli industriali italiani al Segretario della Fiom.
Il martellamento massmediatico continuerà anche oggi e durerà dal momento che viene utilizzato da una sapiente regia per criminalizzare le "reali" resistenze alla manovra padronale, nel caso della Fiat, per la realizzazione di accordi che ridurrebbero considerevolmente i dipendenti di Pomigliano d'Arco o di Termine Imerese. Il martellamento serve ad isolare e ridurre alla stregua di teppisti quanti lotteranno per salvare il pane delle loro famiglie. Molti di loro, da un anno vivono con 650 euro al giorno che è l'equivalente della somma che la signora Marcegaglia spende in una notte di albergo.
Stupiscono in questo contesto due cose: il fatto che Rinaldini non abbia smentito l'episodio ma anzi definisce teppisti i presunti aggressori quando sembra che il tafferuglio sia nato da persone del palco che volevano impedire al rappresentante dei Cobas di prendere la parola; stupisce la durissima condanna pronunziata dal "Manifesto" con un corsivo durissimo. "Da oggi, o di qua o di la". E' stata inferta una dolorosa ferita che fa da spartiacque". "I Cobas sono fuori dalla sinistra. Una scomunica in piena regola!!
Intanto, ammesso che ci siano state responsabilità di un gruppo di persone appartenenti ai Cobas non è corretto criminalizzare il vasto, profondo, popoloso movimento del sindacalismo di base prendendo a pretesto l'episodio di Torino. C'entrano i Cobas della Scuola, degli Ospedali, di tutti i settori del lavoro con quanto è accaduto a Torino? Mi pare che anche il Manifesto prenda a pretesto l'incidente torinese per esprimere un giudizio generale di condanna su quella che a me sembra l'unica area di autonomia e di libertà sindacale dal momento che da anni le Confederazioni si limitano a ridurre il danno delle proposte avanzate soltanto dalla Confindustria o dal Governo. Un'area estranea alla stipula dei famigerati accordi del luglio 2007 con il Governo Prodi che riducono ancora le pensioni ed il welfare e consolidano il regime di precariato. Accordi ratificati da un referendum incontrollato ed evidentemente pieno di dati gonfiati dal momento che ha dato per certi cinque milioni di adesioni di cui settecento mila votate in Sicilia (sic!!). Un'area che resiste ai processi di privatizzazione degli ospedali e della pubblica amministrazione accettati dalle Confederazioni, un'area che non ha firmato l'accordo separato sui contratti che la Cgil, dopo avere assistito come convitato di pietra agli accordi, si accinge a fare filtrare attraverso le categorie.
Siamo alla vigilia del Congresso della CGIL dove pare che il dibattito sarà animato da una mozione "alternativa". Le premesse non sono buone e gran parte delle "innovazioni" introdotte dal padronato con l'aiuto di Cisl ed Uil ed a volte della CGIL non saranno messe in discussione a cominciare dalla regolamentazione delle assunzioni che saranno quasi tutte precarie e dalle agenzie interinali che continueranno a produrre lavoratori invisibili. Un gruppo di giuslavoristi capeggiati da Ichino e Sacconi stanno orientando la legislazione non soltanto verso meno diritti ma verso l'imposizione di obblighi e divieti ai lavoratori a cominciare dalla impossibilità di ricorrere al Magistrato. L'area alternativa non si oppone realmente e fino in fondo al minimalismo concertativo della maggioranza ispirata dal PD. Per questo esprime tanta insofferenza e nervosismo verso il sindacalismo di base.
Il durissimo commento del Manifesto suscita amarezza in quanti subiscono nelle aziende il processo involutivo di sindacati confederali spesso fiancheggiatori dell'ufficio risorse umane delle aziende. E' la prova che un regime si crea non quanto la destra si impossessa del potere ma quanto la sinistra ne condivide la cultura ed anche l'odio verso chi si mette di traverso e vuole resistere. Un regime esiste quando giornali sono tutti largamente finanziati da una legge dello Stato per centinaia di milioni di euro ( caso forse unico al mondo) e le televisioni sono strettamente controllate non soltanto dal Presidente del Consiglio ma dalla partitocrazia deteriore che ha lottizzato tutto e sacrifica la verità al mantenimento del proprio lotto di potere.
Pietro Ancona
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salari di fame e sindacati potenti
salari bassi e confederazioni sindacali "potenti"!!!
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Ocse: Italia 23sima in classifica salari netti, -17% sulla media
19:18 - ECONOMIA- 17 MAG 2009
In 2008 lavoratore senza figli a carico ha guadagnato poco oltre 15,5 mila euro
Milano, 17 mag. (Apcom) - Le tasche dei lavoratori italiani sono tra le più vuote fra quelle dei Paesi dell'Ocse. Nella classifica dei 30 Paesi realizzata dall'organizzazione parigina, l'Italia si posiziona al 23simo posto dopo Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti, Francia, ma anche Grecia, Spagna e perfino dell'Islanda, il Paese che nell'ottobre nero del 2008 ha dichiarato bancarotta. Dal rapporto annuale dell'Ocse relativo alla tassazione dei salari nel 2008, pubblicato il 12 maggio scorso, emerge che un lavoratore italiano senza familiari a carico guadagna in media 21.374 dollari all'anno (pari a oltre 15,5mila euro), il 17% in meno rispetto ai 25.739 dollari di media dell'area Ocse e il 23% in meno se si considerano i 15 Pesi europei appartenenti all'organizzazione francese. In base ai dati contenuti nel rapporto, il 2008 è stato un anno contrassegnato da una leggera riduzione della pressione fiscale sui salari dei lavoratori. Ma per l'Italia non è stato così. Rispetto al 2007, nel 2008 un lavoratore senza figli a carico ha dovuto pagare lo 0,25% in più di tasse, per un totale del 46,5% della sua busta paga contro il 32,8% della Gran Bretagna e il 30,1% degli Stati Uniti. Le tasse però pesano di più sui salari netti dei tedeschi a cui assorbono il 52% del salario e ai francesi con il 49,3%.
Copyright © Telecom Media News S.p.A. Tutti i diritti riservati
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Ocse: Italia 23sima in classifica salari netti, -17% sulla media
19:18 - ECONOMIA- 17 MAG 2009
In 2008 lavoratore senza figli a carico ha guadagnato poco oltre 15,5 mila euro
Milano, 17 mag. (Apcom) - Le tasche dei lavoratori italiani sono tra le più vuote fra quelle dei Paesi dell'Ocse. Nella classifica dei 30 Paesi realizzata dall'organizzazione parigina, l'Italia si posiziona al 23simo posto dopo Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti, Francia, ma anche Grecia, Spagna e perfino dell'Islanda, il Paese che nell'ottobre nero del 2008 ha dichiarato bancarotta. Dal rapporto annuale dell'Ocse relativo alla tassazione dei salari nel 2008, pubblicato il 12 maggio scorso, emerge che un lavoratore italiano senza familiari a carico guadagna in media 21.374 dollari all'anno (pari a oltre 15,5mila euro), il 17% in meno rispetto ai 25.739 dollari di media dell'area Ocse e il 23% in meno se si considerano i 15 Pesi europei appartenenti all'organizzazione francese. In base ai dati contenuti nel rapporto, il 2008 è stato un anno contrassegnato da una leggera riduzione della pressione fiscale sui salari dei lavoratori. Ma per l'Italia non è stato così. Rispetto al 2007, nel 2008 un lavoratore senza figli a carico ha dovuto pagare lo 0,25% in più di tasse, per un totale del 46,5% della sua busta paga contro il 32,8% della Gran Bretagna e il 30,1% degli Stati Uniti. Le tasse però pesano di più sui salari netti dei tedeschi a cui assorbono il 52% del salario e ai francesi con il 49,3%.
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corrispondenza con Niki Vendola
----
>
Commento
> Vendola è attratto dalla personalità di Berlusconi e
sragiona. Non
> tiene conto
> dei guasti profondi che Berlusconi ha
arrecato alla società
> italiana, alla sua civiltà ed ad ognuno di
noi compreso lo stesso
> Vendola. Tutti contiamo molto di meno da
quanto la destra
> berlusconiana è al governo ed i diritti delle
persone e dei
> lavoratori sono stravolti.
> La gente come Vendola
non dovrebbe stare in politica dal momento
> che si fa drogare dal
successo del nemico.
> Pietro Ancona
>
> http://www.affaritaliani.
it/politica/vendola_berlusconi_geniale_strabiliante240309.html
Messaggio originale----
Da: email@nichivendola.it
Data: 17-mag-2009
5.33 PM
A:
Ogg: Re: Errore mortale
Caro Pietro,
le mie parole hanno provocato clamore e disappunto. Ma io credo di
aver
fatto, più che altro, un'analisi antropologica del berlusconismo.
Non
un'esaltazione dell'uomo.
Berlusconi non ha vinto solo nelle urne ma
anche nelle menti, nell?
immaginario e in una società impaurita da un
nemico ad arte costruito e
da una globalizzazione che porta a riva le
sue nefandezze. Berlusconi è
riuscito ad abitare i sogni e gli incubi
degli italiani, sogni e incubi
che da collettivi sono diventati
individuali. Ha creato una narrazione
collettiva. Malata, discutibile
ma l'ha creata. Non possiamo fingere
che il Presidente del Consiglio
sia solo il Presidente del conflitto di
interessi, delle gaffe e della
bandana. È molto di più perché ha creato
orizzonti condivisi, nuovo
vocabolario, punti cardinali. Che non ci
piacciono, che vorremmo e
siamo chiamati, ora più che mai, a ribaltare
con forza ma di cui non
possiamo negare l?esistenza.
Buon tutto
Nichi Vendola
anche il fascismo creò una cultura materiale, un armamentario, il fez
con il fiocco, il manganello, la camicia nera, il dannunzianesimo,il
futurismo, marinetti e bla bla bla
Le analisi antropologiche
dovrebbero venire dopo le analisi politiche. Berlusconi sfonda perchè
la sinistra non ha più anticorpi dal momento che ha rinunziato a
rappresentare la classe "operaia" e l'dea di eguaglianza.
Berlusconi
trionfa perchè il ceto dirigente della sinistra, corrotto dal
parlamentarismo, non ha più niente da dire ed i sindacati compresa la
CGIL sono al seguito della Confindustria.
Le analisi di carattere
"letterario" che fai servono solo a giustificare scelte di
omologazione più o meno spinta nel regime. Scommetto che se mai avremo
un governo di sinistra o di centrosinistra dopo Berlusconi non
abrogheremo nessuna delle infami leggi da questo emanate.
Circa il
cinquanta per cento degli italiani è potenzialmente di sinistra. Ma voi
non avete alcuna voglia di esprimerlo.
Pietro Ancona
>
Commento
> Vendola è attratto dalla personalità di Berlusconi e
sragiona. Non
> tiene conto
> dei guasti profondi che Berlusconi ha
arrecato alla società
> italiana, alla sua civiltà ed ad ognuno di
noi compreso lo stesso
> Vendola. Tutti contiamo molto di meno da
quanto la destra
> berlusconiana è al governo ed i diritti delle
persone e dei
> lavoratori sono stravolti.
> La gente come Vendola
non dovrebbe stare in politica dal momento
> che si fa drogare dal
successo del nemico.
> Pietro Ancona
>
> http://www.affaritaliani.
it/politica/vendola_berlusconi_geniale_strabiliante240309.html
Messaggio originale----
Da: email@nichivendola.it
Data: 17-mag-2009
5.33 PM
A:
Ogg: Re: Errore mortale
Caro Pietro,
le mie parole hanno provocato clamore e disappunto. Ma io credo di
aver
fatto, più che altro, un'analisi antropologica del berlusconismo.
Non
un'esaltazione dell'uomo.
Berlusconi non ha vinto solo nelle urne ma
anche nelle menti, nell?
immaginario e in una società impaurita da un
nemico ad arte costruito e
da una globalizzazione che porta a riva le
sue nefandezze. Berlusconi è
riuscito ad abitare i sogni e gli incubi
degli italiani, sogni e incubi
che da collettivi sono diventati
individuali. Ha creato una narrazione
collettiva. Malata, discutibile
ma l'ha creata. Non possiamo fingere
che il Presidente del Consiglio
sia solo il Presidente del conflitto di
interessi, delle gaffe e della
bandana. È molto di più perché ha creato
orizzonti condivisi, nuovo
vocabolario, punti cardinali. Che non ci
piacciono, che vorremmo e
siamo chiamati, ora più che mai, a ribaltare
con forza ma di cui non
possiamo negare l?esistenza.
Buon tutto
Nichi Vendola
anche il fascismo creò una cultura materiale, un armamentario, il fez
con il fiocco, il manganello, la camicia nera, il dannunzianesimo,il
futurismo, marinetti e bla bla bla
Le analisi antropologiche
dovrebbero venire dopo le analisi politiche. Berlusconi sfonda perchè
la sinistra non ha più anticorpi dal momento che ha rinunziato a
rappresentare la classe "operaia" e l'dea di eguaglianza.
Berlusconi
trionfa perchè il ceto dirigente della sinistra, corrotto dal
parlamentarismo, non ha più niente da dire ed i sindacati compresa la
CGIL sono al seguito della Confindustria.
Le analisi di carattere
"letterario" che fai servono solo a giustificare scelte di
omologazione più o meno spinta nel regime. Scommetto che se mai avremo
un governo di sinistra o di centrosinistra dopo Berlusconi non
abrogheremo nessuna delle infami leggi da questo emanate.
Circa il
cinquanta per cento degli italiani è potenzialmente di sinistra. Ma voi
non avete alcuna voglia di esprimerlo.
Pietro Ancona
la defenestrazione di Rinaldini
Una deleteria conventio ad excludendum
=================================
La condanna del "Manifesto" della rude contestazione subita da Rinaldini è giusta ma superficiale, sommaria, alla fine altrettanto criticabile del comportamento dei contestatori di Torino. Scrive Campetti: " in 85, contati e targati Slai Cobas, decidono,alla fine di una manifestazione straordinaria, di aiutare la crisi ed i padroni, assaltano il camioncino montato di fronte al Lingotto dal quale intervengono i dirigenti sindacali, buttano giù dal palco il segretario della Fiom Gianni Rinaldini, si impossessano del microfono per gridare il loro odio non contro quello che hanno alle spalle -il simbolo del potere Fiat -ma contro il più vicino a sinistra, segnando così la loro estraneità dalla sinistra, da quel poco di sinistra che resta.
Vorrei innanzitutto ricordare che episodi di rude, anche pericolosa contestazione operaia non sono nuovi nella storia del movimento. Ricordo un episodio di lancio di pesanti bulloni contro Trentin e Garavini in una fabbrica del Nord in occasione di un duro scontro originato dalla proposta Cisl di introdurre una trattenuta dello 0,5O per cento sul salario per destinarla al una sorta di fondo di solidarietà nazionale, una proposta che al di là del merito si calava in una realtà produttiva forte, lontana dalle crisi occupazionali che stiamo conoscendo ora. Eppure Trentin era il dirigente della Fiom più amato dai lavoratori. Garavini era la sinistra torinese della CGIL. Ci sono stati altri momenti di dura contestazione ( i lavoratori non hanno molti mezzi per farsi sentire, non posseggono giornali, telev isioni, mezzi di propaganda...) ma lo sforzo dei dirigenti della sinistra è sempre stato quello di interpretare e mai di criminalizzare se non nei casi in cui è stata palese la malafede o la strumentalizzazione del "nemico". Mi auguro che, almeno il Manifesto, conservi il sangue freddo necessario per valutare non soltanto la "bellezza estetica" delle manifestazioni, la retorica degli slogans di lotta, la commozione nel vedere i nostri ragazzi accanto ai più anziani cominciare la loro vita dalla cassa integrazione o dal licenziamento, ma la verità che hanno anche i gesti più deprecabili ed insensati. I Cobas che sono stati contati da Campetti in 85, senza chiedersi se magari non avessero i mezzi per essere di più essendo forse costretti a pagarsi di tasca il biglietto per Torino, sono i reietti, gli esclusi, gli emarginati, dappertutto, nei posti di lavoro dove vengono criminalizzati, subiscono vere e proprie persecuzioni senza ricevere una occhiata di solidarietà o un aiuto da nessuno, vengono isolati, molti dei loro dirigenti vengono licenziati, puniti, trasferiti, maltrattati nel silenzio più mortale delle organizzazioni sindacali confederali presenti nel posto di lavoro. Si potrebbe fare un lunghissimo elenco di perseguitati e di vittime che, al momento del dunque, del redde rationem con l'azienda o il padroncino, si sono trovati disperatamente soli. Inoltre, mentre CGIL,CISL,UIL e UG hanno rapporti intensi
con ambienti governativi e con il PD, i Cobas sono parte della grande galassia della sinistra alternativa che ora è ancora più discriminata ed emarginata dal momento che ha perduto la rappresentanza parlamentare.
Mi domando perchè la manifestazione fosse organizzata dai confederali con un sindacato come la Fismic (che Campetti dice di origini "gialle"), perchè non fosse previsto un oratore dei Cobas tra i comizianti, insomma perchè anche in occasione di un momento durissimo e gravido di pericoli come questo si continui la politica confederale di discriminazione verso i Cobas. C'è poi da chiedersi se dobbiamo considerare la politica dei sindacati confederali come un dogma indiscutubile quando questa si riduce spesso soltanto ad una mera riduzione del danno delle proposte confindustriali, (vedi accordo Cisl,UIL,UGL sul modello contrattuale che la CGIL sta facendo filtrare attraverso le categorie), o quando si traduce in un vero e proprio danno conclamato per i lavoratori come l'accordo di luglio con il governo Prodi che riduce ad appena il 35% della retribuzione la pensione a regime, consolida il precariato facendone la forma principale di rapporto di lavoro, riduce il welfare. La legge sulla sicurezza dei lavoratori violentata da Sacconi e dalla confindustria non suscita alcuna reazione tra i dirigenti della Cisl che a suo tempo la accettarono con molte riserve e le riforme di Brunetta non sembra incontrino ostacoli insormontabili tra le Confederazioni Sindacali. Inoltre, il gruppo di riferimento PD della CGIL, è costituito da personaggi che lavorano intensamente per demolire i pochi diritti che restano ai lavoratori: mi riferisco ad Ichino,Letta,Treu,Damiano ed alla proposta di contratto unico e di modifica della legge sui licenziamenti individuali. Insomma, i Cobas sono tuttora l'unica area sindacale dei lavoratori che non si è piegata al progetto di neocorporativismo voluto dalla Confindustria e da Sacconi non ostacolato da un progetto diverso, alternativo, anzi..... Si stanno creando nella realtà le condizioni per un regime di sindacalismo paragovernativo, parastatale, paraconfindustriale che trova negli enti bilaterali uno dei suoi punti di forza. C'è una conventio ad excludendum verso i Cobas, cioè verso un'area sensibile, autonoma.,cosciente del movimento operaio.....Niente comizi insieme, niente tavoli in comune per i contratti, niente trattative.......
Oggi i Cobas vivono la vita delle aziende come la CGIL negli anni cinquanta. Non credo che sia una buona politica quella della loro emarginazione. Non si può chiamare estremismo ed estremistici quanti difendono senza se e senza ma la condizione "operaia". Il Sindacato deve essere "fazioso "dal momento che difende interesse di parte, gli interessi della forza lavoro. Il Sindacato che non è fazioso, che si fa carico della sintesi,
che si fa carico della situazione generale che non controlla e non controllerà mai neppure in un regime comunista, non assolve alla sua funzione ma la tradisce e, tradendola, danneggia anche gli interessi generali che vorrebbe tutelare. Se oggi, attraverso un sindacato meno piangente per la "crisi", avessimo una massa salariale superiore di un dieci o venti per cento di quella che abbiamo ci troveremmo nella condizione dei francesi che perdono soltanto bricioline insignificanti di Pil mentre l'Italia è sotto del sei per cento!!.
Spero che l'errore torinese dei Cobas non venga strumentalizzato per criminalizzare con loro le ragioni della lotta Fiat e giungere alla conclusione che le ragioni della chiusura delle fabbriche "improduttive" siano di interesse generale e nazionale e che chi contesta è pazzo, utopista, fuori dalla realtà. Ma gli operai non sono nazionalisti quando difendono Termini Imerese e Pomigliano. A quale Italia serve una Fiat multinazionale che
ha il corpo fuori dal Paese?
Pietro Ancona
già segretario generale CGIL sicilia
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
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La condanna del "Manifesto" della rude contestazione subita da Rinaldini è giusta ma superficiale, sommaria, alla fine altrettanto criticabile del comportamento dei contestatori di Torino. Scrive Campetti: " in 85, contati e targati Slai Cobas, decidono,alla fine di una manifestazione straordinaria, di aiutare la crisi ed i padroni, assaltano il camioncino montato di fronte al Lingotto dal quale intervengono i dirigenti sindacali, buttano giù dal palco il segretario della Fiom Gianni Rinaldini, si impossessano del microfono per gridare il loro odio non contro quello che hanno alle spalle -il simbolo del potere Fiat -ma contro il più vicino a sinistra, segnando così la loro estraneità dalla sinistra, da quel poco di sinistra che resta.
Vorrei innanzitutto ricordare che episodi di rude, anche pericolosa contestazione operaia non sono nuovi nella storia del movimento. Ricordo un episodio di lancio di pesanti bulloni contro Trentin e Garavini in una fabbrica del Nord in occasione di un duro scontro originato dalla proposta Cisl di introdurre una trattenuta dello 0,5O per cento sul salario per destinarla al una sorta di fondo di solidarietà nazionale, una proposta che al di là del merito si calava in una realtà produttiva forte, lontana dalle crisi occupazionali che stiamo conoscendo ora. Eppure Trentin era il dirigente della Fiom più amato dai lavoratori. Garavini era la sinistra torinese della CGIL. Ci sono stati altri momenti di dura contestazione ( i lavoratori non hanno molti mezzi per farsi sentire, non posseggono giornali, telev isioni, mezzi di propaganda...) ma lo sforzo dei dirigenti della sinistra è sempre stato quello di interpretare e mai di criminalizzare se non nei casi in cui è stata palese la malafede o la strumentalizzazione del "nemico". Mi auguro che, almeno il Manifesto, conservi il sangue freddo necessario per valutare non soltanto la "bellezza estetica" delle manifestazioni, la retorica degli slogans di lotta, la commozione nel vedere i nostri ragazzi accanto ai più anziani cominciare la loro vita dalla cassa integrazione o dal licenziamento, ma la verità che hanno anche i gesti più deprecabili ed insensati. I Cobas che sono stati contati da Campetti in 85, senza chiedersi se magari non avessero i mezzi per essere di più essendo forse costretti a pagarsi di tasca il biglietto per Torino, sono i reietti, gli esclusi, gli emarginati, dappertutto, nei posti di lavoro dove vengono criminalizzati, subiscono vere e proprie persecuzioni senza ricevere una occhiata di solidarietà o un aiuto da nessuno, vengono isolati, molti dei loro dirigenti vengono licenziati, puniti, trasferiti, maltrattati nel silenzio più mortale delle organizzazioni sindacali confederali presenti nel posto di lavoro. Si potrebbe fare un lunghissimo elenco di perseguitati e di vittime che, al momento del dunque, del redde rationem con l'azienda o il padroncino, si sono trovati disperatamente soli. Inoltre, mentre CGIL,CISL,UIL e UG hanno rapporti intensi
con ambienti governativi e con il PD, i Cobas sono parte della grande galassia della sinistra alternativa che ora è ancora più discriminata ed emarginata dal momento che ha perduto la rappresentanza parlamentare.
Mi domando perchè la manifestazione fosse organizzata dai confederali con un sindacato come la Fismic (che Campetti dice di origini "gialle"), perchè non fosse previsto un oratore dei Cobas tra i comizianti, insomma perchè anche in occasione di un momento durissimo e gravido di pericoli come questo si continui la politica confederale di discriminazione verso i Cobas. C'è poi da chiedersi se dobbiamo considerare la politica dei sindacati confederali come un dogma indiscutubile quando questa si riduce spesso soltanto ad una mera riduzione del danno delle proposte confindustriali, (vedi accordo Cisl,UIL,UGL sul modello contrattuale che la CGIL sta facendo filtrare attraverso le categorie), o quando si traduce in un vero e proprio danno conclamato per i lavoratori come l'accordo di luglio con il governo Prodi che riduce ad appena il 35% della retribuzione la pensione a regime, consolida il precariato facendone la forma principale di rapporto di lavoro, riduce il welfare. La legge sulla sicurezza dei lavoratori violentata da Sacconi e dalla confindustria non suscita alcuna reazione tra i dirigenti della Cisl che a suo tempo la accettarono con molte riserve e le riforme di Brunetta non sembra incontrino ostacoli insormontabili tra le Confederazioni Sindacali. Inoltre, il gruppo di riferimento PD della CGIL, è costituito da personaggi che lavorano intensamente per demolire i pochi diritti che restano ai lavoratori: mi riferisco ad Ichino,Letta,Treu,Damiano ed alla proposta di contratto unico e di modifica della legge sui licenziamenti individuali. Insomma, i Cobas sono tuttora l'unica area sindacale dei lavoratori che non si è piegata al progetto di neocorporativismo voluto dalla Confindustria e da Sacconi non ostacolato da un progetto diverso, alternativo, anzi..... Si stanno creando nella realtà le condizioni per un regime di sindacalismo paragovernativo, parastatale, paraconfindustriale che trova negli enti bilaterali uno dei suoi punti di forza. C'è una conventio ad excludendum verso i Cobas, cioè verso un'area sensibile, autonoma.,cosciente del movimento operaio.....Niente comizi insieme, niente tavoli in comune per i contratti, niente trattative.......
Oggi i Cobas vivono la vita delle aziende come la CGIL negli anni cinquanta. Non credo che sia una buona politica quella della loro emarginazione. Non si può chiamare estremismo ed estremistici quanti difendono senza se e senza ma la condizione "operaia". Il Sindacato deve essere "fazioso "dal momento che difende interesse di parte, gli interessi della forza lavoro. Il Sindacato che non è fazioso, che si fa carico della sintesi,
che si fa carico della situazione generale che non controlla e non controllerà mai neppure in un regime comunista, non assolve alla sua funzione ma la tradisce e, tradendola, danneggia anche gli interessi generali che vorrebbe tutelare. Se oggi, attraverso un sindacato meno piangente per la "crisi", avessimo una massa salariale superiore di un dieci o venti per cento di quella che abbiamo ci troveremmo nella condizione dei francesi che perdono soltanto bricioline insignificanti di Pil mentre l'Italia è sotto del sei per cento!!.
Spero che l'errore torinese dei Cobas non venga strumentalizzato per criminalizzare con loro le ragioni della lotta Fiat e giungere alla conclusione che le ragioni della chiusura delle fabbriche "improduttive" siano di interesse generale e nazionale e che chi contesta è pazzo, utopista, fuori dalla realtà. Ma gli operai non sono nazionalisti quando difendono Termini Imerese e Pomigliano. A quale Italia serve una Fiat multinazionale che
ha il corpo fuori dal Paese?
Pietro Ancona
già segretario generale CGIL sicilia
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it
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