lunedì 4 ottobre 2010

Priebke, boia delle Fosse Ardeatine Classe 1913

E' stato autorizzato dal giudice ad uscire dall'alloggio dove è agli arresti domiciliari
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la sua lunghissima vita è come un presagio funesto della eternità del nazismo che resiste alla Resistenza, alla democrazia, alla libertà ed alla fine finisce con il sopraffarle sempre. Priebke non si è mai pentito e non ha mai avuto una parola di pietà per le sue vittime. Ti guarda negli occhi ed è sempre pronto a prem...ere il grilletto per farti fuori se questi saranno gli ordini del Fuhrer. Il Male è già tornato per i Rom che vengono scacciati come topi dall'Europa e costretti a tornare dagli inferni di fame e di stenti dai quali erano scappati. Il nazismo ritorna! E' già presente nel linguaggio e nel sentire comune di molta troppa gente.
Pietro Ancona


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Erich Priebke
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Erich Priebke (Hennigsdorf, 29 luglio 1913) è un militare tedesco, capitano delle SS durante la seconda guerra mondiale in Italia, dove partecipò alla pianificazione e alla realizzazione della strage delle Fosse Ardeatine.

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1 Carriera nella Gestapo
2 La fuga
3 L'arresto e la condanna
4 Note
5 Bibliografia
5.1 Memorie
6 Voci correlate
7 Collegamenti esterni


Carriera nella Gestapo [modifica]
Aderì al Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi nel 1933, segnalandosi come un membro solido e determinato. Queste caratteristiche piacquero a Heinrich Himmler, che lo fece entrare nelle SS dove Priebke raggiunse il grado di capitano (SS-Hauptsturmführer).

Dopo l'armistizio e fino al mese di maggio 1944 opera a Roma sotto il comando di Herbert Kappler. Dopo l'attacco che i Gruppi di Azione Patriottica (o GAP) fecero ai danni di una compagnia del battaglione "Bozen" in via Rasella, il 23 marzo 1944, Kappler ordinò le esecuzioni di 335 ostaggi, da fucilare per rappresaglia alle Fosse Ardeatine.

La sentenza di condanna evidenzia l'erroneità del luogo comune secondo il quale la legge di guerra avrebbe permesso la fucilazione di 330 prigionieri (10 per ogni soldato tedesco morto nell'attacco) come rappresaglia dell'attacco di via Rasella e che il mero numero delle vittime fucilate, 335 persone (cinque in più), sia stato il solo capo di imputazione a carico di Priebke (le 330 residue essendo considerate obbedienza agli ordini). La condanna è stata infatti emessa per tutte le 335 vittime della strage.

Nel corso della seconda guerra mondiale soggiornò in Italia, dove insieme ad altri militari tedeschi partecipò al coordinamento delle tattiche e delle strategie che il Terzo Reich avrebbe dovuto adottare nella penisola.

Il 14 giugno 1944 divenne ufficiale di collegamento con lo Stato Maggiore della Guardia nazionale repubblicana, con sede a Brescia[1] e diede un forte impulso alle perquisizioni ed alle azioni di rastrellamento, allo scopo di individuare le cellule cittadine di supporto ai partigiani che presidiavano le montagne bresciane.

Centinaia di arrestati, appartenenti alla resistenza o semplici sospetti, furono catturati e rinchiusi nella prigione di Canton Mombello, per poi essere condotti nel suo quartier generale ove svolgeva, spesso personalmente, gli interrogatori.

All'uopo aveva requisito una palazzina in stile liberty (tutt'ora esistente e sita in Via Privata Mai), all'epoca periferica ed isolata, verosimilmente per poter interrogare i sospetti in assenza delle - ormai latitanti - autorità costituite e, soprattutto, lontano da occhi e orecchi indiscreti o indesiderati.

La fuga [modifica]
Dopo la sconfitta della Germania, Priebke fuggì in Argentina, a San Carlos de Bariloche, ai piedi delle Ande argentine, grazie all'assistenza della famigerata Ratline organizzata dalla Chiesa cattolica, attraverso la rete di contatti gestita dal sacerdote croato Krunoslav Draganović[2]. Riuscì quindi a sfuggire alla cattura per i processi per crimini di guerra e, anche se i servizi segreti israeliani per molto tempo gli diedero la caccia, non fu mai scoperto. Priebke ringrazierà «la Chiesa cattolica per il suo aiuto» nel rifugiarsi in Argentina, dove arriva nel 1948, con un passaporto della Croce Rossa e sotto falso nome.[3]

L'arresto e la condanna [modifica]
Nel maggio 1994 il giornalista statunitense Sam Donaldson intervistò Priebke in Argentina per conto dell'emittente ABC. Le autorità italiane inoltrarono la richiesta di estradizione a quelle argentine. Estradato in Italia, nel novembre 1995, venne rinchiuso nel carcere militare "Forte Boccea" di Roma. La Procura militare chiese ed ottenne il rinvio a giudizio di Priebke per crimini di guerra.

Priebke fu quindi imputato di concorso in violenza con omicidio continuato in danno di cittadini italiani per i fatti accaduti presso le Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944. Il 1 agosto 1996, il Tribunale militare dichiarò di non doversi procedere ...omissis... essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione e ordinò l'immediata scarcerazione dell'imputato. [4]

La sentenza non fu mai eseguita per un tumulto immediatamente scoppiato nell'aula giudiziaria, placatosi solo quando arrivarono da parte del governo italiano precise rassicurazioni sul fatto che Priebke non sarebbe stato liberato nonostante la sentenza del Tribunale Militare. Piovvero molte critiche, sia in Italia sia all'estero, dalle comunità ebraiche che si sentivano offese dal proscioglimento di quello che loro reputano "un aggressivo e pericoloso criminale di guerra".

La Corte di Cassazione annullò quella sentenza, disponendo così un nuovo processo a carico di Priebke. Egli fu prima condannato a 15 anni, poi ridotti a 10 per motivi di età e di salute; poi, nel marzo 1998, la Corte d'Appello militare lo condannò all'ergastolo[5], insieme all'altro ex membro delle SS Karl Hass. La sentenza è stata confermata nel novembre dello stesso anno dalla Corte di Cassazione[6]; a causa della sua età avanzata, sia a Priebke che ad Hass fu concessa la detenzione domiciliare.

La vicenda giudiziaria - per la distanza temporale dagli eventi, la subalternità di Priebke nei confronti di Herbert Kappler, le pressioni della piazza dopo la prima sentenza e l'atteggiamento di esponenti del governo come l'allora Guardasigilli Giovanni Maria Flick - suscitò anche critiche e perplessità in altre fasce dell'opinione pubblica e da parte di intellettuali e giornalisti quali Indro Montanelli e Vittorio Feltri.

Il 12 giugno 2007 il giudice militare concede a Priebke, 93enne, il permesso per uscire di casa "per recarsi al lavoro" presso lo studio del suo avvocato.

Il 18 giugno 2007 alcuni dimostranti della Comunità Ebraica hanno protestato davanti all'abitazione in cui risiede il Priebke agli arresti domiciliari e in via Panisperna, davanti allo studio dell'avvocato Paolo Giachini, sede dell'"Associazione Uomo e Libertà". Lo stesso giorno il giudice dott. Isacco Giorgio Giustiniani revoca il permesso di lavoro precedentemente concesso, poiché Priebke aveva omesso di comunicare alle autorità gli orari e le modalità dei suoi spostamenti per recarsi a lavorare nello studio del suo avvocato. Il magistrato dell'ufficio militare di sorveglianza ha quindi disposto, si legge nel provvedimento, che il detenuto "Erich Priebke non possa ulteriormente allontanarsi dal proprio domicilio per recarsi allo studio dell'avvocato Giachini".[7].

Il 23 novembre 2007 il permesso di uscire di casa per lavorare gli viene revocato dalla prima sezione penale della Cassazione, accogliendo il ricorso del procuratore militare di Roma Antonino Intelisano.

Dal 2009, godendo ancora di ottima salute, gli è concesso uscire di casa "per fare la spesa, andare a messa, in farmacia" e affrontare "indispensabili esigenze di vita". La conferma è arrivata dal suo legale Paolo Giachini. Questa concessione e' stata resa nota solo nel mese di ottobre 2010. La polizia comunque lo sorveglia costantemente soprattutto per tulelare la sua incolumità, per quanto nelle sue uscite Priebke non sia mai stato oggetto di offese o, peggio, azioni violente.

Note [modifica]
^ Maurilio Lovatti, Giacinto Tredici vescovo di Brescia in anni difficili, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, 2009. 135-140
^ Uki Goñi, Operazione Odessa, Garzanti, 2003. ISBN 88-1169-405-1
^ Alessandro Portelli, L' ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Donzelli, Roma, 1999, p. 350
^ Sentenza del Tribunale Militare di Roma, in data 01.08.1996
^ Sentenza della Corte Militare di Appello di Roma, in data 07.03.1998
^ Sentenza della Corte Suprema di Cassazione, in data 16.11.1998
^ Manifestanti sotto casa, Priebke scappa, Repubblica.it, 18 giugno 2007
Bibliografia [modifica]
Robert Katz, Dossier Priebke: anatomia di un processo, Milano, Rizzoli, 1996. ISBN 88-17-84503-5
Gerald Steinacher, La Via Segreta dei Nazisti. Come l'Italia e il Vaticano salvarono i criminali di guerra, Milano, Rizzoli, 2010.
Memorie [modifica]
Erich Priebke; Paolo Giachini, Autobiografia. Vae victis , Roma, Priebke, 2003 . ISBN 88-901-0090-7
Voci correlate [modifica]
Schutzstaffel
Herbert Kappler
Eccidio delle Fosse Ardeatine
Armadio della vergogna
Collegamenti esterni [modifica]
Rassegna Giustizia Militare su Priebke Erich
Racconto della ricerca, della cattura e del processo di Priebke
Intervista a Erich Priebke
(ES) Pacto de silencio - Largometraje documental sobre Erich Priebke y su vida en Bariloche.
Gerald Steinacher. Nazis auf der Flucht. Wie Kriegsverbrecher über Italien nach Übersee entkamen 1946-1955, StudienVerlag, Innsbruck-Wien-Bozen 2008, ISBN 978-3-7065-4026-1
Portale Biografie Portale Nazismo Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Erich_Priebke"
Categorie: Militari tedeschi | Nati nel 1913 | Nati il 29 luglio | Ufficiali delle SS | Persone condannate per crimini contro l'umanità | [altre]

1 commento:

Anonimo ha detto...

è veramente un'indecenza: una condanna all'ergastolo (per reati contro l'umanità) beffata, così come le vittime...
sì, il fascismo e il nazismo sono tornati!